Coco Trovato ('ndrina)

Da WikiMafia.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Per questa voce non è stato possibile recuperare tutte le fonti giudiziarie e quindi le informazioni potrebbero risultare incomplete o non aggiornate. Se sei in grado di aiutarci, puoi inviare una mail a redazione@wikimafia.it

I Coco Trovato sono una ‘ndrina operante nella zona di Como, Lecco, Milano sin dai primi anni Ottanta.

La composizione

La struttura della ‘ndrina Coco Trovato

Il vertice indiscusso della ‘ndrina è rappresentato naturalmente dallo stesso Franco Coco Trovato, giunto in Brianza nel 1967 ed impiegato come manovale nell'edilizia prima di iniziare attività illecite. Trovato è coniugato con Eustina Musolino, alla quale facevano formalmente capo le due più importanti attività “legali” della famiglia, e cioè il ristorante "Il Portico" di Airuno ed il ristorante "Wall Street" di Lecco. Dal matrimonio dei coniugi Trovato sono nati tre figli: Giuseppina, Emiliano e Rolando. La figlia Giuseppina si sposò con Carmine De Stefano, figlio del boss Paolo. Il primogenito, Emiliano, risulterebbe aver avuto rapporti con molti degli indagati dell’operazione Wall Street, anche se ciò non costituisce un fatto penalmente rilevante. [1]

La struttura della ‘ndrina Flachi

Anche Giuseppe Flachi è contornato da un nucleo familiare ampio, che secondo i collaboratori di giustizia sarebbe caratterizzato da una forte rilevanza nella gerarchia criminale della 'Ndrangheta. Le indagini patrimoniali della Guardia di Finanza, estese all'intero novero dei parenti stretti dell'interessato, hanno posto in luce un quadro dove la sproporzione tra redditi dichiarati e beni acquisiti è tale che sembrerebbe evidente la disponibilità di capitali illeciti da parte degli interessati. Filippo Flachi è il capostipite del nucleo familiare, ed ha sposato in seconde nozze Rosa Bandiera (sorella del collaboratore Emilio, noto per questo come lo "zio" di Pepè Flachi). Giuseppe Flachi, invece, è sposato con Licia Tenace (dopo un precedente matrimonio con Ornella Strambi), e con lei autore di dichiarazioni di redditi tali che, se effettivi, non avrebbero probabilmente consentito la loro sopravvivenza (neppure 80 milioni di lire lordi in un quinquennio). [2] Pepè Flachi era “l’erede” della vecchia banda di rapinatori della Comasina (i cui riferimenti erano Renato Vallanzasca e Antonio Colia, cioè due dei più famosi e pericolosi personaggi della criminalità milanese). Tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80, Flachi era riuscito ad imporsi sui vecchi “soci”, mostrando in quella vicenda determinazione e decisione nell'affermare la propria leadership nel quartiere Comasina.

La ‘ndrina Sarlo

I fratelli Sarlo ed il gruppo dei loro più stretti collaboratori non sono certo comparsi sulla scena delle indagini giudiziarie, per la prima volta, nell'ambito dell’operazione “Wall Street”. Mario e Luciano (imputati nel presente processo) hanno collezionato importanti condanne per traffici di stupefacenti ed armi. In questo procedimento il gruppo Sarlo è affrontato come possibile articolazione territoriale della più vasta organizzazione criminosa capeggiata da Flachi e Coco Trovato. Secondo gli inquirenti, soprattutto attraverso la figura di Giorgio Tocci, il gruppo avrebbe inoltre vantato collegamenti strettissimi anche con la criminalità organizzata operante in Puglia, ed in particolare con il clan tarantino che avrebbe fatto capo a Tonino Modeo (dissidente della famiglia Modeo, che avrebbe capeggiato il clan opposto) e a Salvatore De Vitis [3].

