Cosa Nostra: differenze tra le versioni

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== Storia ed evoluzione ==
== Storia ed evoluzione ==
=== Le origini ===
=== Le origini ===
[[File:Giuseppe Garibaldi 1861.jpg|300px|thumb|right|Giuseppe Garibaldi, nel 1861]]
Nel [[1860]] '''Giuseppe Garibaldi''' con le sue camicie rosse '''invase la Sicilia per annetterla al regno d’Italia''', sconfiggendo l’esercito borbonico. La spedizione ebbe un rapido successo poiché lo sbarco innescò una rivolta interna che non lasciò scampo ai Borboni. Ma quale fu la causa del disagio che spinse i siciliani ad appoggiare i garibaldini? Con la legge del [[4 agosto]] [[1812]], il Parlamento siciliano aveva formalmente abolito il sistema feudale, che, però, continuò ancora per oltre un secolo ad essere la struttura socio-economica portante della Sicilia. I baroni che prima gestivano immensi feudi in quanto vassalli del re continuarono lo stesso a spadroneggiarvi in quanto proprietari. Questo modello basato sul latifondo aveva favorito '''la miseria della popolazione e la debolezza delle classi sociali diverse da quella possidente''', unitamente alla diffusione del '''particolarismo''' (la tendenza a curarsi solo dei propri interessi, spesso a danno degli interessi altrui), del '''familismo''' (concezione che assolutizza i legami familiari arrivando all'estraniamento dalle responsabilità sociali) e del '''clientelismo''' (sistema di relazioni tra persone che, accomunate da motivi di interesse, si scambiano favori, spesso a danno di altri).  
Nel [[1860]] '''Giuseppe Garibaldi''' con le sue camicie rosse '''invase la Sicilia per annetterla al regno d’Italia''', sconfiggendo l’esercito borbonico. La spedizione ebbe un rapido successo poiché lo sbarco innescò una rivolta interna che non lasciò scampo ai Borboni. Ma quale fu la causa del disagio che spinse i siciliani ad appoggiare i garibaldini? Con la legge del [[4 agosto]] [[1812]], il Parlamento siciliano aveva formalmente abolito il sistema feudale, che, però, continuò ancora per oltre un secolo ad essere la struttura socio-economica portante della Sicilia. I baroni che prima gestivano immensi feudi in quanto vassalli del re continuarono lo stesso a spadroneggiarvi in quanto proprietari. Questo modello basato sul latifondo aveva favorito '''la miseria della popolazione e la debolezza delle classi sociali diverse da quella possidente''', unitamente alla diffusione del '''particolarismo''' (la tendenza a curarsi solo dei propri interessi, spesso a danno degli interessi altrui), del '''familismo''' (concezione che assolutizza i legami familiari arrivando all'estraniamento dalle responsabilità sociali) e del '''clientelismo''' (sistema di relazioni tra persone che, accomunate da motivi di interesse, si scambiano favori, spesso a danno di altri).  


