Leoluca Bagarella: differenze tra le versioni
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== Biografia == | |||
Quarto figlio del boss [[Salvatore Bagarella]] e di Lucia Mondello, Leoluca trascorse la sua infanzia a Corleone. Suo fratello, [[Calogero Bagarella]], era compagno fidato di Riina e di [[Bernardo Provenzano]], quando questi erano i picciotti del boss [[Michele Navarra]]<ref>Calogero morì nel 1969 in quella che viene ricordata come “la strage di viale Lazio”. Nel 1972 venne ucciso in carcere l’altro fratello Giuseppe. La sorella Antonietta sposò Totò Riina nel 1974, legando indissolubilmente le due famiglie.</ref>. | |||
=== Gli esordi criminali === | |||
Leoluca venne arrestato per la prima volta nel [[1973]] per '''detenzione illegale di armi da fuoco'''. Condannato a venti mesi di reclusione, la sentenza venne sospesa e Bagarella tornò presto in libertà. L’anno successivo venne trovato nuovamente in possesso di armi da fuoco non dichiarate, quindi arrestato di nuovo. Una volta ottenuta la libertà provvisoria, si diede alla latitanza<ref>Vincenzo Oliveri (Presidente) (2002). Sentenza. N° 61/2002 contro Riina Salvatore + 7, Corte d'assise d'Appello di Palermo, 13 dicembre, p. 202 [https://tribunale-palermo.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/Sentenza_di_secondo_grado_su_omicidio_Mario_Francese.pdf]</ref>. | |||
Il 10 gennaio di quell’anno, in via San Lorenzo a Palermo, Bagarella aveva ucciso a colpi di P38 [[Angelo Sorino]], poliziotto in pensione che, nonostante l’età, continuava a raccogliere informazioni sulle famiglie mafiose della zona<ref>Domani, “Scompare un Padrino, una lupara bianca dà inizio alla mattanza di Palermo”, [https://www.editorialedomani.it/fatti/scompare-un-padrino-una-lupara-bianca-da-inizio-alla-mattanza-di-palermo-xcctrjsz], 22 novembre 2024</ref>. | |||
=== Killer di mafia negli anni '70 === | |||
Nel [[1976]], Bagarella assassinò a San Cipirello '''Enzo Salvatore Caravà''', condannato a morte da Cosa Nostra poiché venne ritenuto colpevole del rapimento e dell’omicidio di '''Luigi Corleo''', gestore delle essattorie siciliane e suocero di [[Nino Salvo]]<ref>Adnkronos, “MAFIA: NUOVO ERGASTOLO PER BOSS CORLEONESE LEOLUCA BAGARELLA”, [https://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2008/07/12/Cronaca/MAFIA-NUOVO-ERGASTOLO-PER-BOSS-CORLEONESE-LEOLUCA-BAGARELLA_082309.php], 22 novembre 2024</ref>. | |||
Nel [[1977]], sempre a San Cipirello, uccise anche '''Simone Lo Manto''' e '''Nino Mulè'''. Simone era un pastore, colpevole di aver rubato, diversi anni prima, delle damigiane di vino al capo mandamento del tempo, Antonio Salamone. Nino Mulè era invece solo un amico di Lo Manto che si trovava con lui al momento della sparatoria<ref>Live Sicilia, “Uno sgarbo, poi il duplice omicidio: nuovo ergastolo per Leoluca Bagarella”, [https://web.archive.org/web/20110101210845/http://www.livesicilia.it/2009/07/01/brusca-svela-un-duplice-omicidio-del-77nuovo-ergastolo-per-leoluca-bagarella/], 19 novembre 2024</ref>. | |||
Nel [[1978]], Bagarella partecipò invece all’agguato a [[Giuseppe Di Cristina]], boss di Caltanissetta, che prima di morire riuscì a ferirlo. Di Cristina era stato uno dei primi boss ad accorgersi della minaccia costituita dai Corleonesi e dalle manie espansionistiche di Riina. | |||
==== Omicidi eccellenti ==== | |||
Il [[20 agosto]] [[1977]], in contrada Ficuzza a Corleone, intorno alle 22:00, Bagarella, insieme a Giovanni Brusca, Giuseppe Greco e Vincenzo Puccio, tese un’imboscata al tenente colonnello dei carabinieri [[Giuseppe Russo]], che in quel momento si trovava insieme all’ amico insegnante [[Filippo Costa]]. I due vennero crivellati di colpi, ma fu Bagarella a finire il colonnello sparandogli alla testa<ref>Nicola Tranfaglia, “Antimafia duemila, informazioni su Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e sistemi criminali connessi”, [https://www.antimafiaduemila.com/contatti/192-rubriche/nicola-tranfaglia/61777-39-anni-fa-l-assassinio-del-colonnello-russo-a-palermo.html], 20 novrembre 2024</ref>. | |||
Bagarella fu anche il killer del giornalista [[Mario Francese]], assassinato la sera del [[26 gennaio]] [[1979]] in viale Campania, a Palermo, mentre stava rientrando a casa. Il movente dell’omicidio è da attribuire ai numerosi articoli prodotti dal giornalista riguardo le attività di appalti dei corleonesi e l’omicidio del colonnello Russo<ref>Vincenzo Oliveri (Presidente) (2002). Sentenza. N° 61/2002 contro Riina Salvatore + 7, Corte d'assise d'Appello di Palermo, 13 dicembre, p. 10 [https://tribunale-palermo.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/Sentenza_di_secondo_grado_su_omicidio_Mario_Francese.pdf]</ref>. | |||