Il gruppo Paviglianiti

È il collaboratore di giustizia Salvatore Annacondia a presentare i Paviglianiti come un gruppo di soggetti dediti al traffico di stupefacenti e strettamente collegato all'organizzazione di Flachi e Coco Trovato. E' utile, in proposito, riportare un passo delle dichiarazioni di Annacondia per spiegare i rapporti tra i due gruppi criminali dopo il tentato omicidio di Franco Coco Trovato: "Dopo l'agguato a Franco Coco, si tenne a Milano una cena in un ristorante nella zona di Corsico, alla quale parteciparono il Coco stesso, Mimmo Paviglianiti, Antonio Papalia. Me la descrisse il Paviglianiti con il quale, come dirò, avevo strettissimi rapporti, che ho mantenuto persino durante buona parte di questa mia ultima detenzione. La partecipazione e l'interessamento di Mimmo Paviglianiti e di Antonio Papalia (con il quale pure ho avuto ampi rapporti) furono dovuti alle seguenti ragioni : - da un lato tutti costoro, come Coco e Flachi, sono affiliati alla 'Ndrangheta ... e dunque obbligati reciprocamente fra loro a prestarsi aiuto; - in particolare, tutti costoro erano legati alla "famiglia" De Stefano ... Dunque, poiché nell'agguato di Bresso aveva rischiato di morire Giuseppe (De Stefano), ne scaturiva, se possibile, un obbligo di assistenza al Coco e di aiuto ancora maggiore; - dall'altro lato, infine, era ovvio che il Paviglianiti ed il Papalia, grossi personaggi nel traffico di stupefacenti del milanese, erano interessati a conoscere i termini della "guerra" che era scoppiata e che rischiava di danneggiare gli affari di tutti i gruppi."

Nel corso di questa cena, dunque, Paviglianiti e Papalia avevano deciso di spalleggiare Franco Coco e Flachi, che era presente a tutti gli effetti nelle discussioni e nelle decisioni, anche se era latitante [4].

La fusione con il gruppo Flachi e la nuova geografia criminale

Secondo il racconto di alcuni collaboratori di giustizia, la fusione tra i due gruppi criminale avvenne a seguito di una riunione costitutiva, avvenuta nell'estate 1986 a Caponago. I fondatori avrebbero stretto un patto di società spaziante dalla disciplina dei territori e delle fonti di approvvigionamento fino alla tenuta d'una contabilità formale, quale presupposto per meccanismi fissi di ripartizione degli utili. L’organizzazione sarebbe così diventata unitaria, ereditando risorse umane e materiali dall'una e dall'altra, oltre ad un dominio sulle aree territoriali nelle quali si era esercitata la loro attività criminale negli anni. Il neonato clan avrebbe ottenuto dunque il controllo sulla città di Lecco e sul Comasco grazie alla ‘ndrina Trovato, che aveva il radicamento anche nella zona di Calolziocorte, e sulla periferia nord occidentale di Milano grazie alla ‘ndrina Flachi. Infine, grazie alla faida con il Clan Batti, avrebbe esteso il controllo sul mercato degli stupefacenti anche nel territorio metropolitano di Milano. Esisteva una gerarchia interna, e l'organizzazione avrebbe disposto di importante risorse materiali, a partire dall'armamento, che le aveva consentito di gestire lo scontro a fuoco con più d'un gruppo rivale (dai Batti ai frazionisti di Raduano, alla eliminazione, che si prospetterebbe sistematica, dei commercianti turchi di eroina). [5] Secondo il Pubblico Ministero dell’ordinanza “Wall Street”, il nuovo gruppo criminale avrebbe avuto un collegamento organico con altri gruppi calabresi, fino a prospettarsi un’unica organizzazione comprendente anche di essi. Grazie a ciò, avrebbe esteso la propria attività nella zona di Busto Arsizio, già interessata dalla presenza del gruppo criminale capeggiato da Pasquale Ventura, Cassano d’Adda fino alle vicinanze di Brescia. Grazie invece al rapporto tra Antonio Schettini e Mario Sarlo, il cui gruppo operava nel monzese, avrebbe avuto il controllo anche a Cusano Milanino. Con altri gruppi, come coi Paviglianiti, il Pubblico Ministero sostiene che i Coco Trovato non avessero rapporti organici, ma un’alleanza di tipo “strategico”, ovvero basata sul traffico di stupefacenti.

Secondo la formulazione accusatoria del Pubblico Ministero per quanto riguarda l’imputazione ex art. 416 bis del codice penale, numerosi affiliati della 'Ndrangheta calabrese, tra i quali Coco Trovato e Flachi, avevano costituito una organizzazione estesa territorialmente su una parte significativa della Lombardia. La suddetta organizzazione sarebbe stata dedita al traffico degli stupefacenti ma anche a delitti contro il patrimonio (usura, estorsione, truffa) e contro la persona (omicidi). Sempre secondo gli inquirenti, indipendentemente dalla qualifica della struttura quale "Locale" della 'Ndrangheta, l'organizzazione aveva assunto i caratteri propri della cosca mafiosa, esercitando intimidazione, controllando il territorio e affermando la propria autorità e supremazia attraverso l'omicidio. Tutto ciò, almeno, si sarebbe realizzato al livello dei capi del gruppo, che sarebbero stati tutti affiliati alla mafia calabrese [6]. Ciò è particolarmente evidente per Coco Trovato grazie all'apparentamento, con la famiglia De Stefano, avvenuto attraverso il matrimonio della figlia con Carmine De Stefano. Filippo Barreca, collaboratore di giustizia ha spiegato dato la logica di alleanza che avrebbe guidato le due famiglie. Quella di Coco Trovato per spingersi verso l'apparato di vertice dello schieramento mafioso sul cui versante si sarebbe trovato allo scoppio dell'ultima guerra calabrese (De Stefano appunto, ma anche coi Tegano, Libri e Latella), e quella di De Stefano, che conquistava un caposaldo rilevantissimo in Lombardia e migliorava i rapporti anche con le ‘ndrine con le quali Franco Coco Trovato si trovava in buoni rapporti, come nel caso dei Papalia [7].

