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<center>('''[[Giovanni Falcone]]''')<ref>Giovanni Falcone, Cose di Cosa nostra, in collaborazione con M. Padovani, Milano 1991, p.93</ref></center></blockquote> | <center>('''[[Giovanni Falcone]]''')<ref>Giovanni Falcone, Cose di Cosa nostra, in collaborazione con M. Padovani, Milano 1991, p.93</ref></center></blockquote> | ||
[[File:Cosa-nostra.jpg|alt=cosa nostra|miniatura]] | |||
Con il termine '''Cosa Nostra''' si intende l'organizzazione criminale di stampo mafioso nata in Sicilia, la più famosa e fino agli inizi degli anni '90 la più potente tra le organizzazioni mafiose a livello internazionale. A lungo identificata con la parola di origine siciliana "[[mafia]]", Cosa Nostra ha giocato un ruolo e ha avuto un peso nelle vicende politiche dell'Italia unita, sin dalle origini che nessun'altra organizzazione mafiosa può vantare. | Con il termine '''Cosa Nostra''' si intende l'organizzazione criminale di stampo mafioso nata in Sicilia, la più famosa e fino agli inizi degli anni '90 la più potente tra le organizzazioni mafiose a livello internazionale. A lungo identificata con la parola di origine siciliana "[[mafia]]", Cosa Nostra ha giocato un ruolo e ha avuto un peso nelle vicende politiche dell'Italia unita, sin dalle origini che nessun'altra organizzazione mafiosa può vantare. | ||
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[[File:Notarbartolo.jpg|200px|thumb|right|Emanuele Notarbartolo di San Giovanni, in una foto d'epoca]] | [[File:Notarbartolo.jpg|200px|thumb|right|Emanuele Notarbartolo di San Giovanni, in una foto d'epoca]] | ||
In particolare, Notarbartolo finì immischiato nella guerra di potere a livello nazionale che vedeva contrapposti il gruppo di potere legato a '''Giovanni Giolitti''', presidente del Consiglio in carica, e '''Francesco Crispi''', che gli sarebbe succeduto dopo lo scoppio dello scandalo della Banca Romana. Il marchese firmò la propria condanna a morte quando espresse la sua volontà nel gennaio 1893 di rendere spontanee dichiarazioni alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta in merito alle malversazioni attorno al Banco di Sicilia, legati al gruppo di potere crispino: il 1° febbraio, mentre si trovava su una carrozza di prima classe del treno della linea Termini Imerese - Palermo, l'ex-sindaco di Palermo '''venne ucciso con 27 coltellate''' e scaraventato giù dal finestrino, all'altezza di Trabia. | In particolare, Notarbartolo finì immischiato nella guerra di potere a livello nazionale che vedeva contrapposti il gruppo di potere legato a '''Giovanni Giolitti''', presidente del Consiglio in carica, e '''Francesco Crispi''', che gli sarebbe succeduto dopo lo scoppio dello scandalo della Banca Romana. Il marchese firmò la propria condanna a morte quando espresse la sua volontà nel gennaio 1893 di rendere spontanee dichiarazioni alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta in merito alle malversazioni attorno al Banco di Sicilia, legati al gruppo di potere crispino: il 1° febbraio, mentre si trovava su una carrozza di prima classe del treno della linea Termini Imerese - Palermo, l'ex-sindaco di Palermo '''venne ucciso con 27 coltellate''' e scaraventato giù dal finestrino, all'altezza di Trabia. | ||
[[File:Raffaele palizzolo.jpg|200px|thumb| | [[File:Raffaele palizzolo.jpg|200px|thumb|Raffaele Palizzolo|alt=Raffaele Palizzolo]] | ||
L'omicidio scandalizzò l'opinione pubblica non solo siciliana e assunse un'eco nazionale, accendendo i riflettori sulla criminalità organizzata in Sicilia. Ci vollero però quasi sette anni prima dell’inizio delle udienze e sul banco degli imputati finirono due addetti del treno su cui viaggiava il marchese, che avevano però un ruolo marginale nella vicenda. Il figlio di Notarbartolo, Leopoldo, si costituì parte civile al processo e, tra lo stupore del pubblico, accusò pubblicamente '''Raffaele Palizzolo di essere il mandante dell’omicidio del padre'''. Inoltre riuscì ad avere l’appoggio politico del presidente del consiglio dell'epoca, Luigi Pelloux, amico di famiglia, che si diede da fare affinché si spostasse il processo '''da Palermo a Milano''' per evitare intimidazioni nei confronti dei testimoni, e fece in modo che la camera votasse a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Palizzolo. | L'omicidio scandalizzò l'opinione pubblica non solo siciliana e assunse un'eco nazionale, accendendo i riflettori sulla criminalità organizzata in Sicilia. Ci vollero però quasi sette anni prima dell’inizio delle udienze e sul banco degli imputati finirono due addetti del treno su cui viaggiava il marchese, che avevano però un ruolo marginale nella vicenda. Il figlio di Notarbartolo, Leopoldo, si costituì parte civile al processo e, tra lo stupore del pubblico, accusò pubblicamente '''Raffaele Palizzolo di essere il mandante dell’omicidio del padre'''. Inoltre riuscì ad avere l’appoggio politico del presidente del consiglio dell'epoca, Luigi Pelloux, amico di famiglia, che si diede da fare affinché si spostasse il processo '''da Palermo a Milano''' per evitare intimidazioni nei confronti dei testimoni, e fece in modo che la camera votasse a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Palizzolo. | ||
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==== Mafia e Socialismo: Bernardino Verro e i fasci siciliani ==== | ==== Mafia e Socialismo: Bernardino Verro e i fasci siciliani ==== | ||
