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'''L’operazione Bastiglia''' è stata un'inchiesta sul gioco d'azzardo coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Bologna che riguardava in particolare il controllo delle bische clandestine tra Bologna e la riviera romagnola tra gli anni ’90 e i primi anni 2000 da parte di un’organizzazione criminale riconducibile alla [['Ndrangheta|‘ndrangheta]]. L’attività investigativa culminò con gli arresti eseguiti il [[14 luglio]] [[2005]]. I processi nati dall’indagine rappresentano ad oggi il primo e unico caso di delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso (articolo 416 bis del Codice penale) riconosciuto in Emilia-Romagna fino al passaggio in giudicato delle sentenze.


== Premessa: le bische romagnole e gli equilibri esistenti ==
Già alla fine degli anni ’70, principalmente a causa degli elevati profitti che ne derivavano, attorno al settore delle bische clandestine romagnole era sorto il crescente interesse della criminalità organizzata. Come spiegò una volta [[Angelo Epaminonda]], boss della mafia catanese attivo a Milano, nel corso del processo in cui era imputato, l’ambito del gioco clandestino in Riviera era fortemente caratterizzato dalla sistematica mancanza di regole e dall’elevata conflittualità, elementi che da un lato si traducevano nelle c.d. “soffiate” alle Forze dell’Ordine per eliminare bische concorrenti, mentre dall’altro sfociavano in vere e proprie rappresaglie sui gestori di circoli rivali. Lo stesso Epaminonda, quando a metà degli anni ’80 si era inserito in questo settore perché intenzionato ad acquisire il controllo dei locali da gioco sulla riviera romagnola, aveva commissionato ai suoi uomini l’omicidio di due gestori ed è stato per ciò in seguito condannato.


La prima vittima è stata [[Arcangelo Romano]], ucciso nell’ottobre 1983 all’esterno di un bar di Igea Marina (Rn). Ai giudici il mandante spiegò in questi termini l’omicidio Romano: “''con la soppressione di Romano facevo capire ai palermitani che non avevo intenzione di scherzare, e a quelli del posto che le mie regole da quel momento andavano rispettate ed avrebbero fatto meglio a non denunciare la mia presenza in Romagna''” <ref> App. Milano, n. 7/88, 8 febbraio 1988, Epaminonda + altri </ref>.


Per lo stesso motivo fu ordinato il secondo omicidio, quello del siciliano [[Calogero Lombardo]], da tempo residente nel riminese, ucciso il [[26 giugno]] [[1984]] a San Giuliano Mare (Rn).<ref> L. Biliotti, S. Passini, Killer lo fredda sparando fra la folla, Il Resto del Carlino Romagna, 28 giugno 1984 </ref>.


[[Categoria:Le inchieste antimafia]]
Anche grazie all’arresto di Epaminonda e la disarticolazione dell’intera organizzazione, numerosi interventi delle Forze dell’Ordine e indagini della magistratura, compresa le DDA di Bologna e di Firenze, hanno dimostrato come negli anni successivi il settore del gioco d’azzardo in Romagna abbia continuato a interessare in termini rilevanti la criminalità organizzata. In particolare, nell’area lasciata scoperta da Epaminonda, tra la provincia di Rimini e quella di Ravenna, si erano inseriti prima i [[Corleonesi]] guidati da [[Giacomo Riina]] (zio del Capo dei Capi [[Totò Riina|Totò]] e referente di Cosa Nostra nel Centro-Nord), quindi i catanesi di [[Luigi "Jimmy" Miano|Luigi “Jimmy” Miano]], successore dello stesso Epaminonda<ref> Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, Richiesta per l’applicazione di misure cautelari, Bellini + altri, 1993 </ref>.
[[File:Luigi di Modica.jpg|250px|thumb|left|Luigi Di Modica, oggi collaboratore di giustizia]]
Con l’arresto del luogotenente di Miano in Romagna, [[Luigi Di Modica]], avvenuto il [[15 settembre]] [[1993]] a Misano Adriatico (Rn)<ref> A. Nanni, Scacco all’uomo d’onore, Il Resto del Carlino, 17 settembre 1993 </ref>, nel settore delle bische si creava nuovamente un vuoto di potere.
 
