Strage di Casabona
La strage di Casabona fu un attentato avvenuto il 24 giugno 1996 rivolto a Domenico Alessio, presunto boss locale monopolista nel settore delle costruzioni. La strage resta senza colpevoli accertati dalla giustizia[1].
La strage
La mattina della strage Alessio si trovava presso il cantiere aperto alla periferia del Paese, sulla strada per Zinga, quando alle 8:00 un commando armato di fucili calibro 12 a canne mozze aprì il fuoco contro di lui. Nella sparatoria vennero uccisi oltre al boss anche il fratello Francesco, Francesco De Leo, già sottoposto a misura di prevenzione, e il diciottenne Nicola Melfi, incensurato. Si salvarono solo due persone, che riuscirono a scappare grazie a un varco che trovarono tra due pareti nel cantiere.
Le indagini
I due sopravvissuti alla strage, interrogati dal sostituto procuratore Vincenzo Montemurro, parlarono degli scontri tra gli Alessio e i Carvello per il controllo degli affari locali nel settore edilizio. Fatti i dovuti accertamenti, la mattina del 9 dicembre 1996 venne data esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per 9 persone, tra Calabria, Reggio Emilia, Roma e Varese[2].
Il processo
Il processo di primo grado si concluse tuttavia con 7 assoluzioni e una sola condanna. Vennero assolti Domenico Aprigliano (68 anni), Francesco Carvello (35 anni), Francesco Carvello (43 anni), Mario Carvello (40 anni), Pasquale Mauro (44 anni), Domenico Misiano (28 anni), Ugo Misiano (44 anni). L'unica condanna a 21 anni vi fu nei confronti dell'ex-collaboratore di giustizia Antonio Comito, che all'inizio della sua collaborazione ammise di aver fatto parte del commando[3].
Ulteriori gradi di giudizio
Appello
La Corte d’Assise d’appello confermò nell’ottobre del 2003 la sentenza emessa in primo grado. La condanna a 21 anni per Comito venne ridotta a 16[4].
Note
Bibliografia
- Archivio Storico la Repubblica.
- Gratteri Nicola, Nicaso Antonio, (2009). Fratelli di Sangue, Milano, Mondadori.