Nell'ultimo decennio del XIX secolo le condizioni di vita dei contadini siciliani erano diventate insostenibili, a causa del sistema di intermediazione gestito dai c.d. gabelloti. Fu per questo motivo che nacquero '''i Fasci Siciliani''', leghe di coltivatori organizzate dal corleonese [[Bernardino Verro]] | Nell'ultimo decennio del XIX secolo le condizioni di vita dei contadini siciliani erano diventate insostenibili, a causa del sistema di intermediazione gestito dai c.d. gabelloti. Fu per questo motivo che nacquero '''i Fasci Siciliani''', leghe di coltivatori organizzate dal corleonese [[Bernardino Verro]] | ||
[[File:Bernardino Verro.jpg|200px|thumb| | [[File:Bernardino Verro.jpg|200px|thumb|Bernardino Verro|alt=Bernardino Verro]] | ||
Il movimento, di chiara ispirazione socialista, chiedeva nuovi contratti che stipulassero una ripartizione paritaria del prodotto tra i proprietari e i contadini di piccoli fondi. I mafiosi, visto il clima di incertezza politica, offrirono allora a Verro la possibilità di essere iniziato: il leader socialista accettò in parte per ingenuità (pochi sapevano cosa fosse veramente la mafia, i più la ritenevano una semplice associazione segreta), in parte per ottenere la loro protezione contro le numerose minacce di morte che gli erano arrivate. Le cose però precipitarono quasi subito: i mafiosi, avendo capito che lo Stato avrebbe represso i Fasci, decisero di appoggiare i proprietari terrieri, declinando le richieste dei movimenti contadini, cosa che portò Verro a pentirsi amaramente di avervi fatto accordi. Nel [[1894]] il fascio fu represso definitivamente con la legge marziale: l’esercito giunse in Sicilia e sedò le rivolte. | Il movimento, di chiara ispirazione socialista, chiedeva nuovi contratti che stipulassero una ripartizione paritaria del prodotto tra i proprietari e i contadini di piccoli fondi. I mafiosi, visto il clima di incertezza politica, offrirono allora a Verro la possibilità di essere iniziato: il leader socialista accettò in parte per ingenuità (pochi sapevano cosa fosse veramente la mafia, i più la ritenevano una semplice associazione segreta), in parte per ottenere la loro protezione contro le numerose minacce di morte che gli erano arrivate. Le cose però precipitarono quasi subito: i mafiosi, avendo capito che lo Stato avrebbe represso i Fasci, decisero di appoggiare i proprietari terrieri, declinando le richieste dei movimenti contadini, cosa che portò Verro a pentirsi amaramente di avervi fatto accordi. Nel [[1894]] il fascio fu represso definitivamente con la legge marziale: l’esercito giunse in Sicilia e sedò le rivolte. | ||
[[File:Fasci siciliani castelvetrano 1893.jpg|200px|thumb|right|Una delle insurrezioni dei fasci siciliani a Castelvetrano nel 1893, in un disegno dell'epoca. Fonte: Archivio Storico de l'Unità]] | [[File:Fasci siciliani castelvetrano 1893.jpg|200px|thumb|right|Una delle insurrezioni dei fasci siciliani a Castelvetrano nel 1893, in un disegno dell'epoca. Fonte: Archivio Storico de l'Unità]] | ||
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==== Il summit del 1957 ==== | ==== Il summit del 1957 ==== | ||
* ''Per approfondire, vedi [[Summit Grand Hotel et des Palmes]]'' | * ''Per approfondire, vedi [[Summit Grand Hotel et des Palmes]]'' | ||
[[File:Hotel delle palme palermo.jpg|alt=Il Grand Hotel et des Palmes|miniatura|Il Grand Hotel et des Palmes]] | |||
Un passaggio fondamentale nella storia fu rappresentato dal Summit tenutosi a Palermo tra i capi di Cosa Nostra siciliana e [[Cosa Nostra Americana]] tra il 12 e il 16 ottobre [[1957]], durante il quale vennero ricuciti i rapporti tra le due organizzazioni e si discusse l'ingresso dei siciliani nel business del traffico di stupefacenti. Con la commissione Kefauver che accendeva i riflettori sugli affari dei boss italo-americani e la rivoluzione cubana in corso che avrebbe spazzato via la dittatura corrotta e brutale di '''Fulgencio Batista''', Cosa Nostra Americana aveva infatti bisogno per continuare il traffico di stupefacenti di una rete fidata di uomini, di un socio a cui poter affidare una gestione divenuta troppo pericolosa, se condotta esclusivamente negli USA, e di una nuova base per lo smistamento: da questo punto di vista, i mafiosi siciliani, già impegnati nel contrabbando di sigarette per tutto il Mediterraneo, rappresentavano il partner ideale per ritirare l'eroina raffinata nel sud della Francia e poi spedirla negli USA. | Un passaggio fondamentale nella storia fu rappresentato dal Summit tenutosi a Palermo tra i capi di Cosa Nostra siciliana e [[Cosa Nostra Americana]] tra il 12 e il 16 ottobre [[1957]], durante il quale vennero ricuciti i rapporti tra le due organizzazioni e si discusse l'ingresso dei siciliani nel business del traffico di stupefacenti. Con la commissione Kefauver che accendeva i riflettori sugli affari dei boss italo-americani e la rivoluzione cubana in corso che avrebbe spazzato via la dittatura corrotta e brutale di '''Fulgencio Batista''', Cosa Nostra Americana aveva infatti bisogno per continuare il traffico di stupefacenti di una rete fidata di uomini, di un socio a cui poter affidare una gestione divenuta troppo pericolosa, se condotta esclusivamente negli USA, e di una nuova base per lo smistamento: da questo punto di vista, i mafiosi siciliani, già impegnati nel contrabbando di sigarette per tutto il Mediterraneo, rappresentavano il partner ideale per ritirare l'eroina raffinata nel sud della Francia e poi spedirla negli USA. | ||
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=== L'ascesa dei Corleonesi === | === L'ascesa dei Corleonesi === | ||
* ''Per approfondire, vedi [[Clan dei Corleonesi]]'' | * ''Per approfondire, vedi [[Clan dei Corleonesi]]'' | ||
[[File:Salvatore Riina.jpeg|alt=Totò Riina|miniatura|200x200px|Totò Riina]] | |||
