Strage di Portella della Ginestra: differenze tra le versioni

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{{bozza}}[[Categoria:Le stragi di mafia]]


La '''Strage di Portella della Ginestra''' è universalmente riconosciuta come la prima strage politico-mafiosa dell'Italia unita. Gli esecutori materiali furono il bandito [[Salvatore Giuliano]] e i suoi uomini. La strage, senza precedenti, avveniva il 1° maggio [[1947]], provocando la morte di 11 persone e ferendone gravemente 27, in occasione della prima festa dei lavoratori dell'Italia repubblicana (sotto il fascismo la festa era stata accorpata al Natale di Roma e veniva festeggiata il 21 aprile).  
La '''Strage di Portella della Ginestra''' è universalmente riconosciuta come '''la prima strage politico-mafiosa dell'Italia unita'''. Gli esecutori materiali furono il bandito [[Salvatore Giuliano]] e i suoi uomini. La strage, senza precedenti, avveniva il [[1° maggio]] [[1947]], provocando la morte di 11 persone e ferendone gravemente 27, in occasione della prima festa dei lavoratori dell'Italia repubblicana (sotto il fascismo la festa era stata accorpata al Natale di Roma e veniva festeggiata il 21 aprile).
 
I veri mandanti della Strage non furono mai individuati.
 
[[File:Monumento portella della ginestra.jpg|400px|thumb|right|Monumento commemorativo della Strage nella Piana degli Albanesi]]


== La strage ==
== La strage ==
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=== Le vittime ===
=== Le vittime ===
# Margherita Clesceri
# Margherita Clesceri  
# Giorgio Cusenza
# Giorgio Cusenza
# Giovanni Megna
# Giovanni Megna
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La prima reazione alla strage fu lo sciopero generale, indetto dalla CGIL, che accusò i latifondisti di voler "''soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori''". L'ispettore capo di polizia in Sicilia, Ettore Messana, invece, derubricò il fatto a un episodio circoscritto, di carattere locale.
La prima reazione alla strage fu lo sciopero generale, indetto dalla CGIL, che accusò i latifondisti di voler "''soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori''". L'ispettore capo di polizia in Sicilia, Ettore Messana, invece, derubricò il fatto a un episodio circoscritto, di carattere locale.


Il 2 maggio 1947 il ministro dell'interno, il democristiano Mario Scelba, intervenne all'Assemblea Costituente, leggendo il telegramma dell'ispettore e accusando da subito come unici responsabili della strage Salvatore Giuliano e la sua banda.
Il [[2 maggio]] 1947 il ministro dell'interno, il democristiano [[Mario Scelba]], intervenne all'Assemblea Costituente, leggendo il telegramma dell'ispettore e accusando da subito come unici responsabili della strage Salvatore Giuliano e la sua banda.


=== Le testimonianze e le sentenze ===
=== Le testimonianze e le sentenze ===
Nelle settimane e nei giorni successivi all'eccidio, numerose furono le testimonianze che permisero agli inquirenti di ricostruire la dinamica della sparatoria: l'accerchiamento della folla e l'uso di armi non convenzionali e da guerra dimostrano che fu una vera e propria azione militare studiata nei minimi particolari che andava aldilà delle capacità di Giuliano e i suoi.
Nelle settimane e nei giorni successivi all'eccidio, numerose furono le testimonianze che permisero agli inquirenti di ricostruire la dinamica della sparatoria: l'accerchiamento della folla e l'uso di armi non convenzionali e da guerra dimostrano che fu '''una vera e propria azione militare''' studiata nei minimi particolari che andava aldilà delle capacità di Giuliano e i suoi.


In particolare, l'uso delle granate (omesso nel rapporto dei marescialli dei carabinieri Calandra, Lo Bianco e Santucci) permise di disperdere la folla, consentendo ai commandos di operare con maggiore facilità contro i capi della manifestazione: se, infatti, tutte quelle armi da guerra fossero state destinate solo alla folla, il bilancio finale delle vittime sarebbe stato maggiore.
In particolare, l'uso delle granate (omesso nel rapporto dei marescialli dei carabinieri Calandra, Lo Bianco e Santucci) permise di disperdere la folla, consentendo ai commandos di operare con maggiore facilità contro i capi della manifestazione: se, infatti, tutte quelle armi da guerra fossero state destinate solo alla folla, il bilancio finale delle vittime sarebbe stato maggiore.


