Trattativa Stato-mafia: differenze tra le versioni

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* Abolizione monopolio tabacchi (controllo stupefacenti non…)
* Abolizione monopolio tabacchi (controllo stupefacenti non…)


Il secondo documento, come si evince, ha un carattere più politico e le richieste sembrano rivolte ad un soggetto più largo, cioè un nuovo soggetto politico in grado di gestire meglio la trattativa con Cosa Nostra.
Il secondo documento aveva un carattere più politico e le richieste sembravano rivolte a un soggetto più largo, cioè un nuovo soggetto politico in grado di gestire meglio la trattativa con Cosa Nostra.


== La strage di via d’Amelio ==
== La strage di via d’Amelio ==
* Per approfondire vedi [[Strage di Via d'Amelio]]
* Per approfondire vedi [[Strage di Via d'Amelio]]
Il [[19 luglio]] alle 16:58 ci fu una violentissima esplosione in via Mariano D’Amelio a Palermo che provocò la morte del giudice [[Paolo Borsellino]] e degli agenti di scorta [[Claudio Traina]], [[Emanuela Loi]], [[Agostino Catalano]], [[Vincenzo Li Muli]] e [[Eddie Walter Cosina]]. La bomba, 90 kg di tritolo, era collocata nel vano di un'auto (una Fiat 126 rossa rubata il 10 luglio 1992) utilizzata come autobomba.  
Il [[19 luglio]] alle 16:58 ci fu una violentissima esplosione in via Mariano D’Amelio a Palermo che provocò la morte del giudice [[Paolo Borsellino]] e degli agenti di scorta [[Claudio Traina]], [[Emanuela Loi]], [[Agostino Catalano]], [[Vincenzo Li Muli]] e [[Eddie Walter Cosina]]. La bomba, 90 kg di tritolo, era collocata nel vano di un'auto (una Fiat 126 rossa rubata il 10 luglio 1992) utilizzata come autobomba. Due mesi dopo, il [[17 settembre]] 1992 un gruppo di killer capitanato da [[Leoluca Bagarella]]<ref>Torrealta, op.cit., p.451</ref> uccise [[Ignazio Salvo]], condannato per associazione mafiosa nel [[Maxiprocesso di Palermo]].


=== L’arresto di Vincenzo Scarantino ===
Il [[26 settembre]] 1992 venne arrestato [[Vincenzo Scarantino]] accusato di strage e furto aggravato. Tra il giugno e l’agosto del 1993 le dichiarazioni rese da Francesco Andriotta, compagno di cella di Scarantino, confermarono che Scarantino aveva rubato la Fiat 126 per ordine di Giuseppe Orofino, titolare di una carrozzeria in cui un’altra Fiat 126 era stata lasciata per riparazioni. Sulla base di questi elementi e sulle dichiarazioni di Scarantino stesso, divenuto nel frattempo dal [[24 giugno]] [[1994]] collaboratore di giustizia, vennero rinviati a giudizio Scarantino, Giuseppe Orofino, Salvatore Profeta e Pietro Scotto.
Il 26 settembre 1992 venne arrestato Vincenzo Scarantino accusato di strage e furto aggravato. Tra il giugno e l’agosto del 1993 le dichiarazioni rese da Francesco Andriotta, compagno di cella di Scarantino, confermarono che Scarantino aveva rubato la Fiat 126 per ordine di Giuseppe Orfino, titolare di una carrozzeria in cui un’altra Fiat 126 intestata ad una donna, era stata lasciata per riparazioni. Sulla base di questi elementi e sulle dichiarazioni di Scarantino stesso che il 24 giugno 1994 iniziò a collaborare, vennero rinviati a giudizio Scarantino, Giuseppe Orfino, Salvatore Profeta e Pietro Scotto.
Il 26 gennaio 1996 la Corte d’assise condannò all’ergastolo Salvatore Profeta, Giuseppe Orfino e Pietro Scotto e a 18 anni di reclusione Vincenzo Scarantino.
La collaborazione di Scarantino fu però molto travagliata, poiché nel 1998 egli in aula ritrattò, dicendo di aver accusato solo innocenti e di essersi inventato tutto perché spinto da magistrati ed investigatori.
Il 1 febbraio 2002 nel corso del processo di appello detto Borsellino-bis Scarantino cambiò nuovamente versione, affermando di ritrattare perché lo avevano minacciato e che la verità era quella raccontata nel primo processo.  


