Sacco di Palermo
Il Sacco di Palermo è l'espressione comunemente utilizzata per indicare il boom edilizio che si ebbe nel capoluogo siciliano tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 del Novecento, che si tradusse fondamentalmente in uno stravolgimento architettonico della città, di cui ne fecero le spese le aree verdi e, soprattutto, le ville in stile liberty tipiche di Palermo. Le numerose inchieste degli anni successivi stabilirono che Cosa Nostra utilizzò i propri referenti politici nell'amministrazione comunale (Salvo Lima e Vito Ciancimino in primis) per ottenere le licenze edilizie e realizzare così una delle più grandi speculazioni edilizie della Storia d'Italia[1].
Storia
Premiata ditta Lima-Ciancimino
Divenuto consigliere comunale nel 1956, tra il 1958 e il 1963 Salvo Lima ricoprì la carica di Sindaco di Palermo, in qualità di esponente della corrente fanfaniana della Democrazia Cristiana, fondata da Giovanni Gioia. Al suo fianco, in giunta, nel ruolo cruciale di Assessore ai Lavori Pubblici, vi era il corleonese Vito Ciancimino. Il motto della Democrazia Cristiana a quel tempo era "Palermo è bella, facciamola più bella". Il piano regolatore prevedeva di portare all'ubranizzazione 4700 ettari, su 17.000 del piano comunale e 10.000 della parte pianeggiante. Bastò il connubbio Lima-Ciancimino per avviare una intensa attività edilizia all'interno del centro cittadino: la speculazione edilizia raggiunse così punte elevatissime. In quattro anni, infatti, il Comune concesse 4205 licenze edilizie. Di queste, in un solo mese, più di 3000 furono rilasciate a cinque personaggi: Salvatore Milazzo (1653), Lorenzo Ferrante (447), Michele Caggeggi (702), Francesco Lepanto (447), Giuseppe Mineo. Tutti pensionati nullatenenti, ad eccezione di Lepanto che era ingegnere: quindi, tutti prestanome di costruttori edili.
La società VA.LI.GIO
Una sola società riuscì ad accaparrarsi tutti gli appalti pubblici, la Va.Li.Gio, acronimo dei nomi di tre personaggi cruciali all'interno della speculazione: Francesco Vassallo, un carrettiere che improvvisamente diventò il primo costruttore di Palermo; il Sindaco Salvo lima; Giovanni Gioia, sottosegretario alle Finanze ed ex Ministro della Marina Mercantile. A fare da collante all'intero sistema, l'assessore al Lavori Pubblici Ciancimino, che affidò direttamente alcuni lavori ad esponenti di Cosa Nostra o comunque legati alla stessa. La relazione di minoranza della Commissione Parlamentare Antimafia[2] riportò gli episodi più eclatanti, tra i quali:
- Nicola Di Trapani, esponente di spicco della borgata Malaspina, chiese una variante al piano regolatore per destinare un terreno di proprietà della famiglia all'edilizia urbana e non all'area verde cosi come già previsto nel PRG (Piano Regolatore Generale);
- Girolamo Moncada, noto mafioso implicato nella strage di Viale Lazio, venne concessa la costruzione di due fabbricati in difformità con la licenza e con il piano regolatore, poi il tutto regolarizzato in tempistiche molto brevi tramite una delibera del consiglio.
Tra la prima e la seconda stesura del Piano Regolatore vennero approvate ben 667 varianti, solo formalmente sottoposte al vaglio del Consiglio Comunale, in quanto nelle sedute veniva semplicemente ratificato quanto già disposto dall'assessore Ciancimino.
La società ISEP
Vito Ciancimino risultò coinvolto in partecipazioni della società ISEP (Istituto Sovvenzioni e Prestiti), attraverso la moglie Epifania Silvia Scardino. La ISEP viene costituita nel 1951 tramite alcuni personaggi che, non appena 10 giorni dopo, trasferirono le loro quote ad Antonino Sorci e Angelo Di Carlo, noti esponenti di Cosa Nostra (il primo, detto "u riccu" venne visto in compagnia di Lucky Luciano, il secondo detto "il capitano", cugino del boss di Corleone Michele Navarra). La società riciclava denaro sporco proveniente dal narcotraffico.
Il rapporto Bevivino
Con il varo del primo governo di centro-sinistra, presieduto dall'on. Giuseppe D'Angelo, l'allarme scatenato dalla c.d. Prima Guerra di Mafia portò l'amministrazione regionale a mettere in cantiere una serie di iniziative e proposte per tentare di arginare il degrado politico e istituzionale della Regione. Da un lato provò a ridimensionare l'influenza delle esattorie dei cugini Ignazio e Antonino Salvo, dall'altro dispose, con decreto del 15 novembre 1963, un'ispezione straordinaria presso gli uffici municipali del capoluogo, incaricando la commissione presieduta dal prefetto Tommaso Bevivino di accertare il rispetto delle prescrizioni previste dal Piano Regolatore Regionale. Il Rapporto evidenziò molte delle irregolarità e delle violazioni poi fatte proprie dalla relazione della Commissione Parlamentare Antimafia, la più eclatante riguardava la composizione della Commissione comunale per l'edilizia, che era rimasta la medesima dal giorno del suo insediamento, invece di cambiare dopo un triennio come previsto dalla legge.
Le aree colpite dalla cementificazione
Le zone più colpite dalla costruzione edilizia senza freni sono soprattutto due: innanzitutto Viale Libertà, dove vengono abbattute le numerosissime ville liberty costruite e barocche costruite tra la fine dell'800 e gli inizi del '900. Uno dei casi più eclatanti fu quello della Villa Deliella, considerata una delle opere architettoniche che più di tutti aveva delineato e regalato lo stile all'intera città: fu abbattuta nella notte del 29 dicembre 1959. Tutto l'asse Politeama-Libertà, fulcro della vita della classe borghese, caratterizzato da spazi verdi, villini immersi negli agrumeti, viali alberati, venne letteralmente sostituito da palazzoni e cemento. La seconda area più colpita fu quella della c.d. Conca D'oro: centinaia di ettari di frutteti ed agrumeti vennero spazzati via dalla speculazione edilizia: dal 1946 fino alla fine degli anni '60, circa 3000 ettari di terreni agricoli lasciarono spazio alla periferia della città.