Pio La Torre
Pio La Torre (Palermo, 24 dicembre 1927 – Palermo, 30 aprile 1982) è stato un politico e sindacalista italiano, deputato del Partito Comunista Italiano e Segretario regionale del partito in Sicilia, ucciso da Cosa Nostra per il disegno di legge depositato in Parlamento che voleva istituire il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Proprio per questo la legge 646/1982 istitutiva del reato, anche se approvata dopo la sua morte, è ancora nota oggi come Legge Rognoni - La Torre.
Biografia
Infanzia e adolescenza
Nato a Palermo, nella frazione di Altarello di Baida, in una famiglia di contadini molto povera, si impegnò sin da giovane nella lotta per la liberazione della terra. Studente precoce, a nemmeno 18 anni si iscrisse alla facoltà di ragioneria e cominciò la sua attività di sindacalista prima come funzionario della Ferderterra, poi come responsabile giovanile della CGIL e infine responsabile della commissione giovanile regionale del PCI.
Durante la sua attività di militante del partito, aprì diverse sezioni nella zona, cosa che infastidì i mafiosi locali, che incendiarono la porta della stalla di casa: suo padre tentò di "far ragionare" il figlio e dissuaderlo dalla lotta politica, ma questi per tutta risposta abbandonò la casa paterna e andò a vivere a casa di compagni di partito.
La battaglia per la terra e l'arresto
Nel luglio 1949 divenne membro del Consiglio Federale del PCI che diede l'inizio ufficiale all'occupazione delle terre con lo slogan "la terra a tutti"[1]. Il 23 ottobre dello stesso anno venne organizzato il primo Festival provinciale de l'Unità a Palermo, al Giardino Inglese, per sensibilizzare l'opinione pubblica. Il 29 ottobre la festa venne però interrotta alla notizia della Strage di Melissa, in Calabria, dove le forze dell'ordine avevano sparato sui contadini in manifestazione, uccidendo tre persone, tra cui un bambino e una donna, oltre a ferirne altre quindici. Quel giorno La Torre sposò anche Giuseppina Zacco, figlia di Francesco, barone repubblicano reduce di guerra come medico militare e filo-comunista che dopo il conflitto mise a disposizione del partito la sua casa per riunioni e non solo. I novelli sposi andarono a vivere a casa sua.
Il 13 novembre dello stesso anno i contadini di Corleone, Campofiorito, Contessa Entellina, Valledolmo, Castellanza Sicula, Polizzi, per un totale di 12 paesi di provincia sulle Madonie, si erano mossi insieme in marcia all'alba verso i feudi, tra questi quello di Strasatto, dove comandava Luciano Leggio. Il governo rispose con diciotto arresti e la repressione armata. Il 10 marzo 1950 a Bisciacquino, centro agricolo in provincia di Palermo, quasi seimila contadini andarono a misurare e a lottizzare i terreni incolti, un ettaro a testa. L'allora prefetto di Palermo Vicari inviò polizia e carabinieri e, al tentativo di rimozione delle barriere, i contadini reagirono e le forze dell'ordine risposero alla sassaiola sparando. Un proiettile colpì il bracciante Salvatore Catalano, che rimase dopo quell'incidente su una sedia a rotelle per tutta la vita. Pio La Torre fu fondamentale per evitare che le cose degenerassero ulteriormente, arringando la folla sul fatto che fossero i padroni e non le forze dell'ordine i veri nemici da abbattere. Nonostante il suo ruolo, fu arrestato e accusato di tentato omicidio e l'indomani, l'11 marzo, venne tradotto nel carcere dell'Ucciardone, dove scontò 17 mesi di carcere.
L'ascesa politica
Uscito dal carcere, La Torre tornò ad occuparsi delle lotte contadine, impegnandosi nel sindacato. Nel 1952 venne eletto segretario della Camera del Lavoro di palermo e promosse un'imponente raccolta firme di adesione alla campagna universale a favore dell'appello di Stoccolma che chiedeva la messa al bando delle armi nucleari. Pochi mesi dopo venne eletto anche in Consiglio Comunale, dove rimase fino al 1966. In quegli anni condusse le sue battaglie contro l'intreccio di potere politico-mafioso che poi avrebbero portato al c.d. Sacco di Palermo. Nel frattempo frequentava i corsi del partito alle Frattocchie, a Roma. Nel 1962 concluse la sua carriera nel sindacato, dove aveva ricoperto anche la carica di segretario regionale, per diventare segretario regionale del PCI, carica che mantenne fino al 1967. Nel 1963 venne eletto deputato all'Assemblea Regionale Siciliana, dove restò per due legislature.