=== Il pentimento di Gaspare Spatuzza ===
Il [[26 gennaio]] [[1996]] la Corte d’assise condannò all'ergastolo Salvatore Profeta, Giuseppe Orofino e Pietro Scotto e a 18 anni di reclusione Vincenzo Scarantino. La collaborazione di Scarantino fu però molto travagliata, poiché nel 1998 egli in aula ritrattò, dicendo di aver accusato solo innocenti e di essersi inventato tutto perché spinto da magistrati e investigatori. Il [[1° febbraio]] [[2002]] nel corso del processo di appello detto Borsellino-bis Scarantino cambiò nuovamente versione, affermando di voler ritrattare perché minacciato e che la verità era quella raccontata nel primo processo.  
Il 26 giugno 2008 Gaspare Spatuzza raccontò di essere stato proprio lui stesso a rubare la Fiat 126 usata come autobomba, sottolineando come i freni di quest’ultima fossero consumati e che aveva provveduto egli stesso a farli sistemare. Questo dettaglio, apparentemente irrilevante, ebbe grande importanza poiché i freni dell’autobomba di via d’Amelio erano nuovi e provarono quindi la versione del pentito.
Venne dunque organizzato un confronto tra Gaspare Spatuzza e Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura (autoaccusatosi del furto della macchina). Quest’ultimo ammise di essersi inventato tutto su pressione di poliziotti e scoppiò a piangere e anche Scarantino chiese di interrompere il confronto.
La versione raccontata da Spatuzza risultò quindi attendibile.  


== La seconda fase della trattativa ==
== La seconda fase della trattativa ==
Dalla consegna del papello iniziò la seconda fase della trattativa, il cui obiettivo era mutato: dalla cattura dei superlatitanti a quella di Totò Riina.  
Dalla consegna del papello iniziò la seconda fase della trattativa, il cui obiettivo era mutato: dalla cattura dei superlatitanti a quella di Totò Riina. Alla fine di agosto ci fu un ulteriore incontro tra Vito Ciancimino e i carabinieri del Ros durante il quale vennero consegnate delle mappe della zona di Palermo-Monreale fino all'area di Passo di Rignano da parte dei Carabinieri a Ciancimino, affinché indicasse dove fosse il covo di Riina. Tali cartine topografiche vennero a loro volta consegnate a [[Bernardo Provenzano]], intorno al novembre del 1992, il quale fece dei segni in corrispondenza della residenza di Riina.
Alla fine di agosto ci fu un ulteriore incontro tra Vito Ciancimino e i carabinieri del Ros durante il quale vennero consegnate delle mappe della zona di Palermo-Monreale fino all’area di Passo di Rignano da parte dei Carabinieri a Ciancimino affinchè indicasse dove fosse il covo di Riina. Tali cartine topografiche vennero a loro volta consegnate a Bernardo Provenzano, intorno a novembre del 1992, il quale fece dei segni in corrispondenza della residenza di Riina.  
Contemporaneamente il 12 dicembre 1992 il ministro Mancino in un articolo sul Corriere della Sera considerò la cattura del superlatitante “obiettivo concretamente perseguibile”. <ref>
Contemporaneamente il [[12 dicembre]] il ministro Mancino in un articolo sul Corriere della Sera considerò la cattura del superlatitante “obiettivo concretamente perseguibile”.<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/12/12/una-cupola-parallela-nelle-mani-del.html?ref=search Umberto Rosso, Una Cupola parallela nelle mani del Boss Riina, la Repubblica, 12 dicembre 1992]</ref> Il [[19 dicembre]] Vito Ciancimino venne arrestato inaspettatamente, forse perché aveva chiesto un passaporto valido per l’espatrio. Quando Vito Ciancimino fu arrestato, ebbe la consapevolezza di essere stato tradito e di essere stato soltanto uno strumento per giungere alla cattura di Riina. La trattativa sarebbe continuata con Bernardo Provenzano, senza di lui.  
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/12/12/una-cupola-parallela-nelle-mani-del.html?ref=search </ref>
Il 19 dicembre 1992 Vito Ciancimino venne arrestato inaspettatamente, forse perché chiese un passaporto valido per l’espatrio.  
Quando Vito Ciancimino fu arrestato, egli ebbe la consapevolezza di essere stato tradito e di essere stato soltanto uno strumento per giungere alla cattura di Riina. La trattativa avrebbe continuato con Bernardo Provenzano senza di lui.  


