Operazione Wall Street: differenze tra le versioni
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La guerra tra i due clan continuò, con diverse vittime, fino alla morte di Salvatore Batti. Vennero uccisi, prima di lui, [[Rocco Bergantino]] (gruppo Flachi/Trovato, <ref>Ivi, pag. 182</ref>), Iseo Massari (gruppo Batti, <ref>Ivi, pag. 184</ref>), Paolo Cirnigliaro (gruppo Batti, <ref>Ivi, pag. 186</ref>) e Vincenzo Piromalli (gruppo Batti, <ref>Ivi, pag. 188</ref>). | La guerra tra i due clan continuò, con diverse vittime, fino alla morte di Salvatore Batti. Vennero uccisi, prima di lui, [[Rocco Bergantino]] (gruppo Flachi/Trovato, <ref>Ivi, pag. 182</ref>), [[Iseo Massari]] (gruppo Batti, <ref>Ivi, pag. 184</ref>), [[Paolo Cirnigliaro]] (gruppo Batti, <ref>Ivi, pag. 186</ref>) e [[Vincenzo Piromalli]] (gruppo Batti, <ref>Ivi, pag. 188</ref>). | ||
Salvatore Batti fuggì, verso la fine del 1990, nel napoletano, probabilmente perché minacciato dal clan rivale. Ciò non servì a salvargli la vita. Infatti, il 23 dicembre 1990, egli venne ucciso a [[San Gennaro Vesuviano]] in circostanze misteriose (probabilmente fu vittima di un tradimento di un suo amico, che lo consegnò ai suoi carnefici). Stando alle dichiarazioni di [[Michele di Donato]], il quale a sua volta avrebbe riferito quelle di Salvatore Placentino, Batti sarebbe stato ucciso da killer calabresi e, in cambio del “permesso” di compiere l’omicidio, la ‘ndrangheta avrebbe ucciso il figlio di [[Raffaele Cutolo]], Roberto, a Tradate (avvenuto il 18 dicembre dello stesso anno). <ref>Ivi, pagg. 189-190</ref> | Salvatore Batti fuggì, verso la fine del 1990, nel napoletano, probabilmente perché minacciato dal clan rivale. Ciò non servì a salvargli la vita. Infatti, il 23 dicembre 1990, egli venne ucciso a [[San Gennaro Vesuviano]] in circostanze misteriose (probabilmente fu vittima di un tradimento di un suo amico, che lo consegnò ai suoi carnefici). Stando alle dichiarazioni di [[Michele di Donato]], il quale a sua volta avrebbe riferito quelle di Salvatore Placentino, Batti sarebbe stato ucciso da killer calabresi e, in cambio del “permesso” di compiere l’omicidio, la ‘ndrangheta avrebbe ucciso il figlio di [[Raffaele Cutolo]], Roberto, a Tradate (avvenuto il 18 dicembre dello stesso anno). <ref>Ivi, pagg. 189-190</ref> | ||
Versione delle 10:33, 4 apr 2016
L’Operazione “Wall Street” è un'inchiesta della DDA di Milano sulle presunte attività della 'ndrangheta in Lombardia. L’operazione, decisa il 27 maggio 1994 e condotta dal sostituto Procuratore Armando Spataro, portò all'iscrizione nel registro degli indagati di 208 persone per vari reati, tra cui associazione mafiosa, detenzione e porto illegale di armi, tentato omicidio, omicidio, spaccio e traffico di stupefacenti, falsificazione di documenti, estorsione, usura, minacce, falso ideologico. Gli arresti, ed i fatti oggetto dell’inchiesta, furono eseguiti nelle province di Milano, Como, Lecco, Varese e Monza-Brianza.