L'attività parlamentare e la relazione di minoranza della Commissione Antimafia
Nel 1969 si trasferì a Roma per dirigere prima la Commissione agraria e poi quella meridionale del partito; al XII Congresso del partito, tenutosi a Bologna quell'anno tra l'8 e il 15 febbraio, entrò nella segreteria del partito. Tre anni dopo venne eletto alla Camera dei Deputati nel collegio della Sicilia Occidentale, dove si occupò delle battaglie di sempre: agricoltura e mafia. Entrò nella Commissione Parlamentare Antimafia. A fine legislatura, il 4 febbraio 1976, firmò insieme a Cesare Terranova la relazione di minoranza in cui venivano evidenziati i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria, in particolare con esponenti di spicco della Democrazia Cristiana, come Giovanni Gioia, Vito Ciancimino e Salvo Lima. Alla relazione aggiunse la proposta di legge "Disposizioni contro la mafia" tesa a integrare la legge 575/1965 con l'introduzione di un nuovo articolo del codice penale, il 416 bis, che avrebbe previsto il reato di associazione di stampo mafioso.
- Leggi la Relazione critica di minoranza integrale
- Allegato 1: Memoriale trasmesso il 18 gennaio 1964 dalla Federazione del PCI di Caltanissetta sulle Mafia dei Feudi
- Allegato 2: Memoriale trasmesso il 18 gennaio 1964 dalla Federazione del PCI di Agrigento e Sciacca sulle manifestazioni mafiose nella provincia di Agrigento
- Allegato 3: Memoriale trasmesso il 16 febbraio 1965 dalla Federazione del PCI di Trapani sul Fenomeno Mafioso e sulla evoluzione delle sue manifestazioni a partire dall'immediato dopoguerra
- Allegato 4: Memoriale trasmesso il 2 ottobre 1963 dalla Federazione del PCI di Palermo sui rapporti tra cosche mafiose ed alcuni ambienti politici ed economici
- Allegato 5: Resoconto Stenografico della seduta del 23 agosto 1963 dell'Assemblea Regionale Siciliana
- Allegato 6: estratto di deliberazione della giunta municipale di Palermo relativa al fitto dell'edificio da adibire a caserma dei vigili urbani
- Allegato 7: Articolo del "Giornale di Sicilia" del 4 febbraio 1971
- Allegato 8: Elenco dei capi di imputazione relativi al procedimento n.6684/66 PM, n. 1067/66 e n. 422/66 GI presso il tribunale di Palermo
- Allegato 9: copia del ricorso presentato dai deputati regionali comunisti al Presidente della Commissione Legislativa dell'Assemblea Regionale Siciliana con cui si chiede lo svolgimento di un'indagine sulle vicende dell'appalto per l'affidamento del servizio di manutenzione delle strade e piazze e delle fognature della città di Palermo
- Allegato 10: copia del resoconto stenografico della seduta del 23 marzo 1973 dell'assemblea regionale siciliana
Il ritorno in Sicilia
Nel 1981 La Torre decise di tornare a Palermo, in piena Seconda Guerra di Mafia, dopo una serie impressionante di omicidi eccellenti: il tenente colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo (20 agosto 1977), il segretario provinciale della DC Michele Reina (9 marzo 1979), il capo della squadra mobile Boris Giuliano (21 luglio 1979), il giudice Cesare Terranova (25 settembre 1979), il presidente della Regione Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile (4 maggio 1980) e il procuratore della Repubblica Gaetano Costa (6 agosto 1980).
La Torre assunse la carica di segretario regionale e si impegnò in prima fila non solo contro la mafia, ma anche a favore della pace, con la battaglia contro gli euromissili a Comiso, in provincia di Ragusa.
Il movimento pacifista
La prima grande manifestazione a Comiso si tenne l'11 ottobre 1981, con oltre 30mila partecipanti. Era stata preceduta da quella di Palermo, che non era stata un gran successo, e dalla marcia per la pace Perugia-Assisi, alla quale avevano partecipato 60mila persone e anche il segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer. Il giorno prima il movimento pacifista europeo si era dato appuntamento a Bonn, dove avevano sfilato in 300mila. Il 17 ottobre avrebbero sfilato invece in 50mila a Torino. La mobilitazione continuò fino al 24 ottobre quando, a Roma, si svolse la prima grande manifestazione nazionale alla quale parteciparono 300mila persone, mentre in contemporanea si svolgevano quelle oceaniche di Londra ed Helsinki. Il giorno dopo a Milano furono in 100mila a scendere in piazza, contemporaneamente a Oslo, Bruxelles e Parigi. Il 28 ottobre si svolsero due manifestazioni di piazza in Veneto, la prima a Venezia (50mila persone) e la seconda a Vicenza (20mila persone).