Le attività

L’attività principale della ‘ndrina Coco Trovato era il traffico di stupefacenti, come testimoniato dai numerosi collaboratori di giustizia del procedimento dell’ Autorità Giudiziaria sopraccitato. Secondo quanto testimoniato da Saverio Morabito, l’organizzazione aveva rapporti con il gruppo criminale siciliano di Gaetano Carollo e Bonanno, fino a quando il gruppo Sergi non subentrò ad essi. A quel punto, il gruppo Coco Trovato cercò nuove fonti di approvvigionamento per quanto riguarda il traffico di droga, e decise di contattare direttamente i fornitori turchi, oltre a cercare i rapporti col clan dei cursoti di Jimmi Miano. Il collaboratore di giustizia Filippo Barreca ha raccontato che Diego Spinella gli aveva confidato, nel carcere di Palmi, di essere responsabile dell’importazione di centinaia di chili di eroina e cocaina proprio per i Coco Trovato. Sempre secondo Barreca, Spinella si sarebbe detto preoccupato dell’enorme espansione territoriale di questo clan, tanto da meditare una sospensione delle forniture. Diego Spinella venne poi ucciso il 5 marzo 1993 a Turate, in provincia di Como [8] Il collaboratore di giustizia Saverio Morabito aveva raccontato di aver appreso dai giornali dell’omicidio di Angelo d’Este e del ferimento di Polat Cafer, indagato nell’operazione “Wall Street”, avvenuto il 29 ottobre 1987 a Paderno Dugnano. A seguito di tale notizia, aveva dedotto che Flachi e Coco Trovato avevano utilizzato come metodo per non pagare le forniture di stupefacenti quello di uccidere i fornitori [9].

Nelle aree territoriali di competenza l’associazione Flachi-Trovato-Schettini conquistò un diritto di esclusiva nello spaccio di stupefacenti e sul finire degli anni ‘80 si manifestò la confluenza nell’organizzazione di alcuni gruppi fino ad allora autonomi, che da semplici acquirenti dello stupefacente divennero organici di un’unica associazione con struttura satellitare. Fase di evoluzione del sodalizio determinata da una vicenda di fondamentale importanza, cioè la cosiddetta guerra insorta tra l’associazione Flachi-Trovato-Schettini e il clan Batti. Intorno al 1990, il gruppo di Cusano Milanino-Cinisello Balsamo (facente riferimento a Mario Sarlo e Giorgio Tocci) da semplice acquirente sarebbe divenuto una parte organicamente coinvolta nelle attività dell’associazione; analoga sorte sarebbe toccato al gruppo facente capo a Salvatore Pace. Più defilata fu la partecipazione del gruppo operante nel'area di Busto Arsizio, anche se non si può sottovalutare che i rapporti tra Pasquale Ventura e Franco Coco Trovato risalivano alla prima metà degli anni ‘80, oltre al fatto che i Ventura erano una famiglia collegata al clan Arena di Isola di Capo Rizzuto [10].

Lo scontro con il gruppo Batti

Vedi operazione Wall Street

Bibliografia

  • Guglielmo Leo, Ordinanza di applicazione di misure cautelari - Procedimento Penale n. 12602/92, Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 27 maggio 1994

Note

  1. Guglielmo Leo, Ordinanza di applicazione di misure cautelari - Procedimento Penale n. 12602/92 R.G.N.R, Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 27 maggio 1994, pag. 280
  2. Ivi, pagg. 298-299
  3. Ivi, pag. 356
  4. Ivi, pag. 202
  5. Ivi, pagg. 394-395
  6. Ivi, pag. 396
  7. Ivi, pag. 397
  8. Ivi, pag. 273-274
  9. Ivi, pag. 278
  10. Ivi, pagg. 481-482