=== L’ascesa del sodalizio dei “calabresi di Riccione” ===
[[File:Saverio Masellis.jpg|250px|thumb|right|Saverio Masellis]]
 
Approfittando dell’assenza di altri sodalizi dediti, in quel frangente, al controllo e allo sfruttamento del gioco clandestino, a metà degli anni ’90 il calabrese [[Saverio Masellis|Saverio “Rino” Masellis]] si inserì progressivamente nel settore delle bische romagnole. Masellis, da tempo residente in Riviera, ad inizio anni ’90 era già stato coinvolto ed arrestato nell’ambito della maxi-indagine anti-droga “[[Operazione Romagna Pulita|Romagna Pulita]]” della Procura di Rimini.
 
Per avere garanzia di potersi muovere in questo specifico settore senza rischiare eventuali conflitti con altri gruppi, Masellis prese contatto con [[Mario Domenico Pompeo]], ‘ndranghetista originario della zona di Isola Capo Rizzuto, storicamente vicino a Epaminonda e ai catanesi, per conto dei quali aveva gestito alcune bische clandestine a Milano durante il periodo di detenzione dei siciliani. In virtù del debito di riconoscenza nei confronti di Pompeo, i siciliani diedero il proprio benestare affinché Masellis potesse esercitare il controllo sulle bische riminesi, libero da ingerenze esterne.
 
Confortato dall’intervento pacificatore di Pompeo, dal 1995 circa Masellis iniziò ad acquisire il controllo dei circoli della provincia di Rimini, espandendosi in breve tempo anche nel resto della Romagna, Bologna compresa. Al fine di consolidare la forza d’intimidazione nei confronti di frequentatori e gestori dei circoli, creò una struttura organizzativa al cui interno operavano soggetti ritualmente affiliati alla ‘ndrangheta, ognuno dei quali con un proprio ruolo.
 
==== La struttura dell’organizzazione ====
Così come ricostruito dai giudici del Tribunale di Rimini <ref> Trib. Rimini, n. 1604/2008, 27 giugno 2008, Belegu + 12 </ref>, l’associazione era strutturata secondo il seguente organigramma:
 
* '''Pompeo, Tallarico''': promotori dell’associazione;
* '''Mellino''': dirigente;
* '''Masellis''': promotore, provvede ad organizzare e dirigere l’attività di sfruttamento del gioco d’azzardo, gestendo direttamente la bisca di Riccione e servendosi di collaboratori a lui sottoposti per il controllo delle bische di Rimini e Bologna;
* '''Lentini, Aureli, Urso, Zanetti, Callegari, Carrara, Mongardi Fantaguzzi, Piccolo''', partecipi e collaboratori sottoposti a Masellis, incaricati di controllare le bische e con l’ulteriore compito di svolgere materialmente l’attività di estorsione e di recupero crediti nei confronti di giocatori d’azzardo gravati da debiti di gioco;
* '''Belegu, Mascolo, Sestito''', partecipi, svolgevano mansioni esecutive alle dipendente dirette di Masellis e Lentini;
* '''Cardamone, Bumbaca, Mellino Giovanni''', partecipi, operavano al servizio diretto di Mellino Francesco e costituivano anche il tramite tra la struttura organizzativa di Masellis in Emilia-Romagna da un lato e di Pompeo Mario Domenico dall’altro.
 
==== I circoli controllati ====
L’indagine Bastiglia ha permesso di ricostruire come l’organizzazione capeggiata in Romagna da Masellis esercitasse un controllo, diretto o meno, su numerosi circoli, secondo diverse modalità. Vi erano pertanto i circoli direttamente controllati dal sodalizio, quelli gestiti tramite un sottoposto di fiducia, i circoli sui quali Masellis era in grado di imporre, grazie alla forza di intimidazione propria della ‘ndrangheta, modalità di gioco e orari di apertura. Vi erano, infine, quei locali che non avevano intenzione di sottostare alle imposizioni dei calabresi di Riccione e per tale ragione, successivamente, sono stati costretti a chiudere le attività.
 
