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{{aggiornare}} | {{aggiornare}}<blockquote><center>«La mafia, lo ripeto ancora una volta, '''non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano'''. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione».</center> | ||
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<center>('''[[Giovanni Falcone]]''')<ref>Giovanni Falcone, Cose di Cosa nostra, in collaborazione con M. Padovani, Milano 1991, p.93</ref></center></blockquote> | |||
Con il termine '''Cosa Nostra''' si intende l'organizzazione criminale di stampo mafioso nata in Sicilia, la più famosa e fino agli inizi degli anni '90 la più potente tra le organizzazioni mafiose a livello internazionale. A lungo identificata con la parola di origine siciliana "[[mafia]]", Cosa Nostra ha giocato un ruolo e ha avuto un peso nelle vicende politiche dell'Italia unita, sin dalle origini che nessun'altra organizzazione mafiosa può vantare. | |||
== Origine del nome == | |||
* Per approfondire, vedi anche [[Mafia]] | |||
La prima volta che comparve la parola «'''mafia'''» in Italia fu nel [[1863]], durante lo spettacolo teatrale “''I mafiusi della Vicaria''” di Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca. La piéce teatrale ebbe molto successo all’epoca, con oltre trecento repliche nella sola Palermo e addirittura Re Umberto I tra gli spettatori a Napoli: il protagonista, Gioacchino Funciazza, dominava sugli altri mafiusi, facendosi pagare “''u pizzu''” per dormire su un giaciglio, ma al tempo stesso difendeva gli oppressi dal nuovo Stato e tutti quelli che chiedevano la sua protezione. Non solo, il boss rispettava i morti, battezzava i nuovi affiliati, promuoveva i migliori della banda. Tutte cose considerate all’epoca «''onorevoli''», ma il mafioso non era ancora «''uomo d’onore''» come sarebbe stato inteso decenni dopo. L’aggettivo «''mafioso''» era piuttosto sinonimo di «uomo coraggioso», mentre diventava «bella donna» se declinato al femminile. | La prima volta che comparve la parola «'''mafia'''» in Italia fu nel [[1863]], durante lo spettacolo teatrale “''I mafiusi della Vicaria''” di Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca. La piéce teatrale ebbe molto successo all’epoca, con oltre trecento repliche nella sola Palermo e addirittura Re Umberto I tra gli spettatori a Napoli: il protagonista, Gioacchino Funciazza, dominava sugli altri mafiusi, facendosi pagare “''u pizzu''” per dormire su un giaciglio, ma al tempo stesso difendeva gli oppressi dal nuovo Stato e tutti quelli che chiedevano la sua protezione. Non solo, il boss rispettava i morti, battezzava i nuovi affiliati, promuoveva i migliori della banda. Tutte cose considerate all’epoca «''onorevoli''», ma il mafioso non era ancora «''uomo d’onore''» come sarebbe stato inteso decenni dopo. L’aggettivo «''mafioso''» era piuttosto sinonimo di «uomo coraggioso», mentre diventava «bella donna» se declinato al femminile. | ||
Tant’è che Rizzotto fu aspramente criticato, in primo luogo dall’etnologo | Tant’è che Rizzotto fu aspramente criticato, in primo luogo dall’etnologo [[Giuseppe Pitrè]], che lo accusava di aver attribuito valore negativo alla parola. «''La mafia non è setta né associazione, non ha regolamenti né statuti.''», sosteneva lo studioso, «''Il mafioso '''non è un ladro, non è un malandrino'''; e se nella nuova fortuna toccata alla parola, la qualità di mafioso è stata applicata al ladro, ed al malandrino, ciò è perché il non sempre colto pubblico non ha avuto tempo di ragionare sul valore della parola, né s’è curato di sapere che nel modo di sentire del ladro e del malandrino il mafioso è soltanto '''un uomo coraggioso e valente''', che non porta mosca sul naso, nel qual senso l’essere mafioso è necessario, anzi '''indispensabile'''. La mafia è la '''coscienza del proprio essere''', l’esagerato concetto della forza individuale, unica e sola arbitra di ogni contrasto, di ogni urto d’interessi e d’idee; donde la insofferenza della superiorità e peggio ancora della prepotenza altrui. Il mafioso vuol essere rispettato e rispetta quasi sempre. Se è offeso non si rimette alla legge, alla giustizia, ma sa farsi personalmente ragione da sé, e quando non ne ha la forza, col mezzo di altri del medesimo sentire di lui''»<ref>Citato da Leonardo Sciascia in La Storia della Mafia, pubblicato in “Quaderni Radicali” n. 30 e 31 – Anno XV Gennaio/Giugno 1991</ref>. | ||
La concezione di Pitrè piaceva particolarmente anche a [[Luciano Leggio]]<ref>Si ricorda che Luciano Leggio è noto alle cronache come “Liggio”, a causa di un errore di trascrizione nel primo verbale di fermo negli anni ’50.</ref>, che la riprese durante una famosa intervista a Enzo Biagi<ref>Intervista di Enzo Biagi a Luciano Leggio, Linea diretta 20 marzo 1989, citato in MOIRAGHI Francesco, ''Cosa Nostra'', pubblicato in Strutture: Cosa Nostra e ‘ndrangheta a confronto, WikiMafia – Libera Enciclopedia sulle Mafie, pag.5</ref>:<blockquote> | |||
:'''Biagi''': «Che cos’è la Mafia secondo lei, è una cosa riprovevole?» | :'''Biagi''': «Che cos’è la Mafia secondo lei, è una cosa riprovevole?» | ||
:'''Leggio''': «[…] Leggendo vari autori che hanno parlato su ‘sta parola, mafia, e rifacendomi al Pitrè che è uno dei grandi cultori della lingua antica siciliana, mafia doveva essere una parola di bellezza. Bellezza non solo fisica, ma anche bellezza come spiritualità, nel senso che se incontro una bella donna diciamo “Mafiusa sta fimmina” […]. Era un complimento e un fenomeno di bellezza. » | :'''Leggio''': «[…] Leggendo vari autori che hanno parlato su ‘sta parola, mafia, e rifacendomi al Pitrè che è uno dei grandi cultori della lingua antica siciliana, mafia doveva essere una parola di bellezza. Bellezza non solo fisica, ma anche bellezza come spiritualità, nel senso che se incontro una bella donna diciamo “Mafiusa sta fimmina” […]. Era un complimento e un fenomeno di bellezza.» | ||
:'''Biagi''': «Se è così lei non si offende se io dico che è mafioso.» | :'''Biagi''': «Se è così lei non si offende se io dico che è mafioso.» | ||
:'''Leggio''': «No, non mi offendo, non solo. Semplicemente mi duole perché credo che non ho tutta quella ricchezza spirituale e fisica di esserlo, un mafioso» | :'''Leggio''': «No, non mi offendo, non solo. Semplicemente mi duole perché credo che non ho tutta quella ricchezza spirituale e fisica di esserlo, un mafioso» | ||
</blockquote>Una ricchezza spirituale e fisica che evidentemente non mancava a un illustre cittadino palermitano come era '''Vittorio Emanuele Orlando''', già presidente del Consiglio dei Ministri (1917-1919) e Ministro degli Interni (1916-1919), che in un comizio al Teatro Massimo di Palermo arrivò a dichiarare che «''se per mafia si intende il senso dell'onore portato fino all'esagerazione, l'insofferenza contro ogni prepotenza e sopraffazione, portata sino al parossismo, la generosità che fronteggia il forte ma indulge al debole, la fedeltà alle amicizie, più forte di tutto, anche della morte. Se per mafia si intendono questi sentimenti, e questi atteggiamenti, sia pure con i loro eccessi, allora in tal senso si tratta di contrassegni individuali dell'anima siciliana, e mafioso mi dichiaro io e sono fiero di esserlo!''»<ref>Discorso al Teatro Massimo di Palermo del 28 giugno 1925</ref>. | |||