Il [[21 luglio]] successivo, intorno alle 8:00 di mattina, uccise invece [[Boris Giuliano]], mentre questi stava facendo colazione al Bar Lux in via Paolo di Blasi, a Palermo. Il poliziotto era stato il primo a stabilire una collaborazione con l’FBI e a scoprire la connessione tra Cosa Nostra siciliana e la mafia americana. Due settimane prima di essere ucciso, aveva fatto irruzione nel covo di Bagarella sequestrando quattro chili di eroina, armi e documenti falsi. Due mesi dopo, il [[10 settembre]], Leoluca venne arrestato a un posto di blocco dei carabinieri per aver esibito una patente falsa e venne condannato a due anni e quattro mesi<ref>citato in Saverio Lodato (2006). “Trent’anni di mafia”, Milano, Rizzoli, p.10.</ref>. | |||
=== La vita in carcere negli anni '80 === | |||
Nel [[1980]], Bagarella provò a evadere dal carcere dell’Ucciardone con il boss [[Vincenzo Puccio]], invano. Due anni dopo arrivò la prima condanna a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa. Al termine del giudizio di primo grado del [[Maxiprocesso di Palermo]], venne condannato a sei anni in primo grado, ridotti a quattro in Appello. Poiché la sua colpevolezza per l’omicidio del capo della mobile Giuliano non venne provata, ricevette solo la condanna per associazione mafiosa, che venne dimezzata con l’indulto del [[1990]]. | |||
Benché recluso, riuscì tuttavia a commissionare omicidi dal carcere: il [[29 giugno]] [[1982]] fece uccidere il vicebrigadiere [[Antonino Burrafato]], il quale gli aveva impedito, con la legittima applicazione della custodia cautelare, di andare in visita al padre in fin di vita<ref>“MINISTERO DELL’INTERNO, “Testimonianze di coraggio: l’eroismo “normale” di Antonino Burrafato”, [https://www.interno.gov.it/it/notizie/testimonianze-coraggio-leroismo-normale-antonino-burrafato], 20 novembre 2024</ref>. | |||
=== Il matrimonio con Vincenzina Marchese === | |||
Scarcerato nel [[1991]], si sposò con Vincenzina Marchese, sorella di [[Filippo Marchese]], primo esponente del Clan dei Corleonesi a collaborare con la giustizia. Quel matrimonio, celebrato il [[24 aprile]] al Grand Hotel di Villa Igiea, ebbe una grande portata simbolica, perché dimostrò la supremazia dei Corleonesi sulle famiglie palermitane, tra Rolls Royce, brindisi e festeggiamenti interminabili. Bagarella volle addirittura che gli invitati ballassero in suo onore sulle celeberrime note del “Padrino” di Nino Rota<ref>Giuseppe D’Avanzo, “la Repubblica”, su “Archivio”, [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/06/25/quelle-nozze-da-re-nei-saloni-dei.html], 22 novembre 2024</ref>. | |||
=== La strategia stragista, dopo la sentenza definitiva del Maxiprocesso === | |||
Dopo la sentenza definitiva del [[30 gennaio]] [[1992]] che riconosceva l'esistenza di Cosa Nostra e condannava a pene pesantissime tutti i vertici dell'organizzazione, Riina decise di inaugurare la strategia stragista, cominciando a vendicarsi anzitutto dei referenti politici, come [[Salvo Lima]], che non avevano mantenuto le promesse. | |||
Bagarella fu ovviamente in prima fila al fianco del cognato nei suoi propositi di vendetta. | |||
Il [[23 maggio]], fu tra i mafiosi che organizzarono e attuarono la [[Strage di Capaci]]. Pochi mesi più tardi, il [[14 settembre]], provò a uccidere [[Rino Germanà]], fidato collaboratore di [[Paolo Borsellino]], sul lungomare di Mazara del Vallo<ref>Francesco Viviano, “la Repubblica”, su “Archivio”, [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/12/30/bagarella-sbaglio-mira-il-commissario-si.html], 19 novembre 2024</ref>. Tre giorni dopo, verso le 22:30, uccise [[Ignazio Salvo]], che insieme al cugino Nino era stato condannato nel 1984 per associazione mafiosa<ref>Archivio Antimafia, “Omicidio Ignazio Salvo”, Fatto e Svolgimento del processo, [https://www.archivioantimafia.org/sentenze2/salvo/ignaziosalvo_primo_grado.pdf], 20 novembre 2024</ref> e insieme rappresentavano il potere andreottiano in Sicilia, insieme a Lima. | |||
