Giancarlo Siani
Giancarlo Siani (Napoli, 19 settembre 1959 – Napoli, 23 settembre 1985) è stato un giornalista italiano, assassinato dalla Camorra.
Biografia
Infanzia e adolescenza
Nato nel quartiere Vomero in una famiglia medio-borghese, Giancarlo Siani frequentò le scuole elementari alla "Vincenzo Cuoco", le medie alla "Michelangelo Schipa" e le superiori al Liceo Classico "Giambattista Vico. Negli anni del liceo partecipò alle contestazioni studentesche del 1977. L'anno successivo ottenne la maturità classica con il massimo dei voti (60/60).
Portavoce del Movimento Democratico per il Diritto all'informazione e Inviato del Mattino a Torre Annunziata
Iscrittosi all'università, fondò con altri giovani giornalisti, tra cui Gildo De Stefano e Antonio Franchini, il "Movimento Democratico per il Diritto all'Informazione" (MDDI), di cui fu portavoce in diversi convegni nazionali sulla libertà di stampa. Come giornalista del mensile della CISL "Il Lavoro del Sud" cominciò ad analizzare il fenomeno sociale della criminalità organizzata, fino a studiare l'evoluzione delle famiglie camorristiche del napoletano. Approdò quindi a "Il Mattino" di Napoli, divenendo corrispondente per Torre Annunziata nella sede distaccata di Castellammare di Stabia. Nello stesso periodo cominciò la sua collaborazione con il periodico "Osservatorio sulla Camorra", rivista socio-informativa diretta da Amato Lamberti".
Benché formalmente non potesse mettere piede in redazione in quanto corrispondente, Siani frequentava e scriveva i suoi pezzi nella redazione stabiese, utilizzandola come stazione logistica per il suo studio della Camorra. Fu qui che scoprì gli intrecci tra politica e camorra all'indomani del Terremoto dell'Irpinia, in particolare tra la politica e il boss Valentino Gionta. Questi interessi politico-criminali furono raccontati da Siani in oltre 300 articoli. Siani diventò l'unico ostacolo al funzionamento a pieno regime del sistema criminale amministrato dal sindaco socialista Domenico Bertone che, a giudizio del magistrato Armando D'Alterio[1], si concretizzava "nell'appalto, al clan Gionta, di buona parte della città di Torre Annunziata ed al riciclaggio dei relativi profitti."
Sindaco dal 1980 al 1985, Bertone aveva teorizzato il principio della "tranquillità del territorio", che si realizzava con uno stabile rapporto tra politici, imprenditori e camorristi. In particolare, prima aveva favorito da sindaco la pax camorristica all'indomani della strage di Torre Annunziata, e poi riuscì ad accontentare i Gionta, i Gallo e i Limelli, ripartendo gli appalti tra i tre clan. Le stesse divisioni in seno alla maggioranza in Consiglio Comunale rappresentavano gli opposti interessi del tre Clan.
La verità sull'arresto di Gionta, la condanna a morte
Le inchieste e le denunce di Siani lo portarono ad essere regolarizzato come corrispondente nell'arco di un anno. La sua condanna a morte fu però decisa a seguito di un suo articolo del 10 giugno 1985, due giorni dopo l'arresto di Gionta: in quell'articolo il giornalista scriveva che la cattura del boss "potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l'altro clan di "Nuova Famiglia", i Bardellino." L'articolo fece andare su tutte le furie i fratelli Nuvoletta, Angelo e Lorenzo, che incaricarono il cognato di Gionta, Gabriele Donnarumma, di recarsi al carcere di Pianosa per informare il boss recluso che avevano intenzione di eliminare il giornalista. Nonostante le rassicurazioni di Gionta, che si diceva convinto di non essere stato venduto dai Nuvoletta e non voleva l'omicidio di Siani, i Nuvoletta procedettero lo stesso in tal senso, anche perché spinti dallo "zio di Sicilia" (alias Totò Riina), come avrebbe spiegato lo stesso Donnarumma, divenuto collaboratore di giustizia: "Lo "zio" della Sicilia non accettava che, nei confronti di mafiosi - tali eravamo noi ed i Nuvoletta - si dicessero cose del genere e perciò dovevamo uccidere il giornalista."
L'omicidio
A ferragosto fu deciso l'omicidio di Siani, che sarebbe dovuto avvenire lontano da Torre Annunziata, per depistare le indagini. Giancarlo Siani venne ammazzato la sera del 23 settembre 1985, a 26 anni, sotto casa sua a Napoli, mentre scendeva dalla sua Citroën Méhari con capote a tela. Fu colpito 10 volte in testa da armi da fuoco 7.65mm da due pistole Beretta: l'agguato avvenne alle 20.50 circa a pochi metri dall'abitazione, in Piazza Leonardo - Villa Majo nel quartiere napoletano del Vomero.
Il giorno stesso aveva telefonato al suo ex-direttore dell'Osservatorio sulla Camorra, Amato Lamberti, chiedendogli un incontro per parlargli di cose che "è meglio dire a voce". Non si è però mai saputo di cosa si trattasse e se Giancarlo avesse iniziato a temere per la sua incolumità. Quel che è certo è che stava lavorando a un libro, le cui bozze non furono mai trovate. Il giorno prima dell'arresto di Gionta, Siani scriveva infatti a un'amica: "In questi giorni stiamo preparando il libro dossier "Torre Annunziata un anno dopo la strage". Ho un sacco di foto bellissime e di notizie che nessuno ha mai pubblicato. Solo che non abbiamo trovato soldi per stamparlo..."
I processi
Il 15 aprile del 1997 la seconda sezione della corte d'assise di Napoli ha condannato all'ergastolo i mandanti dell'omicidio (i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, Luigi Baccante detto Maurizio) e i suoi esecutori materiali (Ciro Cappuccio e Armando Del Core). In quella stessa condanna appare, come mandante, anche il boss Valentino Gionta. La sentenza è stata confermata dalla Corte di Cassazione, che però dispose per Valentino Gionta il rinvio ad altra Corte di Assise di Appello: alla fine secondo processo di appello, il 29 settembre del 2003, Gionta venne di nuovo condannato all'ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo scagionò definitivamente per non aver commesso il fatto.
Memoria
Nel 2004 è stato istituito il Premio Giornalistico Giancarlo Siani, dedicato a giornalisti impegnati sul fronte della cronaca.
Per saperne di più
Giancarlo Siani, Martire per la Libertà
Opere su Giancarlo Siani
Cinema
- E io ti seguo, di Maurizio Fiume (2004)
- Fortapàsc, di Marco Risi (2009)
Note
- ↑ citato in Barbagallo, Storia della Camorra p.144