=== L’arresto di Riina e la mancata perquisizione del covo ===
=== L’arresto di Riina e la mancata perquisizione del covo ===
L’8 gennaio 1993 venne arrestato Baldassare Di Maggio, autista di Totò Riina, il quale diede importanti  
L'[[8 gennaio]] [[1993]] venne arrestato [[Baldassare Di Maggio]], autista di Totò Riina, il quale diede importanti informazioni al generale dei carabinieri Francesco Delfino, utili alla cattura di Riina. Grazie a queste rivelazioni, Riina venne catturato il [[15 gennaio]] dal Capitano Ultimo. Il covo di Riina non venne perquisito immediatamente dopo l’arresto e le riprese furono interrotte dal Ros alle 16 dello stesso giorno. Soltanto il [[30 gennaio]] venne comunicato ai magistrati guidati da [[Gian Carlo Caselli]] che l’attività di controllo fu interrotta poche ore dopo l’arresto. Il [[1° febbraio]] scattò la perquisizione ma era ormai troppo tardi: il covo era stato ripulito totalmente, con i mobili ammassati in una stanza e le pareti imbiancate. Secondo i magistrati, con l'arresto di Riina si aprì '''una terza fase della Trattativa Stato-Mafia''' con nuovi interlocutori e mediatori: Bernardo Provenzano e [[Marcello Dell'Utri]]. Il [[10 febbraio]] il Ministro Martelli si dimise da Ministro della Giustizia, travolto dallo scandalo di Tangentopoli, e venne sostituito da Giovanni Conso, scelto personalmente da Luigi Scalfaro.  
informazioni al generale dei carabinieri Francesco Delfino, utili alla cattura di Riina. Grazie alle rivelazioni dell’autista Riina venne catturato il 15 gennaio 1993 dal Capitano Ultimo. Il covo di Riina non venne perquisito immediatamente dopo l’arresto, e le riprese furono interrotte dal Ros alle 16 dello stesso giorno. Soltanto il 30 gennaio 1993 venne comunicato ai magistrati che l’attività di controllo fu interrotta poche ore dopo l’arresto.  
 
Il 1 febbraio scattò la perquisizione ma era ormai troppo tardi: il covo era stato ripulito totalmente, con i mobili ammassati in una stanza e le pareti imbiancate.  
== Le dichiarazioni di Leonardo Messina e le indagini sui movimenti leghisti meridionali ==
Con l’arresto di Riina si aprì una terza fase della trattativa Stato-mafia con nuovi interlocutori e mediatori: Bernardo Provenzano e Marcello Dell’Utri.
Il [[4 dicembre]] 1992 la Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Luciano Violante, interrogò [[Leonardo Messina]], detto Narduzzo, uomo d'onore dal 1980 e capodecina del mandamento di San Cataldo, che aveva iniziato a collaborare nel giugno 1992 con [[Paolo Borsellino]].
Il 10 febbraio 1993 il Ministro Martelli si dimise dall’incarico di Ministro della Giustizia e venne sostituito da Giovanni Conso, scelto personalmente da Luigi Scalfaro.  
 
Secondo il racconto del pentito, Cosa Nostra aveva come scopo quello di '''crearsi un proprio Stato''', attraverso un progetto separatista della Sicilia. Le spinte separatiste erano sostenute oltre che dalla massoneria, anche da settori delle istituzioni, dell'imprenditoria e della politica (da lui definite “forze esterne” o “formazioni nuove”). La Sicilia indipendente, staccata dal resto d’Italia, sarebbe diventata lo Stato di Cosa Nostra. In particolare, Messina affermò che i vertici di Cosa Nostra “''Oggi possono arrivare al potere senza fare un colpo di stato''”, e ancora “''Cosa Nostra appoggerà una forza politica siciliana con un nome nuovo''”.
 
In un successivo interrogatorio, reso il [[6 febbraio]] [[1996]] davanti alla Procura di Palermo, Messina precisò le sue affermazioni, dichiarando che Provenzano, Riina, Madonia e Santapaola tra l’agosto del 1991 e l’inizio del 1992 discussero di un progetto politico volto a '''dividere l’Italia in tre Stati''': uno del Nord uno del Centro e uno del Sud. Coinvolti erano non solo esponenti della criminalità organizzata ma anche della politica, della massoneria e alcune non precisate potenze straniere.
 
Secondo altri collaboratori di giustizia non solo siciliani ma anche calabresi e pugliesi, fin dal [[1991]] fu messo in moto un progetto politico-criminale tra Cosa Nostra, altre organizzazioni mafiose e ambienti della massoneria deviata con lo scopo di eliminare i vecchi referenti politici e creare le condizioni per la nascita di un nuovo soggetto politico, anche attraverso azioni terroristiche.
 
Le investigazioni della Dia successive alle dichiarazioni di Messina portarono ad individuare il ruolo trainante della massoneria deviata, tra cui quello di [[Licio Gelli]] (Gran maestro della loggia massonica P2) e della destra eversiva come Stefano Delle Chiaie (estremista di destra capo di Avanguardia Nazionale) nella nascita delle Leghe meridionali. Secondo le informative della Dia del [[3 giugno]] [[1997]] e del [[31 gennaio]] [[1998]]<ref>Informative n. 17959/97 del 3 giugno 1997 e n. 3815/98 del 31 gennaio 1998 e allegati</ref>, nel 1991 nacquero i seguenti movimenti leghisti legati a Licio Gelli:
* Lega italiana del 7 maggio 1991;
* Lega italiana-Lega delle leghe fondata il 31 gennaio 1992;
* Lega Italia del marzo 1993;
* Vari movimenti leghisti nelle regioni centrali e meridionali in particolare Lega meridionale Centro-Sud-Isole fondata 27 giugno 1989;
* Sicilia Libera nata nel 1993; 


