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Particolarmente nota a cavallo tra i due secoli fu la cosca guidata da [[Giuseppe Morello]], anche per via delle indagini di [[Joe Petrosino]] su quello che è passato alla storia come il «''delitto del barile''»: gli inquirenti ritrovarono il cadavere di Benedetto Madonia, affiliato alla cosca, in un barile al n.743 di East 11th Street, vicino all'angolo con l'Avendue D<ref>Dickie (2005), p.205</ref>. Nonostante il processo finì nel nulla, Petrosino divenne il simbolo della lotta alla mafia americana e continuò le sue indagini, che lo portarono fino in Sicilia. Lì, a dimostrazione del forte legame con la Sicilia, fu ucciso in piazza Marina il [[12 marzo]] [[1909]], durante una "''missione segreta''" volta a creare una rete informativa indipendente in Italia che si occupasse dei criminali con precedenti penali in Sicilia, di modo da avere prove sufficienti per estradarli dagli USA. | Particolarmente nota a cavallo tra i due secoli fu la cosca guidata da [[Giuseppe Morello]], anche per via delle indagini di [[Joe Petrosino]] su quello che è passato alla storia come il «''delitto del barile''»: gli inquirenti ritrovarono il cadavere di Benedetto Madonia, affiliato alla cosca, in un barile al n.743 di East 11th Street, vicino all'angolo con l'Avendue D<ref>Dickie (2005), p.205</ref>. Nonostante il processo finì nel nulla, Petrosino divenne il simbolo della lotta alla mafia americana e continuò le sue indagini, che lo portarono fino in Sicilia. Lì, a dimostrazione del forte legame con la Sicilia, fu ucciso in piazza Marina il [[12 marzo]] [[1909]], durante una "''missione segreta''" volta a creare una rete informativa indipendente in Italia che si occupasse dei criminali con precedenti penali in Sicilia, di modo da avere prove sufficienti per estradarli dagli USA. | ||
=== | === Gli effetti della Prima Guerra Mondiale === | ||
Nell'età giolittiana vi erano stati profondi cambiamenti nell'agricoltura siciliana, grazie a un mix di iniziative personali e congiuntura economica che permise di intensificare la produzione, soprattutto con investimenti in frutta e viti. Tutto questo portò anche a uno sviluppo nell'organizzazione dei lavoratori, sia in agricoltura sia nell'industria: nel [[1914]] la Sicilia poteva vantare il terzo posto nell'organizzazione sindacale del Paese<ref>Duggan (1986), p.21</ref>, con un 20% della popolazione maschile attiva organizzata in associazioni operaie (contro il 16%, ad esempio, della Lombardia). | |||
Questi cambiamenti furono incoraggiati da alcuni conservatori illuminati, che volevano impedire un acuirsi delle tensioni sociali come ai tempi dei Fasci Siciliani, mantenendo un'armonia sociale a colpi di riforme e interclassismo che ben si sposava con la c.d. «''Belle Epoque''». '''La Prima Guerra Mondiale cambiò però ogni cosa''': nonostante l'aumento della domanda, la produzione siciliana di zolfo crollò, soprattutto per l'elevato costo del lavoro; la produzione di frutta fu gravemente danneggiata dalla chiusura dei mercati europei; il vino siciliano aveva una gradazione alcolica troppo alta perché potesse essere bevuto dai soldati in guerra, quindi subì anch'esso una pesante riduzione nella produzione; stessa sorte toccò ai cereali, che si videro diminuire del 21,7% l'area coltivata, cosa che non andò a beneficio nemmeno del pascolo di bestiame, che tra requisizioni e tasse locali decimò le risorse animali della Sicilia. | |||
Il risultato fu la rottura di quell'armonia sociale costruita nel ventennio successivo ai Fasci siciliani, con gli agrari che tornano alla difesa corporativa dei propri interessi e del diritto di proprietà, mentre costringe i partiti, quelli di matrice socialista anzitutto, ad un aumento della conflittualità contro le tradizionali posizioni di rendita interne all'isola. Nella confusione generale, '''la mafia riuscì a trarne guadagno'''. | |||
Capimafia come [[Calogero Vizzini]], oltre a evitare il servizio di leva obbligatorio, vendevano bestiame rubato all'esercito oppure offrivano protezione ad alcuni proprietari per evitare le requisizioni imposte dallo stato di guerra. I gabelloti, invece, riuscirono a guadagnare persino da una legge "sociale" come il blocco degli affitti, utilizzando quella ricchezza per acquisire terreni da proprietari caduti in disgrazia con la crisi economica. Venne avanti quindi una nuova leva di proprietari terrieri, decisamente diversi dal tipico imprenditore da masseria siciliana che aveva dominato fino a quel momento. Questo coincise anche con '''l'affermazione di una nuova generazione di "picciotti"''' che non rispondevano più agli ordini dei grandi proprietari terrieri. | |||
