Giovanni Losardo
Giovanni Losardo (Cetraro, 23 luglio 1926 – Cetraro, 21 giugno 1980) è stato un politico italiano, legato fin da giovane al Pci, segretario giudiziario della Procura della Repubblica di Paola. Venne Ucciso dalla 'ndrangheta a 54 anni mentre rientrava a casa, dopo una seduta del consiglio comunale. Per la sua morte i colpevoli non furono mai condannati e il delitto resta ancora oggi impunito.
Biografia
Giovanni, conosciuto da tutti come Giannino, conseguì la maturità classica nel 1946; successivamente, intraprese gli studi giuridici ed venne assunto come cancelliere nella Procura della Repubblica di Paola. Fu cronista de l’Unità della Calabria; la sua vita fu legata alla politica calabrese da subito: nel 1945 si iscrisse al Partito Comunista Italiano, di cui fu Sindaco e Assessore al Comune di Cetraro.
L’attività politica
Fin dall'inizio della sua carriera politica, Losardo si distinse per la sua costante attività di denuncia contro la ‘ndrangheta locale dell’alto tirreno cosentino. Le sue dichiarazioni pubbliche lo resero un simbolo della politica perbene ma allo stesso tempo bersaglio della criminalità[1].
Tra il 1975 e il 1976, in veste di primo cittadino del comune di Cetraro cercò di contrastare l’illegalità e soprattutto la criminalità organizzata locale denunciando l’abusivismo edilizio del territorio, concentrandosi, in particolare, sull'attività commerciale di Francesco Muto, boss della ‘ndrina locale, chiedendo un'azione concreta da parte della Regione.
Nel 1979 Losardo venne chiamato a ricoprire il ruolo di assessore ai lavori pubblici del suo comune e fu in questo periodo che cercò di far ripartire il progetto del porto nella città della costa tirrenica, con l’intenzione di ostacolare l’infiltrazione mafiosa e quella della politica connivente con essa. Nel 1986, durante il processo contro i presunti mandanti ed esecutori dell’omicidio, il pm di Bari Leonardo Rinella individuò nel ruolo che Losardo aveva avuto in questa vicenda la causa dell’omicidio: “Losardo manifestò, nelle sedi più diverse, la sua costante volontà di opporsi alle attività illecite della malavita locale e di operare contro ogni forma di malgoverno e di collusione tra il potere locale e i gruppi delinquenziali. Combatté a lungo da solo, rischiando di persona, denunciando durante i consigli comunali il malaffare e le connivenze. Il suo coraggio fece paura. E la mafia gli tappò la bocca, organizzando un vile agguato”.
L’Omicidio
Alle 22:30 circa del 21 giugno 1980, dopo aver preso parte ad una seduta del consiglio comunale e dopo aver fatto visita alla madre, Losardo, alla guida di una 126 azzurra, venne raggiunto da due uomini a bordo di una moto di grossa cilindrata mentre si trovava in località Santa Maria di Mare nel comune di Cetraro: ferito gravemente con con una pistola calibro 9 e un fucile calibro 12[2], l'esponente del PCI morì alcune ore dopo in ospedale. Lì, prima di morire, Losardo disse: «Tutta Cetraro sa chi mi ha sparato», spiegando agli inquirenti anche le dinamiche dell'agguato.
La reazione sociale
In seguito alla morte di Losardo, il Tribunale di Paola interruppe per due giorni la proprie attività; la federazione unitaria di Cosenza proclamò uno sciopero di otto ore nella zona del Tirreno cosentino e due ore di sciopero con assemblea a livello provinciale; a Cetraro, invece, il sindaco indette due giorni di lutto cittadino.
Il 24 giugno, Enrico Berlinguer insieme a Pio La Torre, Stefano Rodotà, Francesco Martorelli e Achille Occhetto, in rappresentanza del PCI, hanno preso parte ai funerali tenuti in forma semi privata a Fuscaldo (CS).
Il processo
Per l'omicidio di Giannino Losardo venne accusato come mandante Francesco Muto, boss della ‘ndrina locale, mentre furono imputati come esecutori dell’omicidio Francesco Roveto, Franco Ruggiero, Antonio Pignataro e Leopoldo Pagano. Il processo, tenuto presso la Corte d’Assise di Bari, si concluse nel marzo del 1986 ma l’omicidio Losardo è rimasto impunito.
In Sua Memoria
Nel 1983 il Comune di Cetraro istituì un premio di saggistica, giornalismo e arte, dedicato alla memoria di Losardo.
Il 3 agosto 2003, a Fuscaldo (CS) venne fondato il Laboratorio sperimentale Giovanni Losardo che tuttora si pone come obiettivi principali di “dare un futuro alla memoria di Losardo, trasformare il male e trasmettere alle nuove generazioni il gusto per la bellezza e la legalità”, istituendo un premio internazionale di giornalismo e legalità. Editi dal Laboratorio sperimentale sono, Quel giorno dell’Ottanta e Non vivere in silenzio, due volumi che raccontano la storia dell’esponente del PCI calabrese.
A Giovanni Losardo sono state dedicate inoltre diverse piazze nella costa dell’alto tirreno cosentino e una piazza nel centro storico di Cetraro; a ricordare la sua storia vi è anche un’aula del Tribunale di Teramo, un’aula del Tribunale di Paola ed il presidio dell’Associazione Libera di Scalea.
Fonti
- ↑ La morte di un esponente Pci segnò l’inizio della mattanza, Repubblica, 2 maggio 2013
- ↑ “Don Giannino” un eroe per caso, il Quotidiano, 28 maggio 2008
Bibliografia
- Badolati A., Mamma 'ndrangheta, Pellegrini Editore, 2014.
- Bencivinni G., Caldiero F., Villani F., Non vivere in silenzio, edizione Laboratorio sperimentale “Giovanni Losardo”, 2010.
- Ramundo A., Il caso Losardo, edizione Laboratorio sperimentale “Giovanni Losardo”.