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Luciano Leggio detto Lucianeddu (Corleone, 6 gennaio 1925 – Nuoro, 15 novembre 1993) è stato un mafioso siciliano, legato a Cosa Nostra e affiliato al Clan dei Corleonesi. Detto anche "La primula rossa di Corleone", è universalmente noto alle cronache come "Luciano Liggio" a causa di un errore di trascrizione nel primo verbale di arresto che sancì l'inizio della sua carriera criminale. | |||
== Biografia == | |||
=== Infanzia e adolescenza === | |||
Nato a Corleone in una famiglia contadina, Lucianeddu entrò giovanissimo in Cosa Nostra, iniziato dallo zio paterno Leoluca (detto ''u zu' Luca''), guadagnandosi sin da subito l'appellativo di ''Cocciu 'e tacca'', vale a dire "chicco di fuoco", per la facilità con cui si infiammava. A causa del morbo di Pott che affliggeva la sua colonna vertebrale, zoppicava e per questo non era mai andato a lavorare in campagna come i suoi fratelli. Ciò non gli impedì di diventare gabelliere, né di compiere omicidi e furti. In particolare, venne sospettato dell'omicidio del campiere Stanislao Punzo. Nel 1944, a 19 anni, venne denunciato per porto d'armi abusivo e il 2 agosto dello stesso anno fu arrestato in flagranza di reato per il furto di alcuni covoni di grano in aperta campagna. Qualche settimana dopo i suoi primi 3 mesi di carcere, la guardia campestre responsabile del suo arresto, Calogero Comaianni, venne trovato ucciso il 28 marzo 1945: Leggio fu accusato dell'omicidio, ma il tutto si risolse con un'assoluzione per insufficienza di prove a Palermo nel 1951, confermata in appello a Bari nel 1967. | |||
=== Campiere di Strasatto e braccio destro di Navarra === | |||
Il 29 aprile 1945, Leggio prese il posto di Punzo come campiere di Strasatto, il grande feudo che si estendeva tra i comuni di Corleone e di Roccamena, di proprietà del Dottor Corrado Caruso di Palermo. Contestualmente, divenne anche il braccio destro del Dottor [[Michele Navarra]], nuovo capomafia di Corleone, subentrato al posto del Borbone, il vecchio campiere del bosco della Ficuzza. | |||
Il 18 marzo 1948 fu denunciato per l'omicidio di Leoluca Piraino, avvenuto il 7 febbraio 1948, ma la sua posizione venne archiviata il 21 giugno 1950. Nella notte tra il 10 e l'11 marzo 1948 venne ucciso [[Placido Rizzotto]], sindacalista e segretario della Camera del Lavoro di Corleone. In quello stesso anno si insediò a Corleone anche il capitano dei carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, comandante delle Forze per la repressione del banditismo: il giovane ufficiale indagò sui delitti irrisolti e trovò testimoni che accusavano esplicitamente Leggio dell'omicidio, ma quelle testimonianze fondamentali vennero ritrattate al processo. Così, per tre volte Leggio fu accusato dell'omicidio e per tre volte fu assolto per insufficienza di prove. Leggio fu accusato anche dell'omicidio di Claudio Splendido, un sorvegiante di un cantiere stradale ucciso il 6 febbraio 1955, in quanto aveva denunciato alla polizia il fatto che Leggio e i suoi gregari si fossero riuniti in prossimità del cantiere. | |||
=== La rottura con Navarra e la guerra di Corleone === | |||
Nel 1956 Leggio costituì a Corleone la società armentizia di Piano della Scala, come copertura alla sua attività di furto e macellazione illegale del bestiame rubato. | |||
=== Maxiprocesso === | === Maxiprocesso === | ||
Liggio prese la parola per la prima volta il 9 aprile 1986 chiedendo il confronto con Tommaso Buscetta. | Liggio prese la parola per la prima volta il 9 aprile 1986 chiedendo il confronto con Tommaso Buscetta. | ||
Dichiarò di essere stato raggiunto a Catania da Cicchiteddu e Buscetta nella primavera del 1970 per partecipare ad un golpe militare che avrebbe dovuto essere fatto in Italia. Leggio affermò che le seguenti condanne nei suoi confronti erano scaturite proprio dal suo rifiuto di partecipare al colpo di stato: parlò addirittura di pressioni dirette del ministro degli interni. | Dichiarò di essere stato raggiunto a Catania da Cicchiteddu e Buscetta nella primavera del 1970 per partecipare ad un golpe militare che avrebbe dovuto essere fatto in Italia. Leggio affermò che le seguenti condanne nei suoi confronti erano scaturite proprio dal suo rifiuto di partecipare al colpo di stato: parlò addirittura di pressioni dirette del ministro degli interni. |