Dopo l’arresto di Riina, il [[15 gennaio]] [[1993]], prese le redini della fazione stragista di Cosa Nostra, contrapposta alla fazione guidata da Provenzano che invece era contrario alle stragi e proponeva l'abbandono dello scontro diretto con lo Stato. Grazie alla potenza di fuoco che aveva a disposizione e al rapporto di parentela con Riina, Bagarella prevalse, portando fuori dalla Sicilia la strategia stragista, tanto che a lui vennero attribuite le bombe del 1993 a Roma, Firenze e Milano<ref>Citato in Alfonso Sabella (2008). “Cacciatore di Mafiosi”, Milano, Mondadori, p.64</ref>. | |||
Fu sempre lui ad ordinare il rapimento del figlio del collaboratore di giustizia [[Santino Di Matteo]], [[Giuseppe Di Matteo|Giuseppe]], il [[23 novembre]] [[1993]]<ref>Sabella. “Cacciatore di Mafiosi”, Milano, p.150-151-164-165</ref>. | |||
In vista delle elezioni politiche del [[1994]], Bagarella ipotizzò la nascita di un partito indipendentista, Sicilia Libera, con l’obiettivo di portare in parlamento le volontà di Cosa Nostra. Il progetto non ebbe seguito. Successivamente, Bernardo Provenzano e [[Matteo Messina Denaro]] decisero di appoggiare Forza Italia<ref>Domani, “E Cosa Nostra scende direttamente in politica, per una “Sicilia libera”, [https://www.editorialedomani.it/fatti/e-cosa-nostra-scende-direttamente-in-politica-per-una-sicilia-libera-ekzktloj], 20 novembre 2024</ref>. | |||
=== La faida di Villabate === | |||
Tra il gennaio e il febbraio del [[1995]] ordinò di uccidere a Corleone Giuseppe Giammona, sua sorella Giovanna e il marito Francesco Saporito, sospettati erroneamente di fare parte di una famiglia rivale. In quello stesso periodo, Bagarella dovette gestire la faida esplosa a Villabate, alle porte di Palermo. Da una parte i Di Peri, legati a [[Bernardo Provenzano|Provenzano]]. Dall’altra i Montalto, vicini a Salvatore Riina. Bagarella prese le parti dei Montalto e si servì di Nino Mangano e del gruppo di fuoco di Brancaccio per sedare i Di Peri<ref>Sabella. “Cacciatore di Mafiosi”, p.201</ref>. | |||
=== Il suicidio della moglie Vincenzina === | |||
Il [[12 maggio]] [[1995]] la moglie Vincenzina si suicidò, impiccandosi<ref>[https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/01/17/la-moglie-di-bagarella-si-impiccata.html]</ref>. La vicenda non venne mai chiarita del tutto, nonostante la testimonianza del collaboratore di giustizia Antonio Calvaruso, già autista di Bagarella. Secondo il racconto, la moglie era preda di una forte depressione, dovuta al secondo aborto naturale in due anni e, probabilmente, per via del rapimento del figlio di Di Matteo organizzato dal marito. | |||
Dopo la morte della moglie, “Luchino” smise di uccidere, entrò in un periodo sabbatico nel quale per qualche tempo non ordinò omicidi. Fu il suo modo di vivere il lutto<ref>Sabella. “Cacciatore di Mafiosi”, p.60-61</ref>. Quando Bagarella venne arrestato, un mese dopo aveva al dito la fede della moglie e al collo un medaglione con la sua fotografia. | |||
=== L’arresto e il carcere === | |||
Bagarella venne nuovamente arrestato alle 19:30 del [[24 giugno]] [[1995]] in Viale delle Scienze a Palermo, dopo essere uscito da un negozio di abbigliamento in corso Turkory, nel centro della città. Due macchine lo chiusero a tenaglia, bloccandolo. Bagarella provò un ultimo tentativo disperato mostrando agli agenti della Dia un documento falso, dichiarando di chiamarsi Franco Amato e di essere un dipendente statale<ref>Ivi, p. 24-25</ref>. | |||
L’indagine che condusse al suo arresto venne condotta dal magistrato [[Alfonso Sabella]], che faceva parte del pool guidato dal procuratore di Palermo [[Gian Carlo Caselli|Caselli]]. Da allora, il boss corleonese si trova recluso in regime di [[Articolo 41 bis|41-bis]] nel carcere di Sassari. | |||
Negli anni si è espresso ripetutamente riguardo le condizioni di estrema durezza del c.d. carcere duro, ma le sue richieste non sono mai state accolte<ref>Il Fatto Quotidiano, “Trattativa, la lettera del boss Bagarella ai giudici: “Sono innocente. Merito di essere assolto”. Mori invoca il ne bis in idem”, [https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/02/09/trattativa-la-lettera-del-boss-bagarella-ai-giudici-sono-innocente-merito-di-essere-assolto-mori-invoca-il-ne-bis-idem/4148785/], 22 novembre 2024</ref>. Si è reso anche protagonista di diversi episodi violenti all’interno del carcere. | |||
Nel [[2005]] gettò dell’olio bollente sul viso di un boss della [['Ndrangheta|'ndrangheta]], minacciandolo di morte<ref>Corriere della Sera, “Bagarella, olio bollente su un detenuto”, [https://www.corriere.it/cronache/08_luglio_13/bagarella_olio_bollente_9d2964f0-50cd-11dd-b816-00144f02aabc.shtml], 22 novembre 2024</ref>. Un anno dopo si scagliò, senza apparenti motivi, contro un agente della polizia penitenziaria che gli aveva aperto la cella in cui era rinchiuso. | |||