Nonostante questo, le sentenze di Viterbo (1952) e di Roma (1956) individuarono solamente in Salvatore Giuliano e i suoi i responsabili della strage, ignorando molte delle testimonianze (tra cui quelle di quattro cacciatori della banda Giuliano, catturati sui roccioni del Pelavet il giorno stesso della strage) che indicavano altri correi nella strage. In particolare, associarono le indagini con quelle della Strage contro le Camere del Lavoro della provincia di Palermo, sempre compiuta dalla Banda Giuliano il 22 giugno dello stesso anno, negando l'esistenza di mandanti.
Nonostante questo, le sentenze di Viterbo (1952) e di Roma (1956) individuarono solamente in Salvatore Giuliano e i suoi i responsabili della strage, ignorando molte delle testimonianze (tra cui quelle di quattro cacciatori della banda Giuliano, catturati sui roccioni del Pelavet il giorno stesso della strage) che indicavano altri correi nella strage. In particolare, associarono le indagini con quelle della Strage contro le Camere del Lavoro della provincia di Palermo, sempre compiuta dalla Banda Giuliano il [[22 giugno]] dello stesso anno, negando l'esistenza di mandanti.


=== Una strage politica ===
=== Una strage politica ===
Nel 1948 Salvatore Giuliano scrisse una lettera all'Unità, in cui affermava lo scopo politico della strage e facendo una serie di allusioni sui rapporti da lui intrattenuti con noti esponenti politici, tra cui Mario Scelba. Dopo quella lettera, molti degli esponenti della banda furono catturati, finché il [[5 luglio]] [[1950]] Giuliano venne ritrovato morto nel cortile della casa di un avvocato di Castelvetrano: un comunicato del Ministero dell'Interno annunciò ufficialmente che era stato ucciso in un conflitto a fuoco avvenuto la notte precedente con un reparto dei carabinieri alle dipendenze del capitano Antonino Perenze.
Nel [[1948]] Salvatore Giuliano scrisse una lettera all'Unità, in cui affermava '''lo scopo politico della strage''' e facendo una serie di allusioni sui rapporti da lui intrattenuti con noti esponenti politici, tra cui Mario Scelba. Dopo quella lettera, molti degli esponenti della banda furono catturati, finché il [[5 luglio]] [[1950]] Giuliano venne ritrovato morto nel cortile della casa di un avvocato di Castelvetrano: un comunicato del Ministero dell'Interno annunciò ufficialmente che era stato ucciso in un conflitto a fuoco avvenuto la notte precedente con un reparto dei carabinieri alle dipendenze del capitano Antonino Perenze.


Le perplessità della versione ufficiale emersero in un articolo del giornalista de L'Europeo [[Tommaso Besozzi]], intitolato "''Di sicuro c'è solo che è morto''", nella quale mise in luce le incongruenze della versione data dai carabinieri sulla morte del bandito e indicò come assassino di Salvatore Giuliano il suo luogotenente [[Gaspare Pisciotta]], il quale poco prima della morte di Giuliano era segretamente diventato un informatore del colonnello Luca.
Le perplessità della versione ufficiale emersero in un articolo del giornalista de L'Europeo [[Tommaso Besozzi]], intitolato "''Di sicuro c'è solo che è morto''", nella quale mise in luce le incongruenze della versione data dai carabinieri sulla morte del bandito e indicò come assassino di Salvatore Giuliano il suo luogotenente [[Gaspare Pisciotta]], il quale poco prima della morte di Giuliano era segretamente diventato un informatore del colonnello Luca.
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Al processo per il massacro di Portella della Ginestra tenutosi a Viterbo, Pisciotta si autoaccusò dell'omicidio di Giuliano e accusò anche i deputati '''Bernardo Mattarella''', '''Gianfranco Alliata''', '''Tommaso Leone Marchesano''' e '''Mario Scelba''' di essere i mandanti politici della strage, dichiarando: “''Servimmo con lealtà e disinteresse i separatisti, i monarchici, i democristiani e tutti gli appartenenti a tali partiti che sono a Roma con alte cariche, mentre noi siamo stati scaricati in carcere. Banditi, mafiosi e carabinieri eravamo la stessa cosa''”.  
Al processo per il massacro di Portella della Ginestra tenutosi a Viterbo, Pisciotta si autoaccusò dell'omicidio di Giuliano e accusò anche i deputati '''Bernardo Mattarella''', '''Gianfranco Alliata''', '''Tommaso Leone Marchesano''' e '''Mario Scelba''' di essere i mandanti politici della strage, dichiarando: “''Servimmo con lealtà e disinteresse i separatisti, i monarchici, i democristiani e tutti gli appartenenti a tali partiti che sono a Roma con alte cariche, mentre noi siamo stati scaricati in carcere. Banditi, mafiosi e carabinieri eravamo la stessa cosa''”.  


