Emanuela Setti Carraro
Emanuela Setti Carraro (Borgosesia, 9 ottobre 1950 – Palermo, 3 settembre 1982) è stata un'infermiera italiana, moglie del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, vittima insieme a lui e all'agente della scorta Domenico Russo nella Strage di Via Carini.
Biografia
Nata a Borgosesia, in provincia di Vercelli, era figlia di Maria Antonietta Carraro, vedova Setti, già capogruppo delle crocerossine durante la Seconda Guerra Mondiale e nella Repubblica Sociale Italiana. Seguendo le orme materne, Emanuela si diplomò come infermiera all'Ospedale Principessa Iolanda di Milano per diventare volontaria della Croce Rossa Italiana. Aveva due fratelli, Paolo Giuseppe, oggi medico, e Giovanni Maria, mercante d'arte.
Divenne moglie del Generale Dalla Chiesa solo il 10 luglio 1982, superando le resistenze di lui per via della grande differenza di età che li separava (quasi 30 anni). Il matrimonio fu celebrato in una chiesetta a Ivano-Fracena, in provincia di Trento.
L'omicidio
La sera del 3 settembre 1982 il Generale decise di cenare con Emanuela a villa Pajno, sua residenza privata a Palermo. Per precauzione, però, prenotò un tavolo in un ristorante lontano dalla città a Mondello, nota località turistica palermitana. Salirono sulla macchina della moglie, una Autobianchi A112, alla cui guida si mise lei, seguita a breve distanza dall'Alfetta di scorta su cui viaggiava l'agente di scorta Domenico Russo.
Intorno alle 21.10 l'Alfetta di Domenico Russo venne affiancata da una motocicletta su cui viaggiavano un killer e il mafioso Pino Greco, il quale aprì il fuoco con un Kalashnikov AK-47 sull'agente di scorta, che nonostante i colpi uscì dall'auto per tentare, invano, di difendere il Generale e la consorte.
Nello stesso momento Antonino Madonia e Calogero Ganci, guidando una BMW 518, raggiunsero l'auto su cui viaggiava il Generale uccidendo la coppia con 30 colpi di AK-47. L'auto su cui viaggiavano andò a sbattere contro una Fiat parcheggiata. Per essere sicuro di averli uccisi, il sicario scese dall'auto e sparò un ultimo colpo alla testa sia al Generale che alla moglie. I loro corpi vennero rinvenuti crivellati di colpi, con il Generale che abbracciava Emanuela in un disperato tentativo di farle da scudo con il proprio corpo.
Il mistero della cassaforte
Sia la madre di Emanuela che la collaboratrice domestica della famiglia Dalla Chiesa a Palermo sostennero ripetutamente che il generale custodiva alcune carte relative o alla lotta contro il terrorismo oppure alla lotta antimafia e che Emanuela ne fosse informata, per usarle in caso di uccisione del prefetto. Ai timori, espressi a tavola da Emanuela Setti Carraro riguardo alla sicurezza di suo marito a Palermo, costui rispondeva di stare tranquilla e "se mi fanno qualcosa tu sai che c'è il nero su bianco e sai dove prenderlo"[1].
Tuttavia, dopo la loro morte le chiavi della cassaforte di Villa Pajno non furono trovate per 11 giorni e all'apertura la cassaforte risultò completamente vuota. In sede di commissione parlamentare d'inchiesta si avanzò l'ipotesi che l'uccisione del prefetto fosse stata pianificata congiuntamente a quella della moglie proprio per evitare la divulgazione di eventuali documenti lasciati a lei dal prefetto.
Note
- ↑ Seduta Commissione d'inchiesta sul Terrorismo in Italia, 21 gennaio 1998
Bibliografia
- Attilio Bolzoni, Uomini Soli, Milano, Melampo Editore, 2012
- Antonia Setti Carraro, Memorie di una Crocerossina, Milano, Mursia, 1982
- Antonia Setti Carraro, Ricordi, Emanuela?, Milano, Rizzoli, 1983
- Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 28ª Seduta mercoledì 21 gennaio 1998