== Le indagini sui movimenti leghisti meridionali ==
In particolare le dichiarazioni di [[Tullio Cannella]], rese il [[28 maggio]] [[1997]], mettono in luce come il movimento secessionista Sicilia Libera facesse parte di una strategia politica più ampia che avrebbe costituito la soluzione finale per tutti i problemi di Cosa Nostra. Disse il pentito: “''il movimento Sicilia Libera era solo uno dei movimenti di una complessa strategia politica e criminale della quale sono stato messo al corrente da Bagarella''” e poi ancora “''le stragi al Nord erano finalizzate a distrarre l’attenzione dal problema di Cosa Nostra in Sicilia, a creare un clima più propizio per addivenire in quel momento in tempi più brevi alla separazione dell’Italia fra Nord e Sud.''”<ref>Torrealta, op.cit., p.358-359</ref>  
Il 4 dicembre 1992 la Commissione antimafia, presieduta da Luciano Violante, interrogò Leonardo Messina in una località segreta. Leonardo Messina, detto Narduzzo, uomo d’onore nel 1980 e capodecina del mandamento in un paese vicino a Caltanissetta, San Cataldo, iniziò a collaborare con la giustizia nel giugno del 1992.  
Secondo il racconto del pentito, Cosa Nostra aveva come scopo quello di ottenere uno Stato proprio, attraverso un progetto separatista della Sicilia. Le spinte separatiste erano sostenute oltre che dalla massoneria, anche da settori delle istituzioni, dell’imprenditoria e della politica. (“forze esterne” o ancora “formazioni nuove”) La Sicilia indipendente, staccata dal resto d’Italia sarebbe diventata lo Stato di Cosa Nostra. In particolare queste ultime parole di Messina sono inquietanti: “Oggi possono arrivare al potere (Cosa Nostra) senza fare un colpo di stato”, e ancora “Cosa Nostra appoggerà una forza politica siciliana con un nome nuovo”.
In un successivo interrogatorio, reso il 6 febbraio 1996 davanti alla Procura di Palermo, Leonardo Messina precisò le sue affermazioni, dichiarando che Provenzano, Riina, Madonia e Santapaola tra l’agosto del 1991 e l’inizio del 1992 discussero di un progetto politico volto a dividere l’Italia in tre Stati: uno del Nord uno del Centro e uno del Sud. Coinvolti erano non solo esponenti della criminalità organizzata ma anche politica, massoneria e potenze straniere.
Secondo altri collaboratori di giustizia non solo siciliani ma anche calabresi e pugliesi, fin dal 1991 fu messo in moto un progetto politico-criminale tra Cosa Nostra, altre organizzazioni mafiose e ambienti della massoneria deviata con lo scopo di eliminare i vecchi referenti politici e creare le condizioni per la nascita di un nuovo soggetto politico, anche attraverso azioni terroristiche.
Le investigazioni della Dia successive alle dichiarazioni di Messina portarono ad individuare il ruolo trainante di massoneria deviata tra cui Licio Gelli (Gran maestro della loggia massonica P2) e della destra eversiva come Stefano Delle Chiaie (estremista di destra capo di Avanguardia Nazionale) nella nascita delle Leghe meridionali.
Secondo le informative della Dia del 3 giugno 1997 e del 31 gennaio 1998, nel 1991 nacquero i movimenti leghisti legati a Licio Gelli:
- Lega italiana del 7 maggio 1991
- Lega italiana-Lega delle leghe fondata il 31 gennaio 1992
- Lega Italia del marzo 1993
- Vari movimenti leghisti nelle regioni centrali e meridionali in particolare Lega meridionale Centro-Sud-Isole fondata 27 giugno 1989
- Sicilia Libera nata nel 1993 
<ref> informative n 17959/97 del 3 giugno 1997 e n 3815/98 del 31 gennaio 1998 e allegati </ref>  


