Camorra ad Avellino

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Avellino è una provincia a storico insediamento camorristico: sin dalla seconda metà del XX secolo, la Camorra risultava presente sul territorio storico-geografico dell'Irpinia, anche se con una forza e influenza ridotta. Il devastante terremoto che colpì l'Irpinia il 23 novembre 1980, e i conseguenti ingenti fondi destinati alla ricostruzione, permisero ai clan avellinesi di fare un salto di qualità criminale.

Storia e attività

Dopo il terremoto del 1980, si imposero nello scenario criminale tre gruppi: a Quindici nel Vallo di Lauro e nella Valle Caudina diventarono potenti il Clan Cava e il Clan Graziano, che diedero inizio alla Faida del Vallo di Lauro, che dura tutt'oggi; a San Martino Valle Caudina si stabilì invece il Clan Pagnozzi, fino a quel momento attivo a San Giovanni a Teduccio in provincia di Napoli e lì trasferitosi per sfuggire ad eventuali ritorsioni degli uomini di Raffaele Cutolo.

Questi tre clan egemonizzarono la provincia di Avellino fino alla fine degli anni '90, quando nacque il Clan Genovese, meglio noto come Clan Partenio, che si inserì nello scenario criminale avendo come punto di riferimento la città di Avellino e lo stretto hinterland.

Questi quattro clan tutt'oggi operano un controllo del territorio di "tipo classico", attuato attraverso soffocanti condotte estorsive nei confronti di negozianti ed imprenditori del settore edile.

Molto frequente nella fase intermedia e/o finale del rapporto estorsivo il danneggiamento di "cose esposte alla pubblica fede", cioè automobili, mezzi d'opera, capannoni[1]. Usura, estorsioni, racket e infiltrazioni in appalti e sub-appalti rappresentano le principali fonti di guadagno della camorra avellinese.

In particolare, i clan detengono il monopolio del calcestruzzo e del movimento terra, che consentono alle associazioni mafiose di pretendere e ottenere l’affidamento di lavori in subappalto. La stessa attività di estrazione, effettuata mediante la conduzione di cave, è di particolare interesse per i clan irpini che, attraverso il mercato del calcestruzzo, controllano l’attività edilizia[2].

Con l'avvento del nuovo millennio gli schieramenti sono rimasti praticamente inalterati nelle loro identità, anche se sono stati colpiti duramente da numerose operazioni delle forze dell’ordine che ne hanno indebolito, a tratti, l'influenza.

Situazione attuale

Gli equilibri e i confini territoriali delle varie organizzazioni che gestiscono gli illeciti sono rimasti pressoché inalterati. La Valle Caudina vede il proseguimento della leadership del clan Pagnozzi; nel Vallo di Lauro continua il duopolio del clan Cava e del clan Graziano, con il primo che è stato colpito dagli esiti di un’indagine conclusa il 21 luglio 2020 dai Carabinieri nei confronti 6 affiliati tra i quali figura l’elemento apicale, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata.

Nell’hinterland avellinese vige una certa fibrillazione dopo la decapitazione del Nuovo Clan Partenio. Sulla città capoluogo è ancora presente l’influenza dei Galdieri. Il suddetto gruppo criminale è stato oggetto dell’operazione “Aste Ok”, con i Carabinieri e la Guardia di Finanza che hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di 14 persone. Agli indagati sono stati contestati i reati di estorsione, turbata libertà degli incanti, falsità materiale, truffa, trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio commessi avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo.

Il 20 agosto 2020, in via Visconti ad Avellino, c’è stato un tentato omicidio ai danni di un pluripregiudicato del luogo. In risposta, il 21 agosto 2020, un raid ha portato all’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco dei confronti di un circolo frequentato da pregiudicati [3].

Importante sviluppo nello scenario criminale irpino è stato lo scioglimento del consiglio comunale di Pratola Serra decretato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dell’Interno, il 26 ottobre 2020. La decisione è arrivata dopo che una Commissione d’accesso Antimafia ha stabilito e dimostrato delle ingerenze da parte di soggetti legati alla realtà camorristica locale. Campanello d’allarme che dimostra come i clan locali siano interessati a mettere le mani sul tessuto politico-amministrativo.

In Alta Irpinia è stata registrata la presenza e l’influenza della criminalità pugliese identificata nella mafia foggiana. Avvalendosi di un personaggio del luogo, la Società foggiana dei Sinesi-Francavilla si è pericolosamente insinuata nel tessuto economico irpino. Gli interessi principali sono rappresentati dal movimento terra e dagli scavi per la realizzazione dei parchi eolici [4].

Clan di Camorra attivi

Stragi

Le Stragi che si sono consumate in provincia di Avellino sono due e sono inserite all'interno della Faida di Quindici/Vallo di Lauro.

Strage di Scisciano (1991)

Il 21 novembre 1991 Eugenio Graziano, latitante ex-sindaco di Quindici, Vincenzo Graziano e Gaetano Santaniello si recarono presso una carrozzeria di Spartimento, una frazione di Scisciano, per la riparazione della loro auto blindata, che aveva fuso il motore. Vincenzo ed Eugenio erano nipoti del boss ed ex-sindaco di Quindici Raffaele Pasquale Graziano.

Scesi dalla vettura, furono raggiunti però da una raffica di colpi di kalashnikov: Santaniello fu il primo a morire; Vincenzo Graziano provò a fuggire, ma dopo pochi metri venne falciato da una sventagliata di mitra; Eugenio Graziano cercò di fuggire attraverso le campagne circostanti, ma il secondo gruppo di killer lo inseguì e lo uccise, sfigurandogli orrendamente il volto a colpi di mitra.

Vincenzo ed Eugenio erano nipoti del boss ed ex sindaco di Quindici Raffaele Pasquale Graziano. La strage era stata messa in atto dagli esponenti del clan Cava avendo come obiettivo quello di eliminare le giovani leve del clan Graziano, individuate nei tre uomini[5].

Strage delle donne (2002)

La sera del 26 maggio 2002, a bordo di un'Audi viaggiavano alcune donne legate al clan Cava. L’automobile venne speronata da un’altra vettura, un’Alfa Romeo guidata dal boss Salvatore Luigi Graziano, a capo dell'omonimo clan.

Non appena la vettura sulla quale viaggiavano uscì fuori strada, le donne furono travolte da una raffica di proiettili. A morire furono tre parenti del boss Biagio Cava: la figlia di 16 anni Clarissa, la sorella cinquantunenne Michelina e la cognata cinquantatreenne Maria Scibelli. La figlia diciannovenne del boss, Felicetta, si salvò ma rimase paralizzata. Oltre a lei, altri 5 furono i feriti.

La strage fu compiuta non solo dal boss Salvatore Luigi Graziano, ma anche da Antonio Mazzocchi e altre donne del clan [6].

Consigli Comunali sciolti per infiltrazione camorristica

  1. Quindici, 14/04/1993
  2. Quindici, 24/09/2002
  3. Pago del Vallo di Lauro, 23/06/1993
  4. Pago del Vallo di Lauro, 13/03/2009
  5. Pratola Serra, 22/10/2020

NOTE

  1. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2011, p. 150
  2. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2002, p. 60
  3. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2020, p. 184
  4. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2020, p. 186
  5. Strage di Scisciano: il boss Biagio Cava fu la mente della mattanza, IrpiniaNews.it, 30 ottobre 2012
  6. Camorra, agguato in Irpinia: morte tre donne del clan Cava, La Repubblica, 27 maggio 2002

Bibliografia

  • Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2011
  • Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2002