Demetrio Quattrone

Da WikiMafia.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca


L'uomo non è né stupido né intelligente. O è libero o non lo è. All'infuori della libertà non si ha niente.
(Demetrio Quattrone)

Demetrio Quattrone (Reggio Calabria, 25 dicembre 1948 - Reggio Calabria, 28 settembre 1991) è stato un ingegnere ed ispettore del lavoro ucciso dalla 'ndrangheta per la sua attività di controllo e denuncia nell'ambito del settore dell'edilizia, tra cui anche alcune perizie per conto della Procura di Reggio, Palmi e Locri. Fu ucciso insieme all'amico medico Nicola Soverino. I due furono le vittime n. 142 e 143 di quell'anno, nell'ambito della Seconda guerra di 'ndrangheta.

Demetrio Quattrone

Biografia

Nato il 25 dicembre 1948, fu registrato all'anagrafe una settimana dopo, il 2 gennaio 1949[1].

Professionista integerrimo stimato in città e nella Regione, Demetrio Quattrone si distinse per una serie di interventi pubblici contro quello che definiva "il partito dei palazzinari" che comandava a Reggio Calabria. Da ingegnere inventò il dispositivo di sicurezza "a uomo presente" che nei trattori arresta immediatamente il mezzo quando il conducente viene sbalzato via dal sedile, dispositivo che solo anni dopo venne reso obbligatorio per legge.

Funzionario dell'Ispettorato provinciale del Lavoro, dove coordinava la delicata attività di controllo nei cantieri edilizi, era impegnato anche come consulente per le Procure di Reggio Calabria, Palmi e Locri, che indagavano sulle attività delle 'ndrine in piena Seconda guerra di 'ndrangheta. Sposato con Domenica Palamara, da cui ebbe tre figli (Rosa, Antonino e Maria Giovanna), viveva nel mulino di proprietà del suocero ristrutturato tra gli agrumeti di Villa San Giuseppe, nella zona nord di Reggio Calabria.

Cugino del deputato ed ex-sottosegretario agli Interni e all'epoca segretario regionale della Democrazia Cristiana Franco Quattrone, di cui era socio con una piccola quota nella società di consulenza Aurion, da cui però negli ultimi mesi di vita si era allontanato, fu il primo a mettere a fuoco in maniera chiara e precisa quanto stava accadendo intorno al "sacco edilizio di Reggio".

A Reggio comandano i palazzinari

In uno scritto risalente alla metà degli anni '80, Demetrio Quattrone scriveva:

AFFARISTI E IMPRENDITORI – Non può parlarsi a Reggio Calabria di industria delle costruzioni. Questa affermazione deriva dal fatto che non esiste una industria delle costruzioni nell'ambito della Provincia. Quanto detto perché la presenza dell’industria deriva da un mercato "compiuto", cioè da una domanda costante e non casuale come quella che è dato vedere. L’edilizia nasce a Reggio Calabria per interventi di tipo "stellare", cioè per punti senza continuità o programmazione. L’avvicinarsi di un intervento di finanziamento pubblico muove quindi il commerciante, l’affarista, non l’imprenditore. L’imprenditore nasce ed investe perché vede un mercato che esprime domanda nel lungo termine. L’affarista si organizza solo per fare l’affare che ha l’intenzione di concludere. Dall'affare trae il maggior guadagno possibile, non accantona ammortamenti ma investe tutto l’utile in beni permanenti che producono solo reddito a chi li possiede (ovvero immobili). Poiché "l’affare" è affrontato come tale, è impensabile una organizzazione dell’imprenditore dal punto di vista "industriale". Egli si contenta di organizzare il minimo necessario per raggiungere lo scopo del guadagno. Trattasi quindi solo di piccoli investimenti contingenti che non producono reddito futuro ma che viceversa sono distrutti al momento che l’affare è concluso.