Dopo le assoluzioni, Cosa Nostra cominciò a riorganizzarsi, anche se non fu ricostituita immediatamente la [[Commissione provinciale|commissione provinciale]] perché i mandamenti non funzionavano ancora a dovere e, soprattutto, le famiglie erano rimaste a secco. Come ricordò il pentito [[Antonino Calderone]], "''i soldi erano finiti per tutti. Se ne erano andati in avvocati, carcerazioni e cose del genere. Ci fu una raccolta fondi che fruttò 20-30 milioni, consegnati a [[Totò Riina]], come reggente di Palermo, e che servivano a sostenere chi aveva bisogno urgente di denaro o si trovava in situazioni di emergenza. Verso il [[1971]] si organizzarono addirittura una serie di sequestri.''"<ref>Pino Arlacchi, Gli uomini del Disonore, Milano, Mondadori, 1992, p.85</ref> | Dopo le assoluzioni, Cosa Nostra cominciò a riorganizzarsi, anche se non fu ricostituita immediatamente la [[Commissione provinciale|commissione provinciale]] perché i mandamenti non funzionavano ancora a dovere e, soprattutto, le famiglie erano rimaste a secco. Come ricordò il pentito [[Antonino Calderone]], "''i soldi erano finiti per tutti. Se ne erano andati in avvocati, carcerazioni e cose del genere. Ci fu una raccolta fondi che fruttò 20-30 milioni, consegnati a [[Totò Riina]], come reggente di Palermo, e che servivano a sostenere chi aveva bisogno urgente di denaro o si trovava in situazioni di emergenza. Verso il [[1971]] si organizzarono addirittura una serie di sequestri.''"<ref>Pino Arlacchi, Gli uomini del Disonore, Milano, Mondadori, 1992, p.85</ref> | ||
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=== Il Maxiprocesso di Palermo === | === Il Maxiprocesso di Palermo === | ||
* ''Per approfondire, vedi [[Maxiprocesso di Palermo]]'' | * ''Per approfondire, vedi [[Maxiprocesso di Palermo]]'' | ||
[[File:Maxiprocesso accusa.jpg|alt=L'Aula Bunker durante il Maxiprocesso|miniatura|L'Aula Bunker durante il Maxiprocesso]] | |||
Nonostante l'omicidio di Chinnici, il Pool antimafia continuò il suo lavoro sotto la guida del suo successore, [[Antonino Caponnetto]]: il pentimento inaspettato di [[Tommaso Buscetta]] e l'utilizzo del c.d. Metodo Falcone (seguire la pista dei soldi, facendo le indagini bancarie), permisero l'istruzione del primo grande processo alla mafia siciliana, che si aprì il [[10 febbraio]] [[1986]] a Palermo e si concluse, dopo 349 udienze, con '''360 condanne''' (74 in contumacia), di cui 19 ergastoli, per un totale di 2665 anni di carcere e 11.5 miliardi di lire di multe, e 114 assoluzioni. Con il processo, finì anche la tregua militare della mafia. La sera stessa venne ucciso [[Antonino Ciulla]] mentre stava rincasando con un vassoio di cannoli per festeggiare l'assoluzione. | Nonostante l'omicidio di Chinnici, il Pool antimafia continuò il suo lavoro sotto la guida del suo successore, [[Antonino Caponnetto]]: il pentimento inaspettato di [[Tommaso Buscetta]] e l'utilizzo del c.d. Metodo Falcone (seguire la pista dei soldi, facendo le indagini bancarie), permisero l'istruzione del primo grande processo alla mafia siciliana, che si aprì il [[10 febbraio]] [[1986]] a Palermo e si concluse, dopo 349 udienze, con '''360 condanne''' (74 in contumacia), di cui 19 ergastoli, per un totale di 2665 anni di carcere e 11.5 miliardi di lire di multe, e 114 assoluzioni. Con il processo, finì anche la tregua militare della mafia. La sera stessa venne ucciso [[Antonino Ciulla]] mentre stava rincasando con un vassoio di cannoli per festeggiare l'assoluzione. | ||
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==== L'arresto di Riina e la prosecuzione delle stragi ==== | ==== L'arresto di Riina e la prosecuzione delle stragi ==== | ||
[[File:Arresto riina.jpg|alt=L'arresto di Totò Riina|miniatura|300x300px|L'arresto di Totò Riina]] | |||
Il [[15 gennaio]] [[1993]] Riina venne arrestato dagli uomini del ROS dell'Arma dei Carabinieri a Palermo, proprio nel giorno di insediamento alla Procura di [[Gian Carlo Caselli]]; ciononostante, '''il covo non fu perquisito''' e lasciato senza sorveglianza, nonostante le rassicurazioni date al nuovo capo della Procura da parte del comandante [[Mario Mori]]. | Il [[15 gennaio]] [[1993]] Riina venne arrestato dagli uomini del ROS dell'Arma dei Carabinieri a Palermo, proprio nel giorno di insediamento alla Procura di [[Gian Carlo Caselli]]; ciononostante, '''il covo non fu perquisito''' e lasciato senza sorveglianza, nonostante le rassicurazioni date al nuovo capo della Procura da parte del comandante [[Mario Mori]]. | ||
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Inoltre nel novembre dello stesso anno i boss Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano, Giovanni Brusca e [[Matteo Messina Denaro]] sequestrarono [[Giuseppe Di Matteo]] per costringere il padre [[Santino Di Matteo|Santino]] (che stava collaborando con la giustizia) a ritrattare le sue dichiarazioni, nel quadro di una strategia di ritorsioni verso i collaboratori di giustizia. Dopo 779 giorni di prigionia, Di Matteo venne brutalmente strangolato e il cadavere buttato in un bidone pieno di acido nitrico. | Inoltre nel novembre dello stesso anno i boss Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano, Giovanni Brusca e [[Matteo Messina Denaro]] sequestrarono [[Giuseppe Di Matteo]] per costringere il padre [[Santino Di Matteo|Santino]] (che stava collaborando con la giustizia) a ritrattare le sue dichiarazioni, nel quadro di una strategia di ritorsioni verso i collaboratori di giustizia. Dopo 779 giorni di prigionia, Di Matteo venne brutalmente strangolato e il cadavere buttato in un bidone pieno di acido nitrico. | ||