Nel [[2021]] morse un orecchio all’agente che lo stava scortando nei corridoi del carcere<ref>Giornale di Sicilia, “Mafia: Leoluca Bagarella aggredisce un agente in carcere a Sassari”, [https://gds.it/articoli/cronaca/2021/07/20/mafia-leoluca-bagarella-aggredisce-un-agente-in-carcere-a-sassari-08d1f513-365e-4697-b352-4544d830fb66/], 22 novembre 2024</ref>. | |||
== Condanne == | |||
Bagarella ha rimediato numerose condanne nel corso degli anni: | |||
* l’[[11 gennaio]] [[1996]] Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Giovanni Scaduto vennero condannati all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo<ref>[Ibidem]</ref>; | |||
* il [[30 ottobre]] [[1997]] la seconda sezione della Corte d’appello di Palermo confermò la condanna all’ergastolo per Leoluca Bagarella insieme con Salvatore Riina e Bernardo Provenzano per l'omicidio Russo<ref>la Repubblica, “OMICIDIO RUSSO ASSOLTO IL “PAPA””, [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/10/30/omicidio-russo-assolto-il-papa.html], 24 novembre 2024</ref>; | |||
* il [[7 marzo]] dello stesso anno Leoluca venne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Boris Giuliano. La sentenza fu confermata in appello il 26 gennaio dell’anno successivo, e in Cassazione il 28 febbraio del 1997<ref>Sportello Scuola e Università, Commissione Parlamentare Antimafia, “Cronologia su mafia e antimafia”, [https://web.archive.org/web/20071214175116/http://www.camera.it/_bicamerali/leg15/commbicantimafia/cronologiamafieantimafia/schedabase.asp#1992], 24 novembre 2024</ref>; | |||
* il [[6 giugno]] [[1998]] Bagarella, insieme ad altre 13 persone, fu condannato all’ergastolo per le stragi del 1993 a Roma, Firenze e Milano<ref>Gianluca Monastra, “la Repubblica”, su “Archivio”, [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/01/22/ergastolo-toto-riina-per-la-strage.html], 24 novembre 2024</ref>; | |||
* nel [[2000]], venne condannato all’ergastolo per la strage di Capaci<ref>Guido Ietti, “Sentenza n. 18845/03 contro “Aglieri + 32”, Suprema Corte di Cassazione - V Sezione Penale, p. 126, [https://www.archivioantimafia.org/sentenze2/falcone/capaci_cassazione.pdf]</ref>; | |||
* nel [[2001]] venne condannato all’ergastolo come esecutore materiale dell’omicidio del giornalista Mario Francese<ref>la Repubblica, “Sette condanne per Francese”, [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/04/12/sette-condanne-per-francese.html?ref=search], 24 novembre 2024</ref>; stessa condanna per l’omicidio del vicebrigadiere Burrafato<ref>la Repubblica, “Morto per aver negato privilegi a Leoluca Bagarella. In quattro a giudizio per il delitto del vicebrigadiere Burrafato”, [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/10/16/morto-per-aver-negato-privilegi-leoluca-bagarella.html], 24 novembre 2024</ref>; | |||
* nel [[2002]], Bagarella fu condannato all’ergastolo in quanto mandante dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo<ref>Rai News24, “Mafia. Omicidio Di Matteo, confermato ergastolo a Bagarella e pene ai boss, [https://web.archive.org/web/20110609193938/http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=24114], 25 novembre 2024</ref>; | |||
* nel [[2003]] venne condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise di Trapani, al termine del processo Arca<ref>la Repubblica, “Dieci ergastoli a boss e killer per la guerra di mafia a Trapani”, [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/03/16/dieci-ergastoli-boss-killer-per-la-guerra.html], 24 novembre 2025</ref>; | |||
* nel [[2008]] venne nuovamente condannato all'ergastolo per l’omicidio di Enzo Salvatore Caravà<ref>Adnkronos, “MAFIA: NUOVO ERGASTOLO PER BOSS CORLEONESE LEOLUCA BAGARELLA”, [https://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2008/07/12/Cronaca/MAFIA-NUOVO-ERGASTOLO-PER-BOSS-CORLEONESE-LEOLUCA-BAGARELLA_082309.php], 22 novembre 2024</ref>; | |||
* nel [[2009]], la quarta sezione della Corte d’assise condannò Bagarella e Giuseppe Agrigento all’ergastolo per l’omicidio di Simone Lo Manto e Raimondo Mulè<ref>Live Sicilia, “Uno sgarbo, poi il duplice omicidio: nuovo ergastolo per Leoluca Bagarella”, [https://web.archive.org/web/20110101210845/http://www.livesicilia.it/2009/07/01/brusca-svela-un-duplice-omicidio-del-77nuovo-ergastolo-per-leoluca-bagarella/], 19 novembre 2024</ref>. | |||