Antefatti
L’ordinanza di custodia cautelare nasce da più richieste cautelari scaglionate nel corso di un anno, di pari passo con i passaggi più significativi delle indagini condotte dal Pubblico Ministero. Infatti, vari procedimenti erano in corso nel 1992, con riguardo ad alcuni dei fatti più significativi che hanno portato all'operazione “Wall Street”. Verso la fine di quell'anno, il Pubblico Ministero aveva potuto formulare ipotesi più che ragionevoli su numerosi fatti di sangue, e più in generale ricostruire dodici anni circa di attività illegale dei gruppi criminali che facevano capo ai Coco Trovato, Flachi, Paviglianiti, e altri ancora. Il 10 giugno 1993 la Procura Distrettuale Antimafia, aveva dato avvio alle misure cautelari nei confronti di ben 138 persone. [1]
I vari procedimenti cautelari
L’ordinanza in questione rappresenta, dunque, il punto di confluenza di innumerevoli procedimenti, la maggior parte dei quali aperti ben prima che i collaboratori di maggior rilevanza compissero la loro scelta. Alcuni di essi, del resto, erano stati da tempo chiusi. L'ipotesi accusatoria alla base di questo provvedimento cautelare non è esclusivamente il frutto delle dichiarazioni, seppur verificate, di diversi collaboratori di giustizia. Piuttosto si tratta di una molteplicità di fonti che, da quasi un decennio, ha evidenziato l'esistenza di una vicenda unitaria, partita nel suo asse centrale dalla banda Vallanzasca e dalla riorganizzazione dei "sopravvissuti", con la supremazia acquisita da Giuseppe Flachi e la successiva fusione tra il suo gruppo con quello di Franco Coco Trovato, in un contesto di strettissimi legami con la criminalità organizzata calabrese. [2]
“Wall Street” risulta costituita da quattro "tronconi" principali, più altri sub-provvedimenti :
- Il primo procedimento è nei confronti di “Giuseppe Flachi ed altri”, conseguente alla riapertura delle indagini preliminari in relazione alle dichiarazioni rese, sin dal 1987, dal collaboratore Vincenzo Antonino, in merito all'attività organizzata di spaccio di stupefacenti della organizzazione capeggiata da Giuseppe Flachi.
- Il secondo era originariamente iscritto contro Giuseppe Flachi e Franco Coco Trovato, relativo ad una serie di omicidi e tentati omicidi riconducibili a gravi contrasti sorti tra la famiglia Batti e il gruppo Flachi/Trovato.
- Il terzo, invece, era relativo alle indagini condotte, sin dal dicembre del '91, dalla Criminalpol di Milano sull'attività dell'associazione dedita al traffico di stupefacenti, prevalentemente a Milano, e facente capo a Giuseppe Flachi, Franco Coco Trovato ed Antonio Schettini.
- L’ultimo procedimento era relativo all'omicidio di Alfonso Vegetti ed al ferimento di Antonino Maccarone, Placido Minutola e Matteo Palumbo, avvenuto a Cinisello Balsamo il 30 maggio 1992. I controlli della Criminalpol avevano permesso di collegare l'avvenimento, nel giro di pochi minuti, ad Antonio Schettini, Giorgio Tocci ed altri. [3]
I principali collaboratori degli inquirenti
Come detto, sono stati diversi i collaboratori di giustizia che hanno aiutato l’Autorità Giudiziaria ad emanare questo provvedimento cautelare.
- Vincenzo Antonino rappresenta una figura "storica" nel panorama di coloro che, accusati di gravi delitti, hanno compiuto una scelta di confessione e collaborazione con la giustizia. Egli, per oltre un decennio, aveva agito come rapinatore, anche nel gruppo che faceva capo a Vallanzasca e poi ad Antonio Colia. Arrestato e dopo circa un anno di detenzione, aveva annunciato di voler "troncare di netto" i suoi rapporti con il passato, anche allo scopo di fermare dei giovani lanciati verso delitti sempre più gravi. Le sue indicazioni attengono alle origini del gruppo di Giuseppe Flachi, che era a sua volta era "cresciuto" nell'organizzazione diretta da Renato Vallanzasca.
