Michele Navarra
Michele Navarra (Corleone, 5 gennaio 1905 – Prizzi, 2 agosto 1958) è stato un medico e capo mafia di Corleone, ucciso da .
Biografia
I primi anni
Primogenito di otto figli di una famiglia appartenente al ceto medio, il padre Giuseppe era un piccolo proprietario terriero membro del Circolo dei nobili del paese ed esercitava le professioni di geometra e di maestro nella locale scuola agraria. Lo zio materno di Navarra era Angelo Gagliano, un affiliato a Cosa Nostra assassinato nel 1930, mentre suo cugino Angelo Di Carlo era emigrato negli USA nel 1926 per sfuggire alla repressione del prefetto Cesare Mori.
Finiti gli studi, si iscrisse all'Università di Palermo, prima alla facoltà di ingegneria, poi a quella di medicina, laureandosi nel 1929. L'anno successivo si trasferì a Trieste per prestare il servizio militare di leva come medico ausiliario, da cui venne congedato nel 1931. Richiamato alle armi nel 1935 fu dichiarato inabile e ricollocato in congedo. Benché promosso tenente nel 1938 e capitano nel 1942 non partecipò mai alla Seconda Guerra Mondiale, tanto che quell'anno ottenne il congedo definitivo per tornare a Corleone ad esercitare la professione di medico condotto[2].
Capo mafia a Corleone
Nel 1945 Angelo Di Carlo tornò a Corleone dopo aver combattuto nei marines e di concerto con il capomafia in carica, don Calogero Lo Bue, scelse suo cugino Navarra per guidare la famiglia mafiosa della città. I due cugini riuscirono a scavalcare Vincenzo Collura, detto "mister Vincent", il quale era rimpatriato dagli USA per prendere le redini della cosca; tuttavia, Collura divenne vicecapo di Navarra.
L'omicidio di Liborio Ansalone
Il 13 settembre 1945 Navarra fece assassinare Liborio Ansalone capo dei vigili urbani della città, colpevole di aver guidato il 20 dicembre 1926 gli uomini di Cesare Mori per le vie del paese indicando le case dei mafiosi.
L'omicidio di Carmelo Nicolosi
Tra il 1946 e il 1948 Navarra fece eliminare anche il direttore dell'ospedale e ufficiale sanitario di Corleone, Carmelo Nicolosi, trovato ucciso il 29 aprile 1946, rafforzando il suo potere in tutto il territorio corleonese: divenne medico fiduciario dell'INAM, direttore dell'ospedale civile e arruolò tra i suoi picciotti Luciano Leggio[3].
Il controllo dell'economia e della politica
Sempre in quegli anni Navarra costituì insieme al fratello una società di autolinee recuperando gli automezzi militari abbandonati dall'AMGOT, il governo militare alleato: questa società venne rilevata nel 1947 dalla Regione Siciliana e assorbita dall'Azienda Siciliana Trasporti.
A livello politico, Navarra prima aderì al Movimento Indipendentista Siciliano, poi fece confluire i propri voti sulla Democrazia Cristiana.
L'omicidio di Placido Rizzotto e Giuseppe Letizia
Tra i nemici pubblici di Navarra vi era il segretario della Camera del Lavoro, partigiano, militante socialista e sindacalista della CGIL Placido Rizzotto, attivo nel movimento contadino di rivendicazione delle terre. Rizzotto ricopriva anche l'incarico di segretario della locale sezione combattenti e reduci e si era opposto alla nomina di Navarra a socio onorario dell'associazione (non essendo stato mai lui né reduce né combattente). Un mese prima della sua scomparsa Rizzotto aveva anche "osato" contrastare i picciotti del paese schierandosi dalla parte di ex-partigiani, arrivando a ferirne uno.