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Otto mesi dopo il suo insediamento a Palermo, nel novembre 1875, Sangiorgi ricevette nel suo ufficio [[Calogero Gambino]], apparentemente un vecchio sciancato in realtà mafioso di primo rango legato a [[Salvatore Licata]], uno dei capimafia più temuti e rispettati della Conca d'Oro. Gambino denunciò un complotto ai suoi danni da parte di [[Giovanni Cusimano]], capomafia di San Lorenzo detto il Nero per via della sua carnagione, morto poco prima nell'ambito di una guerra di mafia tra fazioni rivali per il controllo dei limoneti. L'uccisione di suo figlio Antonino, caduto in un agguato il [[18 giugno]] [[1874]], non era responsabilità dell'altro suo figlio Calogero, bensì di Cusimano, ed era l'epilogo di una faccenda risalente a 14 anni prima, quando Giuseppe Biundi, nipote del sottocapo del "Nero", aveva rapito e stuprato la figlia di Gambino per costringerla a sposarlo. Pochi mesi dopo il matrimonio, il genero aveva rubato migliaia di lire dalla casa del suocero, che non aveva denunciato per timore della ritorsione del clan di San Lorenzo. Quando però nel [[1863]] venne ucciso il fratello di Gambino, questi fece arrivare alla polizia una soffiata che portò all'arresto di Biundi. Tre anni dopo Cusimano sfruttò la rivolta palermitana del '66 per tentare lo sterminio dei Gambino, che però vennero avvertiti e si rifugiarono dai Licata: qui Salvatore sposò la figlia del capomafia. Il "Nero" fu costretto quindi a offrire una tregua, che durò però fino al [[17 dicembre]] [[1872]] quando i fratelli Gambino furono vittima dell'ennesimo agguato da parte degli uomini del "Nero", da cui riuscirono a salvarsi. A questo agguato aveva partecipato anche il mafioso [[Giuseppe Riccobono]] detto Dorazia, genero di [[Antonino Giammona]], capomafia dell'Uditore.
Otto mesi dopo il suo insediamento a Palermo, nel novembre 1875, Sangiorgi ricevette nel suo ufficio [[Calogero Gambino]], apparentemente un vecchio sciancato in realtà mafioso di primo rango legato a [[Salvatore Licata]], uno dei capimafia più temuti e rispettati della Conca d'Oro. Gambino denunciò un complotto ai suoi danni da parte di [[Giovanni Cusimano]], capomafia di San Lorenzo detto il Nero per via della sua carnagione, morto poco prima nell'ambito di una guerra di mafia tra fazioni rivali per il controllo dei limoneti. L'uccisione di suo figlio Antonino, caduto in un agguato il [[18 giugno]] [[1874]], non era responsabilità dell'altro suo figlio Calogero, bensì di Cusimano, ed era l'epilogo di una faccenda risalente a 14 anni prima, quando Giuseppe Biundi, nipote del sottocapo del "Nero", aveva rapito e stuprato la figlia di Gambino per costringerla a sposarlo. Pochi mesi dopo il matrimonio, il genero aveva rubato migliaia di lire dalla casa del suocero, che non aveva denunciato per timore della ritorsione del clan di San Lorenzo. Quando però nel [[1863]] venne ucciso il fratello di Gambino, questi fece arrivare alla polizia una soffiata che portò all'arresto di Biundi. Tre anni dopo Cusimano sfruttò la rivolta palermitana del '66 per tentare lo sterminio dei Gambino, che però vennero avvertiti e si rifugiarono dai Licata: qui Salvatore sposò la figlia del capomafia. Il "Nero" fu costretto quindi a offrire una tregua, che durò però fino al [[17 dicembre]] [[1872]] quando i fratelli Gambino furono vittima dell'ennesimo agguato da parte degli uomini del "Nero", da cui riuscirono a salvarsi. A questo agguato aveva partecipato anche il mafioso [[Giuseppe Riccobono]] detto Dorazia, genero di [[Antonino Giammona]], capomafia dell'Uditore.


Quando poi finalmente riuscirono ad uccidere Antonino, il predecessore di Sangiorgi, Matteo Ferro, che aveva pubblicamente elogiato Cusimano, indirizzò le indagini sul fratello Calogero, che fu arrestato e accusato dell'omicidio, sulla base della testimonianza di un soldato che era giunto poco dopo aver udito gli spari sul luogo del delitto. Le indagini di Sangiorgi riuscirono a dimostrare la falsità della dichiarazione, ma anche il rituale di iniziazione segreto alla c.d. Onorata Società. Quando nel marzo 1876 la Destra storica fu spodestata e si insediò il primo governo di Sinistra, il clima politico attorno a Sangiorgi cambiò e questi fece domanda di trasferimento, subito accolta, trasferendosi a Siracusa. Senza Sangiorgi, il sistema di potere e di connivenze precedentemente scardinato tornò in auge e il processo Gambino prese un'altra piega.
Quando poi finalmente riuscirono ad uccidere Antonino, il predecessore di Sangiorgi, Matteo Ferro, che aveva pubblicamente elogiato Cusimano, indirizzò le indagini sul fratello Calogero, che fu arrestato e accusato dell'omicidio, sulla base della testimonianza di un soldato che era giunto poco dopo aver udito gli spari sul luogo del delitto. Le indagini di Sangiorgi riuscirono a dimostrare la falsità della dichiarazione, ma anche '''il rituale di iniziazione segreto alla c.d. Onorata Società'''. Quando nel marzo 1876 la Destra storica fu spodestata e si insediò il primo governo di Sinistra, il clima politico attorno a Sangiorgi cambiò e questi fece domanda di trasferimento, subito accolta, trasferendosi a Siracusa. Senza Sangiorgi, il sistema di potere e di connivenze precedentemente scardinato tornò in auge e il processo Gambino prese un'altra piega.