Un esempio tipico sono gli interventi dello Stato e degli altri Enti pubblici nel campo dell’edilizia ed, in genere, nelle opere d’ingegneria. I finanziamenti sono scollati tra di loro, non è assicurata la continuità nelle commesse il che non promuove, mancando quella dall’alto, la programmazione locale.

L’affarista di conseguenza organizza fattori della produzione estemporanei ed attaccaticci; mira perciò non ad un reddito da impresa ma alla capacità di commercializzare l’affare. Non è perciò portato all’utilizzo di macchine o sistemi produttivi efficienti per abbassare i costi poiché tali macchine e sistemi presuppongono professionalità ed ammortamenti costosi. Dirotta la sua scelta verso guadagni più facili e molto meno rischiosi dal punto di vista imprenditoriale.

IL CANTIERE DA RAPINA – Nasce in quest’ottica il subappalto. L’imprenditore "passa" l’appalto ad imprese minori pretendendo una "tangente" per il solo fatto di aver vinto la gara d’appalto. Il subappaltatore, di dimensioni rispetto al primo ancora più ridotte e con disponibilità finanziarie minori, ha mezzi di produzione ancora più approssimativi. La mancanza di macchine lo induce, perché il lavoro sia remunerativo, a diminuire le "spese". Ecco che nasce il cantiere da "rapina", con nessun investimento per la protezione della vita degli operai, con il conseguente incremento delle morti bianche e con il sub-fenomeno del cottimista. La figura dell’operaio cottimista tipica è il giovanotto tra i 25 e i 40 anni che riesce a lavorare 13 ore al giorno e che viene pagato a "misura", cioè in funzione di quello che produce. Vengono scartati dall’ingaggio sia giovani che non hanno l’esperienza e quindi la velocità di esecuzione, sia gli anziani che, per effetto dell’età, non producono adeguatamente. Un risparmio notevole avviene inoltre per la mancanza del versamento degli oneri sociali. Il lavoro viene così eseguito in tempi "record" rispetto al cantiere "industriale", senza nessun controllo di tipo formale o sostanziale dell’opera, lasciando al caso o alla "coscienza" degli esecutori la bontà del manufatto.

Parallelamente nasce una attività di "carte" che porta l’operaio cottimista alla truffa per garantirsi l’indennità di disoccupazione od il compenso per inabilità da infortunio. Imprese fantasma "assumono" gli operai che lavorano a cottimo e, immancabilmente a periodi concordati, denunciano piccoli infortuni o malattie dei dipendenti che contribuiscono al recupero dei versamenti di legge ed alla integrazione dei guadagni dei lavoratori.

LE COOPERATIVE – La nascita di cooperative di produzione e lavoro aveva fatto sperare in rapporto più corretto sul lavoro tra datori, dipendenti, Enti ecc. Purtroppo quelli che dovevano essere strumenti democratici e di crescita dei lavoratori si sono dimostrati non modelli. Basta guardare i cantieri gestiti da cooperative di produzione per vedere che hanno conservato tutte le caratteristiche negative del cantiere da "rapina". L’uso del cottimo è sviluppatissimo, squadre fantasma lavorano il ferro, mettono in opera carpenterie, murano mattoni, intonacano, predispongono gli impianti a tempi record. Il tutto condito da calcestruzzi preconfezionati di dubbia qualità. Il prezzo per questa velocità, come già detto, sono la schiera di invalidi che poi si ritrovano a Piazza Duomo. Discorso parallelo per l’industrie di piccolissime dimensioni sorte a corollario. Essenzialmente trattasi di industrie di montaggio di pezzi semilavorati provenienti dalle industrie esterne alla Regione. E qui porterebbe lontano il ragionamento se esteso al "sistema" per finanziare con la 183 (Legge 183/76 istituzione della Cassa del mezzogiorno) le industrie in zona "cassa". Per esempio si stanno autorizzando e finanziando imprese per la produzione di "blocchi" in argilla espansa, in cemento vibrato ecc. Questo atteggiamento dell’Assessorato dell’Industrie Regionale ha portato alla chiusura di piccole, ma ad alta densità di lavoratori impiegati, industrie del laterizio, scegliendo di contro la nascita di aziende che non adoperano più materie prime reperibili in loco. Più serio sarebbe stato finanziare la modernizzazione di tali aziende, con costi per occupato infinitamente inferiori. Tornando all’imprenditore commerciante si tende, ora di spiegare il fenomeno dell’urbanesimo, caotico ed abusivo che si legge sul territorio.