- Salvatore Annacondia, detto "manomozza" per via dell'amputazione della mano destra, è stato un personaggio di primissimo piano della delinquenza organizzata pugliese. Annacondia venne arrestato nell'ottobre 1991 con l'accusa di omicidio, e nel corso del 1992 ha maturato una scelta di collaborazione con gli inquirenti, che l'ha condotto a confessare la sua responsabilità per decine di omicidi. La sua conoscenza del mondo ‘ndranghetista veniva dalla sua conoscenza, a livello personale, di alcuni membri della banda di Vallanzasca. Infatti Annacondia trafficava droga con essi, prima di essere presentato a Giuseppe Flachi e divenire legato a Michele Di Donato, socio proprio di Flachi. [4]
- Altro collaboratore di rilievo nell'inchiesta è stato Saverio Morabito. Egli raggiunse livelli elevatissimi nella gerarchia criminale, venendo in contatto coi vertici di molte tra le principali organizzazioni di stampo mafioso operanti in Lombardia, tra le quali il gruppo nato dalla fusione dei gruppi Flachi e Coco Trovato. Con tale struttura e con quella dei fratelli Paviglianiti, il gruppo Sergi, del quale Morabito era facente parte, aveva intrattenuto scambi di stupefacenti. Il legame con Giuseppe Flachi si evince dalla presenza di Morabito al matrimonio di questi con Licia Tenace.
- Antonio Zagari è il figlio di uno dei capi indiscussi della 'ndrangheta, Giacomo Zagari, ed a sua volta è stato esponente di rilievo della organizzazione criminale fin dai primi anni '70. Egli ha complessivamente ammesso la propria responsabilità, oltrechè per l'appartenenza all'organizzazione mafiosa e per altri gravi delitti, per il concorso in oltre dieci omicidi. La contiguità territoriale dei luoghi delle attività criminali di Zagari e la comune appartenenza alla 'ndrangheta, aveva favorito la conoscenza del collaboratore sull'attività di Franco Coco Trovato e dei più stretti collaboratori di questi. [5]
- Filippo Barreca ha reso al Pubblico Ministero dichiarazioni riguardanti notizie sull'organizzazione Flachi–Coco Trovato ed il gruppo dei Paviglianiti. Le sue dichiarazioni sono state riprese, nel corso dell’ordinanza, soprattutto a proposito del gruppo Paviglianiti. [6]
Il gruppo Trovato
Nel corso del procedimento, gli inquirenti hanno prospettato l’esistenza di un gruppo criminale, la cosiddetta ‘ndrina Trovato facente capo a Franco Coco, e che la maggior parte dei componenti avrebbe poi fatto parte dell’associazione formata insieme a Giuseppe Flachi intorno al 1986. [7] Dalle dichiarazioni di Antonio Zagari, Franco Trovato sarebbe già stato partecipe di diverse rapine nel territorio milanese già dai primi anni ’70.
