Antonino Scopelliti
Antonino Scopelliti (Campo Calabro, 20 gennaio 1935 – Piale, 9 agosto 1991) è stato un magistrato italiano, unico giudice ad essere ucciso dalla 'ndrangheta in Calabria.
Biografia
Entrò in magistratura a soli 24 anni: fu pm a Bergamo, Roma e Milano, e infine Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione. Si occupò di alcuni dei processi più importanti della nostra storia recente, sempre su quel filo che collega attentati di mafia e di terrorismo: il primo processo Moro, il sequestro dell'Achille Lauro, l'omicidio di Rocco Chinnici, la Strage di Piazza Fontana, la Strage del Rapido 904, e anche quelli riguardanti la Nuova Camorra Organizzata di Raffaelele Cutolo.
Poco prima di essere ucciso, nel marzo del 1991, Scopelliti aveva chiesto le condanne definitive per Pippo Calò e Guido Cercola, i responsabili della Strage del Rapido 904 che il 23 dicembre 1984 aveva fatto saltare in aria la Grande Galleria dell'Appenino a San Benedetto Val di Sambro, provocando la morte di 17 persone e più di 200 feriti. Ma Corrado Carnevale, presidente della Prima Sezione penale della Cassazione, rigettò le richieste della pubblica accusa, e rinviò ad un nuovo giudizio di appello.
Nel settembre dello stesso anno (questa probabilmente la motivazione della sua condanna a morte), si stava preparando a rigettare i ricorsi presentati dalle difese dei grandi mafiosi condannati al maxi-processo per Cosa Nostra. Nel maggio del '91, infatti, Scopelliti aveva accettato di rivestire la pubblica accusa nel maxi-processo in sede di Cassazione.
L'omicidio
Il 9 agosto 1991, sulla strada della frazione di Piale (provincia di Villa S. Giovanni) il giudice Scoppelliti, a bordo della sua auto, venne raggiunto alla testa da due colpi di fucile calibro 12 sparati da un commando di due uomini a bordo di una moto che lo attendevano all'altezza di una curva; Scopelliti morì sul colpo.
Secondo le dichiarazioni del pentito di mafia Mario Pulito, al giudice Scopelliti avevano offerto ingenti somme di denaro (circa cinque miliardi di lire [1]) per cambiare rotta sulle decisioni prese in relazione al maxi-processo. In cambio del favore ricevuto, secondo i pentiti 'ndranghetisti Giacomo Ubaldo Lauro e Filippo Barreca, Cosa Nostra si sarebbe impegnata per far cessare la seconda guerra di mafia che mieteva vittime a Reggio Calabria sin dal 1985, anno dell'uccisione del boss Paolo Di Stefano.
Iter giudiziario
Furono celebrati due processi davanti al Tribunale di Reggio Calabria: uno nei confronti di Salvatore Riina e un altro nei confronti di Bernardo Provenzano; ma non riuscirono a portare ad alcuna verità giudiziaria sull'uccisione di Scopelliti, perché in appello le dichiarazioni dei diciassette collaboratori di giustizia ascoltati (tra cui Giovanni Brusca) furono dichiarate incogruenti fra loro [2].
Nel luglio 2012 Antonino Fiume, pentito della cosca De Stefano ed ex cognato di quest'ultimo, dichiarò all'interno del processo "Meta" che ad uccidere Scopelliti sarebbero stati due reggini su richiesta di Cosa Nostra[3]. Fiume stilò un memoriale di centinaia di pagine sulla morte del giudice, sulle modalità interne delle cosche reggine; dimenticato negli archivi della procura di Reggio Calabria, l'archivio fu ripreso dal sostituto procuratore Giuseppe Lombardo e su questo sono state riaperte le indagini.
Note
Bibliografia
- Pecora A., Primo Sangue, Milano, BUR, 2011