Legge Rognoni - La Torre: differenze tra le versioni

Da WikiMafia.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
m (Ha protetto "Legge Rognoni - La Torre" (‎[edit=sysop] (infinito) ‎[move=sysop] (infinito)))
mNessun oggetto della modifica
 
(49 versioni intermedie di 2 utenti non mostrate)
Riga 1: Riga 1:
La '''legge n. 646/1982''', meglio conosciuta come legge Rognoni - La Torre, introdusse il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel codice penale italiano. Fu approvata dal Parlamento italiano il '''13 settembre 1982''', a seguito dell'omicidio del Generale [[Carlo Alberto Dalla Chiesa]], avvenuto il 3 settembre, nella [[Strage di via Isidoro Carini|Strage di Via Carini]].


La legge prende il nome dall'allora ministro degli Interni, il Dc [[Virginio Rognoni]], e dal deputato del Partito Comunista Italiano [[Pio La Torre]], assassinato il 30 aprile 1982 da Cosa Nostra, assieme al suo autista [[Rosario Di Salvo]]. Fortemente ispirata da quest'ultimo, fu necessaria anche la morte del Generale Dalla Chiesa per arrivare alla definitiva approvazione della legge.
<center>“''Occorre spezzare il legame esistente tra il bene posseduto ed i gruppi mafiosi, intaccandone il potere economico e marcando il confine tra l’economia legale e quella illegale”</center>
<center>('''Pio La Torre''')</center>


Qui di seguito il testo.
La '''legge n. 646/1982''', meglio conosciuta come '''legge Rognoni - La Torre''', introdusse il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel codice penale italiano. Fu approvata dal Parlamento italiano il '''13 settembre 1982''', a seguito dell'omicidio del segretario del Pci regionale [[Pio La Torre]] il 30 aprile 1982, e del prefetto di Palermo, il Generale [[Carlo Alberto dalla Chiesa]], avvenuto il 3 settembre, nella [[Strage di via Isidoro Carini|Strage di Via Carini]].
[[File:Virginio_Rognoni.jpg|alt=Virginio Rognoni|200px|thumb|right|Virginio Rognoni]]
[[File:Pio_la_torre.jpg‎|200px|thumb|right|Pio La Torre]]


== Storia ==


<center>'''LEGGE 13 settembre 1982, n. 646'''</center>
La legge si basa sul disegno di legge presentato dall’on. [[Pio La Torre]] e su due decreti legge voluti del Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida e da quello dell'Interno [[Virginio Rognoni]]:
*Proposta di legge n. 1581, La Torre e altri: Norme di prevenzione e di repressione del fenomeno della mafia e costituzione di una Commissione parlamentare permanente di vigilanza e controllo. 
*D.L. n. 2982 presentato dal Ministro dell’Interno Virginio Rognoni, Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida e  Ministro delle Finanze Rino Formica: disposizioni in materia di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423
*D.L. n. 3358 presentato dal Ministro dell’interno Virginio Rognoni, Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida: disposizioni relative all’interpretazione autentica della legge 31 maggio 1965, n. 575


<center>''Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazione alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia (in G.U. 14 settembre 1982, n. 253).''</center>
=== Proposta di legge 1581 ===
La proposta di legge 1581 fu presentata il [[31 marzo]] [[1980]], insieme ad altri colleghi parlamentari alla Camera dei Deputati, redatta in trenta articoli e con oggetto ''“Norme di prevenzione e di repressione del fenomeno della mafia e costituzione di una Commissione parlamentare permanente di vigilanza e controllo”''


Tale proposta redatta in quattro capi:
*a) disposizioni penali e processuali;
*b) disposizioni in materia di misura e di prevenzione
*c) reati fiscali valutari e societari
*d) istituzione di una Commissione parlamentare di vigilanza e controllo, nella quale si riconosceva la mafia come associazione criminale e si introducevano i provvedimenti per il sequestro e la confisca dei beni.


<center>'''Capo I'''</center>
Tale proposta si proponeva l’obiettivo di creare: ''«una prima concreta espressione di volontà politica per una lotta seria e rigorosa nei confronti di una criminalità associata che, insieme alla Calabria e alla Sicilia, colpisce tutto il paese e attenta alla nostra democrazia»''.


<center>''Disposizioni penali e processuali''</center>
=== L'approvazione ===
L'omicidio di Pio La Torre e dell'autista Rosario Di Salvo il 30 aprile 1982 e la successiva Strage di Via Carini diedero l'impulso all'immediata approvazione della legge.