La faida con i componenti della banda di Vallanzasca e Colia e il tentato omicidio di Flachi
La nascita del sopraccitato gruppo criminale, ha portato ad una situazione di tensione e conflitto nel panorama criminale milanese degli anni ’80. Una delle faide ha riguardato quella con i membri della banda Vallanzasca-Colia, all’epoca molto forte sul territorio, nella quale Giuseppe Flachi avrebbe militato. Secondo il collaboratore di giustizia Emilio Bandiera, una delle ragioni di rancore maturate nei confronti di Flachi sarebbe consistita nel fatto che l'uomo non avrebbe sostenuto economicamente i complici di una rapina, ed anzi aveva allargato la propria area d'influenza a scapito di altri. [8] Il primo tra gli episodi conosciuti del conflitto, è il tentato omicidio dello stesso Flachi, avvenuto sotto la sua abitazione in via Grazioli nel marzo dell’81. L'attentato era fallito perché Flachi aveva condotto la sua auto in retromarcia fuori dalla stradina in cui l'aveva portata, ed era riuscito a fuggire. Lo stesso Flachi e la sua convivente Licia Tenace erano rimasti illesi, mentre Hassan Zhodi, che si trovava in loro compagnia, era rimasto ferito. [9]
La faida con il gruppo Batti
La nascita del nuovo gruppo criminale Flachi/Trovato portò a molti conflitti con i gruppi esistenti. La più sanguinosa faida fu certamente quella con il clan camorristico dei Batti. Quest’ultimo, fin dai primi anni Ottanta, si era sempre rifornito di droga dal gruppo Flachi e, dopo l’unione con la ‘ndrina Trovato, dal neo-costituito clan. Il clan Batti era dotato di una “esclusiva” dello spaccio in un territorio molto proficuo come quello della Comasina a Milano, ma la sua autonomia rispetto alla struttura centrale rappresentava un elemento anomalo ed inaccettabile per Coco Trovato. Fino a quando Pepè Flachi ebbe un ruolo paritario nell'ambito dirigente dell’associazione, i contrasti causati dal rapporto di vicinanza e dagli interessi economici confliggenti furono attenuati, sia per il rapporto di amicizia che legava Flachi a Ciro e Salvatore Batti, sia, probabilmente, per interessi di tipo economico. Ma quando Flachi fu costretto a darsi alla latitanza, assumendo dunque un ruolo subordinato rispetto a Coco Trovato, esplose il conflitto armato tra i due gruppi. [10]. E’ presumibile che, proprio a causa dello stato di latitanza di Flachi, Coco Trovato decise di definire il contrasto con Salvatore Batti e il suo gruppo. [11]
Le ragioni del contrasto risiederebbero nella violazione da parte dei Batti di quel patto di stabile approvvigionamento di stupefacenti (eroina e cocaina) presso l'organizzazione Flachi/Trovato che, come s'è detto, consentiva al gruppo Batti di gestire in esclusiva il traffico di stupefacenti nella zona delle case di via Novate e della Bovisa. Come numerosi collaboratori hanno ormai confermato, era però avvenuto che i Batti, avessero stabilito autonomi e più convenienti canali di approvvigionamento con fornitori turchi. La cosa non poteva sfuggire a Flachi Coco Trovato e Schettini, che avevano visto diminuire le loro vendite di stupefacenti al gruppo Batti nonostante il visibile incremento dei traffici di costoro [12]. Motivo dell’inizio della faida, secondo i collaboratori di giustizia, sarebbe stata una lite tra Salvatore Batti e Franco Trovato, avvenuta tra maggio e giugno 1990. L'episodio che segnò l'avvio delle concrete ostilità tra i due gruppi è rappresentato dal tentativo di omicidio dello stesso Batti mentre questi si trovava a Terzigno. Il 30 giugno dello stesso anno, la sua vettura venne affiancata da un altro veicolo, dal quale erano stati esplosi molti colpi d'arma da fuoco, ma che non provocarono la morte di Batti. [13]
Il tentato omicidio di Franco Coco Trovato e la morte di Luigi Recalcati e Pietro Carpita
