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== Storia ed evoluzione == | == Storia ed evoluzione == | ||
=== Le origini === | === Le origini === | ||
Nel [[1860]] '''Giuseppe Garibaldi''' con le sue camicie rosse '''invase la Sicilia per annetterla al regno d’Italia''', sconfiggendo l’esercito borbonico. La spedizione ebbe un rapido successo poiché lo sbarco innescò una rivolta interna che non lasciò scampo ai Borboni. Ma quale fu la causa del disagio che spinse i siciliani ad appoggiare i garibaldini? Con la legge del [[4 agosto]] [[1812]], il Parlamento siciliano aveva formalmente abolito il sistema feudale, che, però, continuò ancora per oltre un secolo ad essere la struttura socio-economica portante della Sicilia. I baroni che prima gestivano immensi feudi in quanto vassalli del re continuarono lo stesso a spadroneggiarvi in quanto proprietari. Questo modello basato sul latifondo aveva favorito '''la miseria della popolazione e la debolezza delle classi sociali diverse da quella possidente''', unitamente alla diffusione del '''particolarismo''' (la tendenza a curarsi solo dei propri interessi, spesso a danno degli interessi altrui), del '''familismo''' (concezione che assolutizza i legami familiari arrivando all'estraniamento dalle responsabilità sociali) e del '''clientelismo''' (sistema di relazioni tra persone che, accomunate da motivi di interesse, si scambiano favori, spesso a danno di altri). | |||
Il popolo siciliano che sperava in un cambiamento sociale con l’annessione al regno d’Italia rimase però deluso. I primi governi italiani (quelli della Destra storica, aventi ministri solo settentrionali) vollero la sottomissione senza condizioni al nuovo Stato, imponendo '''il servizio di leva obbligatoria''' (che privò le famiglie contadine di braccia giovani) e '''insaprendo le tasse''' (tra cui quella odiosa sul macinato). Nei primi dieci anni le politiche governative fecero nascere '''la questione meridionale''': investimenti pubblici vennero concessi quasi eslusivamente a industrie del nord; la redistrubuzione delle terre fu iniqua; fu ritirato il denaro metallico e sostituito con cartamoneta, il che consentì l’avvio di una spirale inflazionistica; Fu emarginato e poi smembrato il Banco delle Due Sicilie. | |||
Il risultato fu '''il peggioramento socio-economico dell’intero Meridione'''. Anche sul fronte politico l’integrazione fu problematica: si voleva inserire siciliani fra i ministri del re, ma gli uomini politici locali praticavano l’omicidio e il sequestro contro i loro avversari. In Sicilia c’erano, inoltre, i rivoluzionari repubblicani che avevano legami con bande semi-criminali, mentre gli aristocratici e il clero erano ancora fedeli ai Borboni o sposavano la linea indipendentista. L’insieme di tutti questi fattori fece si che i primi quindici anni dell’unità furono contrassegnati da '''numerose rivolte in Sicilia'''. | |||
La prima nel [[1862]] per mano dello stesso Garibaldi che, preoccupato della situazione del nuovo regno, scelse la Sicilia come piattaforma per una nuova invasione della penisola. L’obiettivo era Roma, governata dal Papa, ma un esercito italiano lo fermò sull'Aspromonte. Il governo italiano allora instaurò la legge marziale in tutta l’isola, diventando un precedente importante per gli anni a venire. Non volendo o non potendo trovare l’appoggio per pacificare la Sicilia con mezzi politici, si fece ricorso alla soluzione militare (assedi di città, arresti di massa, incarcerazioni senza processo). La situazione non migliorò, tanto che nel [[1866]] ci fu un’altra rivolta a Palermo, simile a quella del 1860 contro i Borboni. I tumulti e le repressioni si attenuarono solo nel [[1876]], quando politici siciliani entrarono nella compagine del governo. | |||
Fu in questo periodo che va dal 1860 al 1876 si affermò '''la Mafia''', agraria e incardinata sul latifondo, dove spiccava la figura del '''gabelloto mafioso''', che svolgeva un '''ruolo di intermediazione''' tra comunità locale e Stato centrale, tra manodopera contadina e proprietari terrieri. Ottenuti in gabella gli ex feudi dei baroni, poco interessati a operarvi trasformazioni produttive, i primi mafiosi li dividevano in piccoli lotti, subaffittandoli ai contadini poveri e ricavando consistenti guadagni. I gabelloti divennero potenti e in assenza dello Stato gestirono da soli '''il monopolio della violenza''' (i piccoli criminali sparirono, c’era spazio solo per i mafiosi), creando proprie forze armate, i cosiddetti '''campieri'''. | |||
==== Differenze col brigantaggio ==== | |||
Parallelamente in Sicilia si sviluppò il fenomeno del brigantaggio che però si distingueva dalla mafia per il fatto che puntava al cambiamento sociale e di conseguenza attentavano alla proprietà privata e alla sicurezza dei baroni, mentre i mafiosi invece offrivano loro “protezione”. '''Brigantaggio e mafia erano fenomeni antagonisti''' che però finirono per entrare in un rapporto simbiotico: i briganti '''concorrevano a creare tra le vittime una forte domanda di protezione sul territorio''' e i mafiosi approfittavano di questa circostanza per offrire la loro ”sicurezza”, prestandola a condizioni a prima vista accettabili. La violenza del mafioso per quanto costosa non era assolutamente da paragonare da paragonare a quella del brigante. Il brigantaggio, fenomeno delle classi subalterne, è stato tollerato e strumentalizzato dalle classi dominanti fino a quando tornò utile, per poi essere represso duramente (ciò avvenne quando la borghesia mafiosa andò al potere nel 1876). | |||