1. Dopo l'articolo 416 del codice penale è aggiunto il seguente:  
Il 6 settembre 1982 infatti venne varato il D.L. n. 629, convertito con modificazioni, nella legge , '''n. 726 del 12 ottobre 1982''' "Misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa". La legge istituì l''''Alto Commissariato per il coordinamento contro la delinquenza mafiosa'''. Il nuovo organo, alle dipendenze del Ministro dell'Interno, vennero attribuiti ''"Poteri  di  accesso  e  di  accertamento  presso  le  pubbliche amministrazioni,  gli  enti  pubblici anche economici, le banche, gli istituti di credito pubblici e privati"''<ref>''Legge 726 del 12 ottobre 1982[http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1982-10-12;726]</ref>


«Art. 416-bis. - Associazione di tipo mafioso. - Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da tre a sei anni.
La legge 646/82 varata il 13 settembre 1982 introdusse l'articolo 416-bis del Codice Penale. Il reato di "Associazione a delinquere di stampo mafioso" potenziò l'associazione a delinquere semplice (Art.416) che non sempre poteva avere efficacia nei confronti delle '''mafie, assai più complesse della semplice ''societas sceleris''''' contemplata fino a quel momento nel codice penale.
Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni.
L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri.
Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni nei casi previsti dal primo comma e da cinque a quindici anni nei casi previsti dal secondo comma.
L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.
Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.
Decadono inoltre di diritto le licenze di polizia, di commercio, di commissionario astatore presso i mercati annonari all'ingrosso, le concessioni di acque pubbliche e i diritti ad esse inerenti nonché le iscrizioni agli albi di appaltatori di opere o di forniture pubbliche di cui il condannato fosse titolare.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso».


'''2.''' Dopo il primo comma dell'articolo 378 del codice penale è inserito il seguente: «Quando il delitto commesso è quello previsto dall'articolo 416-bis, si applica, in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni».
== La legge ==
=== L'associazione a delinquere di stampo mafioso ===
L’art. 1 dispone che
''«l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali»''<ref name="Legge 646/82">''Legge 646 del 13 settembre 1982[http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1982-09-13;646]</ref>
=== Misure di prevenzione patrimoniale: sequestro e confisca ===
L'art. 1.7 dispone che
''«Nei confronti del condannato e' sempre  obbligatoria  la  confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato  e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o  che  ne costituiscono l'impiego»''<ref name="Legge 646/82"></ref>


'''3.''' Il secondo comma dell'articolo 379 del codice penale è sostituito dal seguente: «Si applicano le disposizioni del primo e dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente».
Il Tribunale, anche d'ufficio, può ordinare con decreto motivato il sequestro dei beni appartenuto al soggetto nei confronti del quale è stato iniziato il procedimento di prevenzione perché accusato di appartenere all'associazione di stampo mafioso. '''I beni di cui dispone''', direttamente o indirettamente, sulla base di indizi come il divario ingiustificabile tra il tenore di vita e l'entità dei redditi apparenti o dichiarati, '''possono essere sequestrati se si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite''' o ne costituiscano il reimpiego.
Il Tribunale applicando la misura di prevenzione, a norma degli articoli 2-ter e 3-bis della legge, dispone, rispettivamente, la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati al Procuratore generale presso la Corte di appello, al Procuratore della Repubblica e agli interessati.


'''4.''' Nel primo comma dell'art. 165-ter del codice di procedura penale tra i numeri «306» e «422» è inserito il seguente: «416-bis».
== Modificazioni ed aggiunte successive ==
== L'importanza della legge ==
Pio La Torre capì che per dare una svolta alla lotta contro le organizzazioni criminali si rendeva fondamentale colpirle nelle ricchezze e nei patrimoni accumulati: toglierli significava indebolire le associazioni criminali, diminuendo il loro prestigio e potere.  


'''5.''' Nell'articolo 253 del codice di procedura penale dopo il numero 5) è aggiunto il seguente: «6) del delitto preveduto dall'articolo 416-bis del codice penale».
Per questi motivi, nonostante la morte prematura il suo lavoro rimase di immensa importanza poiché pose le prime basi per la lotta alla mafia nel nostro paese. Lo stesso generale Carlo Alberto dalla Chiesa in un’intervista rilasciata nell’agosto dell’82 diceva: ''«Il disegno di Pio La Torre è la presa d’atto della realtà della mafia […] la mafia sta ormai nelle maggiori città italiane, dove ha fatto grossi investimenti edilizi e commerciali e magari industriali»''<ref>Intervista al generale Carlo Alberto dalla Chiesa, di Giorgio Bocca, La Repubblica, 10 agosto 1982[http://www.repubblica.it/cronaca/2012/09/03/news/dalla_chiesta_ultima_intervista_bocca-41889663/]</ref>


'''6.''' Dopo l'ultimo comma dell'articolo 448 del codice di procedura penale è aggiunto il seguente: «Per i delitti previsti dall'articolo 416 del codice penale e per quelli indicati nel primo comma dell'articolo 165-ter del codice di procedura penale il giudice, anche d'ufficio, può procedere all'esame dei testimoni ordinando che il procedimento si svolga a porte chiuse per il tempo necessario all'esame».
''“Cosa più brutta della confisca dei beni non c’è […]. Quindi la cosa migliore è quella di andarsene”''. dichiara Francesco Inzerillo, membro degli scappati della Seconda Guerra di Mafia, sintetizzando il pensiero di Cosa Nostra circa la confisca dei beni. Il carcere o l'uccisione sembra dunque essere meno dannosa del sequestro dei beni, che permette di colpire l'organizzazione dove è più vulnerabile.  