In particolare le dichiarazioni di Tullio Cannella, rese il 28 maggio 1997, mettono in luce come il movimento secessionista Sicilia Libera facesse parte di una strategia politica più ampia che avrebbe costituito la soluzione finale per tutti i problemi di Cosa Nostra.
Un altro collaboratore di giustizia, '''Massimo Pizza''', facente parte del mondo della finanza e legato alla criminalità organizzata, durante un interrogatorio del [[25 luglio]] [[1996]] dichiarò: “l''a Lega Meridionale è la longa manus di Cosa Nostra e deve attuare un progetto di rivoluzione politica, ispirato da Licio Gelli, che sarebbe sfociato in una nuova forma di Stato. Tale progetto si articolava in tre fasi: 1) una fase di infiltrazione nelle istituzioni e in particolare nell’arma dei Carabinieri e della Polizia 2) una seconda fase consistente nella delegittimazione della classe politica e della magistratura 3) una terza fase militare.''”<ref>Ivi, p.314-315</ref> Pizza dichiarò inoltre il coinvolgimento non solo di Gelli ma anche del Senatore [[Giulio Andreotti|Andreotti]], che in un primo tempo aveva appoggiato il progetto e successivamente si era tirato indietro. Da ciò si potrebbe ipotizzare anche una nuova lettura dell’omicidio Lima, e cioè quella di una pressione su Andreotti attraverso l’omicidio del suo referente politico in Sicilia, per aver ancora una volta tradito i vertici di Cosa Nostra.  
Queste le dichiarazioni: “il movimento Sicilia Libera era solo uno dei movimenti di una complessa strategia politica e criminale della quale sono stato messo al corrente da Bagarella” e poi ancora “le stragi al Nord erano finalizzate a distrarre l’attenzione dal problema di Cosa Nostra in Sicilia, a creare un clima più propizio per addivenire in quel momento in tempi più brevi alla separazione dell’Italia fra Nord e Sud.” <ref> Maurizio Torrealta, La Trattativa, BUR, 2010 p.358-359 </ref>
Un altro collaboratore di giustizia, Massimo Pizza, facente parte del mondo della finanza e legato alla criminalità organizzata, durante un interrogatorio del 25 luglio 1996 dichiarò: “la Lega Meridionale è la longa manus di Cosa Nostra e deve attuare un progetto di rivoluzione politica, ispirato da Licio Gelli, che sarebbe sfociato in una nuova forma di Stato. Tale progetto si articolava in tre fasi: 1) una fase di infiltrazione nelle istituzioni e in particolare nell’arma dei Carabinieri e della Polizia 2) una seconda fase consistente nella delegittimazione della classe politica e della magistratura 3) una terza fase militare. <ref> Maurizio Torrealta, La Trattativa, BUR, 2010 p.314-315 </ref>  
Pizza affermò inoltre il coinvolgimento non solo di Licio Gelli ma anche del Senatore Andreotti, che in un primo tempo aveva appoggiato il progetto e successivamente si era tirato indietro. Da ciò si potrebbe ipotizzare anche una nuova lettura dell’omicidio Lima, e cioè quella di una pressione su Andreotti attraverso l’omicidio, per aver ancora una volta tradito il sistema criminale.  


== La nuova ondata di stragi ==
== La nuova ondata di stragi ==
=== La tentata strage di Via Fauro ===
=== Il fallito attentato di Via Fauro ===
Il 14 maggio 1993 alle 21,35 a Roma avvenne una potente esplosione tra Via Fauro e Via Boccioni. L’esplosione provocò il danneggiamento degli edifici, alcuni feriti ma nessuna vittima. L’obiettivo dell’attentato era Maurizio Costanzo a causa del suo impegno giornalistico contro la mafia.  
* Per approfondire vedi [[Fallito Attentato di via Fauro]]
Un’altra interpretazione avvallata fu che l’obiettivo non era il giornalista ma piuttosto un funzionario dei servizi civili, Lorenzo Narracci, che abitava in via Fauro e il cui nome fu rinvenuto nel luogo dell’attentato di Capaci.
Il [[14 maggio]] 1993 alle 21:35 a Roma vi fu una potente esplosione tra Via Fauro e Via Boccioni. L’esplosione provocò il danneggiamento di edifici, alcuni feriti ma nessuna vittima. L’obiettivo dell’attentato era [[Maurizio Costanzo]] a causa del suo impegno giornalistico contro la mafia. Un'altra interpretazione avvallata fu che l’obiettivo non era il giornalista ma piuttosto un funzionario dei servizi civili, Lorenzo Narracci, che abitava in via Fauro e il cui nome fu rinvenuto nel luogo dell’attentato di Capaci.


=== La strage di via dei Georgofili a Firenze ===
=== La strage di via dei Georgofili a Firenze ===
Il 27 maggio 1993 qualche minuto dopo l’una di notte in via dei Georgofili a Firenze ci fu una violentissima esplosione che provocò la morte di cinque persone, il ferimento di circa trenta, il crollo della Torre dei Pulci, sede dell’accademia dei Georgofili e il danneggiamento della galleria degli Uffizi.  
* Per approfondire vedi [[Strage di Via dei Georgofili]]
L’ipotesi che l’obiettivo non fosse un monumento o la galleria degli Uffizi venne avvallata durante il dibattimento per la strage, il 28 novembre 1996, durante il quale si ipotizzò che l’obiettivo fosse la stessa Accademia dei Georgofili, luogo di ritrovo di uomini politici di rilievo. Nel consiglio accademico erano presenti nomi di personaggi illustri, tra cui il Presidente del Senato Giovanni Spadolini. Inoltre l’accademia poteva contare di un certo numero di membri autorevoli del Grande Oriente d’Italia, loggia massonica, segno di una connivenza tra ambienti piduisti e mafia.
Il [[27 maggio]] 1993 qualche minuto dopo l’una di notte in via dei Georgofili a Firenze vi fu una violentissima esplosione che provocò la morte di cinque persone, il ferimento di quasi trenta, il crollo della Torre dei Pulci, sede dell’accademia dei Georgofili, e il danneggiamento della galleria degli Uffizi.  
Il 4 giugno 1993 Nicolò Amato venne dimesso dalla guida del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dimostratosi negli ultimi mesi particolarmente intransigente sull’applicazione del 41 bis. Al suo posto venne nominato, su pressione del presidente Oscar Luigi Scalfaro, Adalberto Capriotti, un anziano magistrato di Trento con nessuna competenza nel settore carcerario.  
 