La strategia prevedeva altri eventi delittuosi, non portati a termine per circostanze fortuite: nel settembre 1992 doveva essere ucciso anche [[Pietro Grasso]], giudice a latere della Corte d'Assise che emise la sentenza di primo grado del Maxiprocesso. Stessa sorte sarebbe dovuta toccare a Claudio Martelli, ministro della giustizia, ma anche parlamentari come [[Calogero Mannino]], [[Carlo Vizzini]] e [[Claudio Fava]] e funzionari di polizia come [[Arnaldo La Barbera]] e [[Calogero Germanà]], quest'ultimo miracolosamente sfuggito il [[14 settembre]]. A cavallo tra il '92 e il '93 era stato preparato anche un attentato di proporzioni immani per far saltare in aria alcuni pullman dei carabinieri in servizio allo [[Fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma|stadio Olimpico di Roma]]: l'attentato fallì solo per un guasto tecnico al telecomando che avrebbe dovuto innescare l'ordigno. Sempre in quei mesi l'ex Presidente del Consiglio dei Ministri e senatore a vita '''Giulio Andreotti''' fu rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. | La strategia prevedeva altri eventi delittuosi, non portati a termine per circostanze fortuite: nel settembre 1992 doveva essere ucciso anche [[Pietro Grasso]], giudice a latere della Corte d'Assise che emise la sentenza di primo grado del [[Maxiprocesso di Palermo|Maxiprocesso]]. Stessa sorte sarebbe dovuta toccare a Claudio Martelli, ministro della giustizia, ma anche parlamentari come [[Calogero Mannino]], [[Carlo Vizzini]] e [[Claudio Fava]] e funzionari di polizia come [[Arnaldo La Barbera]] e [[Calogero Germanà]], quest'ultimo miracolosamente sfuggito il [[14 settembre]]. A cavallo tra il '92 e il '93 era stato preparato anche un attentato di proporzioni immani per far saltare in aria alcuni pullman dei carabinieri in servizio allo [[Fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma|stadio Olimpico di Roma]]: l'attentato fallì solo per un guasto tecnico al telecomando che avrebbe dovuto innescare l'ordigno. Sempre in quei mesi l'ex Presidente del Consiglio dei Ministri e senatore a vita '''Giulio Andreotti''' fu rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. | ||
Con l'arresto '''a Milano''' dei fratelli [[Filippo Graviano|Filippo]] e [[Giuseppe Graviano]], che si erano occupati dell'organizzazione degli attentati, Il [[27 gennaio]] [[1994]], gli attentati finirono. Sempre nello stesso periodo numerosi mafiosi iniziarono a collaborare con la giustizia per via delle dure condizioni d'isolamento in carcere previste dalla nuova norma del 41-bis, che venivano sospese con la nuova legge sui pentiti; contemporaneamente il lavoro di DIA e DNA portò all'arresto di numerosi latitanti (tra cui Leoluca Bagarella, Pietro Aglieri e Giovanni Brusca). | Con l'arresto '''a Milano''' dei fratelli [[Filippo Graviano|Filippo]] e [[Giuseppe Graviano]], che si erano occupati dell'organizzazione degli attentati, Il [[27 gennaio]] [[1994]], gli attentati finirono. Sempre nello stesso periodo numerosi mafiosi iniziarono a collaborare con la giustizia per via delle dure condizioni d'isolamento in carcere previste dalla nuova norma del 41-bis, che venivano sospese con la nuova legge sui pentiti; contemporaneamente il lavoro di DIA e DNA portò all'arresto di numerosi latitanti (tra cui Leoluca Bagarella, Pietro Aglieri e Giovanni Brusca). | ||
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Nel terzo anniversario della Strage di Capaci le polemiche politiche si arroventarono circa le denunce di isolamento della Procura di Palermo e del calo di attenzione mediatica sui fatti siciliani da parte della stampa. Anche il primo governo di centrosinistra con i post-comunisti, insediatosi l'anno successivo, sembrava essere poco reattivo sul tema. Questo merito anche della "mafia silente", che aveva optato la strategia della "sommersione" sotto Provenzano. | Nel terzo anniversario della Strage di Capaci le polemiche politiche si arroventarono circa le denunce di isolamento della Procura di Palermo e del calo di attenzione mediatica sui fatti siciliani da parte della stampa. Anche il primo governo di centrosinistra con i post-comunisti, insediatosi l'anno successivo, sembrava essere poco reattivo sul tema. Questo merito anche della "mafia silente", che aveva optato la strategia della "sommersione" sotto Provenzano. | ||
[[Attilio Bolzoni]] scrisse su "la Repubblica" del [[2 novembre]] [[1998]] che "da tredici mesi, nella città di Palermo, non c'è più un delitto di mafia. E ciò non accadeva dai tempi dell'Unità d'Italia". L'unico grande delitto fu quello di [[Domenico Geraci]], avvenuto a Caccamo nell'ottobre dello stesso anno. | [[Attilio Bolzoni]] scrisse su "la Repubblica" del [[2 novembre]] [[1998]] che "''da tredici mesi, nella città di Palermo, non c'è più un delitto di mafia. E ciò non accadeva dai tempi dell'Unità d'Italia''". L'unico grande delitto fu quello di [[Domenico Geraci]], avvenuto a Caccamo nell'ottobre dello stesso anno. | ||
Del resto, il nucleo storico dei Corleonesi batteva in ritirata, decimato dagli arresti e dagli ergastoli, nonché da pentimenti eccellenti, come quello di [[Giovanni Brusca]]. Eppure Cosa Nostra continuava a vivere, tanto che nel suo ultimo libro-intervista prima di morire [[Tommaso Buscetta]] dichiarò sin dal titolo: "'''La mafia ha vinto'''", per la ragione principale che aveva prevalso la "normalità" nella lotta alla mafia. All'indomani della sentenza di prescrizione per Giulio Andreotti (salutata come un'assoluzione piena), di fronte alla volgarità di certi commenti, l'anziano [[Antonino Caponnetto]] dovette farsi promotore di un "vertice sulla legalità" a Firenze, che vide la partecipazione, fra gli altri, di Caselli, Gherardo Colombo, il procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, Dario Fo e Franca Rame. | Del resto, il nucleo storico dei Corleonesi batteva in ritirata, decimato dagli arresti e dagli ergastoli, nonché da pentimenti eccellenti, come quello di [[Giovanni Brusca]]. Eppure Cosa Nostra continuava a vivere, tanto che nel suo ultimo libro-intervista prima di morire [[Tommaso Buscetta]] dichiarò sin dal titolo: "'''La mafia ha vinto'''", per la ragione principale che aveva prevalso la "normalità" nella lotta alla mafia. All'indomani della sentenza di prescrizione per Giulio Andreotti (salutata come un'assoluzione piena), di fronte alla volgarità di certi commenti, l'anziano [[Antonino Caponnetto]] dovette farsi promotore di un "''vertice sulla legalità''" a Firenze, che vide la partecipazione, fra gli altri, di Caselli, Gherardo Colombo, il procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, Dario Fo e Franca Rame. | ||