Il 10 marzo 1948 così venne rapito, brutalmente picchiato e poi ucciso a colpi di pistola. Il corpo fu scaraventato da Luciano Leggio nella foiba di Rocca Busambra. Quella notte il giovane pastorello Giuseppe Letizia, 12 anni, assistette alla scena, mentre pascolava il gregge nelle campagne del feudo Malvello. L'indomani il padre lo trovò delirante e lo portò in ospedale: lì venne ucciso da Navarra con un'iniezione. Ufficialmente la diagnosi fu che il piccolo Letizia era morto per tossicosi, è più probabile che sia stato ucciso con del veleno. Il medico che lo aveva in cura, il dott. Ignazio Aira, partì improvvisamente per l'Australia subito dopo.
La Guerra di Corleone
I rapporti tra Navarra e i suoi scagnozzi erano nel frattempo peggiorati: alle elezioni politiche del 1958, i Corleonesi di Leggio puntarono tutto sul candidato numero 1 del PLI, il principe di Giardinelli, già presidente del Consorzio di bonifica del medio e alto Belice che prometteva la costruzione di un'immensa diga con i 37 miliardi e 854 milioni di finanziamenti già assicurati dalla Società Generale Elettrica. Leggio e i suoi avevano fiutato l'affare e non volevano farselo sfuggire. Ma Navarra era contrario alla costruzione della diga e usò tutto il suo peso politico per far eleggere tre candidati democristiani: Bernardo Mattarella, Franco Restivo e Calogero Volpe. La DC a quella tornata raddoppiò i suoi voti e i primi due candidati di Navarra diventarono ministri, mentre il terzo sottosegretario.
Ad avvelenare il clima furono anche i ripetuti furti e danneggiamenti di Leggio e i suoi ad un possidente terriero protetto di Navarra, Angelo Vintaloro, le cui terre confinavano con quelle di Leggio e di Giacomo Riina, zio di Salvatore. Navarra decise così di far eliminare Leggio proprio durante una delle sue scorribande nelle terre del Vintaloro, ma l'attentato fallì. Nessuno seppe della sparatoria nel feudo di Piano della Scala, se non molto tempo dopo, in piena guerra tra la cosca di Navarra (soprannominata la vecchia mafia) e quella di Leggio (detta la mafia delle nuove leve). Approssimativamente, lo scontro a fuoco fu tra il 20 e il 30 giugno 1958[4].
L'omicidio
La risposta di Leggio e degli altri non si fece attendere: il 2 agosto 1958, verso le tre del pomeriggio, nella contrada Portella Imbriaca, agro di Palazzo Adriano, al quindicesimo chilometro della Provinciale Prizzi-Corleone sette killer armati di un fucile mitragliatore americano Thompson, un mitra italiano Breda calibro 6.35 e tre pistole automatiche crivellarono con 124 colpi la Fiat 1100 sulla quale viaggiava Navarra con il medico Giovanni Russo. Novantadue dei colpi sparati furono ritrovati nel corpo del Navarra: Giovanni Russo, colpevole solo di aver offerto un passaggio al potente capomafia, fu ucciso perché aveva visto in faccia gli assassini[5]. Ai funerali, svoltisi due giorni dopo nella parrocchia di San Martino, partecipò tutta Corleone.
Note
- ↑ citato da Attilio Bolzoni, Parole d'Onore, Milano, Bur, 2008, pp. 135-136
- ↑ Commissione Parlamentare Antimafia, Mafia, Politica e Poteri pubblici attraverso la storia di Luciano Leggio, relazione del senatore Pisanò, all'interno della Relazione conclusiva della VI Legislatura, p. 998
- ↑ Ibidem
- ↑ Attilio Bolzoni, Giuseppe D'Avanzo, Il Capo dei Capi, p. 35-37
- ↑ Ibidem
Bibliografia
- Attilio Bolzoni, Parole d'Onore, Milano, Bur, 2008
- Attilio Bolzoni, Giuseppe D'Avanzo, Il capo dei capi: vita e carriera criminale di Totò Riina, Milano, BUR, 2007
- Commissione Parlamentare Antimafia, Mafia, Politica e Poteri pubblici attraverso la storia di Luciano Leggio, relazione del senatore Pisanò, all'interno della Relazione conclusiva della VI Legislatura, pp. 993-1057