'''7.''' Nel secondo comma dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in fine, sono aggiunte le seguenti parole «e associazione di tipo mafioso».
''«La legge ha reso così possibili indagini sul tenore di vita, sul patrimonio e sulle disponibilità finanziarie di tutte quelle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ma anche nei confronti dei familiari e conviventi e di quelle persone fisiche o giuridiche, associazioni o enti, dei cui patrimoni costoro risultassero poter disporre. La confisca, misura viceversa definitiva, scatta invece quando il soggetto non riesce a dimostrare la legittima provenienza delle ricchezze sotto sequestro. I beni confiscati finiscono così nella disponibilità dello Stato»''<ref>G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, Giuffrè Editore, Milano, 2008</ref>


'''8.''' Dopo l'articolo 513 del codice penale è aggiunto il seguente: «Art. 513-bis - Illecita concorrenza con minaccia o violenza. - Chiunque nell'esercizio di una attività commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un'attività finanziata in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici».
==Note==
 
<references/>
'''9.''' All'ultimo comma dell'articolo 628 del codice penale è aggiunto, dopo il n. 2), il seguente: «3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis».
[[Categoria:Legislazione antimafia italiana]]
 
 
<center>'''Capo II'''</center>
 
<center>''Disposizioni in materia di misure di prevenzione''</center>
 
'''10.'''  L'ultimo  comma  dell'articolo  3  della legge 27 dicembre 1956, n.1423, e' sostituito dai seguenti commi:
  "Nei  casi  di  grave  pericolosità  e  quando  le altre misure di prevenzione  non  sono  ritenute  idonee  alla tutela della sicurezza pubblica può essere imposto l'obbligo di soggiorno in un determinato comune.
  Il  soggiorno  obbligatorio  e' disposto in un comune o frazione di esso  con  popolazione  non  superiore  ai 5 mila abitanti lontano da grandi  aree  metropolitane, tale da assicurare un efficace controllo delle persone sottoposte alla misura di prevenzione e che sia sede di un ufficio di polizia".
 
'''11.''' Dopo l' articolo 7 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 sono aggiunti i seguenti articoli:
“''Art. 7-bis''. - Quando ricorrono gravi e comprovati motivi di salute, le persone sottoposte all'obbligo del soggiorno in un determinato comune possono essere autorizzate a recarsi in un luogo determinato fuori del comune stesso ai fini degli accertamenti sanitari e delle cure indispensabili, allontanandosi per un periodo non superiore ai 10 giorni, oltre al tempo necessario per il viaggio. La domanda dello interessato deve essere proposta al presidente del tribunale competente ai sensi dell'articolo 4.
Il tribunale, dopo aver accertato la veridicità delle circostanze allegate dallo interessato, provvede in camera di consiglio con decreto motivato.
Nei casi di assoluta urgenza la richiesta può essere presentata al presidente del tribunale competente ai sensi dell'articolo 4, il quale può autorizzare, anche per fonogramma, il richiedente ad allontanarsi per un periodo non superiore a tre giorni, oltre al tempo necessario per il viaggio.  Il decreto previsto dai commi precedenti è comunicato al procuratore della repubblica ed allo interessato che possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
Del decreto è altresì data notizia, anche a mezzo del telefono o del telegrafo, all'autorità di pubblica sicurezza che esercita la vigilanza sul soggiornante obbligato, la quale provvede ad informare quella del luogo dove l'interessato deve recarsi e a disporre le modalità e l'itinerario del viaggio”.
“''Art. 7-ter''. - La persona che, avendo ottenuto l'autorizzazione di cui all'articolo precedente, non rientri nel termine stabilito nel comune di soggiorno obbligato, o non osservi le prescrizioni fissate per il viaggio, ovvero si allontani dal comune dove ha chiesto di recarsi, è punita con la reclusione da due a cinque anni; è consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza”.
 
'''12.''' Il secondo comma dell' articolo 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 , è sostituito dal seguente:
“Se la inosservanza riguarda la sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, si applica la pena della reclusione da due a cinque anni”.
 
13. L' articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 , è sostituito dal seguente:
“La presente legge si applica agli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”.
 