IL PARTITO DEI PALAZZINARI – Il partito dei palazzinari a Reggio governa la città. Come si diceva, l’affare assicurato periodicamente e senza programmazione dallo Stato porta flussi di denaro che non vengono reinvesti nell’azienda che avrebbe dovuto produrre il bene oggetto dell’appalto. Detti flussi di denaro vengono trasformati in "cemento" da vendere poi alla classe impiegatizia, molto numerosa, reggina. Ma indirizzare il mercato verso queste scelte (casa edificata dal palazzinaro) significa fare in modo che l’offerta sia la più piccola possibile. Da qui il partito dei palazzinari ha una scelta quasi obbligata: bloccare con sistemi di potere l’attività degli uffici comunali preposti alla progettazione dell’uso del territorio. Si arriva a bloccare le progettazioni di cittadini fuori dal giro dei palazzinari per anni, facendo "passare" le progettazioni del partito dei palazzinari stessi.

Le scelte dei compratori vengono così definitivamente orientate verso l’imbuto anche dal boicottaggio generato dagli imprenditori verso gli appalti di ERP (Edilizia Residenziale Pubblica). Chiude il cerchio l’ostinato ritardo dell’attuale assessore a LLPP nel recepire gli aumenti per l’ERP definiti da leggi dello Stato. Collaterale, ma non di minore importanza, il fenomeno degli abusi. Esistono due categorie di abusi:

  • Cottimisti che investono i loro redditi (materiali) da lavoro nero proprio e di altri sfruttati, in "case" che vengono immesse nel mercato per categorie di acquirenti non molto danarosi che, pur di avere una casa, accettano compravendite con carte che di "notarile" hanno ben poco.
  • Cittadini che, vedendo sciogliersi giorno per giorno i risparmi, decidono la via dell’illegalità non essendo percorribile quella legale impedita dal partito dei palazzinari.

Questo insieme di situazioni e vicende stravolgono gli obiettivi che il PRG (Piano Regolatore Generale) si era dato. L’inefficienza degli organi di controllo ha fatto compromettere una qualsiasi programmazione in direzione delle opere di urbanizzazione. Si dovranno inseguire praticamente gli interventi abusivi per fornirli di quelle opere di urbanizzazione fondamentali per non dover compromettere, oltre che il territorio, anche la salute dei cittadini. I fondi si distribuiscono in mille rivoli facendo perdere loro efficacia e la città subirà le conseguenze dello sfascio per decenni.

Si è parlato nella prima parte di commercianti e non di imprenditori. Non si voleva e non si vuole qui denigrare la categoria dei commercianti. Gli stessi occupano un ruolo nel commercio. Il commerciante nell’imprenditoria è un aborto per la società. Fa nascere guerre per bande, spartizioni del territorio per zone di influenza nelle quali, poiché il numero è chiuso, esiste l’imposizione di prezzi non moderati dal libero mercato.

Quindi, nel nostro territorio, non può essere paragonato il piccolo imprenditore presente in altri territori della nazione, in quanto le piccole dimensioni non sono sinonimo di alta specializzazione ma, al contrario, di incapacità organizzativa. Quindi le "economie" che vengono operate nel settore edilizio sono caricate alla società. Altro esempio, oltre al cottimo, può essere evidenziato con l’uso di manodopera che ufficialmente risulta impiegata in corsi di formazione professionale.

