Lea Garofalo: differenze tra le versioni

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Figlia di Antonio Garofalo e Santina Miletta, Lea rimase orfana all'età di nove mesi in quanto suo padre venne ucciso nella cosiddetta “faida di Pagliarelle”. La piccola Lea crebbe insieme alla nonna, alla madre e ai fratelli maggiori Marisa e Floriano che, assunto il ruolo di capofamiglia, anni dopo avrebbe vendicato l'omicidio del padre, salvo poi essere a sua volta ucciso in un agguato, l'8 giugno 2005. A quattordici anni Lea si innamorò del diciassettenne [[Carlo Cosco]] e decise di stabilirsi con lui a Milano, in viale Montello 6. Il 4 dicembre 1991 diede alla luce [[Denise Cosco|Denise]], figlia della coppia. Nel 2002 Lea prese la decisione di diventare testimone di giustizia e venne ammessa, insieme alla bambina, nel programma di protezione, dal quale uscirà definitivamente nella primavera del 2009. Madre e figlia a quel punto tornarono in Calabria, ma per tornarne nel novembre 2009. Una decisione che per Lea Garofalo sarebbe stata fatale.
Figlia di Antonio Garofalo e Santina Miletta, Lea rimase orfana all'età di nove mesi in quanto suo padre venne ucciso nella cosiddetta “faida di Pagliarelle”. La piccola Lea crebbe insieme alla nonna, alla madre e ai fratelli maggiori Marisa e Floriano che, assunto il ruolo di capofamiglia, anni dopo avrebbe vendicato l'omicidio del padre, salvo poi essere a sua volta ucciso in un agguato, l'8 giugno 2005. A quattordici anni Lea si innamorò del diciassettenne [[Carlo Cosco]] e decise di stabilirsi con lui a Milano, in viale Montello 6. Il 4 dicembre 1991 diede alla luce [[Denise Cosco|Denise]], figlia della coppia. Nel 2002 Lea prese la decisione di diventare testimone di giustizia e venne ammessa, insieme alla bambina, nel programma di protezione, dal quale uscirà definitivamente nella primavera del 2009. Madre e figlia a quel punto tornarono in Calabria, ma per tornarne nel novembre 2009. Una decisione che per Lea Garofalo sarebbe stata fatale.


=== La ribellione ===
=== La ribellione: la vita a Milano ===
Lea Garofalo compie un primo gesto eclatante quando decide di trasferirsi a Milano, ignara del fatto che Carlo Cosco l'abbia scelta come compagna per acquisire potere agli occhi della cosca Garofalo. Il secondo arriva nel 1996, quando il compagno e alcuni componenti della sua famiglia vengono arrestati per traffico di stupefacenti: durante un colloquio in carcere, la ragazza comunica a Carlo Cosco la volontà di lasciarlo e di volersi portare via la figlia. La reazione è violenta e immediata, tanto che intervengono le guardie per sedare la lite. Madre e figlia abbandonano Milano. Nel 2002, quando Lea, sotto casa, si accorge che è stato appiccato il fuoco alla propria auto, capisce che i Cosco sono sulle loro tracce e che si trovano in pericolo. Decide di rivolgersi ai Carabinieri e di raccontare tutto ciò che, nel corso degli anni, ha visto e sentito, a Pagliarelle come a Milano. Per le sue dichiarazioni, la giovane donna e la figlia vengono inserite, con false generalità, nel programma di protezione. Saranno anni difficili, di solitudine. Le dichiarazioni di Lea non sfociano in alcun processo – salvo poi, nell'ottobre 2013, condurre all'arresto di 17 persone in varie città italiane  – e viene meno la protezione dello Stato. La Garofalo fa ricorso al Tar ma, quando viene riammessa insieme a Denise all'interno del programma, i loro documenti falsi non esistono più. Saranno anni ancora più bui. Nel 2008, ad un incontro pubblico, Lea Garofalo si avvicina a don Luigi Ciotti, fondatore e presidente del Gruppo Abele e di Libera. Si presenta come una testimone di giustizia etichettata come collaboratrice, completamente sfiduciata nei confronti dello Stato e delle istituzioni (nell'aprile 2009 arriverà a scrivere una lettera, mai inviata, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano). Vuole riappropriarsi della sua dignità, del suo nome e del suo cognome, di un futuro per lei e soprattutto per la figlia Denise. Conosce la responsabile dell'ufficio legale dell'associazione, l'avvocato Enza Rando. Ma i mesi successivi saranno comunque e ancora difficili, fino a quando Lea Garofalo decide di uscire definitivamente dal programma di protezione. È la primavera del 2009.
Lea Garofalo fece un primo gesto eclatante quando decise di trasferirsi a Milano, ignara del fatto che Carlo Cosco l'avesse scelta come compagna solo per acquisire maggior prestigio agli occhi della cosca Garofalo. Il secondo arrivò nel 1996, quando il compagno e alcuni componenti della sua famiglia vennero arrestati per traffico di stupefacenti: durante un colloquio in carcere, la ragazza comunicò al compagno la volontà di lasciarlo e di volersi portare via la figlia.  