All'inizio del [[1877]], tuttavia, Sangiorgi venne spedito ad Agrigento per occuparsi di un mafioso in particolare, [[Pietro De Michele]], il boss di Burgio, detto anche il barone benché non avesse alcun titolo nobiliare. Benché fosse il proprietario terriero più ricco della città e avesse in mano l'intero consiglio comunale, Sangiorgi gli revocò il porto d'armi, lo mise sotto sorveglianza e ne ordinò l'arresto quando si diede alla latitanza.
All'inizio del [[1877]], tuttavia, Sangiorgi venne spedito ad Agrigento per occuparsi di un mafioso in particolare, [[Pietro De Michele]], il boss di Burgio, detto anche il barone benché non avesse alcun titolo nobiliare. Benché fosse il proprietario terriero più ricco della città e avesse in mano l'intero consiglio comunale, Sangiorgi gli revocò il porto d'armi, lo mise sotto sorveglianza e ne ordinò l'arresto quando si diede alla latitanza.
 
[[File:Processo rapporto sangiorgi.jpg|400px|thumb|right|La gabbia con gli imputati al processo in seguito alle denunce del questore Sangiorgi. Dal giornale "L'Ora" di Palermo del 3 maggio 1901]]
Nel frattempo, il [[28 agosto]] dello stesso anno arrivò la sentenza del caso Gambino: la corte non aveva creduto alla versione del padre e aveva condannato l'altro figlio ai lavori forzati a vita. In tutto ciò, nella sentenza i giudici mettevano nero su bianco accuse alla condotta di Sangiorgi, colpevole a loro dire di aver "ingannato, mistificato, illuso la giustizia"<ref>Dickie (2005), p.120</ref>. Il caso Gambino divenne quindi il Caso Sangiorgi, con il Ministero dell'Interno che chiese a quello della Giustizia di aprire un'indagine, il cui verdetto fu dato il [[12 ottobre]], confermando la veridicità delle accuse. Il principale testimone contro Sangiorgi era il procuratore generale [[Carlo Morena]], lo stesso che aveva negato la possibilità che le diverse famiglie mafiose potessero essere collegate tra loro, ma anche '''l'uomo che aveva difeso il boss De Michele''' e grazie al quale questi era stato scarcerato.
Nel frattempo, il [[28 agosto]] dello stesso anno arrivò la sentenza del caso Gambino: la corte non aveva creduto alla versione del padre e aveva condannato l'altro figlio ai lavori forzati a vita. In tutto ciò, nella sentenza i giudici mettevano nero su bianco accuse alla condotta di Sangiorgi, colpevole a loro dire di aver "ingannato, mistificato, illuso la giustizia"<ref>Dickie (2005), p.120</ref>. Il caso Gambino divenne quindi il Caso Sangiorgi, con il Ministero dell'Interno che chiese a quello della Giustizia di aprire un'indagine, il cui verdetto fu dato il [[12 ottobre]], confermando la veridicità delle accuse. Il principale testimone contro Sangiorgi era il procuratore generale [[Carlo Morena]], lo stesso che aveva negato la possibilità che le diverse famiglie mafiose potessero essere collegate tra loro, ma anche '''l'uomo che aveva difeso il boss De Michele''' e grazie al quale questi era stato scarcerato.