Purtroppo con questa classe di imprenditori "affaristi" che ci ritroviamo non è possibile prevedere tempi migliori. Il guadagno, coperto con lamentele più o meno valide di eventuali "mazzette"a funzionari e mafiosi, non proviene da una organizzazione tecnico-economica efficiente, quindi non è tornaconto di impresa ma plusvalore ed, in quanto tale, a "qualcuno" viene sottratto. La modifica di questo stato di cose nasce dalla conoscenza. Nasce dalla conoscenza del proprio stato di sfruttati da parte dei lavoratori. Nell’ignoranza dello stato l’operaio può essere ristretto. Altri prendono decisioni che gli spettano. Quindi aumentare la capacità al ragionamento del lavoratore significa dargli più conoscenza e questo proviene dall’aumento della base culturale. Permanendo lo stato di ignoranza, il lavoratore non distingue le scelte strumentali operate sulla sua pelle e magari persegue obiettivi che interessano altre categorie o classi sociali.

Allora il grande disegno da attuare è una vera formazione professionale del lavoratore controllata dai lavoratori stessi e finalizzata ad occupazione stabile perché, tolto dallo stato di bisogno e dalla conseguente continua ricerca del soddisfacimento dei bisogni indispensabili, il lavoratore aumenterà la capacità critica, condurrà la battaglia con i compagni di lavoro e saprà di non essere solo quando definirà scelte. La formazione professionale, quindi, anche come comprensione del proprio stato e dalla propria forza per riuscire finalmente a trasformare il lavoro instabile dell’edile in lavoro stabile e non precario. Conseguenza di ciò è l’industrializzazione edilizia che dovrebbe essere sollecitata attraverso gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno con una più oculata scelta degli investimenti.

Ma la nascita di industrie di questo tipo comporta investimenti che si devono necessariamente ammortizzare nel lungo periodo, il che comporta programmazione anche degli interventi di edilizia che "adoperano" i componenti industrializzati. Per quanto sopra si auspica la nascita di un catalogo di elementi prequalificati a cura dell’Assessorato ai LLPP che imponga, negli appalti pubblici, l’uso di tali elementi.

L'agguato

La sera del 28 settembre 1991 Quattrone decise di far provare la sua nuova auto, una BMW 520, all'amico Nicola Soverino, 30 anni, medico omeopata laureatosi a Roma e tornato nella città natale, dove viveva a casa dei genitori nel rione Sbarre e prestava servizio presso la guardia medica di Gallico. Appena imboccata via Mulino, una stradina stretta e buia che in mezzo agli aranceti conduceva a casa Quattrone, arrivarono i primi colpi di fucile caricato a pallettoni contro l’autista. Soverino, che si trovava alla guida, muore all'istante, mentre QUattrone si gettò dallo sportello passeggero a terra tra l’automobile e un muretto basso. I killer, capito l'errore, tuttavia raggiunsero l'ingegnere e lo finirono a colpi di pistola 7,65.

Le indagini

Il caso apparve subito complesso. I sostituti procuratori Vincenzo Pedone e Santi Cutroneo, titolari dell’inchiesta, si trovarono di fronte a diverse piste: i controlli sui cantieri edilizi coordinati da Quattrone, i cui colleghi, in segno di protesta e solidarietà, si astennero per una settimana dalle missioni in esterno; il suo ruolo all'interno della società di consulenza Aurion, dove deteneva una piccola quota e da cui aveva manifestato più volte l'intenzione di liberarsi delle quote; la costruzione di due palazzi nelle zone di Arghillà e Pentimele attraverso le cooperative. Tuttavia nessuna si dimostrò prolifica e tutt'ora il duplice omicidio resta senza colpevoli.


Memoria

Il 28 settembre 2019 il Comune di Reggio Calabria ha intitolato un Largo all'ingegnere ucciso dalla 'ndrangheta nei pressi di Piazza Castello.


Note

  1. Racconto della figlia, Rosa Quattrone, a WikiMafia

Bibliografia

  • Pantaleone Sergi, Agguato mafioso a Reggio, uccisi due professionisti, la Repubblica, 29 settembre 1991