=== Processo Trattativa Stato-Mafia === | |||
Il [[24 luglio]] [[2012]], durante il processo sulla c.d. [[Trattativa Stato-mafia|trattativa Stato-Mafia]], la procura di Palermo chiese il suo rinvio a giudizio insieme ad altri undici imputati, tra cui gli ex ufficiali dei Ros [[Mario Mori]] e [[Antonio Subranni]], l’ex ministro dell’interno Mancino e i senatori [[Marcello Dell’Utri]] e [[Calogero Mannino]]. L’accusa era di “attentato a corpo politico dello Stato<ref>Salvo Palazzolo, “la Repubblica”, su “Archivio”, [https://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/07/24/news/trattati_la_procura_chiede_il_rinvio_a_giudizio-39613634/?ref=HRER2-1], 25 novembre 2024</ref>. | |||
Il [[20 aprile]] [[2018]] vennero condannati gli uomini delle istituzioni e i mafiosi; Bagarella in particolare fu condannato a 28 anni di reclusione<ref>Salvo Palazzolo, “la Repubblica”, su “Archivio”, [https://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/04/20/news/trattativa_la_sentenza-194385337/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P1-S1.8-T1], 25 novembre 2024</ref>. | |||
Il [[23 settembre]] [[2021]], la Corte d’assise d’appello assolse gli ex ufficiali dei Ros Mori, Subranni, De Donno e il senatore Dell’Utri. Dichiarò le accuse a Bagarella parzialmente prescritte e ridusse la pena e 27 anni<ref>Ansa, “Trattativa Stato-mafia: assolti carabinieri e Dell’Utri”, [https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2021/09/23/trattativa-stato-mafia-assolti-carabinieri-e-dellutri-_8bdcf107-b4e0-468b-b365-d260041d912c.html], 25 novembre 2024</ref>. | |||
Il [[27 aprile]] [[2023]] la Cassazione dichiarò prescritto il reato<ref>Giuseppe Salvaggiulo, “La Stampa”, [https://www.lastampa.it/cronaca/2023/04/27/news/stato-mafia_la_cassazione_prescrizione_per_bagarella_e_cina-12776340/], 25 novembre 2024</ref>. | |||
== Note == | |||
<references></references> | |||
== Bibliografia == | |||
* Lodato Saverio (2006). “''Trent’anni di mafia''”, Milano, Rizzoli. | |||
* Sabella, Alfonso (2019). “''Cacciatore di mafiosi''”, Milano, Mondadori. | |||
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Versione attuale delle 19:53, 26 lug 2025
Biografia
Quarto figlio del boss Salvatore Bagarella e di Lucia Mondello, Leoluca trascorse la sua infanzia a Corleone. Suo fratello, Calogero Bagarella, era compagno fidato di Riina e di Bernardo Provenzano, quando questi erano i picciotti del boss Michele Navarra[1].
Gli esordi criminali
Leoluca venne arrestato per la prima volta nel 1973 per detenzione illegale di armi da fuoco. Condannato a venti mesi di reclusione, la sentenza venne sospesa e Bagarella tornò presto in libertà. L’anno successivo venne trovato nuovamente in possesso di armi da fuoco non dichiarate, quindi arrestato di nuovo. Una volta ottenuta la libertà provvisoria, si diede alla latitanza[2].
Il 10 gennaio di quell’anno, in via San Lorenzo a Palermo, Bagarella aveva ucciso a colpi di P38 Angelo Sorino, poliziotto in pensione che, nonostante l’età, continuava a raccogliere informazioni sulle famiglie mafiose della zona[3].
Killer di mafia negli anni '70
Nel 1976, Bagarella assassinò a San Cipirello Enzo Salvatore Caravà, condannato a morte da Cosa Nostra poiché venne ritenuto colpevole del rapimento e dell’omicidio di Luigi Corleo, gestore delle essattorie siciliane e suocero di Nino Salvo[4].
Nel 1977, sempre a San Cipirello, uccise anche Simone Lo Manto e Nino Mulè. Simone era un pastore, colpevole di aver rubato, diversi anni prima, delle damigiane di vino al capo mandamento del tempo, Antonio Salamone. Nino Mulè era invece solo un amico di Lo Manto che si trovava con lui al momento della sparatoria[5].
Nel 1978, Bagarella partecipò invece all’agguato a Giuseppe Di Cristina, boss di Caltanissetta, che prima di morire riuscì a ferirlo. Di Cristina era stato uno dei primi boss ad accorgersi della minaccia costituita dai Corleonesi e dalle manie espansionistiche di Riina.
Omicidi eccellenti
Il 20 agosto 1977, in contrada Ficuzza a Corleone, intorno alle 22:00, Bagarella, insieme a Giovanni Brusca, Giuseppe Greco e Vincenzo Puccio, tese un’imboscata al tenente colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, che in quel momento si trovava insieme all’ amico insegnante Filippo Costa. I due vennero crivellati di colpi, ma fu Bagarella a finire il colonnello sparandogli alla testa[6].