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==== L'omicidio Notarbartolo ====
==== L'omicidio Notarbartolo ====
* Per approfondire, vedi [[Emanuele Notarbartolo]]
* ''Per approfondire, vedi [[Emanuele Notarbartolo]]''


Nel frattempo, il [[1° febbraio]] [[1893]] venne ucciso il marchese [[Emanuele Notarbartolo]], politico e banchiere siciliano, ad oggi considerato la prima vittima eccellente di mafia. Già sindaco di Palermo, il marchese si era inimicato il deputato nazionale [[Raffaele Palizzolo]], per la sua inflessibilità nel risanamento dei conti del Banco di Sicilia da direttore generale che andava contro gli interessi del sistema di potere politico-mafioso costruito da Palizzolo, in qualità di membro del Consiglio Direttivo dell'ente.  
Nel frattempo, il [[1° febbraio]] [[1893]] venne ucciso il marchese [[Emanuele Notarbartolo]], politico e banchiere siciliano, ad oggi considerato la prima vittima eccellente di mafia. Già sindaco di Palermo, il marchese si era inimicato il deputato nazionale [[Raffaele Palizzolo]], per la sua inflessibilità nel risanamento dei conti del Banco di Sicilia da direttore generale che andava contro gli interessi del sistema di potere politico-mafioso costruito da Palizzolo, in qualità di membro del Consiglio Direttivo dell'ente.  
 
[[File:Notarbartolo.jpg|200px|thumb|right|Emanuele Notarbartolo di San Giovanni, in una foto d'epoca]]
In particolare, Notarbartolo finì immischiato nella guerra di potere a livello nazionale che vedeva contrapposti il gruppo di potere legato a '''Giovanni Giolitti''', presidente del Consiglio in carica, e '''Francesco Crispi''', che gli sarebbe succeduto dopo lo scoppio dello scandalo della Banca Romana. Il marchese firmò la propria condanna a morte quando espresse la sua volontà nel gennaio 1893 di rendere spontanee dichiarazioni alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta in merito alle malversazioni attorno al Banco di Sicilia, legati al gruppo di potere crispino: il 1° febbraio, mentre si trovava su una carrozza di prima classe del treno della linea Termini Imerese - Palermo, l'ex-sindaco di Palermo '''venne ucciso con 27 coltellate''' e scaraventato giù dal finestrino, all'altezza di Trabia.
In particolare, Notarbartolo finì immischiato nella guerra di potere a livello nazionale che vedeva contrapposti il gruppo di potere legato a '''Giovanni Giolitti''', presidente del Consiglio in carica, e '''Francesco Crispi''', che gli sarebbe succeduto dopo lo scoppio dello scandalo della Banca Romana. Il marchese firmò la propria condanna a morte quando espresse la sua volontà nel gennaio 1893 di rendere spontanee dichiarazioni alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta in merito alle malversazioni attorno al Banco di Sicilia, legati al gruppo di potere crispino: il 1° febbraio, mentre si trovava su una carrozza di prima classe del treno della linea Termini Imerese - Palermo, l'ex-sindaco di Palermo '''venne ucciso con 27 coltellate''' e scaraventato giù dal finestrino, all'altezza di Trabia.
 