La reazione fu violenta e immediata, tanto che intervennero le guardie per sedare la lite. Madre e figlia abbandonarono dunque Milano. Nel 2002, quando Lea, sotto casa, si accorse dell'incendio della propria auto, capì che i Cosco erano sulle loro tracce e che lei e sua figlia si trovavano in pericolo. Decise di rivolgersi ai Carabinieri e di raccontare tutto ciò che, nel corso degli anni, aveva visto e sentito, a Pagliarelle come a Milano. Per le sue dichiarazioni, la giovane donna e la figlia vennero inserite, con false generalità, nel programma di protezione.


L'OMICIDIO
=== La vita da testimone ===
Carlo Cosco cova rancore e rabbia nei confronti di Lea Garofalo da anni. Tanti anni. La sua sete di vendetta viene soddisfatta il 24 novembre 2009. Le due giovani donne erano arrivate da quattro giorni a Milano. Partite da Petilia Policastro alla volta di Firenze, mamma e figlia il 20 novembre prendono il treno che le porterà nel capoluogo lombardo. È lo stesso Carlo Cosco ad invitarle. Una trappola. Lui era a conoscenza della difficile situazione economica delle due donne e chiede a Denise di raggiungerlo a Milano dopo che la figlia gli aveva raccontato di aver visto un maglione ma che sua madre non avrebbe potuto comprarglielo. Lea ha a cuore il futuro della figlia più di ogni altra cosa e non l'avrebbe mai fatta partire da sola. L'avvocato Enza Rando prova a dissuadere Lea, ma la testimone di giustizia è convinta che insieme a sua figlia non le accadrà mai nulla e che “Milano è una grande città, non è come la Calabria”.
La vita da testimone di giustizia fu difficile, caratterizzata da una profonda solitudine. Le dichiarazioni di Lea non sfociarono in alcun processo (salvo poi, nell'ottobre 2013, condurre all'arresto di 17 persone in varie città italiane) e per questo motivo le viene revocata la protezione dello Stato. Nonostante il ricorso vinto al Tar, nel frattempo i documenti falsi suoi e della figlia non esistevano più.
In quei giorni, gli ex compagni di vita e la loro figlia trascorrono molto tempo insieme. L'intento dell'uomo è di fare in modo che Lea torni a fidarsi di lui.
Nel pomeriggio del 24 novembre 2009, Lea e Denise si concedono una passeggiata per Milano. Zona Arco della Pace. L'immagine di quella camminata è stata ripresa dalle telecamere della zona: la mamma ha un giubbotto nero, la figlia uno uguale ma bianco. Alle 18.15 circa, Carlo Cosco le raggiunge, prende la figlia e la accompagna a casa del fratello Giuseppe Cosco, in modo che la ragazza possa mangiare cena e poi salutare i suoi zii e i suoi cugini. Poi l'uomo ritorna all'Arco della Pace, dove aveva appuntamento con Lea Garofalo.
L'omicidio si consuma intorno alle 19.10, in un appartamento di piazza Prealpi 2 a Milano, di proprietà della nonna di un amico dei Cosco. Il corpo di Lea Garofalo viene poi trasportato su un terreno a San Fruttuoso e lì distrutto.