14. Dopo l' articolo 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575 , sono aggiunti i seguenti:
“''Art. 2-bis.'' - Il procuratore della repubblica o il questore competente a richiedere l'applicazione di una misura di prevenzione procedono, anche a mezzo della polizia tributaria della guardia di finanza, ad indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio, anche al fine di accertarne la provenienza, delle persone nei cui confronti possa essere proposta una misura di prevenzione perché indiziate appartenere ad associazioni di tipo mafioso o ad alcuna delle associazioni previste dall'articolo 1. Accertano fra l'altro se le suddette persone siano titolari di licenze di polizia, di commercio, di commissionario astatore presso mercati annonari all'ingrosso, di concessione di acque pubbliche e diritti inerenti, nonché se risultino iscritte ad albi professionali, di appaltatori di opere o forniture pubbliche o all'albo nazionale dei costruttori.
Le indagini sono effettuate anche nei confronti del coniuge, dei figli e di coloro che nell'ultimo quinquennio hanno convissuto con le persone indicate nel comma precedente, nonché nei confronti delle persone fisiche o giuridiche, associazioni od enti del cui patrimonio dette persone risultino
poter disporre in tutto o in parte, direttamente o indirettamente.
Il procuratore della repubblica e il questore, a mezzo della polizia tributaria, possono richiedere ad ogni ufficio della pubblica amministrazione e ad ogni istituto di credito pubblico o privato le informazioni e copia della documentazione ritenuta utile ai fini delle indagini nei confronti dei soggetti di cui ai commi precedenti. Previa autorizzazione del procuratore della repubblica indicato nel primo comma, gli ufficiali di polizia tributaria possono procedere al sequestro della documentazione con le modalità di cui agli articoli 338, 339 e 340 del codice di procedura penale”.
“''Art. 2-ter.'' - Nel corso del procedimento per l'applicazione di una delle misure di prevenzione previste dall'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 , iniziato nei confronti delle persone indicate nell'articolo 1, il tribunale, ove necessario, può procedere ad ulteriori indagini oltre quelle già compiute a norma dell'articolo precedente.
Salvo quanto disposto dagli articoli 22, 23 e 24 della legge 22 maggio 1975, n. 152, il tribunale, anche d'ufficio, ordina con decreto motivato il sequestro dei beni dei quali la persona nei confronti della quale è stato iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente, e che sulla base di sufficienti indizi, come la notevole sperequazione fra il tenore di vita e l'entità dei redditi apparenti o dichiarati, si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Con l'applicazione della misura di prevenzione il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza. Nel caso di indagini complesse il provvedimento può essere emanato anche successivamente, ma non oltre un anno dalla data dello avvenuto sequestro.
Il sequestro è revocato dal tribunale quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione o quando è dimostrata la legittima provenienza dei beni.
Se risulta che i beni sequestrati appartengono a terzi, questi sono chiamati dal tribunale, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento e possono, anche con l'assistenza di un difensore, nel termine stabilito dal tribunale, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere
l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca.
I provvedimenti previsti dal presente articolo possono essere adottati, su richiesta del procuratore della repubblica o del questore, quando ne ricorrano le condizioni, anche dopo l'applicazione della misura di prevenzione, ma prima della sua cessazione. Sulla richiesta provvede lo stesso tribunale che ha disposto la misura di prevenzione, con le forme previste per il relativo procedimento e rispettando le disposizioni di cui al precedente comma”.
“''Art. 2-quater.'' - Il sequestro, disposto ai sensi dell'articolo 2-ter, è eseguito sui mobili e sui crediti secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo e sugli immobili o mobili registrati con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici.
Non possono essere nominate custodi dei beni sequestrati le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, né il coniuge, i parenti, gli affini, o le persone con esse conviventi”.
 
'''15.''' Dopo l'articolo 3 della legge 31 maggio 1965, n. 575 , sono aggiunti i seguenti articoli:
“''Art. 3-bis.'' - Il tribunale, con l'applicazione della misura di prevenzione, dispone che la persona sottoposta a tale misura versi presso la cassa delle ammende una somma, a titolo di cauzione, di entità che, tenuto conto anche delle sue condizioni economiche, e dei provvedimenti adottati a norma del precedente articolo 2-ter, costituisca una efficace remora alla violazione delle prescrizioni imposte.
Fuori dei casi previsti dall' articolo 6 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 , il tribunale può imporre alla persona denunciata, in via provvisoria e qualora ne ravvisi l'opportunità, le prescrizioni previste dal secondo e dal terzo comma dell' articolo 5 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 . Con il provvedimento, il tribunale può imporre la cauzione di cui al comma precedente. Il deposito può essere sostituito, su istanza dell'interessato, dalla presentazione di idonee garanzie reali. Il tribunale provvede circa i modi di custodia dei beni dati in pegno e dispone, riguardo ai beni immobili, che il decreto con il quale accogliendo l'istanza dell'interessato è disposta l'ipoteca legale sia trascritto presso l'ufficio delle conservatorie dei registri immobiliari del luogo in cui i beni medesimi si trovano.
Qualora l'interessato non ottemperi, nel termine fissato dal tribunale, all'ordine di deposito o non offra garanzie sostitutive è punito con la pena dello arresto da sei mesi a due anni.
Quando sia cessata l'esecuzione della misura di prevenzione o sia rigettata la proposta, il tribunale dispone con decreto la restituzione del deposito o la liberazione della garanzia.
In caso di violazione degli obblighi o dei divieti derivanti dall'applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca della cauzione oppure che si proceda ad esecuzione sui beni costituiti in garanzia, sino a concorrenza dell'ammontare della cauzione. Il provvedimento del
tribunale vale come titolo esecutivo. Per l'esecuzione, a cura del cancelliere, si osservano le disposizioni dei primi due titoli del libro terzo del codice di procedura civile in quanto applicabili, ed escluse, riguardo ai beni costituiti in garanzia, le formalità del pignoramento.
Qualora, emesso il provvedimento di cui al comma precedente, permangono le condizioni che giustificarono la cauzione, il tribunale, su richiesta del procuratore della repubblica o del questore e con le forme previste per il procedimento di prevenzione, dispone che la cauzione sia rinnovata,
anche per somma superiore a quella originaria.
Le misure patrimoniali cautelari previste dal presente articolo mantengono la loro efficacia per tutta la durata della misura di prevenzione e non possono essere revocate, neppure in parte, se non per comprovate gravi necessità personali o familiari”.
“''Art. 3-ter.'' - I provvedimenti con i quali il tribunale, a norma degli articoli 2-ter e 3-bis, dispone, rispettivamente, la confisca dei beni sequestrati, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati senza indugio al procuratore generale presso la corte di appello, al procuratore della repubblica e agli interessati.
Le impugnazioni contro detti provvedimenti sono regolate dalle disposizioni dei commi quinto, sesto, settimo e ottavo dell' articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 .
I provvedimenti emessi dal giudice penale, con i quali si limita o si esclude la disponibilità dei beni, hanno effetto prevalente sui provvedimenti emessi, riguardo, agli stessi beni, in occasione di una procedura per la applicazione di una delle misure di prevenzione previste dall'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423” .
 