Una ricchezza spirituale e fisica che evidentemente non mancava a un illustre cittadino palermitano come era '''Vittorio Emanuele Orlando''', già presidente del Consiglio dei Ministri (1917-1919) e Ministro degli Interni (1916-1919), che in un comizio al Teatro Massimo di Palermo arrivò a dichiarare che «''se per mafia si intende il senso dell'onore portato fino all'esagerazione, l'insofferenza contro ogni prepotenza e sopraffazione, portata sino al parossismo, la generosità che fronteggia il forte ma indulge al debole, la fedeltà alle amicizie, più forte di tutto, anche della morte. Se per mafia si intendono questi sentimenti, e questi atteggiamenti, sia pure con i loro eccessi, allora in tal senso si tratta di contrassegni individuali dell'anima siciliana, e mafioso mi dichiaro io e sono fiero di esserlo!''»<ref>Discorso al Teatro Massimo di Palermo del 28 giugno 1925</ref>. | |||
[[Cesare Terranova]], capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, dichiarò nel [[1965]]: «''La mafia non è un concetto astratto, non è uno stato d’animo, ma è criminalità organizzata, efficiente e pericolosa, articolata in aggregati o gruppi o “famiglie” o meglio ancora “cosche”. […] Esiste una sola mafia, né vecchia né giovane, né buona né cattiva, esiste la mafia che è associazione delinquenziale''»<ref>Tribunale di Palermo. Sentenza di rinvio a giudizio contro L. Leggio + 115, 14 agosto 1965, in Commissione parlamentare Antimafia 1972, IV, t. XVI, pp. 208-9</ref> | [[Cesare Terranova]], capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, dichiarò nel [[1965]]: «''La mafia non è un concetto astratto, non è uno stato d’animo, ma è criminalità organizzata, efficiente e pericolosa, articolata in aggregati o gruppi o “famiglie” o meglio ancora “cosche”. […] Esiste una sola mafia, né vecchia né giovane, né buona né cattiva, esiste la mafia che è associazione delinquenziale''»<ref>Tribunale di Palermo. Sentenza di rinvio a giudizio contro L. Leggio + 115, 14 agosto 1965, in Commissione parlamentare Antimafia 1972, IV, t. XVI, pp. 208-9</ref> | ||
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== Storia ed evoluzione == | == Storia ed evoluzione == | ||
=== Le origini === | === Le origini === | ||
[[File:Giuseppe Garibaldi 1861.jpg| | [[File:Giuseppe Garibaldi 1861.jpg|250x250px|thumb|Giuseppe Garibaldi, nel 1861|alt=Giuseppe Garibaldi]] | ||
Nel [[1860]] '''Giuseppe Garibaldi''' con le sue camicie rosse '''invase la Sicilia per annetterla al regno d’Italia''', sconfiggendo l’esercito borbonico. La spedizione ebbe un rapido successo poiché lo sbarco innescò una rivolta interna che non lasciò scampo ai Borboni. Ma quale fu la causa del disagio che spinse i siciliani ad appoggiare i garibaldini? Con la legge del [[4 agosto]] [[1812]], il Parlamento siciliano aveva formalmente abolito il sistema feudale, che, però, continuò ancora per oltre un secolo ad essere la struttura socio-economica portante della Sicilia. I baroni che prima gestivano immensi feudi in quanto vassalli del re continuarono lo stesso a spadroneggiarvi in quanto proprietari. Questo modello basato sul latifondo aveva favorito '''la miseria della popolazione e la debolezza delle classi sociali diverse da quella possidente''', unitamente alla diffusione del '''particolarismo''' (la tendenza a curarsi solo dei propri interessi, spesso a danno degli interessi altrui), del '''familismo''' (concezione che assolutizza i legami familiari arrivando all'estraniamento dalle responsabilità sociali) e del '''clientelismo''' (sistema di relazioni tra persone che, accomunate da motivi di interesse, si scambiano favori, spesso a danno di altri). | Nel [[1860]] '''Giuseppe Garibaldi''' con le sue camicie rosse '''invase la Sicilia per annetterla al regno d’Italia''', sconfiggendo l’esercito borbonico. La spedizione ebbe un rapido successo poiché lo sbarco innescò una rivolta interna che non lasciò scampo ai Borboni. Ma quale fu la causa del disagio che spinse i siciliani ad