=== L'incontro con Don Ciotti ===
Nel 2008, ad un incontro pubblico, Lea Garofalo si avvicinò a don [[Luigi Ciotti]], fondatore e presidente del Gruppo Abele e di Libera. Si presentò come una testimone di giustizia etichettata come collaboratrice, completamente sfiduciata nei confronti dello Stato e delle istituzioni, e intenzionata a riappropriarsi della sua dignità, del suo nome e del suo cognome, di un futuro per lei e soprattutto per la figlia Denise. Conobbe quindi la responsabile dell'ufficio legale dell'associazione, l'avvocato [[Enza Rando]]. Ma i mesi successivi sarebbero stati comunque e ancora difficili, fino a quando Lea Garofalo decise di uscire definitivamente dal programma di protezione, nella primavera del 2009.


IL PROCESSO DI PRIMO GRADO
=== L'omicidio ===
Nel frattempo, gli anni non avevano cancellato il rancore e la rabbia di Carlo Cosco nei confronti di Lea Garofalo. La sua sete di vendetta venne soddisfatta il [[24 novembre]] 2009. Lea e sua figlia si trovavano a Milano da quattro giorni: partite da Petilia Policastro alla volta di Firenze, mamma e figlia il 20 novembre presero il treno che le avrebbe portate nel capoluogo lombardo. Fu lo stesso Carlo Cosco ad invitarle. Si trattava di una trappola: l'ex-compagno era a conoscenza della difficile situazione economica delle due donne e chiese a Denise di raggiungerlo a Milano dopo che la figlia gli aveva raccontato di aver visto un maglione, ma che sua madre non avrebbe potuto comprarglielo.
Lea, che aveva a cuore il futuro della figlia più di ogni altra cosa, decise che non l'avrebbe fatta partire da sola, nonostante i tentativi dell'avvocato Rando di dissuaderla. Lea era convinta che insieme a sua figlia non le sarebbe accaduto mai nulla, anche perché “''Milano è una grande città, non è come la Calabria''”.
 
In quei giorni, gli ex compagni di vita e Denise trascorsero molto tempo insieme. L'intento dell'uomo era di fare in modo che Lea tornasse a fidarsi di lui.
 
Nel pomeriggio del 24 novembre 2009, Lea e Denise decisero di concedersi una passeggiata per Milano, in zona Arco della Pace. L'immagine di quella camminata fu ripresa dalle telecamere della zona: la mamma aveva un giubbotto nero, la figlia uno uguale, ma bianco. Alle 18.15 circa, Carlo Cosco le raggiunse, prendendo la figlia e accompagnandola a casa del fratello Giuseppe Cosco, per farla cenare e poi salutare i suoi zii e i suoi cugini. Poi l'uomo fece ritorno all'Arco della Pace, dove aveva appuntamento con Lea Garofalo.
 
L'omicidio si consumò intorno alle 19.10, in un appartamento di piazza Prealpi 2 a Milano, di proprietà della nonna di un amico dei Cosco. Il corpo di Lea Garofalo venne poi trasportato su un terreno a San Fruttuoso e lì distrutto.
 
=== I funerali ===
[[File:Funerali lea garofalo.jpg|200px|thumb|right|Lea Garofalo]]
Il 19 ottobre 2013, sulla piazza Beccaria, tremila persone danno l'estremo saluto a Lea Garofalo. I funerali civili vengono seguiti in diretta da «Rainews 24» e tutte le testate nazionali si occupano della storia di Lea e Denise. Finalmente alla vicenda, per mesi passata sotto silenzio, viene dato il giusto risalto. Momenti di grande commozione, canzoni, ricordi, e la voce di Denise che, da dietro una finestra, saluta la sua mamma, ringraziandola “perché se questo è successo, tutto questo è successo, è per il mio bene... Ciao mamma”. È lei a chiedere, lo stesso giorno della sentenza, che sua mamma sia salutata “come se fosse una festa” a Milano, che tanto si è dimostrata vicina a questa storia. I resti della giovane testimone di giustizia Lea Garofalo riposano al cimitero monumentale di Milano, perché l'amministrazione le ha riconosciuto di aver dato lustro alla città.
 