 
'''16.''' Il procuratore della Repubblica del luogo dove le operazioni debbono essere eseguite, può autorizzare gli ufficiali di polizia giudiziaria ad intercettare comunicazioni o conversazioni telefoniche o telegrafiche o quelle indicate nell'articolo 623-bis del codice penale, quando lo ritenga necessario al fine di controllare che le persone nei cui confronti sia stata applicata una delle misure di prevenzione previste dall'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, non continuino a porre in essere attività o comportamenti analoghi a quelli che hanno dato luogo all'applicazione della misura di prevenzione.
Riguardo alle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni telefoniche o telegrafiche e di quelle indicate dall'articolo 623-bis del codice penale, si osservano le modalità previste dagli articoli 226-ter e 226-quater, primo, secondo, terzo e quarto comma, del codice di procedura penale.
Gli elementi acquisiti attraverso le intercettazioni possono essere utilizzati esclusivamente per la prosecuzione delle indagini e sono privi di ogni valore ai fini processuali. Le registrazioni debbono essere trasmesse al procuratore della Repubblica che ha autorizzato le operazioni, il quale dispone la distruzione delle registrazioni stesse e di ogni loro trascrizione, sia pure parziale.
 
'''17.''' (8).
(8) Sostituisce l'art. 5, L. 31 maggio 1965, n. 575.
 
'''18.''' (9).
(9) Sostituisce l'art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575.
 
'''19.''' (10).
(10) Sostituisce l'art. 10, L. 31 maggio 1965, n. 575.
 
'''20.''' (11).
(11) Aggiunge gli art. 10-bis, 10-ter, 10-quater e 10-quinquies alla L. 31 maggio 1965, n. 575.
 
'''21.''' Chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza l'autorizzazione dell'autorità competente, è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore ad un terzo del valore dell'opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appalto.
Nei confronti del subappaltatore e dell'affidatario del cottimo si applica la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno e dell'ammenda pari ad un terzo del valore dell'opera ricevuta in subappalto o in cottimo.
E' data all'amministrazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto (12).
L'autorizzazione prevista dal precedente comma è rilasciata previo accertamento dei requisiti di idoneità tecnica del subappaltatore, nonché del possesso, da parte di quest'ultimo, dei requisiti soggettivi per l'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori.
L'autorizzazione non può essere rilasciata nei casi previsti dall'articolo 10-quinquies della L. 31 maggio 1965, n. 575. Per i rapporti di subappalto e cottimo contemplati nel presente articolo, che siano in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l'autorizzazione deve intervenire entro 90 giorni dalla data anzidetta.
L'ulteriore prosecuzione dei rapporti stessi, in carenza del titolo autorizzatorio, è punita con le pene stabilite nel primo comma, ferma restando la facoltà dell'amministrazione appaltante di chiedere la risoluzione del contratto (13).
(12) Comma prima sostituito dall'art. 2-quinquies, D.L. 6 settembre 1982, n. 629 e poi così modificato dall'art. 8, L. 19 marzo 1990, n. 55 e dall'art. 2, D.L. 29 aprile 1995, n. 139 (Gazz. Uff. 29 aprile 1995, n. 99), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 1995, n. 246 (Gazz. Uff. 28 giugno 1995, n. 149) ed entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
(13) Comma così modificato dall'art. 2-quinquies, D.L. 6 settembre 1982, n. 629
 
'''22.''' L'eventuale custodia dei cantieri installati per la realizzazione di opere pubbliche deve essere affidata a persone provviste della qualifica di guardia particolare giurata. In caso di inosservanza della disposizione che precede, l'appaltatore e il direttore dei lavori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire centomila ad un milione.
 
'''23.''' (14). (15). (16). [Le autorizzazioni di cui all'articolo 21 sono sempre subordinate alla condizione che l'affidatario del cottimo sia in possesso dei requisiti soggettivi per l'iscrizione all'albo di cui alla legge 10 febbraio 1962, n. 57] (17).
(14) Il comma che si omette aggiunge il n. 2-bis all'art. 13, L. 10 febbraio 1962, n. 57.
 
(15) Il comma che si omette modifica il n. 2 del primo comma dell'art. 20, L. 10 febbraio 1962, n. 57
 
(16) Il comma che si omette aggiunge il n. 2-bis al primo comma dell'art. 21, L. 10 febbraio 1962, n. 57.
 