Bagarella fu anche il killer del giornalista Mario Francese, assassinato la sera del 26 gennaio 1979 in viale Campania, a Palermo, mentre stava rientrando a casa. Il movente dell’omicidio è da attribuire ai numerosi articoli prodotti dal giornalista riguardo le attività di appalti dei corleonesi e l’omicidio del colonnello Russo[7].
Il 21 luglio successivo, intorno alle 8:00 di mattina, uccise invece Boris Giuliano, mentre questi stava facendo colazione al Bar Lux in via Paolo di Blasi, a Palermo. Il poliziotto era stato il primo a stabilire una collaborazione con l’FBI e a scoprire la connessione tra Cosa Nostra siciliana e la mafia americana. Due settimane prima di essere ucciso, aveva fatto irruzione nel covo di Bagarella sequestrando quattro chili di eroina, armi e documenti falsi. Due mesi dopo, il 10 settembre, Leoluca venne arrestato a un posto di blocco dei carabinieri per aver esibito una patente falsa e venne condannato a due anni e quattro mesi[8].
La vita in carcere negli anni '80
Nel 1980, Bagarella provò a evadere dal carcere dell’Ucciardone con il boss Vincenzo Puccio, invano. Due anni dopo arrivò la prima condanna a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa. Al termine del giudizio di primo grado del Maxiprocesso di Palermo, venne condannato a sei anni in primo grado, ridotti a quattro in Appello. Poiché la sua colpevolezza per l’omicidio del capo della mobile Giuliano non venne provata, ricevette solo la condanna per associazione mafiosa, che venne dimezzata con l’indulto del 1990.
Benché recluso, riuscì tuttavia a commissionare omicidi dal carcere: il 29 giugno 1982 fece uccidere il vicebrigadiere Antonino Burrafato, il quale gli aveva impedito, con la legittima applicazione della custodia cautelare, di andare in visita al padre in fin di vita[9].
Il matrimonio con Vincenzina Marchese
Scarcerato nel 1991, si sposò con Vincenzina Marchese, sorella di Filippo Marchese, primo esponente del Clan dei Corleonesi a collaborare con la giustizia. Quel matrimonio, celebrato il 24 aprile al Grand Hotel di Villa Igiea, ebbe una grande portata simbolica, perché dimostrò la supremazia dei Corleonesi sulle famiglie palermitane, tra Rolls Royce, brindisi e festeggiamenti interminabili. Bagarella volle addirittura che gli invitati ballassero in suo onore sulle celeberrime note del “Padrino” di Nino Rota[10].
La strategia stragista, dopo la sentenza definitiva del Maxiprocesso
Dopo la sentenza definitiva del 30 gennaio 1992 che riconosceva l'esistenza di Cosa Nostra e condannava a pene pesantissime tutti i vertici dell'organizzazione, Riina decise di inaugurare la strategia stragista, cominciando a vendicarsi anzitutto dei referenti politici, come Salvo Lima, che non avevano mantenuto le promesse.
Bagarella fu ovviamente in prima fila al fianco del cognato nei suoi propositi di vendetta.
Il 23 maggio, fu tra i mafiosi che organizzarono e attuarono la Strage di Capaci. Pochi mesi più tardi, il 14 settembre, provò a uccidere Rino Germanà, fidato collaboratore di Paolo Borsellino, sul lungomare di Mazara del Vallo[11]. Tre giorni dopo, verso le 22:30, uccise Ignazio Salvo, che insieme al cugino Nino era stato condannato nel 1984 per associazione mafiosa[12] e insieme rappresentavano il potere andreottiano in Sicilia, insieme a Lima.
Dopo l’arresto di Riina, il 15 gennaio 1993, prese le redini della fazione stragista di Cosa Nostra, contrapposta alla fazione guidata da Provenzano che invece era contrario alle stragi e proponeva l'abbandono dello scontro diretto con lo Stato. Grazie alla potenza di fuoco che aveva a disposizione e al rapporto di parentela con Riina, Bagarella prevalse, portando fuori dalla Sicilia la strategia stragista, tanto che a lui vennero attribuite le bombe del 1993 a Roma, Firenze e Milano[13].
Fu sempre lui ad ordinare il rapimento del figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, Giuseppe, il 23 novembre 1993[14].
In vista delle elezioni politiche del 1994, Bagarella ipotizzò la nascita di un partito indipendentista, Sicilia Libera, con l’obiettivo di portare in parlamento le volontà di Cosa Nostra. Il progetto non ebbe seguito. Successivamente, Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro decisero di appoggiare Forza Italia[15].
La faida di Villabate
Tra il gennaio e il febbraio del 1995 ordinò di uccidere a Corleone Giuseppe Giammona, sua sorella Giovanna e il marito Francesco Saporito, sospettati erroneamente di fare parte di una famiglia rivale. In quello stesso periodo, Bagarella dovette gestire la faida esplosa a Villabate, alle porte di Palermo. Da una parte i Di Peri, legati a Provenzano. Dall’altra i Montalto, vicini a Salvatore Riina. Bagarella prese le parti dei Montalto e si servì di Nino Mangano e del gruppo di fuoco di Brancaccio per sedare i Di Peri[16].