Come emerso dalle dichiarazioni di Pisciotta al processo, Giuliano fu da lui ucciso nel sonno nella casa di Castelvetrano dove si nascondeva e il cadavere sarebbe poi stato trasportato nel cortile della casa stessa, dove gli uomini del colonnello Luca e del capitano Perenze inscenarono una sparatoria mentre Pisciotta si dava alla fuga.  
Come emerso dalle dichiarazioni di Pisciotta al processo, fu lui ad uccidere Giuliano nel sonno nella casa di Castelvetrano dove si nascondeva e il cadavere sarebbe poi stato trasportato nel cortile della casa stessa, dove gli uomini del colonnello Luca e del capitano Perenze inscenarono una sparatoria mentre Pisciotta si dava alla fuga.  


Il [[9 febbraio]] [[1954]] Pisciotta fu avvelenato nel carcere dell'Ucciardone con un caffè alla stricnina, prima che potesse rendere la sua testimonianza sulla strage di Portella della Ginestra al procuratore [[Pietro Scaglione]].
Il [[9 febbraio]] [[1954]] Pisciotta fu avvelenato nel carcere dell'Ucciardone con un caffè alla stricnina, prima che potesse rendere la sua testimonianza sulla strage di Portella della Ginestra al procuratore [[Pietro Scaglione]].


== Il contesto storico ==
== Il contesto storico ==
Ad avvalorare la tesi della strage politico-mafiosa è anche il contesto politico italiano e internazionale che la precede. Il 1947 fu un anno di svolta: subito dopo la strage, il 13 maggio De Gasperi metteva fine all'esperienza dei governi di unità nazionale, cacciando le sinistre all'opposizione e inaugurando, il 30 maggio, il suo IV esecutivo, che sanciva la fine dell'anomalia italiana dei partiti social-comunisti al governo in un paese sotto l'egida USA. Parallelamente, in Sicilia il democristiano Giuseppe Alessi varava un governo minoritario appoggiato dai partiti sconfitti alle elezioni del 20 aprile.  
Ad avvalorare la tesi della strage politico-mafiosa è anche '''il contesto politico italiano e internazionale che la precede'''. Il 1947 fu un anno di svolta: subito dopo la strage, il [[13 maggio]] De Gasperi metteva fine all'esperienza dei governi di unità nazionale, cacciando le sinistre all'opposizione e inaugurando, il [[30 maggio]], il suo IV esecutivo, che sanciva la fine dell'anomalia italiana dei partiti social-comunisti al governo in un paese sotto l'egida USA. Parallelamente, in Sicilia il democristiano Giuseppe Alessi varava un governo minoritario appoggiato dai partiti sconfitti alle elezioni del [[20 aprile]].  


== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
* Santino U., ''La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre'', 1997, Rubettino
* Santino U., ''La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre'', 1997, Rubettino
* Tranfaglia N., ''Come nasce la Repubblica. La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani. 1943-1947'', 2004, Bompiani
* Tranfaglia N., ''Come nasce la Repubblica. La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani. 1943-1947'', 2004, Bompiani
* Casarubbea G.,''Portella della Ginestra, Strage di'',  in ''Dizionario Enciclopedico di Mafie e Antimafia'', (a cura di) Manuela Mareso e Livio Pepino
 
[[Categoria:Le stragi di mafia]]

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