(17) Comma abrogato dall'art. 36, L. 19 marzo 1990, n. 55.
 
'''23-bis.'''
1. Quando si procede nei confronti di persone imputate del delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale o del delitto di cui all'articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, il pubblico ministero ne dà senza ritardo comunicazione al procuratore della Repubblica territorialmente competente per il promuovimento, qualora non sia già in corso, del procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575.
2. Successivamente, il giudice penale trasmette a quello che procede per l'applicazione della misura di prevenzione gli atti rilevanti ai fini del procedimento, salvo che ritenga necessario mantenerli segreti.
3. [Il giudice che procede per l'applicazione della misura di prevenzione, quando sia iniziato o penda procedimento penale per i delitti di cui al comma 1, se la cognizione del reato influisce sulla decisione del procedimento di prevenzione, lo sospende, fino alla definizione del procedimento penale, dopo aver disposto il sequestro e gli altri provvedimenti cautelari previsti dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, se ne ricorrono i presupposti; in tal caso sono sospesi i termini previsti dal terzo comma dell'articolo 2-ter della predetta legge e dell'articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423.
La sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata a seguito di giudizio ha autorità di cosa giudicata nel procedimento di prevenzione per quel che attiene all'accertamento dei fatti materiali che furono oggetti del giudizio penale] (18).
4. [Quando sia stata pronunciata condanna definitiva per i delitti di cui al comma 1, il tribunale competente per l'applicazione della misura di prevenzione dispone le misure patrimoniali e interdittive previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575] (18) (19)
(18) Comma abrogato dall'art. 24, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
(19) Aggiunto dall'art. 9, L. 19 marzo 1990, n. 55.
 
'''24.''' [Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis, 2-ter, 2-quater, 10, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 10- quinquies della legge 31 maggio 1965, n. 575, nonché all'articolo 17 della presente legge in materia di misure di prevenzione si applicano anche con riferimento al reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale, equiparando a tal fine alla proposta per l'applicazione della misura di prevenzione, al procedimento relativo e al provvedimento definitivo, rispettivamente, l'esercizio dell'azione penale, il procedimento penale e la sentenza irrevocabile di condanna per il delitto di associazione di tipo mafioso.
La sentenza con la quale è disposto alcuno dei provvedimenti indicati dall'articolo 3-ter e dall'articolo 10-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575, è notificata all'interessato, il quale può proporre impugnazione contro il capo della sentenza che lo riguarda] (20).
(20) Articolo cosí abrogato dall'art. 36, L. 19 marzo 1990, n. 55.
 
 
<center>'''Capo III'''
 
''Disposizioni fiscali e tributarie''</center>
 
'''25.''' A carico delle persone nei cui confronti sia stata emanata sentenza di condanna anche non definitiva per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale o sia stata disposta, con provvedimento anche non definitivo, una misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, in quanto indiziate di appartenere alle associazioni previste dall'articolo 1 di tale legge, il nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, competente in relazione al luogo di dimora abituale del soggetto, può procedere alla verifica della loro posizione fiscale anche ai fini dell'accertamento di illeciti valutari e societari (21).
Le indagini di cui al primo comma sono disposte anche nei confronti dei soggetti elencati nel comma 3 dell'articolo 2-bis e nel comma 4 dell'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, numero 575 (21).
Copia della sentenza di condanna o del provvedimento di applicazione della misura di prevenzione è trasmessa, a cura della cancelleria competente, al nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza indicato al primo comma.
Per l'espletamento delle indagini gli ufficiali di polizia tributaria hanno i poteri previsti dal comma 6 dell'articolo 2-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575, nonché quelli attribuiti agli ufficiali e ai sottufficiali appartenenti al nucleo speciale di polizia valutaria dalla legge 30 aprile 1976, n. 159 (21).
La revoca del provvedimento con il quale è stata disposta una misura di prevenzione, non preclude l'utilizzazione ai fini fiscali degli elementi acquisiti nel corso degli accertamenti svolti ai sensi del primo comma (22).
(21) Comma cosí modificato dall'art. 10, L. 19 marzo 1990, n. 55.
(22) Comma aggiunto dall'art. 10, L. 19 marzo 1990, n. 55.
 
'''26.''' Tutti gli elementi acquisiti in occasione delle indagini di cui all'articolo precedente, e comunque le variazioni patrimoniali superiori a lire 20 milioni intervenute negli ultimi tre anni, con riguardo sia ai conferenti sia ai beneficiari, devono essere comunicati anche ai sensi dell'articolo 6 della legge 1° aprile 1981, n. 121.
 
'''27.''' Quando dalla verifica operata dalla polizia tributaria, ai sensi del precedente articolo 25, emergono reati di natura fiscale, il procuratore della Repubblica esercita l'azione penale anche anteriormente al termine indicato dal secondo comma dell'articolo 13 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516.
 
'''28.''' La cattura è sempre obbligatoria per i delitti di carattere finanziario, valutario o societario puniti con pena detentiva e commessi da persone già condannate, con sentenza definitiva, per associazione di tipo mafioso ai sensi dell'articolo 416-bis del codice penale o già sottoposte, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575.
Per la determinazione della durata della carcerazione preventiva si applica l'articolo 272 del codice di procedura penale, ma non possono in alcun caso essere superati i due terzi del massimo della pena irrogabile.
 