I circoli in questione sono così sinteticamente descritti:
 
* '''Circolo del Mare di Riccione (ex Circolo del Bridge)''', viale Ceccarini: bisca direttamente gestita da Masellis e Lentini, seppur formalmente affidata a Massimo Aureli.
* '''Circolo Fotoamatori di Rimini''', via Gambalunga: circolo storicamente sotto l’influenza dei catanesi. Dopo la chiusura da parte del GICO di Firenze nell’ambito dell’indagine “Autoparco”, veniva fatto riaprire da Masellis, il quale lo gestiva attraverso il pugliese Francesco Urso, già biscazziere all’epoca di Epaminonda.
* '''Circolo Associazione Giochi Divertenti di Bologna''', inizialmente a Porta Mascarella, poi via Zago: locale sul quale Masellis vantava formalmente una quota associativa, che tuttavia non giustificava il lucroso ammontare dei profitti che lo stesso Masellis percepiva dalle giocate in quel circolo.
* '''Circolo San Vitale di Ravenna''': bisca oggetto di intimidazione da parte del sodalizio criminale, il 14 agosto 1999, quando Lentini e un altro soggetto sparano colpi d’arma da fuoco sulle auto parcheggiate all’esterno e di proprietà di alcuni giocatori, al fine di scoraggiarli. In effetti, a seguito di questo episodio, l’attività all’interno del circolo si è ridotta sempre più, fino alla chiusura definitiva.
* '''Circolo Cittadino di Pinarella di Cervia''': il locale sul quale avrebbe dovuto sorvegliare Gabriele Guerra, portato invece all’immediata chiusura dopo il suo omicidio, avvenuto un mese dopo l’inaugurazione del circolo.
* '''Circolo Amici del video di Cervia e Pineta di Ravenna''': locali completamente assoggettati alle imposizioni di Masellis, sia sulle modalità di gioco che per quanto riguarda gli orari di apertura e chiusura.
* '''Circolo del Bridge di Milano Marittima''': bisca aperta per poco tempo, nell’anno 2000, fin quando Lentini si è recato sul posto per imporre le proprie condizioni ai gestori.
* '''Circolo La Scranna di Forlì''': circolo forlivese sul quale la DDA di Bologna aveva ipotizzato vi fosse interesse da parte del sodalizio criminale e a lui attribuibile, nella persona di Mellino, l’evento intimidatorio del 2003, quando le serrande del locale vennero trovate crivellate di colpi di arma da fuoco.
 
==== I legami con la ‘ndrangheta ====
Come premesso, la maggior parte dei membri del sodalizio erano ritualmente affiliati alla ‘ndrangheta. Il collaboratore di giustizia [[Luigi Bonaventura]], già esponente della cosca Vrenna–Corigliano–Bonaventura (dalla quale è uscito nel 2006, iniziando la sua collaborazione il [[26 febbraio]] [[2007]]), nel corso del processo celebrato a Ravenna per l’omicidio Guerra, ha riferito di una cerimonia avvenuta in Calabria nel [[2002]], all’interno della quale a Bumbaca veniva conferito il grado di ''camorrista'' allo stesso Bonaventura e a Francesco Cardamone quello più elevato di ''sgarrista'', mentre a Masellis, che già possedeva questo grado, quello ancora più superiore di ''santista''. La qualità di affiliato alla ‘ndrangheta di Masellis è stata infine confermata anche dal collaboratore di giustizia Rocco Mammoliti, altro collaboratore di giustizia. Ascoltato dalla Corte d’Assise di Ravenna, Mammoliti ha dichiarato che Masellis faceva parte della cosca Dragone di Cutro, alla quale era stato affiliato da [[Giuseppe Lucente]], nipote del capo cosca [[Antonio Dragone]]. [[Francesco Mellino]], invece, possedeva già allora la dote della ''santa'' ed era riconosciuto quale killer e criminale di spessore.
 