Il suicidio della moglie Vincenzina
Il 12 maggio 1995 la moglie Vincenzina si suicidò, impiccandosi[17]. La vicenda non venne mai chiarita del tutto, nonostante la testimonianza del collaboratore di giustizia Antonio Calvaruso, già autista di Bagarella. Secondo il racconto, la moglie era preda di una forte depressione, dovuta al secondo aborto naturale in due anni e, probabilmente, per via del rapimento del figlio di Di Matteo organizzato dal marito.
Dopo la morte della moglie, “Luchino” smise di uccidere, entrò in un periodo sabbatico nel quale per qualche tempo non ordinò omicidi. Fu il suo modo di vivere il lutto[18]. Quando Bagarella venne arrestato, un mese dopo aveva al dito la fede della moglie e al collo un medaglione con la sua fotografia.
L’arresto e il carcere
Bagarella venne nuovamente arrestato alle 19:30 del 24 giugno 1995 in Viale delle Scienze a Palermo, dopo essere uscito da un negozio di abbigliamento in corso Turkory, nel centro della città. Due macchine lo chiusero a tenaglia, bloccandolo. Bagarella provò un ultimo tentativo disperato mostrando agli agenti della Dia un documento falso, dichiarando di chiamarsi Franco Amato e di essere un dipendente statale[19].
L’indagine che condusse al suo arresto venne condotta dal magistrato Alfonso Sabella, che faceva parte del pool guidato dal procuratore di Palermo Caselli. Da allora, il boss corleonese si trova recluso in regime di 41-bis nel carcere di Sassari.
Negli anni si è espresso ripetutamente riguardo le condizioni di estrema durezza del c.d. carcere duro, ma le sue richieste non sono mai state accolte[20]. Si è reso anche protagonista di diversi episodi violenti all’interno del carcere.
Nel 2005 gettò dell’olio bollente sul viso di un boss della 'ndrangheta, minacciandolo di morte[21]. Un anno dopo si scagliò, senza apparenti motivi, contro un agente della polizia penitenziaria che gli aveva aperto la cella in cui era rinchiuso.
Nel 2021 morse un orecchio all’agente che lo stava scortando nei corridoi del carcere[22].
Condanne
Bagarella ha rimediato numerose condanne nel corso degli anni:
- l’11 gennaio 1996 Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Giovanni Scaduto vennero condannati all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo[23];
- il 30 ottobre 1997 la seconda sezione della Corte d’appello di Palermo confermò la condanna all’ergastolo per Leoluca Bagarella insieme con Salvatore Riina e Bernardo Provenzano per l'omicidio Russo[24];
- il 7 marzo dello stesso anno Leoluca venne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Boris Giuliano. La sentenza fu confermata in appello il 26 gennaio dell’anno successivo, e in Cassazione il 28 febbraio del 1997[25];
- il 6 giugno 1998 Bagarella, insieme ad altre 13 persone, fu condannato all’ergastolo per le stragi del 1993 a Roma, Firenze e Milano[26];
- nel 2001 venne condannato all’ergastolo come esecutore materiale dell’omicidio del giornalista Mario Francese[28]; stessa condanna per l’omicidio del vicebrigadiere Burrafato[29];
- nel 2002, Bagarella fu condannato all’ergastolo in quanto mandante dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo[30];
- nel 2003 venne condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise di Trapani, al termine del processo Arca[31];
- nel 2009, la quarta sezione della Corte d’assise condannò Bagarella e Giuseppe Agrigento all’ergastolo per l’omicidio di Simone Lo Manto e Raimondo Mulè[33].
Processo Trattativa Stato-Mafia
Il 24 luglio 2012, durante il processo sulla c.d. trattativa Stato-Mafia, la procura di Palermo chiese il suo rinvio a giudizio insieme ad altri undici imputati, tra cui gli ex ufficiali dei Ros Mario Mori e Antonio Subranni, l’ex ministro dell’interno Mancino e i senatori Marcello Dell’Utri e Calogero Mannino. L’accusa era di “attentato a corpo politico dello Stato[34].
Il 20 aprile 2018 vennero condannati gli uomini delle istituzioni e i mafiosi; Bagarella in particolare fu condannato a 28 anni di reclusione[35].
Il 23 settembre 2021, la Corte d’assise d’appello assolse gli ex ufficiali dei Ros Mori, Subranni, De Donno e il senatore Dell’Utri. Dichiarò le accuse a Bagarella parzialmente prescritte e ridusse la pena e 27 anni[36].
Il 27 aprile 2023 la Cassazione dichiarò prescritto il reato[37].
Note
- ↑ Calogero morì nel 1969 in quella che viene ricordata come “la strage di viale Lazio”. Nel 1972 venne ucciso in carcere l’altro fratello Giuseppe. La sorella Antonietta sposò Totò Riina nel 1974, legando indissolubilmente le due famiglie.