Tra gli altri effetti prodotti dalla guerra vi fu anche l'enorme massa di siciliani tornati dal fronte, la cui riabilitazione psicologica e lavorativa risultò difficile; dall'altra parte quelli che prima della guerra venivano considerati criminali comuni avevano raggiunto un nuovo status per essere stati al fronte. | |||
=== Mafia e Fascismo === | |||
Dopo il c.d. "biennio rosso" arrivò il "biennio nero" e la Marcia su Roma, che portò al potere i fascisti con '''Benito Mussolini''' nuovo Presidente del Consiglio. Tra i punti all'ordine del giorno del nuovo capo del governo vi fu la questione meridionale, benché lo stesso Mussolini, nell'agosto del [[1922]] ammise che il problema era complesso e il fascismo non poteva fare miracoli da un giorno all'altro. Impegnarsi nella risoluzione della questione meridionale, e conseguentemente del problema mafia in Sicilia, rappresentava per il fascismo non solo un modo per rafforzare il proprio potere ma era coerente anche con l'idea di stato accentratore unitario che andava propagandando. | |||
Non a caso i primi Fasci italiani di combattimento in Sicilia fecero parecchia fatica a costituirsi, venendo visti dalla classe dirigente come elementi estranei alla mentalità siciliana. Solo nella Sicilia orientale i Fasci di combattimento riuscirono a radicarsi autonomamente, in particolare nella provincia di Ragusa e Siracusa, mentre a Catania alcuni gruppi di studenti avevano formato dei circoli culturali con l'aiuto di docenti dell'Università di Catania. Nella Sicilia occidentale solo a Palermo nel [[1921]] vi furono alcuni tentativi da parte di studenti affascinati dal Futurismo di costituire un Fascio, ma solo con la costituzione nel novembre 1921 del '''Partito Nazionale Fascista''' si arrivò a quasi mille iscritti. In questa fase anche il fascismo ebbe due caduti per mano mafiosa: Mariano de Caro a Misilmeri e Domenico Perticone a Vita. | |||
In una prima fase, come ha messo in luce Duggan<ref>Duggan (1986), p.13</ref>, il proposito di combattere la mafia fu utilizzato dai luogotenenti fascisti '''Alfredo Cucco''' e '''Piero Bolzon''' per sciogliere anche diverse amministrazioni locali connotate politicamente in senso socialista: mafioso e antifascista divennero a un certo punto sinonimi. Ciononostante, le infiltrazioni nelle fila del fascismo di mafiosi furono parecchie, come dimostrano le epurazioni sull'isola del [[1927]], ma anche le elezioni del [[1924]], dove a Palermo fu candidato persino il liberale '''Vittorio Emanuele Orlando''', con il risultato che la Lista Nazionale, cartello elettorale di cui facevano parte PNF, nazionalisti e liberali, prese circa il 70% dei voti. Inoltre, nella lista governativa vi erano anche sette boss pubblicamente riconosciuti come tali, in quanto sotto processo per associazione a delinquere<ref>Ivi, p.38 </ref>. | |||
==== Il viaggio di Mussolini in Sicilia ==== | |||
Dopo aver vinto le politiche del [[1924]], nel maggio dello stesso anno Mussolini si recò in visita in Sicilia, visitando tra le altre Palermo, Trapani e Girgenti. Il [[7 maggio]] andò in visita nella piana degli Albanesi, allora detta Piana dei Greci, in compagnia del sindaco Francesco Cuccia, noto come "don Ciccio", il quale durante il percorso in macchina disse al Duce: "''Voscenza non ha bisogno di tutti questi sbirri, non ha niente da temere finché sarà in mia compagnia''". Nonostante tutti si aspettassero una reazione di Mussolini questi abbozzò, salvo poi prendere pubblicamente l'impegno ad Agrigento, l'indomani, contro il fenomeno mafioso in Sicilia. | |||
==== L'era di Cesare Mori ==== | |||
[[File:Cesare Mori.jpg|200px|thumb|right|Cesare Mori]] | |||
Mussolini rientrò dalla visita in Sicilia il [[12 maggio]] e il giorno seguente convocò il capo della polizia Emilio De Bono e il ministro dell'interno Luigi Federzoni e si decise la nomina del prefetto [[Cesare Mori]] per condurre la lotta contro la mafia. Convocato Mori nel suo ufficio, il Duce gli comunicò il nuovo incarico di Prefetto a Trapani, raccomandandogli di essere intransigente con i mafiosi così come lo era stato con i suoi squadristi da prefetto di Bologna due anni prima, quando si era dimostrato inflessibile nell'applicare la legge anche contro i fascisti. Mori entrò così in servizio il [[2 giugno]] a Trapani. Il suo primo atto fu quello di ritirare tutte le licenze di porto d'armi e, nel gennaio [[1925]], nominò una commissione provinciale col compito di decidere e disporre circa il rilascio di nulla osta (resi obbligatori) per l'attività di campiere e di guardiania. | |||