Il legame tra i vertici dell’organizzazione e il gruppo operante in Romagna, anche in virtù delle modalità di ascesa da parte di Masellis, rappresenta un caso particolare e non facilmente inquadrabile secondo gli schemi tipici riguardanti la ‘ndrangheta. Questo rapporto non poteva essere infatti ricondotto alle ordinarie e tradizionali caratteristiche di una “''locale''” di ‘ndrangheta, né all’ipotesi di soggetti legati alla ‘ndrangheta e attivi in aree non tradizionali, pur in assenza di una struttura organizzativa. In ragione del lasciapassare ricevuto per consentire la gestione indisturbata delle bische romagnole, Masellis pagava infatti un tributo a Pompeo e a Tallarico, denaro proveniente dagli stessi profitti dell’attività criminale esercitata sulle bische. A fronte di tale tributo, Masellis e il resto dell’organizzazione stabilmente presente in Romagna possedevano un certo grado di autonomia nella gestione degli affari in quest’area.
 
La decisione di uccidere [[Gabriele Guerra]], per esempio, non essendo stata necessaria l’autorizzazione da parte di Pompeo, ha rappresentato la prova emblematica dell’autonomia concessa alla propaggine romagnola, soggetta alle direttive di Masellis.
 
=== L’omicidio Guerra ===
[[File:Gabriele guerra.jpg|250px|thumb|left|Gabriele Guerra]]
L’omicidio di Gabriele Guerra è avvenuto la sera del [[14 luglio]] [[2003]]. Il corpo della vittima è stato rinvenuto all’interno dell’auto con le luci ancora accese, davanti alla sua abitazione a Pinarella di Cervia (Ra) <ref>Per la rassegna stampa dei giorni successivi al fatto di sangue, si veda “Freddato sull’auto, davanti a casa”, Corriere di Ravenna, 16 luglio 2003</ref>.
 
Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Procura di Ravenna Isabella Cavallari, hanno consentito in breve tempo di attribuire il fatto di sangue a un conflitto sorto nell’ambito del gioco d’azzardo, al quale Guerra era storicamente legato. Gabriele Guerra, infatti, all’inizio degli anni '90 era stato scelto dal catanese Luigi Di Modica quale suo collaboratore nella gestione e nel controllo delle bische, per conto di Luigi Miano. Arrestato nel [[1994]] e in seguito condannato per stupefacenti e rapina, Guerra era uscito dal carcere in regime di semi-libertà nel [[2001]]. In quel periodo a Pinarella di Cervia, nel suo stesso paese, alcune persone stavano progettando di aprire un nuovo circolo rivolto a giocatori facoltosi e a Guerra era stato proposto di partecipare alla futura attività, sia come socio ma soprattutto in qualità di protettore del locale, in ragione delle capacità maturate nel settore del gioco d’azzardo.
 
[[File:Gabriele Guerra, la notizia dell'omicidio sui giornali locali.jpg|250px|thumb|right|La notizia dell'omicidio di Guerra, sui giornali locali]]
 
Ciò accadeva nel periodo di massima espansione del gruppo di Masellis, con la conseguenza che in prossimità dell’apertura del Circolo di Pinarella, i “calabresi di Riccione” facevano pervenire a Guerra messaggi espliciti in merito all’impossibilità di mantenere aperto un circolo concorrente ai loro, sullo stesso territorio. Guerra, tuttavia, non aveva ceduto alle minacce ed era intenzionato ad aprire comunque il Circolo Cittadino. Un teste, ascoltato durante il processo di Ravenna, ha dichiarato: “''Guerra diceva ‘sono romagnolo, è giusto che in Romagna mangino anche i romagnoli''’”.
 