La mafia era diventata '''come il borotalco'''<ref>Lodato, p.409</ref>: quasi inodore. Aveva distrutto i suoi cliché, la sua immagine violenta, anche se qualche delitto continuava a commetterlo, sembrava un ordine monastico chiuso '''in silenzio''', il cui obiettivo riuscito era quello di passare inosservata. I boss, eccezion fatta per qualche proclama di Riina ai processi, rimaneva in silenzio. Suo cognato Leoluca Bagarella il [[12 luglio]] [[2002]] fece un vero e proprio proclama-avvertimento, in videoconferenza, durante un processo a Trapani, in cui accusava gli avvocati che "''in Parlamento non fanno il loro dovere''"<ref>Ivi, p.410</ref>. Tanto che alla vigilia di Natale dello stesso anno sugli spalti dello stadio di Palermo comparve lo striscione: "''Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia''". | La mafia era diventata '''come il borotalco'''<ref>Lodato, p.409</ref>: quasi inodore. Aveva distrutto i suoi cliché, la sua immagine violenta, anche se qualche delitto continuava a commetterlo, sembrava un ordine monastico chiuso '''in silenzio''', il cui obiettivo riuscito era quello di passare inosservata. I boss, eccezion fatta per qualche proclama di Riina ai processi, rimaneva in silenzio. Suo cognato Leoluca Bagarella il [[12 luglio]] [[2002]] fece un vero e proprio proclama-avvertimento, in videoconferenza, durante un processo a Trapani, in cui accusava gli avvocati che "''in Parlamento non fanno il loro dovere''"<ref>Ivi, p.410</ref>. Tanto che alla vigilia di Natale dello stesso anno sugli spalti dello stadio di Palermo comparve lo striscione: "''Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia''". | ||
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=== Il pentimento di Gaspare Spatuzza === | === Il pentimento di Gaspare Spatuzza === | ||
* ''Per approfondire, vedi [[Gaspare Spatuzza]]'' | * ''Per approfondire, vedi [[Gaspare Spatuzza]]'' | ||
Quando Gaspare Spatuzza, mafioso fedelissimo dei Fratelli Graviano, decise di collaborare con la giustizia, nel [[2008]], fu un duro colpo per l'organizzazione. Il nuovo collaboratore di giustizia rivelò particolari inediti sulle stragi del '92 e '93, ma soprattutto smascherò il depistaggio sulla [[Strage di Via D'Amelio]], auto-accusandosi del furto della Fiat 126 poi imbottita di tritolo. Inoltre, svelò anche diversi dettagli del rapporto tra Marcello Dell'Utri e i fratelli Graviano, durante il processo a carico del co-fondatore di Forza Italia, conclusosi con la sua condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. | |||
=== Il processo sulla Trattativa Stato-Mafia === | === Il processo sulla Trattativa Stato-Mafia === | ||
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=== La morte di Totò Riina === | === La morte di Totò Riina === | ||
Il [[17 novembre]] [[2017]] la morte di Totò Riina ha rappresentato uno spartiacque per la storia di Cosa Nostra: da quel momento le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo sui mandamenti di Porta Nuova, Pagliarelli, Villabate e Belmonte Mezzagno hanno consentito di registrare un grande fermento all'interno dell'organizzazione, con un'escalation di incontri tra vari esponenti apicali dei mandamenti mafiosi cittadini e della provincia. | Il [[17 novembre]] [[2017]] la morte di Totò Riina ha rappresentato uno spartiacque per la storia di Cosa Nostra: da quel momento le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo sui mandamenti di Porta Nuova, Pagliarelli, Villabate e Belmonte Mezzagno hanno consentito di registrare un grande fermento all'interno dell'organizzazione, con un'escalation di incontri tra vari esponenti apicali dei mandamenti mafiosi cittadini e della provincia. Dopo la morte del "''Capo dei Capi''", infatti, era venuto meno qualsiasi ostacolo alla riorganizzazione completa di Cosa Nostra. | ||
=== L'operazione Cupola 2.0 === | === L'operazione Cupola 2.0 === | ||
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Alla fine della lunga attività di indagine, il [[4 dicembre]] 2018 scattò l'Operazione Cupola 2.0 che rivelò i nuovi assetti di Cosa Nostra dopo la morte di Riina. I risultati delle indagini, per quanto concerne la struttura dell'organizzazione, ne confermarono l'unitarietà e il verticismo, nonché l'articolazione nella tradizionale divisione territoriale di “famiglie” e “mandamenti”, al cui vertice continuava ad esserci la "Commissione" provinciale. Il nuovo capo eletto nella prima riunione del [[29 maggio]] [[2018]] venne individuato in [[Settimo Mineo]], capo-mandamento di Pagliarelli<ref>Francesco Lo Voi, ''Fermo di indiziati di delitto - N.719/16 R. mod. 21 D.D.A.'', Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo, 30 novembre 2018, p.33</ref>. | Alla fine della lunga attività di indagine, il [[4 dicembre]] 2018 scattò l'Operazione Cupola 2.0 che rivelò i nuovi assetti di Cosa Nostra dopo la morte di Riina. I risultati delle indagini, per quanto concerne la struttura dell'organizzazione, ne confermarono l'unitarietà e il verticismo, nonché l'articolazione nella tradizionale divisione territoriale di “famiglie” e “mandamenti”, al cui vertice continuava ad esserci la "Commissione" provinciale. Il nuovo capo eletto nella prima riunione del [[29 maggio]] [[2018]] venne individuato in [[Settimo Mineo]], capo-mandamento di Pagliarelli<ref>Francesco Lo Voi, ''Fermo di indiziati di delitto - N.719/16 R. mod. 21 D.D.A.'', Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo, 30 novembre 2018, p.33</ref>. | ||