La mafia invece, '''espressione delle classi dirigenti''', tanto che continua ad esistere ancora oggi, seppe costruire e mantenere '''un rapporto organico e di connivenza col potere politico'''. La mafia in principio adottò una strategia di boicottaggio nei confronti dello Stato, ma ben presto però i mafiosi capirono che la politica cercava di usarli come strumento di governo locale: prima la Destra, che li usò per ripristinare l’ordine; poi la Sinistra dal 1876, quando il governo Minghetti perse la fiducia dei politici siciliani a causa della proposta di una commissione parlamentare su mafia e banditismo che venne considerata un oltraggio alla Sicilia. La Sinistra storica da questo punto di vista si rassegnò alla collaborazione con i politici mafiosi, pur di formare un governo. Da quel momento la mafia cominciò quindi ad affondare le mani nel mercato romano dei favori elettorali. Da una strategia di boicottaggio, quindi, si passò ad una '''forma di sfruttamento dello Stato'''. Entrambi gli schieramenti politici usarono la mafia come strumento di governo locale, solo in maniera differente. '''Il modello introdotto dalla Sinistra persiste ancora oggi'''. L’analisi più lucida sulla nascita della mafia ce la dà Leopoldo Franchetti, intellettuale toscano: "''la mafia nacque con la caduta del feudalesimo e l’arrivo del capitalismo che necessitava di uno Stato che garantisse ai vari imprenditori sicurezza attraverso il monopolio della violenza. Il regno d’Italia fallì e così i baroni e i loro scagnozzi cominciarono a prendere il controllo dell’economia (racket estorsione/protezione) e della politica (corruzione)''"<ref>Leopoldo Franchetti, La Sicilia nel 1876 (2 voll., con Sidney Sonnino), Barbera, Firenze, 1877, vol. I: Condizioni politiche e amministrative della Sicilia</ref>. | |||
==== Il caso Galati e la mafia dell'Uditore=== | |||
Il primo caso di mafia riguardò la vicenda del chirurgo '''[[Gaspare Galati]]''' che, ereditando nel [[1872]] il fondo Riella (un limoneto) appena fuori Palermo, dovette fare i conti con il guardiano della tenuta, '''[[Benedetto Carollo]]'''. Mafioso di primo rango, l'uomo praticava la prima forma di racket della mafia siciliana: '''rubava limoni''' affinché le rendite si abbassassero, così facendo avrebbe potuto comprare a basso costo il terreno. Iniziava poi con una serie di intimidazioni nei confronti dell'ex-proprietario, il quale per paura gli concedeva il 25-30% della rendita. | |||
Galati decise di licenziare il guardiano, che per vendetta uccise il suo sostituto, ma il chirurgo non cedette alle intimidazioni anche quando gli arrivarono lettere minatorie contro la sua famiglia. La polizia non era troppo zelante e sembrava non voler catturare Carollo e i suoi scagnozzi. La mafia all'epoca agiva sotto la copertura di un’organizzazione religiosa comandata da [[Antonino Giammona]] (boss dell’Uditore, piccolo villaggio dove era situato il fondo Riella). Quest’uomo di umili origini fece fortuna durante le rivolte del ’48 e del ’60. La '''mafia dell’Uditore''' basava la sua economia sul racket della protezione dei limoneti. Poteva costringere i proprietari ad assumere i suoi uomini come guardiani e la sua rete di contatti con carrettieri, grossisti e portuali era in grado di minacciare la produzione di un’azienda agricola o di assicurarne l’arrivo sul mercato. Utilizzando la violenza si poteva fare cartello. Una volta assunto il controllo di un fondo, i mafiosi potevano rubare puntando ad '''un’economia parassitaria''' o ad '''acquistarlo ad un prezzo più basso del suo reale valore'''. | |||
Alla fine Galati fuggì a Napoli incapace di ottenere giustizia a causa dell’omertà degli abitanti e della collusione di parte delle istituzioni<ref>Per conoscere nel dettaglio l'intera vicenda Galati, si rimanda a Dickie, Cosa Nostra, pp.12-20</ref>. La mafia acquisì i caratteri tipici dell’associazione segreta, mutuandoli dalla massoneria e dalla carboneria che andavano per la maggiore in quel periodo, oltre al fatto che conveniva. Usare una sinistra cerimonia di iniziazione e una tavola di leggi la cui prima regola era quella del '''castigo ai traditori''', contribuiva a creare unità interna e senso di appartenenza. | |||
==== Il rapporto Sangiorgi ==== | ==== Il rapporto Sangiorgi ==== | ||
==== L'omicidio Notarbartolo ==== | ==== L'omicidio Notarbartolo ==== | ||
==== Lo sbarco negli USA ==== | ==== Lo sbarco negli USA ==== | ||
=== Sotto il fascismo === | === Sotto il fascismo === | ||
=== Durante la Seconda Guerra Mondiale === | |||
=== Agli albori della Repubblica === | === Agli albori della Repubblica === | ||
=== La Rinascita nel Dopoguerra === | === La Rinascita nel Dopoguerra === |