appoggiare i garibaldini? Con la legge del [[4 agosto]] [[1812]], il Parlamento siciliano aveva formalmente abolito il sistema feudale, che, però, continuò ancora per oltre un secolo ad essere la struttura socio-economica portante della Sicilia. I baroni che prima gestivano immensi feudi in quanto vassalli del re continuarono lo stesso a spadroneggiarvi in quanto proprietari. Questo modello basato sul latifondo aveva favorito '''la miseria della popolazione e la debolezza delle classi sociali diverse da quella possidente''', unitamente alla diffusione del '''particolarismo''' (la tendenza a curarsi solo dei propri interessi, spesso a danno degli interessi altrui), del '''familismo''' (concezione che assolutizza i legami familiari arrivando all'estraniamento dalle responsabilità sociali) e del '''clientelismo''' (sistema di relazioni tra persone che, accomunate da motivi di interesse, si scambiano favori, spesso a danno di altri). | ||
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=== Il crollo del Muro di Berlino === | === Il crollo del Muro di Berlino === | ||
Con il crollo del Muro di Berlino ([[9 novembre]] [[1989]]) e la successiva fine della Guerra Fredda, con la dissoluzione dell'Urss, venne meno anche il ruolo politico nazionale che Cosa Nostra aveva esercitato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in funzione anticomunista<ref>Dalla Chiesa, La Convergenza, 2010</ref>. Non essendoci più il pericolo comunista, cominciarono a schricchiolare anche gli appoggi politici dei Corleonesi. | Con il crollo del Muro di Berlino ([[9 novembre]] [[1989]]) e la successiva fine della Guerra Fredda, con la dissoluzione dell'Urss, venne meno anche il ruolo politico nazionale che Cosa Nostra aveva esercitato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in funzione anticomunista<ref>Dalla Chiesa, La Convergenza, 2010</ref>. Non essendoci più il pericolo comunista, cominciarono a schricchiolare anche gli appoggi politici dei Corleonesi. | ||
[[File:Falcone martelli.jpg|200px|thumb | [[File:Falcone martelli.jpg|200px|thumb|Giovanni Falcone con l'allora ministro della giustizia Claudio Martelli|alt=Giovanni Falcone con Claudio Martelli]] | ||
Il trasferimento di [[Giovanni Falcone]] alla direzione degli affari penali del Ministero della Giustizia, nel frattempo, produsse effetti non previsti: la sintonia con il ministro Martelli diede vita al “'''pacchetto antimafia'''”, nel quale venne annunciata la costituzione della '''DIA''' ([[Direzione Investigativa Antimafia]]) e della '''DNA''' ([[Direzione Nazionale Antimafia]]), la Superprocura che avrebbe dovuto coordinare le indagini di mafia tra le varie procure. | Il trasferimento di [[Giovanni Falcone]] alla direzione degli affari penali del Ministero della Giustizia, nel frattempo, produsse effetti non previsti: la sintonia con il ministro Martelli diede vita al “'''pacchetto antimafia'''”, nel quale venne annunciata la costituzione della '''DIA''' ([[Direzione Investigativa Antimafia]]) e della '''DNA''' ([[Direzione Nazionale Antimafia]]), la Superprocura che avrebbe dovuto coordinare le indagini di mafia tra le varie procure. | ||
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=== La sentenza in Cassazione del Maxiprocesso e la strategia stragista === | === La sentenza in Cassazione del Maxiprocesso e la strategia stragista === | ||