[[File:Raffaele palizzolo.jpg|200px|thumb|left|Raffaele Palizzolo]]
L'omicidio scandalizzò l'opinione pubblica non solo siciliana e assunse un'eco nazionale, accendendo i riflettori sulla criminalità organizzata in Sicilia. Ci vollero però quasi sette anni prima dell’inizio delle udienze e sul banco degli imputati finirono due addetti del treno su cui viaggiava il marchese, che avevano però un ruolo marginale nella vicenda. Il figlio di Notarbartolo, Leopoldo, si costituì parte civile al processo e, tra lo stupore del pubblico, accusò pubblicamente '''Raffaele Palizzolo di essere il mandante dell’omicidio del padre'''. Inoltre riuscì ad avere l’appoggio politico del presidente del consiglio dell'epoca, Luigi Pelloux, amico di famiglia, che si diede da fare affinché si spostasse il processo '''da Palermo a Milano''' per evitare intimidazioni nei confronti dei testimoni, e fece in modo che la camera votasse a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Palizzolo.  
L'omicidio scandalizzò l'opinione pubblica non solo siciliana e assunse un'eco nazionale, accendendo i riflettori sulla criminalità organizzata in Sicilia. Ci vollero però quasi sette anni prima dell’inizio delle udienze e sul banco degli imputati finirono due addetti del treno su cui viaggiava il marchese, che avevano però un ruolo marginale nella vicenda. Il figlio di Notarbartolo, Leopoldo, si costituì parte civile al processo e, tra lo stupore del pubblico, accusò pubblicamente '''Raffaele Palizzolo di essere il mandante dell’omicidio del padre'''. Inoltre riuscì ad avere l’appoggio politico del presidente del consiglio dell'epoca, Luigi Pelloux, amico di famiglia, che si diede da fare affinché si spostasse il processo '''da Palermo a Milano''' per evitare intimidazioni nei confronti dei testimoni, e fece in modo che la camera votasse a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Palizzolo.  


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==== Mafia e Socialismo: Bernardino Verro e i fasci siciliani ====
==== Mafia e Socialismo: Bernardino Verro e i fasci siciliani ====
Nell'ultimo decennio del XIX secolo le condizioni di vita dei contadini siciliani erano diventate insostenibili, a causa del sistema di intermediazione gestito dai c.d. gabelloti. Fu per questo motivo che nacquero '''i Fasci Siciliani''', leghe di coltivatori organizzate dal corleonese [[Bernardino Verro]]
Nell'ultimo decennio del XIX secolo le condizioni di vita dei contadini siciliani erano diventate insostenibili, a causa del sistema di intermediazione gestito dai c.d. gabelloti. Fu per questo motivo che nacquero '''i Fasci Siciliani''', leghe di coltivatori organizzate dal corleonese [[Bernardino Verro]]
 
[[File:Bernardino Verro.jpg|200px|thumb|left|Bernardino Verro]]
Il movimento, di chiara ispirazione socialista, chiedeva nuovi contratti che stipulassero una ripartizione paritaria del prodotto tra i proprietari e i contadini di piccoli fondi. I mafiosi, visto il clima di incertezza politica, offrirono allora a Verro la possibilità di essere iniziato: il leader socialista accettò in parte per ingenuità (pochi sapevano cosa fosse veramente la mafia, i più la ritenevano una semplice associazione segreta), in parte per ottenere la loro protezione contro le numerose minacce di morte che gli erano arrivate. Le cose però precipitarono quasi subito: i mafiosi, avendo capito che lo Stato avrebbe represso i Fasci, decisero di appoggiare i proprietari terrieri, declinando le richieste dei movimenti contadini, cosa che portò Verro a pentirsi amaramente di avervi fatto accordi. Nel [[1894]] il fascio fu represso definitivamente con la legge marziale: l’esercito giunse in Sicilia e sedò le rivolte.  
Il movimento, di chiara ispirazione socialista, chiedeva nuovi contratti che stipulassero una ripartizione paritaria del prodotto tra i proprietari e i contadini di piccoli fondi. I mafiosi, visto il clima di incertezza politica, offrirono allora a Verro la possibilità di essere iniziato: il leader socialista accettò in parte per ingenuità (pochi sapevano cosa fosse veramente la mafia, i più la ritenevano una semplice associazione segreta), in parte per ottenere la loro protezione contro le numerose minacce di morte che gli erano arrivate. Le cose però precipitarono quasi subito: i mafiosi, avendo capito che lo Stato avrebbe represso i Fasci, decisero di appoggiare i proprietari terrieri, declinando le richieste dei movimenti contadini, cosa che portò Verro a pentirsi amaramente di avervi fatto accordi. Nel [[1894]] il fascio fu represso definitivamente con la legge marziale: l’esercito giunse in Sicilia e sedò le rivolte.  
 