Per l'efficienza del suo lavoro a Trapani, Mori fu promosso Prefetto di Palermo il [[12 ottobre]] 1925, insediandosi nella capitale siciliana otto giorni dopo. Tra le operazioni di polizia, la notte del [[28 novembre]] furono arrestate 62 persone, a cui seguirono due settimane dopo altri 142 in Piazza Amerina. Sotto Natale, il [[21 dicembre]] furono arrestate 28 persone appartenenti al gruppo dei c.d. ''viveurs'' palermitani, giovani frequentatori dei café le cui ricchezze erano sospettate di essere frutto di attività illecite. Due settimane prima il prefetto di ferro aveva emanato la sua prima ordinanza, che prevedeva tra le altre cose l'entrata in vigore di carte di identità personali complete di fotografia a partire dal [[1° gennaio]] [[1926]]. | |||
Nella stessa data vi fu '''l'assedio di Gangi''', una vasta operazione di polizia che colpì anche diversi centri delle Madonie dove la presenza mafiosa era particolarmente forte. Lungo le strade venne affisso un bando che recitava: «''Intimo latitanti codesto territorio costituirsi entro dodici ore decorse le quali sarà proceduto contro le loro famiglie, possedimenti di qualsiasi genere, favoreggiatori sino ad estreme conseguenze. Firmato Prefetto Mori''»<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/11/11/anniversario-nel-1926-il-prefetto-taglio.html la Repubblica, 11/11/2006]</ref>. L'assedio durò dieci giorni e portò in manette circa 400 persone, anche se, come ammise lo stesso Mori<ref>Duggan (1986), p.70</ref>, la maggior parte erano parenti dei mafiosi. | |||
Durante la sua azione Mori fece anche condannare all'ergastolo [[Vito Cascio Ferro]], boss di [[Cosa Nostra Americana]] per l'omicidio di [[Joe Petrosino]]. Anche nei tribunali le condanne per i mafiosi cominciarono a essere durissime. In totale vennero arrestate oltre 11mila persone<ref>Ivi, p.244</ref>. Nella fase successiva alle operazioni e ai processi, l'intransigenza di Mori cominciò ad essere mal sopportata in seno al Fascismo. Nel febbraio [[1928]] su "Il Popolo d'Italia" Arnaldo Mussolini affermò che la mafia in Sicilia era stata sconfitta, quindi si poteva pensare al suo risanamento economico. Per questo Mori fu nominato senatore del Regno nel dicembre dello stesso anno e il [[16 luglio]] [[1929]] fu rimosso dall'incarico di Prefetto di Palermo per anzianità di servizio. | |||
Dopo il congedo di Mori, secondo Arrigo Petacco<ref>Arrigo Petacco, Il prefetto di ferro, Milano, Mondadori, 1975</ref>, vi fu una recrudescenza del fenomeno mafioso in Sicilia. Lo dimostrerebbe una lettera di un avvocato indirizzata a Mori datata [[1931]]: «''Ora in Sicilia si ammazza e si ruba allegramente come prima. Quasi tutti i capi mafia sono tornati a casa per condono dal confino e dalle galere...''» | |||
=== Durante la Seconda Guerra Mondiale === | === Durante la Seconda Guerra Mondiale === | ||
A suggellare la normalizzazione dei rapporti tra mafia e fascismo vi fu la protezione concessa dal regime al boss [[Vito Genovese]], che nel [[1935]] finanziò la costruzione della casa del fascio di Nola e nel gennaio [[1943]] fece assassinare l'antifascista Carlo Tresca. Genovese divenne poi l'interprete ufficiale del capo degli affari civili dell'AMGOT, in Sicilia e a Napoli, il colonnello statunitense '''Charles Poletti'''. | |||
=== Agli albori della Repubblica === | === Agli albori della Repubblica === | ||
=== La Rinascita nel Dopoguerra: "la mafia" diventa "Cosa Nostra" === | === La Rinascita nel Dopoguerra: "la mafia" diventa "Cosa Nostra" === | ||
Tra gli anni del c.d. "boom economico", i boss mafiosi siciliani continuarono a portare avanti le proprie attività criminali indisturbati, sfruttando anche l'oramai consolidata convinzione dell'opinione pubblica che il fascismo l'avesse sradicata dall'isola. Tra chi negava che addirittura non fosse mai esistita e chi sosteneva fosse un mero modo d'essere, tipico della cultura della Sicilia arcaica, quindi superata, il potere delle famiglie mafiose siciliane crebbe, sfruttando i mutamenti economici e sociali di quegli anni. | Tra gli anni del c.d. "boom economico", i boss mafiosi siciliani continuarono a portare avanti le proprie attività criminali indisturbati, sfruttando anche l'oramai consolidata convinzione dell'opinione pubblica che il fascismo l'avesse sradicata dall'isola. Tra chi negava che addirittura non fosse mai esistita e chi sosteneva fosse un mero modo d'essere, tipico della cultura della Sicilia arcaica, quindi superata, il potere delle famiglie mafiose siciliane crebbe, sfruttando i mutamenti economici e sociali di quegli anni. |