Il [[30 gennaio]] [[1992]] le sezioni riunite della Cassazione confermarono le condanne di primo grado del Maxiprocesso, arrivando a una condanna storica: per la prima volta si poteva definire la mafia un'organizzazione criminale verticistica e unitaria. Al risultato contribuì in maniera indiretta Falcone, diramando una circolare che imponeva il giudizio a sezioni riunite anziché alla prima sezione, presieduta da [[Corrado Carnevale]], detto l'Ammazzasentenze. | Il [[30 gennaio]] [[1992]] le sezioni riunite della Cassazione confermarono le condanne di primo grado del [[Maxiprocesso di Palermo|Maxiprocesso]], arrivando a una condanna storica: per la prima volta si poteva definire la mafia un'organizzazione criminale verticistica e unitaria. Al risultato contribuì in maniera indiretta Falcone, diramando una circolare che imponeva il giudizio a sezioni riunite anziché alla prima sezione, presieduta da [[Corrado Carnevale]], detto l'Ammazzasentenze. | ||
La reazione dei Corleonesi non si fece attendere: il [[12 marzo]] assassinarono [[Salvo Lima]] per non aver mantenuto la parola circa l'aggiustamento del "Maxi" in Cassazione. Il [[23 maggio]] toccò a Giovanni Falcone, il nemico numero uno, che perse la vita nella [[Strage di Capaci]]; il [[19 luglio]] fu ucciso [[Paolo Borsellino]] che stava indagando sulla sua morte, nella [[Strage di Via d'Amelio]]. Il [[17 settembre]] fu ucciso [[Ignazio Salvo]], tradizionale interfaccia di Cosa Nostra con il mondo della politica, in particolare con il defunto Salvo Lima, vicerè di Andreotti in Sicilia. | La reazione dei Corleonesi non si fece attendere: il [[12 marzo]] assassinarono [[Salvo Lima]] per non aver mantenuto la parola circa l'aggiustamento del "Maxi" in Cassazione. Il [[23 maggio]] toccò a Giovanni Falcone, il nemico numero uno, che perse la vita nella [[Strage di Capaci]]; il [[19 luglio]] fu ucciso [[Paolo Borsellino]] che stava indagando sulla sua morte, nella [[Strage di Via d'Amelio]]. Il [[17 settembre]] fu ucciso [[Ignazio Salvo]], tradizionale interfaccia di Cosa Nostra con il mondo della politica, in particolare con il defunto Salvo Lima, vicerè di Andreotti in Sicilia. | ||
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== La Struttura == | == La Struttura == | ||
* ''Per approfondire, vedi anche le voci [[Commissione provinciale]] e [[Commissione regionale (Cosa Nostra)|Commissione regionale]]'' | |||
'''Cosa Nostra''' ha una struttura verticistica consolidatasi a partire dal [[Summit Grand Hotel et des Palmes|Summit al Grand Hotel et des Palmes]] di Palermo del [[12 ottobre]] [[1957]]. Nell'immediato dopoguerra come del resto nel periodo precedente al conflitto mondiale non vi era un organo di controllo della mafia siciliana. Vi erano alcune figure come [[Calogero Vizzini]], il boss di Villalba, seguito dopo la sua morte nel [[1954]] da [[Giuseppe Genco Russo]], boss di Mussomeli, che a lungo sono stati identificati come antesignani del Capo dei capi, anche se tale lettura è ovviamente semplicistica e fuorviante. Pur non negando infatti il carisma e la rilevanza che avevano all’interno dell’organizzazione, un personaggio come Giuseppe Genco Russo non era paragonabile ai boss americani e palermitani, quest'ultimi di gran lunga più importanti per via del potere che esercitavano in città. | '''Cosa Nostra''' ha una struttura verticistica consolidatasi a partire dal [[Summit Grand Hotel et des Palmes|Summit al Grand Hotel et des Palmes]] di Palermo del [[12 ottobre]] [[1957]]. Nell'immediato dopoguerra come del resto nel periodo precedente al conflitto mondiale non vi era un organo di controllo della mafia siciliana. Vi erano alcune figure come [[Calogero Vizzini]], il boss di Villalba, seguito dopo la sua morte nel [[1954]] da [[Giuseppe Genco Russo]], boss di Mussomeli, che a lungo sono stati identificati come antesignani del Capo dei capi, anche se tale lettura è ovviamente semplicistica e fuorviante. Pur non negando infatti il carisma e la rilevanza che avevano all’interno dell’organizzazione, un personaggio come Giuseppe Genco Russo non era paragonabile ai boss americani e palermitani, quest'ultimi di gran lunga più importanti per via del potere che esercitavano in città. | ||