'''29.''' Se un reato finanziario, valutario o societario contestato a persona sottoposta con provvedimento definitivo a misure di prevenzione a norma della legge 31 maggio 1965, n. 575, o a persona condannata con sentenza definitiva per il delitto di associazione di tipo mafioso, è cono con altri diversi reati, non si fa luogo alla riunione del procedimento.
La competenza per i reati finanziari, valutari o societari contestati ad una delle persone indicate nel comma precedente appartiene in ogni caso al tribunale che ha applicato la misura di prevenzione o che è stato competente per l'associazione mafiosa.
Salvo che sia stata offerta idonea cauzione, per i reati finanziari si deve in ogni caso procedere all'iscrizione dell'ipoteca legale o al sequestro previsti dall'articolo 189 del codice penale.
 
'''30.''' Le persone condannate con sentenza definitiva per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale o già sottoposte, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, in quanto indiziate di appartenere alle associazioni previste dall'articolo 1 di tale legge, sono tenute a comunicare per dieci anni, ed entro trenta giorni dal fatto, al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, tutte le variazioni nella entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di valore non inferiore ai venti milioni di lire.
Entro il 31 gennaio di ciascun anno sono altresí tenuti a comunicare le variazioni intervenute nell'anno precedente, quando concernono elementi di valore non inferiore ai venti milioni di lire.
Sono esclusi i beni destinati al soddisfacimento dei bisogni quotidiani (23). Il termine di dieci anni decorre dalla data del decreto ovvero dalla data della sentenza definitiva di condanna.
Gli obblighi previsti nel primo comma cessano quando la misura di prevenzione è revocata a seguito di ricorso in appello o in cassazione.
(23) Comma cosí sostituito dall'art. 11, L. 19 marzo 1990, n. 55
 
'''31.''' Chiunque, essendovi tenuto, omette di comunicare entro i termini stabiliti dalla legge le variazioni patrimoniali indicate nell'articolo precedente è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 20 milioni a lire 40 milioni.
Alla condanna segue la confisca dei beni a qualunque titolo acquistati nonché del corrispettivo dei beni a qualunque titolo alienati.
 
 
<center>'''Capo IV'''
 
''Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia''</center>
 
'''32.''' E' istituita per la durata di tre anni una commissione parlamentare con il compito di:
1) verificare l'attuazione della presente legge e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento, in riferimento al fenomeno mafioso e alle sue connessioni;
2) accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, anche in relazione ai mutamenti del fenomeno mafioso, formulando le proposte di carattere legislativo ed amministrativo ritenute opportune per rendere più incisiva la iniziativa dello Stato;
3) riferire al Parlamento ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.
 
'''33.''' La commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
Il Presidente della commissione è scelto di comune accordo dai Presidenti delle due Assemblee, al di fuori dei predetti componenti della commissione, tra i parlamentari dell'uno o dell'altro ramo del Parlamento.
La commissione elegge due vicepresidenti e due segretari.
 
'''34.''' L'attività ed il funzionamento della commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla commissione prima dell'inizio dei lavori.
Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
Tutte le volte che lo ritenga opportuno la commissione può riunirsi in seduta segreta.
 
'''35.''' Per l'espletamento delle sue funzioni la commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi disposti dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra di loro.
La commissione può, altresì, avvalersi di collaborazioni specializzate.
Le spese per il funzionamento della commissione sono poste per metà a carico del bilancio del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio della Camera dei deputati.
 
[[Categoria:Legislazione italiana]]

Versione attuale delle 10:01, 29 ott 2021

Occorre spezzare il legame esistente tra il bene posseduto ed i gruppi mafiosi, intaccandone il potere economico e marcando il confine tra l’economia legale e quella illegale”
(Pio La Torre)

La legge n. 646/1982, meglio conosciuta come legge Rognoni - La Torre, introdusse il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel codice penale italiano. Fu approvata dal Parlamento italiano il 13 settembre 1982, a seguito dell'omicidio del segretario del Pci regionale Pio La Torre il 30 aprile 1982, e del prefetto di Palermo, il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, avvenuto il 3 settembre, nella Strage di Via Carini.

Virginio Rognoni
Virginio Rognoni
Pio La Torre

Storia

La legge si basa sul disegno di legge presentato dall’on. Pio La Torre e su due decreti legge voluti del Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida e da quello dell'Interno Virginio Rognoni:

  • Proposta di legge n. 1581, La Torre e altri: Norme di prevenzione e di repressione del fenomeno della mafia e costituzione di una Commissione parlamentare permanente di vigilanza e controllo.
  • D.L. n. 2982 presentato dal Ministro dell’Interno Virginio Rognoni, Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida e Ministro delle Finanze Rino Formica: disposizioni in materia di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423
  • D.L. n. 3358 presentato dal Ministro dell’interno Virginio Rognoni, Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida: disposizioni relative all’interpretazione autentica della legge 31 maggio 1965, n. 575

Proposta di legge 1581

La proposta di legge 1581 fu presentata il 31 marzo 1980, insieme ad altri colleghi parlamentari alla Camera dei Deputati, redatta in trenta articoli e con oggetto “Norme di prevenzione e di repressione del fenomeno della mafia e costituzione di una Commissione parlamentare permanente di vigilanza e controllo”.

