Giuseppe Calascibetta

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Giuseppe Calascibetta (1951 - 19 settembre 2011, Palermo) fu un boss di Cosa Nostra, capo mandamento della cosca palermitana di Santa Maria del Gesù.

Giuseppe Calascibetta

Appartenenza a Cosa nostra

La Strage di Via d'Amelio

Nel 1994 il falso pentito Vinceno Scarantino accusò Giuseppe Calascibetta di aver ospitato in una sua villa un summit durante il quale sarebbero state prese decisioni riguardo la Strage di Via Mariano d'Amelio. Al summit avrebbero partecipato boss del calibro di Totò Riina, Pietro Aglieri, Carlo Greco, Francesco Tagliavia, Giuseppe Graviano, Giuseppe La Mattina, Salvatore Biondino, i fratelli Natale ed Antonino Gambino, Cosimo Vernengo e altri personaggi che Scarantino affermò non sapere chi fossero.[1] Addirittura afferma Vincenzo Scarantino:

«Al termine della riunione Aglieri, Profeta e Calascibetta mi diedero il duplice incarico di reperire un'autovettura di piccole dimensioni da usare quale autobomba e una bombola contenente una sostanza chimica, la cui denominazione Aglieri aveva annotato su un foglietto, idonea a potenziare gli effetti deflagranti dell'esplosivo». [1]

Calascibetta fu condannato a dieci anni nell'ambito del processo Borsellino-bis non per aver partecipato ai preparativi della strage ma solo per essere organico all'organizzazione, anche grazie alle testimonianze dei pentiti:

«Di Filippo Pasquale, Anselmo, Drago, Mutolo, Augello, Marino Mannoia, Brusca ed altri, tutti sottoposti a verifica di attendibilità e con il supporto di elementi esterni» [2]

Nonostante la revisione del processo in seguito alla smentita delle dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, verrà confermata la «militanza ultravenntennale in Cosa nostra»[3] di Giuseppe Calascibetta e i rapporti privilegiati con esponenti mafiosi, tali da far da paciere tra Tullio Cannella e Gambino:

«Tullio Cannella, a sua volta, nel raccontare la lite con Gambino alla Guadagna, aveva ricordato come si trattasse di riconosciuto capo mafioso del quartiere, legittimato a prendere posizione sul conflitto e a decidere la sorte di chi vi era stato coinvolto»[3]

Inoltre sono schiaccianti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia:

«Augello ne aveva raccontato la progressiva ascesa dalla criminalità comune ai vertici di Cosa nostra; Marino Mannoia aveva descritto gli specifici delitti dei quali il Calscibetta si era reso responsabile ( estorsioni e imponente traffico di stupefacenti con Carlo Greco ); Cancemi ne aveva confermato la presentazione rituale; Salvatore Contorno la carriera criminale»[3]

La Cassazione confermò la condanna motivando la pena inflitta con il periodo in questione:

«Consenso merita altresì la pena inflitta che appare congrua e adeguata al ruolo del Calascibetta e al periodo di militanza in Cosa nostra che in questo processo viene preso in esame.»[3]

Altri procedimenti

Oltre ad essere stato assolto in primo grado nell'ambito del processo Tempesta, Giuseppe Calascibetta ottenne nel 2002 la revisione del processo a suo carico che lo imputava per l'omicidio di Benedetto Grado dopo essere stato condannato all'ergastolo. Francesco Marino Mannoia si era autoaccusato dell'omicidio avvenuto il 15 novembre 1983 indicando come suoi complici proprio Giuseppe Calascibetta oltre a Emanuele Mazzola e Pietro Aglieri. La condanna giunse per i tre nel 1995 ma non colpì Francesco Marino Mannoia che grazie agli USA godeva del'immunità per i delitti commessi in Italia. L'auto, una cinquecento, con cui sarebbe stato commesso il delitto, era in realtà stata rottamata tre anni prima. Inoltre il macellaio Pietro di Santa Maria del Gesù affermò nel 2002:

«Camminavo lungo via Falsomiele Grado mi precedeva di venti metri. Vidi sopraggiungere una Opel Kadett di colore scuro con due uomini a bordo. Alla guida, una persona che non riuscivo a individuare. Accanto, Giuseppe C.: vidi che sporgeva il braccio dal finestrino e sparava» [4]

Il Giuseppe C. sopracitato non è Giuseppe Calascibetta ma un killer mafioso successivamente ucciso tramite lupara bianca nel 1994. Il nome di Giuseppe Calascibetta non compare però nell'ambito di recenti inchieste come l'operazione Old Bridge nonostante siano stati coinvolti molti affiliati al mandamento di Santa Maria del Gesù.

I nuovi poteri

Nonostante ufficialmente gestisse un'azienda che commericializzava gesso, alcuni pentiti come Giuseppe Di Maio, Maurizio Spataro e Manuel Pasta fecero il suo nome indicando il suo nuovo ruolo di vertice nella cosca di Santa Maria del Gesù e in Cosa Nostra palermitana, raggiunto dopo l'arresto del boss Ino Corso. Giuseppe Clascibetta era inoltre presente al Summit di Villa Pensabene il 7 febbraio 2011, insieme ai principali boss dei mandamenti palermitani.[5]

La microcar su cui si trovava Calascibetta all'arrivo dei sicari

L'omicidio

Giuseppe Calascibetta viene ucciso il 19 settembre 2011 alle ore 20.30 sotto casa sua al civico 16 di via Bagnera a Belmonte Chiavelli mentre era nell'abitacolo della sua microcar. I sicari scaricano un intero caricatore di 7,65 ma Calascibetta viene colpito solo da due proiettili al volto.[6]

Note

  1. 1,0 1,1 Sentenza Assise processo Borsellino primo
  2. Sentenza Assise processo Borsellino Bis
  3. 3,0 3,1 3,2 3,3 Sentenza Cassazione processo Borsellino Bis
  4. L'assassino di Grado fu un altro, Repubblica, Archivio, 8 febbraio 2002[1]
  5. A villa Pensabene il summit per far ripartire Cosa Nostra, Antimafia Duemila, 30 novembre 2011[2]
  6. Mafia, ucciso il boss Calascibetta I pm: "Era un capo, segnale allarmante", Repubblica, Archivio, 20 febbraio 2011[3]