[[File:Struttura famiglia moiraghi.jpg|300px|thumb|right|Struttura della Famiglia di Cosa Nostra (Schema di Francesco Moiraghi)]] | [[File:Struttura famiglia moiraghi.jpg|300px|thumb|right|Struttura della Famiglia di Cosa Nostra (Schema di Francesco Moiraghi)]] | ||
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* ''Per approfondire, vedi [[:Categoria:Famiglie di Cosa Nostra|Famiglie di Cosa Nostra]]'' | * ''Per approfondire, vedi [[:Categoria:Famiglie di Cosa Nostra|Famiglie di Cosa Nostra]]'' | ||
[[File:Commissione provinciale moiraghi.jpg|300px|thumb | [[File:Commissione provinciale moiraghi.jpg|300px|thumb|Il ruolo della Commissione provinciale in Cosa Nostra (Schema di Francesco Moiraghi)|alt=Commissione provinciale]] | ||
Il '''Mandamento''' è il raggruppamento di tre o più famiglie territorialmente limitrofe. I rappresentanti dei mandamenti palermitani e dei mandamenti provinciali, eletti dalle famiglie, costituiscono la [[Commissione provinciale]]. | Il '''Mandamento''' è il raggruppamento di tre o più famiglie territorialmente limitrofe. I rappresentanti dei mandamenti palermitani e dei mandamenti provinciali, eletti dalle famiglie, costituiscono la [[Commissione provinciale]]. | ||
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Nelle altre province della Sicilia, a causa del minor numero di uomini d’onore, non esisteva una vera e propria Commissione provinciale sul modello di quella palermitana. Ad esempio a Catania in un primo momento esisteva solo una famiglia mafiosa, dunque non c’era la necessità di una coordinazione pari al palermitano, dove operavano circa sessanta famiglie. Persisteva anche nelle altre province una suddivisione territoriale articolata in mandamenti, che tuttavia non trovava espressione in un organo di controllo come la Commissione. | Nelle altre province della Sicilia, a causa del minor numero di uomini d’onore, non esisteva una vera e propria Commissione provinciale sul modello di quella palermitana. Ad esempio a Catania in un primo momento esisteva solo una famiglia mafiosa, dunque non c’era la necessità di una coordinazione pari al palermitano, dove operavano circa sessanta famiglie. Persisteva anche nelle altre province una suddivisione territoriale articolata in mandamenti, che tuttavia non trovava espressione in un organo di controllo come la Commissione. | ||
== Codice, Riti, Simboli == | == Codice, Riti, Simboli == | ||
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=== Cinema === | === Cinema === | ||
=== Televisione === | === Televisione === | ||
== Note == | == Note == | ||
<references></references> | <references></references> | ||
[[Categoria:Mafia]] [[Categoria: | == Bibliografia == | ||
* Biagi, Enzo (1986). ''Il Boss è solo'', Milano, Mondadori. | |||
* Dickie, John (2005). Cosa Nostra - storia della mafia siciliana, Roma-Bari, Laterza. | |||
**(2012). ''Onorate Società'', Roma-Bari, Laterza. | |||
* Duggan, Christopher (1986). ''La Mafia durante il fascismo''", Soveria Mannelli, Rubbettino Editore. | |||
* Falcone, Giovanni, in collaborazione con Marcelle Padovani (1991). [[Cose di Cosa Nostra]], Milano, Rizzoli. | |||
* Lodato, Saverio (1999). ''La Mafia ha vinto'', Milano, Mondadori. | |||
* Lo Voi, Francesco (2018). ''Fermo di indiziati di delitto - N.719/16 R. mod. 21 D.D.A.'', Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo, 30 novembre. | |||
* Moiraghi, Francesco (2013). "Cosa Nostra", in [http://goo.gl/9b6LjC ''Strutture: Cosa Nostra e ‘ndrangheta a confronto''], WikiMafia – Libera Enciclopedia sulle Mafie, dicembre. | |||
* Santino, Umberto (2017). ''La Mafia dimenticata'', Milano, Melampo Editore. | |||
[[Categoria:Mafia]] | |||
[[Categoria:Associazioni criminali di stampo mafioso]] |