[[File:Fasci siciliani castelvetrano 1893.jpg|200px|thumb|right|Una delle insurrezioni dei fasci siciliani a Castelvetrano nel 1893, in un disegno dell'epoca. Fonte: Archivio Storico de l'Unità]]
Bernardino Verro venne condannato a dodici anni per aver cercato di fare la rivoluzione in Sicilia (ne sconterà solo un paio grazie all'amnistia). Ciononostante, le cose per i contadini migliorarono: fu varata una legge che permetteva alle cooperative di accendere prestiti presso il Banco di Sicilia  per affittare la terra direttamente dai proprietari. Verro nel [[1907]] assunse la guida di una cooperativa fondata appositamente per usufruire dei benefici della nuova legge e al tempo stesso espellere dall’economia rurale siciliana gli intermediari (in particolare i gabelloti mafiosi).  
Bernardino Verro venne condannato a dodici anni per aver cercato di fare la rivoluzione in Sicilia (ne sconterà solo un paio grazie all'amnistia). Ciononostante, le cose per i contadini migliorarono: fu varata una legge che permetteva alle cooperative di accendere prestiti presso il Banco di Sicilia  per affittare la terra direttamente dai proprietari. Verro nel [[1907]] assunse la guida di una cooperativa fondata appositamente per usufruire dei benefici della nuova legge e al tempo stesso espellere dall’economia rurale siciliana gli intermediari (in particolare i gabelloti mafiosi).  


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==== Lo sbarco negli USA ====
==== Lo sbarco negli USA ====
* ''Per approfondire, vedi [[Cosa Nostra Americana]]''
Storicamente, l'emigrazione italiana di fine '800 riguardò prevalentemente le regioni settentrionali, con tre regioni che fornirono da sole più del 47% dell'intero flusso migratorio (Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte)<ref>Rielaborazione dati Istat in Gianfausto Rosoli, Un secolo di emigrazione italiana 1876-1976, Roma, Cser, 1978</ref>. Nei primi due decenni del XX Secolo invece il primato passò alle regioni meridionali: su quasi nove milioni di emigrati italiani da tutta Italia, un terzo proveniva da Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Tra il [[1901]] e il [[1913]] poco più di un milione di siciliani lasciarono l'Italia. Di questi, 800mila scelsero come meta gli Stati Uniti d'America<ref>Dickie, p.199</ref>. La prima notizia storica però della presenza di "''ben noti e famigerati siciliani assassini, falsari e ladri''" si ritrova in un articolo della primavera del 1869 apparso sul New Orleans Times, che si riferiva esplicitamente a "''una sorta di compartecipazione generale o società per azioni per il saccheggio e la dispersione della città''".
Il radicamento dei gruppi che poi avrebbero dato vita a [[Cosa Nostra Americana]] ricalcava i flussi migratori dell'epoca, per cui '''New York''' e '''New Orleans''' divennero il centro delle classiche attività criminali mafiose, dalle estorsioni alle rapine, fino alle minacce di morte, agli sfregi, ai boicottaggi delle attività commerciali, inizialmente ai danni della stessa comunità italiana.
[[File:Joe petrosino.jpg|200px|thumb|right|Joe Petrosino]]
Fu in questo clima che cominciò ad affermarsi la c.d. "'''Mano Nera'''" (in inglese, ''Black Hand''), scambiata inizialmente dalle autorità americane per un'organizzazione mafiosa vera e propria ma in realtà semplicemente un consorzio criminale tra numerose piccole bande accomunate dallo stesso metodo di esercizio della violenza, brutale e spietato, oltreché da un "marchio" con cui venivano firmate le lettere di intimidazione (una mano nera o un teschio con le tibie incrociate).
Il primo mafioso noto per essere emigrato negli USA insieme ad altri sei compagni fu '''Giuseppe Esposito''', approdato a New York dopo essere scappato dall'Italia per gli omicidi di undici ricchi proprietari terrieri e del cancelliere e del vice-cancelliere di un tribunale di provincia siciliano<ref>[https://www.fbi.gov/investigate/organized-crime/history-of-la-cosa-nostra FBI, History of La Cosa Nostra]</ref>. Arrestato a New Orleans nel 1881, fu subito estradato in Italia.
Il primo delitto eccellente accertato per mano mafiosa fu invece quello di '''David Hennessy''', sovrintendente della polizia di New Orleans; per il suo omicidio vennero incriminati 19 siciliani, ma il tutto si risolse in un'assoluzione, anche per via dell'intimidazione a cui furono sottoposti i testimoni. L'indignazione dell'opinione pubblica fu tale che sfociò in quello che ancora oggi è ricordato come '''il più grande linciaggio della storia americana''': dei 19 assolti, la folla ne impiccò due e fucilò nove, mentre gli altri otto riuscirono a fuggire.
Particolarmente nota a cavallo tra i due secoli fu la cosca guidata da [[Giuseppe Morello]], anche per via delle indagini di [[Joe Petrosino]] su quello che è passato alla storia come il «''delitto del barile''»: gli inquirenti ritrovarono il cadavere di Benedetto Madonia, affiliato alla cosca, in un barile al n.743 di East 11th Street, vicino all'angolo con l'Avendue D<ref>Dickie, p.205</ref>. Nonostante il processo finì nel nulla, Petrosino divenne il simbolo della lotta alla mafia americana e continuò le sue indagini, che lo portarono fino in Sicilia. Lì, a dimostrazione del forte legame con la Sicilia, fu ucciso in piazza Marina il [[12 marzo]] [[1909]], durante una "''missione segreta''" volta a creare una rete informativa indipendente in Italia che si occupasse dei criminali con precedenti penali in Sicilia, di modo da avere prove sufficienti per estradarli dagli USA.