== Processi ==
=== Processo di 1° grado ===
Quella stessa sera, mamma e figlia sarebbero dovute rientrare in Calabria. Quando Denise vede che  la mamma non si presenta all'appuntamento in stazione, intuisce che sia potuto accadere qualcosa di tragico e chiede al padre di accompagnarla nei luoghi da loro frequentati in quei giorni. Dopo alcune ore si recano dai carabinieri, ma è ancora troppo presto per poter procedere con la denuncia di scomparsa. Il giorno successivo, Denise Cosco racconta gli anni di vita “protetta” suoi e di sua mamma ai Carabinieri di via Moscova: è il maresciallo Persurich a raccogliere la deposizione.  
Quella stessa sera, mamma e figlia sarebbero dovute rientrare in Calabria. Quando Denise vede che  la mamma non si presenta all'appuntamento in stazione, intuisce che sia potuto accadere qualcosa di tragico e chiede al padre di accompagnarla nei luoghi da loro frequentati in quei giorni. Dopo alcune ore si recano dai carabinieri, ma è ancora troppo presto per poter procedere con la denuncia di scomparsa. Il giorno successivo, Denise Cosco racconta gli anni di vita “protetta” suoi e di sua mamma ai Carabinieri di via Moscova: è il maresciallo Persurich a raccogliere la deposizione.  
Denise non era con i genitori, ma ha la certezza morale che sua madre non sia scomparsa (e men che meno che si sia allontanata volontariamente come gli disse fin da subito il padre e come affermeranno gli avvocati difensori durante il processo) ma che sia morta. Uccisa per mano di Carlo Cosco.
Denise non era con i genitori, ma ha la certezza morale che sua madre non sia scomparsa (e men che meno che si sia allontanata volontariamente come gli disse fin da subito il padre e come affermeranno gli avvocati difensori durante il processo) ma che sia morta. Uccisa per mano di Carlo Cosco.
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La sentenza è emessa il 30 marzo 2012. Ergastolo per tutti e sei gli imputati.  
La sentenza è emessa il 30 marzo 2012. Ergastolo per tutti e sei gli imputati.  


 
=== Le confessioni di Carmine Venturino e il processo di 2° grado ===
 
 
 
