Cosa Nostra: differenze tra le versioni

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=== La Sommersione: l'era Provenzano ===
=== La Sommersione: l'era Provenzano ===
La stagione del terrore era finita. La "'''mafia della Seconda Repubblica'''", come la definì Saverio Lodato<ref>Cfr Saverio Lodato, ''Dall'altare contro la mafia. Inchiesta sulle chiese di frontiera'', Milano, Rizzoli, 1994</ref>, si caratterizzò per una bassa propensione alle carneficine benché interessata a mantenere il controllo del territorio per pesare negli assetti politici italiani. Ciò accadde soprattutto nei sette mesi del primo Governo Berlusconi, per tre ragioni in particolare: favorire la [[45/2001 (Legge)|revisione della legge sul pentitismo]], l'ammorbidimento del carcere duro regolato dal 41-bis, nonché chiudere definitivamente i conti con quei pubblici ministeri poco disposti a mediare in caso di gravissimi reati di mafia. Il clima politico era favorevole, anche se gli addetti ai lavori riuscirono a mantenere una buona dose di autonomia.


Nel terzo anniversario della Strage di Capaci le polemiche politiche si arroventarono circa le denunce di isolamento della Procura di Palermo e del calo di attenzione mediatica sui fatti siciliani da parte della stampa. Anche il primo governo di centrosinistra con i post-comunisti, insediatosi l'anno successivo, sembrava essere poco reattivo sul tema. Questo merito anche della "mafia silente", che aveva optato la strategia della "sommersione" sotto Provenzano.
[[Attilio Bolzoni]] scrisse su "la Repubblica" del [[2 novembre]] [[1998]] che "da tredici mesi, nella città di Palermo, non c'è più un delitto di mafia. E ciò non accadeva dai tempi dell'Unità d'Italia". L'unico grande delitto fu quello di [[Domenico Geraci]], avvenuto a Caccamo nell'ottobre dello stesso anno.
Del resto, il nucleo storico dei Corleonesi batteva in ritirata, decimato dagli arresti e dagli ergastoli, nonché da pentimenti eccellenti, come quello di [[Giovanni Brusca]]. Eppure Cosa Nostra continuava a vivere, tanto che nel suo ultimo libro-intervista prima di morire [[Tommaso Buscetta]] dichiarò sin dal titolo: "'''La mafia ha vinto'''", per la ragione principale che aveva prevalso la "normalità" nella lotta alla mafia. All'indomani della sentenza di prescrizione per Giulio Andreotti (salutata come un'assoluzione piena), di fronte alla volgarità di certi commenti, l'anziano [[Antonino Caponnetto]] dovette farsi promotore di un "vertice sulla legalità" a Firenze, che vide la partecipazione, fra gli altri, di Caselli, Gherardo Colombo, il procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, Dario Fo e Franca Rame.
La mafia era diventata '''come il borotalco'''<ref>Lodato, p.409</ref>: quasi inodore. Aveva distrutto i suoi cliché, la sua immagine violenta, anche se qualche delitto continuava a commetterlo, sembrava un ordine monastico chiuso '''in silenzio''', il cui obiettivo riuscito era quello di passare inosservata. I boss, eccezion fatta per qualche proclama di Riina ai processi, rimaneva in silenzio. Suo cognato Leoluca Bagarella il [[12 luglio]] [[2002]] fece un vero e proprio proclama-avvertimento, in videoconferenza, durante un processo a Trapani, in cui accusava gli avvocati che "''in Parlamento non fanno il loro dovere''"<ref>Ivi, p.410</ref>. Tanto che alla vigilia di Natale dello stesso anno sugli spalti dello stadio di Palermo comparve lo striscione: "''Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia''".
L'[[11 aprile]] [[2006]], dopo 43 anni di latitanza, Bernardo Provenzano venne arrestato in un casolare a Montagna dei Cavalli, frazione a 2 km da Corleone, dove vivevano ancora la moglie Saveria Palazzolo e i due figli Angelo e Francesco Paolo. Il reggente di Cosa Nostra, dopo che diverse inchieste avevano decapitato la sua rete di fedelissimi, era assistito da anziani corleonesi, tutti incensurati, che garantivano la sua latitanza e, soprattutto, le sue comunicazioni con l'esterno. L'arresto di Provenzano avvenne nel giorno in cui, ufficialmente, alcun governo era in carica: le elezioni politiche erano state vinte dalla coalizione di centrosinistra guidata da Romano Prodi, mentre al governo vi era Silvio Berlusconi ma solo per guidare gli affari correnti, in attesa dell'insediamento del nuovo governo.
Il [[5 novembre]] [[2007]], dopo 25 anni di latitanza, viene arrestato, in una villetta di Giardinello, anche il presunto successore di Provenzano, il boss [[Salvatore Lo Piccolo]] assieme al figlio Sandro.


=== L'arresto di Provenzano ===
=== L'arresto di Provenzano ===

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