La risposta del gruppo Batti al tentato omicidio del loro capo sarebbe stata la volontà di uccidere Franco Trovato[14]. Il 15 settembre 1990, a Bresso, due persone scesero rapidamente dalla propria auto ed iniziarono a sparare contro due individui nei pressi di una Porsche. L'agguato non andò a buon fine, ma morirono due passanti: Luigi Recalcati e Pietro Carpita. [15] Dalle indagini emerse che la Porsche era intestata alla società G.M.T. di Malgrate, che sarebbe stata amministrata da Vincenzo Musolino, fratello di Eustina, moglie di Franco Trovato. Egli ammise che la Porsche era stata da lui data in prestito proprio a Trovato, e che dunque uno dei due aggrediti sarebbe stato proprio il boss, appena uscito dal proprio parrucchiere, che aveva il negozio in quella via. Reazione di Trovato a questo tentato omicidio sarebbe stata, secondo l’ordinanza “Wall Street”, l’omicidio di Luigi Batti, ucciso con un colpo in testa e poi “pressato” dentro la sua auto il 18 settembre 1990. [16]
L’omicidio di Pantaleo Lamantea
Ennesimo episodio della faida tra i due clan sarebbe stato l’omicidio di Pantaleo Lamantea. Egli, in modo particolare, avrebbe fatto parte del gruppo che avrebbe tentato di rapire Emanuele Flachi, motivo per il quale venne ucciso dal clan rivale. Lamantea venne ucciso a colpi di pistola il 20 ottobre 1990, mentre si trovava in macchina nei pressi della sua abitazione. [17]
L’omicidio di Salvatore Batti e la fine della faida
La guerra tra i due clan continuò, con diverse vittime, fino alla morte di Salvatore Batti. Vennero uccisi, prima di lui, Rocco Bergantino (gruppo Flachi/Trovato, [18]), Iseo Massari (gruppo Batti, [19]), Paolo Cirnigliaro (gruppo Batti, [20]) e Vincenzo Piromalli (gruppo Batti, [21]). Salvatore Batti fuggì, verso la fine del 1990, nel napoletano, probabilmente perché minacciato dal clan rivale. Ciò non servì a salvargli la vita. Infatti, il 23 dicembre 1990, egli venne ucciso a San Gennaro Vesuviano in circostanze misteriose (probabilmente fu vittima di un tradimento di un suo amico, che lo consegnò ai suoi carnefici). Stando alle dichiarazioni di Michele di Donato, il quale a sua volta avrebbe riferito quelle di Salvatore Placentino, Batti sarebbe stato ucciso da killer calabresi e, in cambio del “permesso” di compiere l’omicidio, la ‘ndrangheta avrebbe ucciso il figlio di Raffaele Cutolo, Roberto, a Tradate (avvenuto il 18 dicembre dello stesso anno). [22]
Faida Batti, elenco episodi criminosi
- tentato omicidio di Salvatore Batti, (Terzigno, 30 giugno 1990);
- duplice omicidio di Pietro Carpita e Luigi Recalcati, (Bresso, 15 settembre 1990);
- omicidio di Luigi "Ciro" Batti, (Milano, 18 settembre 1990);
- tentativo di sequestro di Emanuele Flachi, fratello del boss Giuseppe (Novate Milanese, 15 ottobre 1990);
- omicidio di Francesco Batti (Milano, 16 ottobre 1990);
- omicidio di Pantaleo Lamantea (Milano, 20 ottobre 1990);
- omicidio di Rocco Bergantino (Milano, 25 ottobre 1990);
- omicidio di Iseo Massari (Milano, 30 ottobre 1990);
- omicidio di Paolo Cirnigliaro (Milano, 10 novembre 1990);
- omicidio di Vincenzo Piromalli (Milano, 04 dicembre 1990);
- omicidio di Roberto Cutolo (Abbiate Guazzone, 19 dicembre 1990);
- omicidio di Salvatore Batti (S.Giorgio Vesuviano, 23 dicembre 1990);
- omicidio di Rosalinda Traditi (Milano, 28 febbraio 1991)
Alleanze con organizzazioni di stampo mafioso
- quella calabrese dei Papalia;
- quella pure calabrese dei Paviglianiti;
- quelle catanesi rispettivamente facenti capo a Jimmi Miano ed all'Autoparco di via Salomone, ed a Salvatore "Turi" Cappello;
- quella camorristica facente capo ai fratelli Ascione ed a Cesare Bruno (che sarebbe coinvolta nell'omicidio di Salvatore Batti e di Roberto Cutolo);
- quella camorristica facente capo a Mario Fabbrocino;
- quella pugliese, facente capo a Salvatore Annacondia, coinvolta nel triplice omicidio di S. Giovanni Rotondo. [23]
Il processo
Il processo di primo grado iniziò nel marzo 1995 ed il 26 aprile 1997, la Corte d'Assise di Milano, II sezione, pronunciò la sentenza di condanna per 121 indagati, assolvendone 23.