Il 29 giugno 1993 nacque Forza Italia, i cui fondatori erano oltre a Silvio Berlusconi anche Marcello Dell’Utri e Cesare Previti.  
L’ipotesi che l’obiettivo non fosse un monumento o la galleria degli Uffizi venne avvallata durante il dibattimento per la strage, il [[28 novembre]] [[1996]], durante il quale si ipotizzò che l’obiettivo fosse la stessa Accademia dei Georgofili, luogo di ritrovo di uomini politici di rilievo. Nel consiglio accademico erano presenti nomi di personaggi illustri, tra cui il Presidente del Senato Giovanni Spadolini. Inoltre l’Accademia poteva contare di un certo numero di membri autorevoli della loggia massonica Grande Oriente d’Italia.
 
=== Le dimissioni di Amato e la nascita di Forza italia ===
Il [[4 giugno]] 1993 '''Nicolò Amato''' venne dimesso dalla guida del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dimostratosi negli ultimi mesi particolarmente intransigente sull'applicazione del 41 bis. Al suo posto venne nominato, su pressione del presidente Oscar Luigi Scalfaro, Adalberto Capriotti, un anziano magistrato di Trento con nessuna competenza nel settore carcerario.  
Il [[29 giugno]] 1993 nacque Forza Italia, i cui fondatori erano oltre a [[Silvio Berlusconi]] anche Marcello Dell’Utri e Cesare Previti.  


=== La strage di Via Palestro a Milano ===
=== La strage di Via Palestro a Milano ===
Il 27 luglio 1993 verso le 23:00 esplose un’autobomba in Via Palestro a Milano, provando la morte di cinque persone e il ferimento di altre sei. L'onda d'urto dell'esplosione frantumò i vetri delle abitazioni circostanti, distrusse il muro del Padiglione d'Arte Contemporanea e danneggiò la vicina Galleria d'Arte Moderna. La deflagrazione provocò, nella notte, verso le 4 e mezzo del mattino, un'altra esplosione dovuta alla rottura di una tubatura sotterranea del gas, che provocò ulteriori danni al Padiglione, alle opere d'arte al suo interno e anche alla vicina Villa Reale.
* Per approfondire, vedi [[Strage di Via Palestro]]
Intorno alla strage di Milano le dichiarazioni di Gioacchino Pennino, uomo d’onore e uomo politico della Dc, misero in luce un particolare non irrilevante: al numero 6 di via Palestro si trovava il Centro europeo di comunicazione, una società di pubbliche relazioni collegata alla nuova obbedienza massonica fondata da Giuliano Di Bernardo. L’ipotesi che le bombe erano collocate in luoghi mirati e predefiniti e che avessero molteplici obiettivi risulta ancora più evidente.  
Il [[27 luglio]] verso le 23:00 esplose un’autobomba in Via Palestro a Milano, provando la morte di cinque persone e il ferimento di altre sei. L'onda d'urto dell'esplosione frantumò i vetri delle abitazioni circostanti, distrusse il muro del Padiglione d'Arte Contemporanea e danneggiò la vicina Galleria d'Arte Moderna. La deflagrazione provocò, nella notte, verso le 4 e mezzo del mattino, un'altra esplosione dovuta alla rottura di una tubatura sotterranea del gas, che provocò ulteriori danni al Padiglione, alle opere d'arte al suo interno e anche alla vicina Villa Reale.


