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L'omicidio si consumò intorno alle 19.10, in un appartamento di piazza Prealpi 2 a Milano, di proprietà della nonna di un amico dei Cosco. Il corpo di Lea Garofalo venne poi trasportato su un terreno a San Fruttuoso e lì distrutto. | L'omicidio si consumò intorno alle 19.10, in un appartamento di piazza Prealpi 2 a Milano, di proprietà della nonna di un amico dei Cosco. Il corpo di Lea Garofalo venne poi trasportato su un terreno a San Fruttuoso e lì distrutto. | ||
== | == Processi == | ||
I processi per l'omicidio di Lea Garofalo sono nati grazie a sua figlia Denise. La sera stessa dell'omicidio, infatti, madre e figlia sarebbero dovute rientrare in Calabria e quando Denise vide che la madre non tornava, intuì che le potesse essere successo qualcosa di tragico. La figlia chiese al padre di accompagnarla nei luoghi da loro frequentati in quei giorni alla ricerca della madre, si recarono anche dai carabinieri, che però non poterono procedere con la denuncia di scomparsa, non essendo passate le canoniche 24 ore. Nonostante ciò, Denise raccontò il giorno successivo la sua vita da "protetta" con la madre ai Carabinieri della caserma di via della Moscova: fu il maresciallo Persurich a raccogliere la deposizione. Denise sostenne di avere la certezza morale che la madre non fosse scomparsa (e tanto meno si fosse allontanata volontariamente come gli disse fin da subito il padre e come hanno affermato gli avvocati difensori durante il processo), ma che in realtà fosse morta. Uccisa per mano di Carlo Cosco, suo padre. | |||
Il 18 ottobre 2010 scattarono le manette per Carlo Cosco e per gli altri presunti partecipanti al delitto.<ref>[http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/10_ottobre_18/donna-sciolta-nell-acido-1703973850029.shtml Sei arresti per la donna che denunciò la ’ndrangheta. Uccisa e sciolta nell'acido]</ref> | |||
=== Processo di 1° grado === | === Processo di 1° grado === | ||
Il processo di primo grado iniziò il [[6 luglio]] 2011. Il limite del procedimento penale fu che non venne richiesta l'aggravante mafiosa (il cosiddetto ex-articolo 7): per i giudici non si poteva parlare di delitto di 'ndrangheta, quindi a Denise non venne riconosciuto lo status di familiare di vittima di mafia. Nonostante il convincimento dei giudici, Lea Garofalo viene ricordato il 21 marzo, nella Gioranta della memoria e dell'Impegno in ricordo di tutte le vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera ogni anno. | |||
Il processo di primo grado | In sede processuale, Denise si costituì parte civile (difesa dall'avvocato Enza Rando), dichiarandosi "orgogliosa di essere contro il padre"<ref>[http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_luglio_6/donna-sciolta-acido-processo-1901029596471.shtml Donna sciolta nell'acido, la figlia: «Con orgoglio contro mio padre»]</ref>. La seguirono anche il comune di Milano (rappresentato dall'avvocato Maria Sala) e Marisa Garofalo e Santina Miletta, rispettivamente sorella e madre di Lea Garofalo (difese dall'avvocato Roberto D'Ippolito). Sei gli imputati: [[Carlo Cosco]], i fratelli [[Giuseppe Cosco|Giuseppe]] e [[Vito Cosco]], [[Massimo Sabatino]] (che aveva tentato di sequestrare Lea Garofalo a Campobasso il 5 maggio 2009, su commissione di Carlo Cosco), [[Carmine Venturino]] e [[Rosario Curcio]]. L'accusa era di aver sequestrato, torturato e ucciso Lea Garofalo la notte tra il 24 e il 25 novembre 2009, e di averne distrutto il cadavere in 50 litri di acido su un terreno a San Fruttuoso, quartiere di Monza. | ||
In sede processuale, Denise si | |||
L'impianto accusatorio del pubblico ministero Marcello Tatangelo si | L'impianto accusatorio del pubblico ministero Marcello Tatangelo si basava principalmente sulle dichiarazioni di Denise Cosco (rese ai Carabinieri prima e successivamente in tribunale, in ore e ore di deposizioni) e sui dati elaborati dai tabulati telefonici, grazie al lavoro certosino dei Carabinieri. | ||
Il 23 novembre, il presidente della Corte Filippo Grisolia | |||
La sentenza | Il 23 novembre, il presidente della Corte Filippo Grisolia annunciò di aver ricevuto la nomina a Capo di Gabinetto del ministro Severino. Di conseguenza, il processo subì un arresto, con il rischio che si arrivasse alla scadenza dei termini di custodia cautelare (28 luglio 2012) senza che fosse stata emessa la sentenza. Si ripartì dopo una settimana, con un fitto calendario di udienze fissato dal neo Presidente Anna Introini. | ||
La sentenza fu emessa il 30 marzo 2012: ergastolo per tutti e sei gli imputati. | |||
=== Le confessioni di Carmine Venturino e il processo di 2° grado === | === Le confessioni di Carmine Venturino e il processo di 2° grado === | ||