LE CONFESSIONI DI CARMINE VENTURINO E IL PROCESSO DI SECONDO GRADO
Nel corso dell'estate 2012, Carmine Venturino decide di collaborare con la giustizia. Ha 25 anni, e dopo l'omicidio di Lea Garofalo, Carlo Cosco l'aveva assoldato affinché controllasse Denise: l'uomo aveva infatti paura che lei tornasse dai carabinieri per nuove deposizioni. Tra i due giovani nasce una simpatia, ma nel febbraio 2010 Denise scopre la tragica verità. Anche lui, anche quel ragazzo è tra gli arrestati con l'accusa di aver ucciso la sua giovane mamma.
Nel corso dell'estate 2012, Carmine Venturino decide di collaborare con la giustizia. Ha 25 anni, e dopo l'omicidio di Lea Garofalo, Carlo Cosco l'aveva assoldato affinché controllasse Denise: l'uomo aveva infatti paura che lei tornasse dai carabinieri per nuove deposizioni. Tra i due giovani nasce una simpatia, ma nel febbraio 2010 Denise scopre la tragica verità. Anche lui, anche quel ragazzo è tra gli arrestati con l'accusa di aver ucciso la sua giovane mamma.
Venturino racconta agli inquirenti che è proprio per merito del coraggio di Denise e dell'amore che prova per lei che ha deciso di raccontare la verità. Il processo di appello inizia il 9 aprile 2013. Carmine Venturino racconta che è stato Carlo Cosco ad uccidere la propria ex convivente, strozzandola con il cordino che si usa per raccogliere le tende. Che insieme a lui c'è il fratello Vito Cosco e che poi allo stesso Venturino è stato affidato il compito di prendere il corpo esanime di Lea Garofalo, di metterlo in uno scatolone e poi su un furgone per trasportarlo a san Fruttuoso. Lì è stato distrutto dalle fiamme, per due giorni, grazie anche alla complicità di Rosario Curcio. Il racconto di Venturino esclude invece il coinvolgimento nei fatti di Milano di Massimo Sabatino e Vito Cosco.
Venturino racconta agli inquirenti che è proprio per merito del coraggio di Denise e dell'amore che prova per lei che ha deciso di raccontare la verità. Il processo di appello inizia il 9 aprile 2013. Carmine Venturino racconta che è stato Carlo Cosco ad uccidere la propria ex convivente, strozzandola con il cordino che si usa per raccogliere le tende. Che insieme a lui c'è il fratello Vito Cosco e che poi allo stesso Venturino è stato affidato il compito di prendere il corpo esanime di Lea Garofalo, di metterlo in uno scatolone e poi su un furgone per trasportarlo a san Fruttuoso. Lì è stato distrutto dalle fiamme, per due giorni, grazie anche alla complicità di Rosario Curcio. Il racconto di Venturino esclude invece il coinvolgimento nei fatti di Milano di Massimo Sabatino e Vito Cosco.
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Durante il processo si è dunque parlato di questa Milano, ma era presente anche un'altra città. Quella rappresentata dal Comune stesso, che si è costituito parte civile. Quella che ha il volto di una cittadinanza attiva, che ha animato, sempre più numerosa e partecipe, le udienze dei processi di primo e secondo grado. Per ribellarsi alla realtà criminale e soprattutto per dimostrare solidarietà, affetto e vicinanza a Denise Cosco. Tanti, tantissimi i ragazzi – milanesi ma non solo –  che in maniera crescente hanno vissuto l'aula del tribunale. Perché l'omicidio di Lea Garofalo non poteva e non doveva passare come un “affare di famiglia”, una vicenda passionale che si era consumata tra le mura domestiche e di cui non si doveva parlare. Un impegno che ha portato molti di questi ragazzi a fondare un presidio dell'associazione Libera, intitolato proprio alla figura di Lea Garofalo, e che li ha visti impegnati a scuotere le coscienze, con una mobilitazione davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, quando era giunta la notizia del cambio del Presidente della Corte di primo grado.
Durante il processo si è dunque parlato di questa Milano, ma era presente anche un'altra città. Quella rappresentata dal Comune stesso, che si è costituito parte civile. Quella che ha il volto di una cittadinanza attiva, che ha animato, sempre più numerosa e partecipe, le udienze dei processi di primo e secondo grado. Per ribellarsi alla realtà criminale e soprattutto per dimostrare solidarietà, affetto e vicinanza a Denise Cosco. Tanti, tantissimi i ragazzi – milanesi ma non solo –  che in maniera crescente hanno vissuto l'aula del tribunale. Perché l'omicidio di Lea Garofalo non poteva e non doveva passare come un “affare di famiglia”, una vicenda passionale che si era consumata tra le mura domestiche e di cui non si doveva parlare. Un impegno che ha portato molti di questi ragazzi a fondare un presidio dell'associazione Libera, intitolato proprio alla figura di Lea Garofalo, e che li ha visti impegnati a scuotere le coscienze, con una mobilitazione davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, quando era giunta la notizia del cambio del Presidente della Corte di primo grado.
Il Comune di Milano li ha premiati con la benemerenza civile dell'Ambrogino d'Oro nel 2012, mentre il 7 dicembre 2013 è stata Denise Cosco (non presente alla cerimonia perché in regime di protezione) ad essere premiata con il più alto riconoscimento della città meneghina.
Il Comune di Milano li ha premiati con la benemerenza civile dell'Ambrogino d'Oro nel 2012, mentre il 7 dicembre 2013 è stata Denise Cosco (non presente alla cerimonia perché in regime di protezione) ad essere premiata con il più alto riconoscimento della città meneghina.
I FUNERALI DI LEA GAROFALO
Il 19 ottobre 2013, sulla piazza Beccaria, tremila persone danno l'estremo saluto a Lea Garofalo. I funerali civili vengono seguiti in diretta da «Rainews 24» e tutte le testate nazionali si occupano della storia di Lea e Denise. Finalmente alla vicenda, per mesi passata sotto silenzio, viene dato il giusto risalto. Momenti di grande commozione, canzoni, ricordi, e la voce di Denise che, da dietro una finestra, saluta la sua mamma, ringraziandola “perché se questo è successo, tutto questo è successo, è per il mio bene... Ciao mamma”. È lei a chiedere, lo stesso giorno della sentenza, che sua mamma sia salutata “come se fosse una festa” a Milano, che tanto si è dimostrata vicina a questa storia. I resti della giovane testimone di giustizia Lea Garofalo riposano al cimitero monumentale di Milano, perché l'amministrazione le ha riconosciuto di aver dato lustro alla città.


[[Categoria:Testimoni di giustizia]]
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