- NOTA: Attualmente non siamo stati in grado di reperire le risultanze processuali degli ulteriori gradi di giudizio. Per questo motivo, gli imputati si considerano innocenti sino a sentenza passata in giudicato.
Bibliografia
- Guglielmo Leo, Ordinanza di applicazione di misure cautelari - Procedimento Penale n. 12602/92 R.G.N.R, Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 27 maggio 1994
- Fazzo L.,'Milano, battaglia tra bande rivali, uccisi due passanti, in "La Repubblica", 16/09/90
- Rossi G., Quattromila anni a oltranza e 18 ergastoli per quattro mafie, in “L’Unità”, 10/01/1997
- Alma e Spataro, Procedimento n.7225/94.21 PM (4583/94 e 3952/95 GIP )- 2/96, 6/96 e 7/96 R.G. C.Ass. (riuniti) contro Di Modica Luigi ed altri, V Corte d'Assise di Milano, "Sintesi scritta della relazione introduttiva del P.M"
- Corte d’Assise di Milano, sezione seconda, Procedimenti n. 23/94 C. Ass. + 24/94, + 27/94 + 32/94 + 1/95 + 2/92; n. 12602/92.21
Note
- ↑ Guglielmo Leo, Ordinanza di applicazione di misure cautelari - Procedimento Penale n. 12602/92 R.G.N.R, Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 27 maggio 1994, pag. 37
- ↑ Ivi, pag. 44
- ↑ Ivi, pag. 45
- ↑ Ivi, pag. 47
- ↑ Ivi, pag. 48
- ↑ Ivi, pag. 49
- ↑ Ivi, pag. 69 e 89
- ↑ Ivi, pagg. 116-117
- ↑ Ivi, pag. 117
- ↑ Corte d’Assise di Milano, sezione seconda, Procedimenti n. 23/94 C. Ass. + 24/94, + 27/94 + 32/94 + 1/95 + 2/92; n. 12602/92.21, pag. 811
- ↑ Guglielmo Leo, Ordinanza di applicazione di misure cautelari - Procedimento Penale n. 12602/92 R.G.N.R, Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 27 maggio 1994, pag. 140
- ↑ Alma e Spataro, Procedimento n.7225/94.21 PM (4583/94 e 3952/95 GIP )- 2/96, 6/96 e 7/96 R.G. C.Ass. (riuniti) contro Di Modica Luigi ed altri, V Corte d'Assise di Milano, "Sintesi scritta della relazione introduttiva del P.M", pag. 36
- ↑ Guglielmo Leo, Ordinanza di applicazione di misure cautelari - Procedimento Penale n. 12602/92 R.G.N.R, Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 27 maggio 1994, pag. 170
- ↑ Ibidem
- ↑ Fazzo L., Milano, battaglia tra bande rivali, uccisi due passanti, in "La Repubblica", 16/09/90, in http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/09/16/milano-battaglia-tra-bande-rivali-uccisi-due.html
- ↑ Guglielmo Leo, Ordinanza di applicazione di misure cautelari - Procedimento Penale n. 12602/92 R.G.N.R, Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 27 maggio 1994, pagg. 174-175
- ↑ Ivi, pag. 180
- ↑ Ivi, pag. 182
- ↑ Ivi, pag. 184
- ↑ Ivi, pag. 186
- ↑ Ivi, pag. 188
- ↑ Ivi, pagg. 189-190
- ↑ Alma e Spataro, Procedimento n.7225/94.21 PM (4583/94 e 3952/95 GIP )- 2/96, 6/96 e 7/96 R.G. C.Ass. (riuniti) contro Di Modica Luigi ed altri, V Corte d'Assise di Milano, "Sintesi scritta della relazione introduttiva del P.M", pag. 46