=== La strage di piazza S.Giovanni in Laterano a Roma ===
=== Le autobombe di S.Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro a Roma ===
Pochi minuti dopo la bomba di Milano, alle ore 0.03 del 28 luglio 1993 scoppiò un’altra bomba a Roma in piazza S.Giovanni in Laterano. L’esplosione provocò danni ai palazzi circostanti ma miracolosamente non fece vittime.  
* Per approfondire, vedi [[Autobombe alle Chiese di Roma]]
L’autobomba esplose davanti alla Caritas, nella sede del Vicariato, luogo che ha coordinato le spedizioni di Solidarnosc, sindacato fondato in Polonia intorno agli anni Ottanta di matrice cattolica e anticomunista.
Pochi minuti dopo la bomba di Milano, alle 0:03 del 28 luglio 1993 scoppiò un’altra bomba a Roma in piazza S.Giovanni in Laterano. L’esplosione provocò danni ai palazzi circostanti ma miracolosamente non fece vittime. Cinque minuti dopo, alle 0:08 ne scoppiò un'altra in Via Velabro, anche questa senza fare vittime e danneggiando la chiesa di San Giorgio.  
Secondo le dichiarazioni rese da Tullio Cannella il 25 giugno 1997 davanti alla Corte d’assise di Firenze, l’ideazione delle stragi fu basata su un piano preventivamente stabilito tra uomini d’onore e ambienti economico, politico e massonico. “Bagarella mi disse: è molto facile caro Tullio, che tutta viene scaricata la responsabilità su Salvatore Riina o su di me. Mentre altri hanno questa responsabilità.” <ref> Maurizio Torrealta, La Trattativa, BUR, 2010 pag 556 </ref>


=== L’autobomba alla chiesa di S.Giorgio al Velabro a Roma ===
Ancora più allarmante fu quello che avvenne immediatamente dopo l’esplosione delle bombe: '''un misterioso guasto al centralino di Palazzo Chigi'''. I telefoni della presidenza del consiglio rimasero isolati per due ore, dalle 0.22 fino alle 3.02 del 28 luglio.  
Cinque minuti dopo la bomba di piazza S.Giovanni, ne scoppiò un’altra alle 0.08 in via Velabro a Roma. Fu la terza autobomba scoppiata durante quella notte. La deflagrazione provocò gravi danni alla chiesa di S.Velabro e alcuni feriti ma in maniera non grave.
Varie ipotesi furono fatte riguardo tale bomba, tra cui quella che sottolinea come in tale chiesa si riunissero usualmente gli aderenti al Sacro militare ordine costantiniano di San Giorgio, un ordine cavalleresco vicino alla Chiesa Cattolica e a cui aderivano numerosi personaggi nobiliari e con incarichi ufficiali.
Merita sottolineare anche il fatto che per l’esecuzione delle stragi c’era stata la necessità di movimentare ingenti somme di denaro per mezzo di un bancario addetto ad un’agenzia siciliana. Tutto ciò sembra alludere a giochi di potere tra lobby, massoneria e criminalità organizzata.
Ancora più allarmante fu quello che avvenne immediatamente dopo l’esplosione delle bombe e cioè che si verificò un misterioso guasto al centralino di Palazzo Chigi. I telefoni della presidenza del consiglio rimasero isolati per due ore, dalle 0.22 fino alle 3.02 del 28 luglio.
La mattina seguente il prefetto Angelo Finocchiaro rassegnò le dimissioni dalla direzione del Sisde e al suo posto venne nominato il prefetto Domenico Salazar.
Mentre l’offensiva stragista di Cosa Nostra raggiungeva il culmine, la risposta dello Stato fu alquanto morbida. Nel novembre del 1993 non vennero rinnovati 343 provvedimenti di 41-bis a detenuti mafiosi per dare “un segnale positivo di distensione”. Una proposta che fu avanzata dal vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Di Maggio, nominato dal Ministro della Giustizia Giovanni Conso.  


=== La fallita strage dello stadio Olimpico ===
La mattina seguente il prefetto Angelo Finocchiaro rassegnò le dimissioni dalla direzione del Sisde e al suo posto venne nominato il prefetto Domenico Salazar. Mentre l’offensiva stragista di Cosa Nostra raggiungeva il culmine, la risposta dello Stato fu alquanto morbida. Nel novembre del 1993 '''non vennero rinnovati 343 provvedimenti di 41-bis''' a detenuti mafiosi.
All’inizio del 1994 durante il derby Roma-Lazio sarebbe dovuta esplodere un’altra autobomba accanto ad alcune corriere che trasportavano i carabinieri per il servizio d’ordine pubblico. Se la bomba fosse esplosa avrebbe provocato più di duecento morti tra le forze di polizia e numerosi civili. Nel gennaio del 1994 una Lancia Thema venne attrezzata per esplodere e portata allo stadio Olimpico di Roma. L’ordigno era predisposto per esplodere con un telecomando. L’auto venne parcheggiata un’ora prima della fine della partita. L’esplosione però non avvenne a causa di un guasto del telecomando.   
 
=== Fallito Attentato dello stadio Olimpico di Roma ===
* Per approfondire, vedi [[Fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma]]
All’inizio del [[1994]] durante il derby Roma-Lazio sarebbe dovuta esplodere un’altra autobomba accanto ad alcune corriere che trasportavano i carabinieri per il servizio d’ordine pubblico. Se la bomba fosse esplosa avrebbe provocato più di duecento morti tra le forze di polizia e numerosi civili. Nel gennaio del 1994 una Lancia Thema venne attrezzata per esplodere e portata allo stadio Olimpico di Roma. L’ordigno era predisposto per esplodere con un telecomando. L’auto venne parcheggiata un’ora prima della fine della partita. L’esplosione però non avvenne a causa di un guasto del telecomando.   