Tale proposta redatta in quattro capi:

  • a) disposizioni penali e processuali;
  • b) disposizioni in materia di misura e di prevenzione
  • c) reati fiscali valutari e societari
  • d) istituzione di una Commissione parlamentare di vigilanza e controllo, nella quale si riconosceva la mafia come associazione criminale e si introducevano i provvedimenti per il sequestro e la confisca dei beni.

Tale proposta si proponeva l’obiettivo di creare: «una prima concreta espressione di volontà politica per una lotta seria e rigorosa nei confronti di una criminalità associata che, insieme alla Calabria e alla Sicilia, colpisce tutto il paese e attenta alla nostra democrazia».

L'approvazione

L'omicidio di Pio La Torre e dell'autista Rosario Di Salvo il 30 aprile 1982 e la successiva Strage di Via Carini diedero l'impulso all'immediata approvazione della legge.

Il 6 settembre 1982 infatti venne varato il D.L. n. 629, convertito con modificazioni, nella legge , n. 726 del 12 ottobre 1982 "Misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa". La legge istituì l'Alto Commissariato per il coordinamento contro la delinquenza mafiosa. Il nuovo organo, alle dipendenze del Ministro dell'Interno, vennero attribuiti "Poteri di accesso e di accertamento presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici anche economici, le banche, gli istituti di credito pubblici e privati"[1]

La legge 646/82 varata il 13 settembre 1982 introdusse l'articolo 416-bis del Codice Penale. Il reato di "Associazione a delinquere di stampo mafioso" potenziò l'associazione a delinquere semplice (Art.416) che non sempre poteva avere efficacia nei confronti delle mafie, assai più complesse della semplice societas sceleris contemplata fino a quel momento nel codice penale.

La legge

L'associazione a delinquere di stampo mafioso

L’art. 1 dispone che «l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali»[2]

Misure di prevenzione patrimoniale: sequestro e confisca

L'art. 1.7 dispone che «Nei confronti del condannato e' sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego»[2]

Il Tribunale, anche d'ufficio, può ordinare con decreto motivato il sequestro dei beni appartenuto al soggetto nei confronti del quale è stato iniziato il procedimento di prevenzione perché accusato di appartenere all'associazione di stampo mafioso. I beni di cui dispone, direttamente o indirettamente, sulla base di indizi come il divario ingiustificabile tra il tenore di vita e l'entità dei redditi apparenti o dichiarati, possono essere sequestrati se si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Il Tribunale applicando la misura di prevenzione, a norma degli articoli 2-ter e 3-bis della legge, dispone, rispettivamente, la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati al Procuratore generale presso la Corte di appello, al Procuratore della Repubblica e agli interessati.

Modificazioni ed aggiunte successive

L'importanza della legge

Pio La Torre capì che per dare una svolta alla lotta contro le organizzazioni criminali si rendeva fondamentale colpirle nelle ricchezze e nei patrimoni accumulati: toglierli significava indebolire le associazioni criminali, diminuendo il loro prestigio e potere.

Per questi motivi, nonostante la morte prematura il suo lavoro rimase di immensa importanza poiché pose le prime basi per la lotta alla mafia nel nostro paese. Lo stesso generale Carlo Alberto dalla Chiesa in un’intervista rilasciata nell’agosto dell’82 diceva: «Il disegno di Pio La Torre è la presa d’atto della realtà della mafia […] la mafia sta ormai nelle maggiori città italiane, dove ha fatto grossi investimenti edilizi e commerciali e magari industriali»[3]

“Cosa più brutta della confisca dei beni non c’è […]. Quindi la cosa migliore è quella di andarsene”. dichiara Francesco Inzerillo, membro degli scappati della Seconda Guerra di Mafia, sintetizzando il pensiero di Cosa Nostra circa la confisca dei beni. Il carcere o l'uccisione sembra dunque essere meno dannosa del sequestro dei beni, che permette di colpire l'organizzazione dove è più vulnerabile.

«La legge ha reso così possibili indagini sul tenore di vita, sul patrimonio e sulle disponibilità finanziarie di tutte quelle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ma anche nei confronti dei familiari e conviventi e di quelle persone fisiche o giuridiche, associazioni o enti, dei cui patrimoni costoro risultassero poter disporre. La confisca, misura viceversa definitiva, scatta invece quando il soggetto non riesce a dimostrare la legittima provenienza delle ricchezze sotto sequestro. I beni confiscati finiscono così nella disponibilità dello Stato»[4]

Note

  1. Legge 726 del 12 ottobre 1982[1]
  2. 2,0 2,1 Legge 646 del 13 settembre 1982[2]
  3. Intervista al generale Carlo Alberto dalla Chiesa, di Giorgio Bocca, La Repubblica, 10 agosto 1982[3]
  4. G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, Giuffrè Editore, Milano, 2008