Il 15 novembre in 300mila sfilarono a Madrid e in 500mila ad Atene, mentre furono 400mila ad Amsterdam il 21 novembre. Una settimana dopo oltre 150mila persone parteciparono alla manifestazione nazionale organizzata da CGIL, CISL e UIL a Firenze per la "sospensione della costruzione della base di Comiso". E le manifestazioni continuarono per tutta la prima parte del 1982, quando il 16 aprile La Torre lanciò dal Circolo della Stampa di Palermo una petizione, nell'ambito di un convegno trasversale a diversi soggetti politici, culturali e religiosi, indirizzata al Governo italiano per "la sospensione dei lavori della base di Comiso": il successo dell'iniziativa fu enorme e l'obiettivo di un milione di firme fu subito raggiunto.
In un articolo pubblicato postumo su Rinascita il 14 maggio La Torre spiegava che le ragioni dell'opposizione ai missili erano dovute all'assoluta contrarietà alla "trasformazione della sicilia in un avamposto di guerra in un mare Mediterraneo già profondamente segnato da pericolose tensioni e conflitti. Noi dobbiamo rifiutare questo destino e contrapporvi l'obiettivo di fare del Mediterraneo un mare di pace".
L'omicidio
Venerdì 30 aprile 1982 Pio La Torre si trovava in macchina con il suo autista e compagno di partito Rosario Di Salvo, quando alle 9:20, in via Vincenzo Li Muli, una moto di grossa cilindrata sbarrò la strada alla Fiat 132, obbligandola a fermarsi. Gli uomini a bordo cominciarono a crivellare l'auto di colpi, tutti in direzione di La Torre. Da un'altra auto scesero altri killer per completare l'opera: La Torre morì sul colpo, Di Salvo ebbe invece il tempo di estrarre una pistola e sparare alcuni colpi andati a vuoto. In totale vennero ritrovati 40 bossoli a terra[2].
Ai funerali in piazza Politeama a Palermo di domenica 2 maggio parteciparono oltre 100mila persone, nonché uomini delle istituzioni, e l'orazione funebre fu tenuta da Enrico Berlinguer, che denunciò la matrice mafiosa dell'attentato, benché subito dopo l'omicidio vi fosse stata la rivendicazione da parte dei Gruppi proletari organizzati.
Le indagini e le condanne
Tra le varie piste seguite dagli investigatori, ci fu sia quella interna al partito che quella del terrorismo. Fu solo con la collaborazione di Tommaso Buscetta e, dopo di lui, di altri boss di primo piano come Francesco Marino Mannoia, Gaspare Mutolo e Pino Marchese, che il delitto La Torre venne universalmente riconosciuto come delitto di mafia anche in sede processuale, dapprima con l'ordinanza-sentenza del Maxiprocesso di Palermo e poi con il troncone del Maxiprocesso dedicato agli omicidi politici (il Maxiprocesso Quater), a cui si arrivò a sentenza definitiva nel 1995. Furono condannati all'ergastolo come mandanti Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci.
L'eredità
Quattro anni dopo la sua morte, nel maggio 1986, venne fondato ad Alcamo, su iniziativa di Ino Vizzini, collaboratore di La Torre, il "Centro di studi e iniziative culturali "Pio La Torre", la cui missione era ed è quella di valorizzare il patrimonio ideale e politico segnato dalla vita e dall'opera di Pio La Torre, realizzando e promuovendo studi, iniziative e ricerche originali riguardanti aspetti e problemi della Sicilia contemporanea.
Il 30 aprile 2007 venne intitolato a Pio La Torre il nuovo aeroporto di Comiso, su iniziativa dell'allora giunta di centrosinistra. Nell'agosto dell'anno successivo, però, la nuova giunta di centrodestra guidata dal sindaco Giuseppe Alfano decise di annullare quell'intitolazione, tornando a quella precedente in memoria del "Generale Magliocco", un gerarca fascista distintosi nella guerra colonialista d'Etiopia. Dopo una ben partecipata petizione, promossa dal Centro Studi Pio La Torre, il 7 giugno 2014 l'aeroporto venne reintitolato a Pio La Torre.
Note
Bibliografia
- Franco La Torre, Sulle Ginocchia, Milano, Melampo Editore, 2015
- Saverio Lodato, Quarant'anni di Mafia, Milano, BUR, 2013