=== Dalle bombe ai decreti-legge ===
=== Dalle bombe ai decreti-legge ===
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Il 7 aprile 2008 iniziò a collaborare con la Procura di Palermo nell’ambito delle coperture riguardanti la latitanza di Bernardo Provenzano, davanti ai sostituti procuratori Antonio Ingroia e Nino Di Matteo.  
Il 7 aprile 2008 iniziò a collaborare con la Procura di Palermo nell’ambito delle coperture riguardanti la latitanza di Bernardo Provenzano, davanti ai sostituti procuratori Antonio Ingroia e Nino Di Matteo.  
Massimo Ciancimino ha fornito uno dei contributi maggiori nell’analisi della trattativa stato-mafia attraverso la sua collaborazione.  
Massimo Ciancimino ha fornito uno dei contributi maggiori nell’analisi della trattativa stato-mafia attraverso la sua collaborazione.  
Durante l’interrogatorio del 9 novembre 2009 Massimo raccontò del rapporto tra suo padre e Bernardo Provenzano ricordando come Vito desse del tu a Provenzano chiamandolo “Binno”, mentre il boss dava del lei a Ciancimino chiamandolo “ingegnere”. Il rapporto tra i due era infatti molto stretto poiché il boss, compaesano di Vito e più piccolo d’età aveva preso ripetizioni di matematica da questo.  
Durante l’interrogatorio del 9 novembre 2009 Massimo raccontò del rapporto tra suo padre e Bernardo Provenzano ricordando come Vito desse del tu a Provenzano chiamandolo “Binnu”, mentre il boss dava del lei a Ciancimino chiamandolo “ingegnere”. Il rapporto tra i due era infatti molto stretto poiché il boss, compaesano di Vito e più piccolo d’età aveva preso ripetizioni di matematica da questo.  
Durante l’interrogatorio dell’8 luglio 2009 Ciancimino jr. raccontò della nascita della trattativa e del ruolo assunto da suo padre e dal colonnello Mario Mori e dal capitano De Donno e le varie fasi di questo rapporto, sottolineando come a seguito dell’arresto del padre e di Totò Riina i rapporti fossero continuati tra Dell’Utri e Provenzano.
Durante l’interrogatorio dell’8 luglio 2009 Ciancimino jr. raccontò della nascita della trattativa e del ruolo assunto da suo padre e dal colonnello Mario Mori e dal capitano De Donno e le varie fasi di questo rapporto, sottolineando come a seguito dell’arresto del padre e di Totò Riina i rapporti fossero continuati tra Dell’Utri e Provenzano.
Nel corso del processo Massimo Ciancimino fornì importanti documenti, che durante una perquisizione avvenuta il 17 febbraio del 2005 a casa sua non sono stati esaminati ma rimasti chiusi in una cassaforte che pare non essere stata vista. Proprio tale cassetta di sicurezza, a dire di Ciancimino, conteneva il papello, il contropapello e altri “pizzini”.  
Nel corso del processo Massimo Ciancimino fornì importanti documenti, che durante una perquisizione avvenuta il 17 febbraio del 2005 a casa sua non sono stati esaminati ma rimasti chiusi in una cassaforte che pare non essere stata vista. Proprio tale cassetta di sicurezza, a dire di Ciancimino, conteneva il papello, il contropapello e altri “pizzini”.  


=== Il pentimento di Gaspare Spatuzza ===
Il [[26 giugno]] [[2008]] [[Gaspare Spatuzza]] raccontò di essere stato proprio lui stesso a rubare la Fiat 126 usata come autobomba, sottolineando come i freni di quest’ultima fossero consumati e che aveva provveduto egli stesso a farli sistemare. Questo dettaglio, apparentemente irrilevante, ebbe grande importanza poiché i freni dell’autobomba di via d’Amelio erano nuovi e provarono quindi la versione del pentito. Venne dunque organizzato un confronto tra Gaspare Spatuzza e Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura (autoaccusatosi del furto della macchina). Quest’ultimo ammise di essersi inventato tutto su pressione di poliziotti e scoppiò a piangere e anche Scarantino chiese di interrompere il confronto. La versione raccontata da Spatuzza risultò quindi attendibile.


19 dicembre 2007: Ciancimino rilascia un'intervista a Panorama. Poco dopo viene chiamato dalle Procure di Caltanissetta e Palermo. Inizia l'indagine sulla trattativa.
19 dicembre 2007: Ciancimino rilascia un'intervista a Panorama. Poco dopo viene chiamato dalle Procure di Caltanissetta e Palermo. Inizia l'indagine sulla trattativa.

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