=== L'arresto di Matteo Messina Denaro === | |||
Il [[16 gennaio]] [[2023]], a quasi trent'anni dall'inizio della sua latitanza, [[Matteo Messina Denaro]], l'ultimo dei boss stragisti rimasto in circolazione, è stato arrestato a Palermo, mentre si recava a una visita nella clinica privata per sottoporsi a una seduta di chemioterapia. | |||
== La Struttura == | == La Struttura == | ||
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== Economia e Attività Criminali == | == Economia e Attività Criminali == | ||
Rispetto alla parentesi del dominio dei [[Clan dei Corleonesi|Corleonesi]] sotto Totò Riina, anche Cosa nostra dalla metà degli anni '90 è tornata a privilegiare un basso profilo, privilegiando un ''modus operandi'' teso agli affari che minimizza la violenza nelle strade e contro gli uomini dello Stato, con i quali preferisce tentare un approccio collusivo-corruttivo. Lo stesso dicasi per le attività formalmente legali nelle quali vengono reinvestiti gli enormi profitti del narcotraffico e delle altre attività criminali "classiche"<ref>Questa circostanza, oltre ad emergere in diverse indagini recenti, è sottolineata anche dalla Direzione Investigativa Antimafia, nella Relazione del II Semestre 2021, p. 50 e ss.</ref>. | |||
Questa strategia non è nuova, basti pensare alla storica vocazione di Cosa nostra a Catania, negli anni capace di infiltrarsi e addirittura confondersi nel tessuto economico legale del capoluogo, rendendo quasi indistinguibile il confine tra imprenditoria legale e imprenditoria mafiosa (come d'altronde denunciava il giornalista e direttore de "I Siciliani" [[Pippo Fava]], non a caso eliminato perché unica voce critica rispetto a quel sistema di potere politico ed economico compromesso). | |||
La pervasività delle attività illecite dell'organizzazione nel tessuto socio-economico siciliano non devono far dimenticare tuttavia che il core business di Cosa nostra restano '''il traffico di stupefacenti, le estorsioni e la gestione del gioco d'azzardo'''. Nel primo e fondamentale business Cosa nostra non ha più un ruolo di importatrice a livello internazionale, preferendo appoggiarsi alla [['Ndrangheta|'ndrangheta]] per acquisire ingenti carichi di cocaina da rivendere in Sicilia<ref>DIA (2022). ''Relazione II Semestre 2021'', Roma, p. 53.</ref>. | |||
Oltre alle estorsioni, un settore verso il quale la criminalità mafiosa dell’Isola mostra vivo interesse è quello dei '''giochi e delle scommesse in concessione dello Stato''' che genera elevati e rapidi guadagni a fronte di bassi rischi. La mafia siciliana continua ad investire consistenti capitali attraverso '''la gestione diretta o indiretta di società concessionarie di giochi e di sale scommesse''' o mediante l’imposizione di ''slot machine''. Si tratta questo di un business oramai comune a tutte le grandi organizzazioni mafiose italiane. Le organizzazioni assumono la gestione dei centri scommesse riuscendo a realizzare un controllo diffuso sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi e scommesse online, sfruttando società di bookmaker con sede formale all’estero. | |||
In Sicilia negli ultimi anni le indagini hanno rivelato l'esistenza anche di alcuni gruppi di nazionalità straniera, dediti in alcuni quartieri specifici di Palermo e di altre città allo sfruttamento della prostituzione, al lavoro nero e al caporalato, nonché al commercio di prodotti contraffatti e allo spaccio di droga. Per queste ultime Cosa nostra sembrerebbe tollerare la presenza di questi gruppi organizzati stranieri soltanto in ruoli marginali, di cooperazione o di subordinazione. | |||
Tuttavia, molte indagini nel corso degli ultimi anni hanno suggerito uno “sbilanciamento” degli equilibri verso una maggiore autonomia dei '''gruppi di matrice etnica nigeriana'''. Più in generale le bande di criminali stranieri sembrano proporsi nei confronti delle famiglie mafiose siciliane, ricercando forme di consociazione utili ad ottenere una sorta di protezione o quantomeno un placet ad esercitare lo sfruttamento della prostituzione (appannaggio di albanesi, rumeni e nigeriani) e del lavoro nero (attuato da cinesi e nordafricani), nonché la contraffazione e lo smercio di prodotti falsificati (sempre appannaggio di cinesi e nordafricani)<ref>Ivi, p. 54.</ref>. | |||
== Rapporti con la Politica == | == Rapporti con la Politica == | ||
Il rapporto con la politica è essenziale per Cosa nostra e ha caratterizzato, come si è già visto, la sua intera storia. Si tratta questo di un elemento comune a tutte le organizzazioni mafiose, che ne determina la loro cifra identitaria. Senza il rapporto organico con una parte della politica, semplicemente l'organizzazione mafiosa sarebbe uguale a qualsiasi altro tipo di organizzazione criminale contro la quale lo Stato impiegherebbe tutti i suoi mezzi e gli uomini migliori per debellarla (come è accaduto in passato col fenomeno del terrorismo negli anni '70, ad esempio). | |||