=== Sotto il fascismo ===
=== Sotto il fascismo ===
=== Durante la Seconda Guerra Mondiale ===
=== Durante la Seconda Guerra Mondiale ===
=== Agli albori della Repubblica ===
=== Agli albori della Repubblica ===
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== La Struttura ==
== La Struttura ==


== Economia e Attività Criminali ==
== Economia e Attività Criminali ==
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* John Dickie, [[Onorate società |Onorate Società]], Roma-Bari, Laterza, 2012
* John Dickie, [[Onorate società |Onorate Società]], Roma-Bari, Laterza, 2012
* John Dickie, "Cosa Nostra - Storia della Mafia Siciliana", Roma-Bari, Editore Laterza, 2005
* John Dickie, "Cosa Nostra - Storia della Mafia Siciliana", Roma-Bari, Editore Laterza, 2005
* Christopher Duggan, "La Mafia durante il fascismo", Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 1986
* Giovanni Falcone, in collaborazione con Marcelle Padovani, "[[Cose di Cosa Nostra]]", Milano, Rizzoli, 1991  
* Giovanni Falcone, in collaborazione con Marcelle Padovani, "[[Cose di Cosa Nostra]]", Milano, Rizzoli, 1991  
* Francesco Moiraghi, "Cosa Nostra", pubblicato in '''[http://goo.gl/9b6LjC Strutture: Cosa Nostra e ‘ndrangheta a confronto]''', WikiMafia – Libera Enciclopedia sulle Mafie, dicembre 2013
* Francesco Moiraghi, "Cosa Nostra", pubblicato in '''[http://goo.gl/9b6LjC Strutture: Cosa Nostra e ‘ndrangheta a confronto]''', WikiMafia – Libera Enciclopedia sulle Mafie, dicembre 2013
* Umberto Santino, "La Mafia dimenticata", Milano, Melampo Editore, 2017


== Note ==
== Note ==