Sergio Cosmai
Sergio Cosmai (Bisceglie, 10 gennaio 1949 – Cosenza, 13 marzo 1985) è stato un direttore di diverse case circondariali, compresa quella di Cosenza, città nella quale fu vittima di un agguato organizzato dalla 'ndrangheta. Venne ucciso aver cercato di riorganizzare il sistema carcerario nel territorio cosentino[1]. Noto per la sua lotta alla criminalità organizzata, in vita si occupò molto anche della tutela della dignità dei detenuti nelle carceri, mostrando interesse anche verso i problemi sociali della sua città natale pubblicando il libro “Breve saggio sulla società biscegliese del tardo ‘500”.
Biografia
Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Bari, Cosmai divenne Vice Direttore della casa circondariale di Trani. La sua qualifica lavorativa lo portò in diversi ambienti carcerari come quello di Lecce e Palermo per poi arrivare in Calabria nelle vesti di Direttore del penitenziario di Locri, Crotone e Cosenza.
Nella città bruzia, dal settembre del 1982, Cosmai si impegnò nella riorganizzazione del carcere, favorendo un clima di maggior rispetto e legalità tra i detenuti, oltre a svolgere il ruolo di Direttore contrastando la criminalità organizzata locale. Mise fine infatti a tutti quei piccoli e grandi privilegi concessi agli esponenti di spicco della criminalità locale in carcere, promuovendo una maggiore sorveglianza e disturbando di fatto il prosieguo delle loro attività illecite.
Tra gli interventi messi in atto per ristabilire l’ordine nella struttura di via Popilia a Cosenza ci fu quello della revoca dell'ora d'aria supplementare chiesta dai detenuti calabresi. A questa decisione, il 21 giugno 1983, seguì una violenta protesta dei carcerati, subito sedata, a cui seguì la proposta di Cosmai di incontrare una rappresentanza dei detenuti più rappresentativi. Fu in quel momento che l'allora capo indiscusso della criminalità locale, Franco Perna, capo dell'omonima 'ndrina, rifiutò l'offerta e contro-rilanciò chiedendo che fosse il direttore ad andare da lui. Cosmai non si piegò: «Io non vengo, allora non c'è niente da dire».
Fu a seguito di quel rifiuto che venne stabilita la condanna a morte di Cosmai[2]. L'ordine uscì dal carcere tramite la compagna del boss. I collaboratori di giustizia raccontarono al processo che il boss attese con pazienza che venisse revocata la scorta affidata al direttore, facendolo pedinare per molto tempo.
L’omicidio
Nelle prime ore del pomeriggio del 12 marzo 1985, Cosmai lasciò l’auto di servizio nel carcere di via Popilia dove risiedeva con la famiglia e si mise alla guida della sua Fiat Cinquecento gialla sulla statale 19 per andare a prendere la figlia a scuola. Fu nel tratto di strada che collega Cosenza a Roges (Rende) che venne raggiunto da undici colpi di calibro 38 sparati da due killer a bordo di una Golf; colpito alla testa, il Direttore perse il controllo dell’autovettura, uscendo fuori strada. Infine, venne raggiunto da altri colpi di arma da fuoco da uno dei due killer, sceso nel frattempo dall'auto.
A nulla valsero i soccorsi e il trasporto in ambulanza verso l’Ospedale di Trani; Cosmai morì per le gravi ferite il giorno seguente all'agguato, lasciando la moglie Tiziana, la figlia Rossella e il figlio Sergio, nato un mese dopo la sua morte[3].
Le indagini e il Processo
L'agguato venne rivendicato un'ora dopo con una telefonata: «Siamo i comitati comunisti rivoluzionari, abbiamo sparato al direttore delle carceri. Pedro vive» facendo riferimento a Pedro, ovvero Pietro Maria Greco, l’autonomo calabrese ucciso dalla polizia a Trieste durante un controllo[4].
Nonostante ciò, le indagini non trascurarono alcuna possibilità sul movente dell’omicidio. Fu così che vennero arrestati Stefano Bartolomeo, di 20 anni, Dario e Nicola Notarangelo, di 25 e 23 anni, accusati di concorso in omicidio premeditato e detenzione di armi e munizioni[5].
La Corte d’assise di Bari condannò all'ergastolo tutti e tre gli imputati; in appello, tuttavia, furono assolti per insufficienza di prove[6].
Nel 1991, Stefano e il fratello Giuseppe Bartolomeo persero la vita dopo aver cercato di mettersi in proprio, rendendosi autonomi dai Perna. I fratelli Notargiacomo, invece, confessarono l'omicidio, facendo luce sulle dinamiche dell’omicidio. Ciononostante, rimasero impuniti perché già precedentemente assolti per lo stesso reato con sentenza passata in giudizio. L’omicidio di Sergio Cosmai è stato fortemente voluto dalla criminalità locale e, in particolare, dal boss scissionista Franco Perna.
A seguito dell’Operazione Missing del 2012, che portò alla riapertura di diversi casi rimasti irrisolti, la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro confermò la sentenza di primo grado all'ergastolo per il mandante dell’omicidio Franco Perna[7] [8].
In Sua Memoria
In memoria di Sergio Cosmai sono state intitolate un’aula della Pretura, una strada ed una scuola della sua città natale. Nella città di Cosenza, la strada dove Cosmai perse la vita è stata a lui intitolata e più recentemente gli venne dedicata una scultura. «Mio marito cercava un nuovo corso da seguire, un corso che va condiviso perché non potranno ammazzarci tutti. L’isolamento uccide, la condivisione salva»[9], dichiarò la moglie durante l'occasione.
Note
- ↑ A Cosenza la 'ndrangheta ordinò “uccidete il direttore del carcere”, a Stampa, 14 aprile 1985
- ↑ Direttore del carcere ucciso. La condanna dopo 25 anni, Repubblica, 23 maggio 2010
- ↑ Cosenza, la morte del direttore decisa all'interno del carcere. La Stampa, 15 marzo 1985
- ↑ Cosenza, direttore del carcere ferito in un agguato: morente. La Stampa, 13 marzo 1985
- ↑ Carcere a vita per i tre killer di Sergio Cosmai, la Repubblica, 03 Aprile 1987
- ↑ Ebbero l’ergastolo, sono assolti, La Stampa, 26 febbraio 1988
- ↑ Direttore del carcere ucciso. La condanna dopo 25 anni, la Repubblica, 23 maggio 2010
- ↑ Bisceglie, 13 ergastoli per l’omicidio Cosmai, La Gazzetta del Mezzogiorno, 27 maggio 2012
- ↑ Ricordato Cosmai scultura a memoria, Gazzetta del Sud, 10 marzo 2013
Bibliografia
- Badolati A., Mamma ‘ndrangheta, Cosenza, Pellegrini Editore, 2014
- Memoria, Nomi e storie delle vittime innocenti delle mafie, Edizioni Gruppo Abele, 2015
- Nicaso A., Gratteri N., Giardina V., Cosenza ‘ndrine, sangue e coltelli. La criminalità organizzata in Calabria, Cosenza, Pellegrini Editore, 2009