La ragione per cui una parte della politica ha sempre rifiutato di occuparsi di mafia risiede nei vantaggi che il rapporto con l'organizzazione mafiosa porta non solo al politico, ma all'intero network criminale, costituito anche da imprenditori collusi e un nutrito gruppo di professionisti. La classica relazione vede '''una triangolazione tra politici corrotti, imprenditori collusi e criminali mafiosi''': il politico in cambio di una tangente assicura l'appalto all'imprenditore, il quale tuttavia lo riceve solo perché ha già garantito il subappalto alle imprese dell'organizzazione mafiosa, che a sua volta porta un considerevole numero di voti al politico corrotto-colluso. In questa sorta di "''Triangolo delle Bermuda mafioso''"<ref>L'espressione è usata per la prima volta da Pierpaolo Farina nel 2012, nella sua tesi "''La tassa mafiosa. A proposito di mafia e corruzione''".</ref> spariscono ogni anno centinaia di miliardi di euro, sottratti in maniera fraudolenta al bilancio dello Stato e all'economia sana del Paese. | |||
== Rapporti con altre organizzazioni criminali == | |||
Cosa Nostra ha da sempre avuto rapporti con altre organizzazioni criminali, siano state esse di stampo mafioso oppure no. Fino agli anni '90, in qualità di organizzazione criminale più potente al mondo, esercitava un'influenza molto forte anche nei confronti di [[camorra]] e [['Ndrangheta|'ndrangheta]], oggi non è più così, anche in ragione del suo principio organizzativo puramente verticale che l'ha esposta maggiormente rispetto alle altre due organizzazioni. | |||
=== Cosa Nostra americana === | |||
* Per approfondire, si veda [[Cosa Nostra Americana|Cosa nostra americana]]. | |||
L'organizzazione mafiosa statunitense fu fondata da emigrati siciliani sul finire dell'Ottocento. Il legame tra le due organizzazioni è sempre stato molto forte, nonostante alcuni periodi di raffreddamento, ad esempio tra gli anni '20 fino ai Summit del 1957, in particolare quello al [[Summit Grand Hotel et des Palmes|Grand Hotel et des Palmes]]. La ragione principale era legata allo sfruttamento della prostituzione, business criminale che Cosa Nostra siciliana considerava poco onorevole. Alla fine, tuttavia, il rapporto si riconsolidò, anche dopo la [[Seconda Guerra di Mafia]], dove la maggior parte dei parenti siciliani delle famiglie mafiose americane era stata sterminata da [[Salvatore Riina|Totò Riina]]. Il legame continua ancora oggi, sebbene entrambe le organizzazioni siano ridimensionate rispetto al loro apice negli anni '70 e '80 del Novecento. | |||
=== Camorra === | |||
I boss della [[Camorra]] hanno sempre avuto un'interlocuzione privilegiata con quelli di Cosa nostra, sin dal Secondo Dopoguerra, quando i boss siciliani decisero che il capoluogo campano doveva diventare una succursale del regno mafioso siciliano. L'organizzazione campana era stata praticamente debellata agli inizi del '900 col [[Processo Cuocolo]], ma nel Secondo Dopoguerra, anche grazie al rapporto con Cosa nostra siciliana, quelli che erano solo dei criminali emergenti vennero trasformati in boss mafiosi, compartecipi delle strategie nazionali dell'organizzazione criminale siciliana. Prova ne è l'affiliazione di diversi capi camorristi a Cosa nostra, un fatto assolutamente inconsueto per l'organizzazione mafiosa siciliana. | |||
Da [[Antonio Bardellino]], capostipite del [[Clan dei Casalesi]], fino a [[Lorenzo Nuvoletta]] e [[Michele Zaza]], il rapporto con i referenti napoletani si inseriva in una strategia più ampia di Cosa Nostra nel monopolizzare le attività criminali lungo tutto lo stivale, forte delle propria legittimazione politica in funzione anti-comunista durante la Guerra Fredda, come riferirono anni dopo i collaboratori di giustizia ed ex-boss mafiosi [[Tommaso Buscetta]] e [[Francesco Di Carlo]]. | |||
Il rapporto si fece particolarmente problematico negli anni '80, quando sia in Campania che in Sicilia infuriavano guerre di mafia. In Campania, [[Raffaele Cutolo]] rivendicava l'assoluta autonomia dalla Sicilia, accusando i mafiosi siciliani di essere dei colonizzatori, pur avendo copiato il modello organizzativo siciliano per la sua [[Nuova Camorra Organizzata]]. Dopo gli anni '80, i rapporti si mantennero proficui per entrambe le associazioni mafiose anche nel Nord Italia. | |||
=== 'ndrangheta === | |||
Il rapporto con la [['Ndrangheta|'ndrangheta]] è sempre stato molto stretto e, inizialmente, era fondato sugli stessi presupposti e obiettivi del rapporto con la camorra. Come per l'organizzazione campana, anche in quella calabrese capibastone di spicco come [[Antonio Macrì]], [[Giuseppe Piromalli]], [[Domenico Tripodo|Mico Tripodo]] (compare d'anello di [[Totò Riina]]<ref>Citato in Gazzetta del Sud, ''"U curtu" e i legami con i clan calabresi'', 18 novembre 2017</ref>) vennero affiliati a Cosa Nostra. | |||
La collaborazione tra le due organizzazioni era presente anche in Sicilia, in particolare nella [[Mafie a Messina|provincia di Messina]], tanto che mafiosi come il messinese Rosario Saporito divenne elemento di spicco dei [[Mazzaferro ('ndrina)|Mazzaferro]], mentre [[Calogero Marcenò]], originario di San Cataldo in provincia di Caltanissetta, divenne capo-locale della [[Locale di Varese]], controllata dagli [[Zagari ('ndrina)|Zagari]]<ref>La circostanza è emersa durante il [[Processo Leopardo|processo Leopardo]] e a riferire la circostanza, nell'udienza del 24 marzo 1995, fu lo stesso Marcenò, divenuto collaboratore di giustizia</ref>. | |||
Tuttavia, la considerazione dei mafiosi siciliani nei confronti degli 'ndranghetisti non è mai stata molto alta. Il collaboratore di giustizia Antonino Calderone riferì ad esempio che: | |||
''«I calabresi parlavano, parlavano, parlavano. Parlavano tutto il tempo. Non agli altri intendiamoci, ma tra di loro. Facevano infinite conversazioni circa le loro regole, specialmente in presenza di noi uomini d'onore siciliani. Si sentivano a disagio perché in realtà sapevano di essere inferiori a [[Cosa Nostra]] [...] Abbiamo sempre considerato i calabresi inferiori, come spazzatura. Per non parlare dei campani, di cui non ci siamo mai fidati''»<ref>Citato in Pino Arlacchi, ''Gli uomini del Disonore'', p. 140.</ref>. | |||