- ↑ Vincenzo Oliveri (Presidente) (2002). Sentenza. N° 61/2002 contro Riina Salvatore + 7, Corte d'assise d'Appello di Palermo, 13 dicembre, p. 202 [1]
- ↑ Domani, “Scompare un Padrino, una lupara bianca dà inizio alla mattanza di Palermo”, [2], 22 novembre 2024
- ↑ Adnkronos, “MAFIA: NUOVO ERGASTOLO PER BOSS CORLEONESE LEOLUCA BAGARELLA”, [3], 22 novembre 2024
- ↑ Live Sicilia, “Uno sgarbo, poi il duplice omicidio: nuovo ergastolo per Leoluca Bagarella”, [4], 19 novembre 2024
- ↑ Nicola Tranfaglia, “Antimafia duemila, informazioni su Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e sistemi criminali connessi”, [5], 20 novrembre 2024
- ↑ Vincenzo Oliveri (Presidente) (2002). Sentenza. N° 61/2002 contro Riina Salvatore + 7, Corte d'assise d'Appello di Palermo, 13 dicembre, p. 10 [6]
- ↑ citato in Saverio Lodato (2006). “Trent’anni di mafia”, Milano, Rizzoli, p.10.
- ↑ “MINISTERO DELL’INTERNO, “Testimonianze di coraggio: l’eroismo “normale” di Antonino Burrafato”, [7], 20 novembre 2024
- ↑ Giuseppe D’Avanzo, “la Repubblica”, su “Archivio”, [8], 22 novembre 2024
- ↑ Francesco Viviano, “la Repubblica”, su “Archivio”, [9], 19 novembre 2024
- ↑ Archivio Antimafia, “Omicidio Ignazio Salvo”, Fatto e Svolgimento del processo, [10], 20 novembre 2024
- ↑ Citato in Alfonso Sabella (2008). “Cacciatore di Mafiosi”, Milano, Mondadori, p.64
- ↑ Sabella. “Cacciatore di Mafiosi”, Milano, p.150-151-164-165
- ↑ Domani, “E Cosa Nostra scende direttamente in politica, per una “Sicilia libera”, [11], 20 novembre 2024
- ↑ Sabella. “Cacciatore di Mafiosi”, p.201
- ↑ [12]
- ↑ Sabella. “Cacciatore di Mafiosi”, p.60-61
- ↑ Ivi, p. 24-25
- ↑ Il Fatto Quotidiano, “Trattativa, la lettera del boss Bagarella ai giudici: “Sono innocente. Merito di essere assolto”. Mori invoca il ne bis in idem”, [13], 22 novembre 2024
- ↑ Corriere della Sera, “Bagarella, olio bollente su un detenuto”, [14], 22 novembre 2024
- ↑ Giornale di Sicilia, “Mafia: Leoluca Bagarella aggredisce un agente in carcere a Sassari”, [15], 22 novembre 2024
- ↑ [Ibidem]
- ↑ la Repubblica, “OMICIDIO RUSSO ASSOLTO IL “PAPA””, [16], 24 novembre 2024
- ↑ Sportello Scuola e Università, Commissione Parlamentare Antimafia, “Cronologia su mafia e antimafia”, [17], 24 novembre 2024
- ↑ Gianluca Monastra, “la Repubblica”, su “Archivio”, [18], 24 novembre 2024
- ↑ Guido Ietti, “Sentenza n. 18845/03 contro “Aglieri + 32”, Suprema Corte di Cassazione - V Sezione Penale, p. 126, [19]
- ↑ la Repubblica, “Sette condanne per Francese”, [20], 24 novembre 2024
- ↑ la Repubblica, “Morto per aver negato privilegi a Leoluca Bagarella. In quattro a giudizio per il delitto del vicebrigadiere Burrafato”, [21], 24 novembre 2024
- ↑ Rai News24, “Mafia. Omicidio Di Matteo, confermato ergastolo a Bagarella e pene ai boss, [22], 25 novembre 2024
- ↑ la Repubblica, “Dieci ergastoli a boss e killer per la guerra di mafia a Trapani”, [23], 24 novembre 2025
- ↑ Adnkronos, “MAFIA: NUOVO ERGASTOLO PER BOSS CORLEONESE LEOLUCA BAGARELLA”, [24], 22 novembre 2024
- ↑ Live Sicilia, “Uno sgarbo, poi il duplice omicidio: nuovo ergastolo per Leoluca Bagarella”, [25], 19 novembre 2024
- ↑ Salvo Palazzolo, “la Repubblica”, su “Archivio”, [26], 25 novembre 2024
- ↑ Salvo Palazzolo, “la Repubblica”, su “Archivio”, [27], 25 novembre 2024
- ↑ Ansa, “Trattativa Stato-mafia: assolti carabinieri e Dell’Utri”, [28], 25 novembre 2024
- ↑ Giuseppe Salvaggiulo, “La Stampa”, [29], 25 novembre 2024
Bibliografia
- Lodato Saverio (2006). “Trent’anni di mafia”, Milano, Rizzoli.
- Sabella, Alfonso (2019). “Cacciatore di mafiosi”, Milano, Mondadori.