Nel corso dell'estate 2012, Carmine Venturino | Nel corso dell'estate 2012, Carmine Venturino decise di collaborare con la giustizia. Il giovane venticinquenne, assoldato dopo l'omicidio di Lea Garofalo da Carlo Cosco affinché controllasse Denise per impedirle di fare ulteriori deposizioni ai Carabinieri, aveva sviluppato un forte rapporto con la ragazza, finché nel febbraio 2010 questa non scoprì che anche il giovane si trovava tra gli arrestati con l'accusa di aver ucciso la sua giovane mamma. Venturino raccontò agli inquirenti che fu proprio per merito del coraggio di Denise e dell'amore che sostenne di provare per lei che fu spinto a raccontare la verità. | ||
Venturino | |||
Carlo Cosco | Il processo di appello iniziò il [[9 aprile]] 2013. Carmine Venturino raccontò che era stato Carlo Cosco ad uccidere la propria ex convivente, strozzandola con il cordino usato di solito per raccogliere le tende. E che insieme a lui c'era il fratello Vito Cosco e che poi allo stesso Venturino venne affidato il compito di prendere il corpo esanime di Lea Garofalo, di metterlo in uno scatolone su un furgone, per poi trasportarlo a san Fruttuoso. Lì il corpo venne distrutto dalle fiamme, per due giorni, grazie anche alla complicità di Rosario Curcio. Il racconto di Venturino escluse invece il coinvolgimento nei fatti di Milano di Massimo Sabatino e Vito Cosco. | ||
Secondo le motivazioni di secondo grado, non è possibile stabilire cosa esattamente sia accaduto in quell'appartamento | |||
La corte di Appello del Tribunale di Milano ha rivisto le pene per i sei imputati, con la sentenza di secondo grado emessa il 29 maggio 2013: ha confermato l'ergastolo per Carlo e Vito Cosco, per Rosario Curcio e per Massimo Sabatino, mentre ha ridotto la pena a 25 anni per Carmine Venturino (in virtù della sua collaborazione) e ha assolto Giuseppe Cosco, che attualmente sta scontando una pena di dieci anni per traffico di stupefacenti. | Carlo Cosco si difese parlando invece di raptus di pazzia, di uno spintone dato alla donna dopo aver perso la pazienza, del fatto che lei avesse battuto la testa e fosse morta per questo. Confermò, invece, l'esclusione della presenza del fratello e di Sabatino come partecipanti all'omicidio. | ||
Secondo le motivazioni di secondo grado, non è possibile stabilire cosa esattamente sia accaduto in quell'appartamento: quel che è certo è che va escluso che sia stato Carlo Cosco ad uccidere materialmente Lea Garofalo, ma egli può assolutamente essere ritenuto il mandante dell'omicidio. | |||
La corte di Appello del Tribunale di Milano ha rivisto le pene per i sei imputati, con la sentenza di secondo grado emessa il [[29 maggio]] 2013: ha confermato l'ergastolo per Carlo e Vito Cosco, per Rosario Curcio e per Massimo Sabatino, mentre ha ridotto la pena a 25 anni per Carmine Venturino (in virtù della sua collaborazione) e ha assolto Giuseppe Cosco, che attualmente sta scontando una pena di dieci anni per traffico di stupefacenti. | |||
== In memoria di Lea == | |||
=== I funerali === | |||
[[File:Funerali lea garofalo.jpg|200px|thumb|right|Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e Don Luigi Ciotti, ai funerali di Lea Garofalo]] | |||
Il 19 ottobre 2013, sulla piazza Beccaria, tremila persone diedero l'estremo saluto a Lea Garofalo. I funerali civili vennero seguiti in diretta da «Rainews 24» e tutte le testate nazionali si occuparono della storia di Lea e Denise. Finalmente alla vicenda, per mesi passata sotto silenzio, venne dato il giusto risalto. Momenti di grande commozione, canzoni, ricordi, e la voce di Denise che, da dietro una finestra, saluta la sua mamma, ringraziandola “''perché se questo è successo, tutto questo è successo, è per il mio bene... Ciao mamma''”. Fu lei a chiedere, lo stesso giorno della sentenza, che sua mamma sia salutata “come se fosse una festa” a Milano, che tanto si era dimostrata vicina a questa storia. I resti della giovane testimone di giustizia Lea Garofalo riposano oggi al cimitero monumentale di Milano, perché l'amministrazione le riconobbe di aver dato lustro alla città. | |||
=== La targa in via Montello e l'Ambrogino a Denise === | |||
Lo stesso giorno dei funerali, nei giardini di fronte a Via Montello 6, l'ex-fortino dei Cosco dove abitavano abusivamente nelle case popolari dell'Aler, venne affissa una targa in memoria di Lea Garofalo, testimone di giustizia. Il 7 dicembre 2013, invece, il Comune di Milano conferì a Denise Cosco l'Ambrogino d'Oro, l'alta benemerenza civica riservata a chi ha illustrato la città di Milano: per il suo coraggio a denunciare il padre, al teatro Dal Verme la ragazza ricevette l'applauso più lungo. | |||
== Note == | |||
<references></references> | |||
== Bibliografia == | |||
Demaria M., [[La scelta di Lea]] - Lea Garofalo. La ribellione di una donna della 'ndrangheta, Melampo Editore, Milano, 2013 | |||
[[Categoria:Testimoni di giustizia]] | [[Categoria:Testimoni di giustizia]] |