Al riguardo anche [[Tommaso Buscetta]] usò parole sprezzanti nei confronti dei calabresi, accusati di "''scarsa serietà nel reclutamento''" e di "''segretezza molto bassa, quasi inesistente''": | |||
''Noi di Cosa Nostra avevamo avevamo sempre mantenuto le distanze, cercando di non avere a che fare con quelli della 'ndrangheta: non li consideravamo uomini d'onore, anche se loro si autodefinivano in questi termini, oppure "uomini di rispetto" o in altri modi simili. Li ritenevamo poco seri. Gente che era capace, dopo due bicchieri di vino, di attribuire la qualifica di 'ndranghetista al capo delle guardie del carcere, mentre noi prima di ammettere qualcuno in famiglia, svolgevamo indagini fino a due generazioni indietro su tutti i componenti, maschi e femmine, della parentela più stretta del candidato. E poi parlavano troppo. Gli 'ndranghetisti non erano capaci di mantenere il segreto su nulla. Anche se al loro interno non c'erano dei delatori che andavano a riferire i fatti loro alla polizia, questi diventano pubblici rapidamente, andavano sulla bocca di tutti. Per questo li snobbavamo, reputandoli pari ai napoletani sul piano della affidabilità e della "omertosità"''<ref>Citato in Pino Arlacchi, ''Addio Cosa Nostra'', p. 53.</ref>. | |||
Nonostante i giudizi sprezzanti, la collaborazione tra mafiosi siciliani e 'ndranghetisti avveniva anche nel Nord Italia, come dimostrano le vicende piemontesi e lombarde. Negli anni '80 a Torino, i Miano e i Finocchiaro di Catania si rifornivano di eroina da [[Angelo Epaminonda]], il Tebano, per poi rivenderla alle 'ndrine attive in città (i Belfiore, gli Ursino e i Macrì)<ref>Giuseppe Legato, ''Narcotraffico, quella storica alleanza tra ’ndrangheta e Cosa Nostra'', La Stampa, 11 febbraio 2014</ref>. In Lombardia, invece, in provincia di Milano i Carollo avevano stretti rapporti con le 'ndrine di Corsico e Buccinasco, come rivelò l'indagine [[Operazione Duomo Connection|Duomo Connection]]. | |||
Sul piano dei reciproci favori, Totò Riina nel [[1991]] favorì la pace tra le 'ndrine mettendo fine alla [[Seconda Guerra di 'ndrangheta|Seconda guerra di 'ndrangheta]], in cambio dell'omicidio, il [[9 agosto]], del giudice [[Antonino Scopelliti]], il quale di lì a poco avrebbe dovuto rappresentare l'accusa nel ricorso in Cassazione sul [[Maxiprocesso di Palermo]]. | |||
Il [[processo denominato 'Ndrangheta stragista]], conclusosi in primo grado e nelle fasi finali in appello, ha permesso di documentare anche il coinvolgimento della 'ndrangheta nelle stragi del '92 e del '93. | |||
Rispetto agli anni '80 e '90, dove Cosa Nostra era certamente in una posizione di supremazia rispetto alla 'ndrangheta, ora i rapporti di forza si sono rovesciati, con la 'ndrangheta che ha conquistato, anche in virtù del suo modello organizzativo verticistico-orizzontale maggiormente efficiente, il primato tra le organizzazioni mafiose italiane, e quelle criminali a livello mondiale. | |||
== | === Stidda === | ||
Con la nascita della [[Stidda]], Cosa Nostra si trovò a dover fronteggiare una nuova organizzazione mafiosa siciliana che la sfidava apertamente nella Sicilia centro-meridionale, con una guerra che andò avanti fino al [[1991]], quando l'organizzazione più antica concedette a quella più giovane di gestire diverse attività criminali nelle città di Gela, Mazzarino, Niscemi, Vittoria, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Canicattì, Marsala ed Alcamo. La pace tra le due organizzazioni dura tuttora. | |||
== Note == | == Note == | ||
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== Bibliografia == | == Bibliografia == | ||
* Arlacchi, Pino (1994). ''Addio Cosa Nostra. La vita di Tommaso Buscetta'', Milano, Rizzoli. | |||
* Arlacchi, Pino (1992). ''Gli uomini del disonore. La mafia siciliana nella vita del grande pentito Antonino Calderone'', Milano, Arnoldo Mondadori Editore. | |||
* Biagi, Enzo (1986). ''Il Boss è solo'', Milano, Mondadori. | * Biagi, Enzo (1986). ''Il Boss è solo'', Milano, Mondadori. | ||
* Direzione Investigativa Antimafia (2022). ''Relazione II Semestre 2021'', Roma. | |||
* Dickie, John (2005). Cosa Nostra - storia della mafia siciliana, Roma-Bari, Laterza. | * Dickie, John (2005). Cosa Nostra - storia della mafia siciliana, Roma-Bari, Laterza. | ||
* | * Dickie, John (2012). ''Onorate Società'', Roma-Bari, Laterza. | ||
* Duggan, Christopher (1986). ''La Mafia durante il fascismo''", Soveria Mannelli, Rubbettino Editore. | * Duggan, Christopher (1986). ''La Mafia durante il fascismo''", Soveria Mannelli, Rubbettino Editore. | ||
* Falcone, Giovanni, in collaborazione con Marcelle Padovani (1991). [[Cose di Cosa Nostra]], Milano, Rizzoli. | * Falcone, Giovanni, in collaborazione con Marcelle Padovani (1991). [[Cose di Cosa Nostra]], Milano, Rizzoli. | ||
* Lodato, Saverio (1999). ''La Mafia ha vinto'', Milano, Mondadori. | * Lodato, Saverio (1999). ''La Mafia ha vinto'', Milano, Mondadori. | ||
* Lo Voi, Francesco (2018). ''Fermo di indiziati di delitto - N.719/16 R. mod. 21 D.D.A.'', Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo, 30 novembre. | * Lo Voi, Francesco (2018). ''Fermo di indiziati di delitto - N.719/16 R. mod. 21 D.D.A.'', Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo, 30 novembre. | ||
* Santino, Umberto (2017). ''La Mafia dimenticata'', Milano, Melampo Editore. | * Santino, Umberto (2017). ''La Mafia dimenticata'', Milano, Melampo Editore. | ||
[[Categoria:Mafia]] | [[Categoria:Mafia]] | ||
[[Categoria:Associazioni criminali di stampo mafioso]] | [[Categoria:Associazioni criminali di stampo mafioso]] |