L’attività investigativa ha ricostruito i movimenti dei tre uomini (Mellino, Cardamone e Lentini) che la sera del 14 luglio 2003 giungevano fino a Pinarella, a bordo di due moto, per uccidere Gabriele Guerra. Secondo la ricostruzione effettuata dal RIS, i 15 colpi sono stati sparati dalla  Skorpion calibro 7,65 in mano a Francesco Mellino, a pochi metri dal corpo della vittima.
 
Nel motivare le condanne agli ergastoli per gli esecutori materiali e il mandante dell’omidicio, Masellis, i giudici ravennati hanno così scritto: “''Se avessero permesso a Guerra e agli altri di gestire una bisca sottratta al loro controllo o condizionamento avrebbero perso in autorità ed autorevolezza, lasciando la strada libera per l’apertura e la concorrenza indiscriminata di altri circoli, con la prospettiva di una perdita secca e duratura dei loro ingenti guadagni, un prezzo questo inaccettabile per un’organizzazione con quelle caratteristiche, anche sotto un profilo morale''”<ref> Assise Ravenna, n. 1/07, 21 giugno 2007 </ref>
 
== I processi ==
In seguito all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare del luglio 2005, gli imputati sono stati rinviati a giudizio davanti alla Corte d’assise di Ravenna. A seguito di eccezioni di incompetenza sollevate dalle difese, presso questa Corte è rimasto il processo per l’omicidio Guerra, mentre per tutti gli altri capi di imputazione, più grave il [[Legge Rognoni - La Torre|416 bis]], è stato effettuato lo stralcio a favore del Tribunale di Rimini.
 
In primo grado il processo per l’omicidio Guerra si è concluso con due condanne all’ergastolo (Masellis e Mellino), poi confermate fino in Cassazione il [[30 aprile]] [[2009]]. La condanna di Lentini a 27 anni di reclusione, invece, in appello è stata modificata anch’essa in ergastolo. Pochi giorni prima delle conferme in Cassazione, a seguito di alcune indagini, è stato raggiunto da un nuovo provvedimento di custodia anche Francesco Cardamone, ritenuto presente la sera dell’omicidio Guerra.
 
Il processo di Rimini sull’associazione a delinquere di stampo mafioso a carico di 13 imputati si è invece concluso il [[27 giugno]] [[2008]] con '''11 condanne''' e '''2 assoluzioni'''.
 
Per il reato di 416 bis nel 2011 è arrivata la conferma definitiva dalla Corte di Cassazione per Belegu (3 anni e 4 mesi), il collaboratore di giustizia Bumbaca (3 anni), Lentini (13 anni), Mellino (8 anni) e Pompeo (4 anni e 8 mesi). In appello, a causa di errori procedurali, sono state stralciate le posizioni di Cardamone e Masellis, per i quali il processo è ancora in corso davanti al Tribunale di Rimini.
 
Con la pronuncia del [[18 luglio]] 2011 della Corte di Cassazione, è stato riconosciuto per la prima ed unica volta in via definitiva il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.) in Emilia-Romagna.
 
== Bibliografia ==
* Enzo Ciconte, Mafia, camorra e ‘ndrangheta in Emilia-Romagna, Panozzo Editore, 1998
* Patrick Wild, Criminalità organizzata di stampo mafioso in Romagna: prospettiva storica e analisi del fenomeno, Tesi di laurea, Università di Bologna, 2013
* Patrick Wild, [http://www.gruppoantimafiapiolatorre.it/sito/antimafia/rimini/365-rimini-e-le-mafie-d-azzardo.html Rimini e le mafie d’azzardo], Gruppo Antimafia Pio La Torre
 
== Note ==
<references></references>
 
[[Categoria:Inchieste antimafia]]

Versione attuale delle 23:00, 26 ott 2023

L’operazione Bastiglia è stata un'inchiesta sul gioco d'azzardo coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Bologna che riguardava in particolare il controllo delle bische clandestine tra Bologna e la riviera romagnola tra gli anni ’90 e i primi anni 2000 da parte di un’organizzazione criminale riconducibile alla ‘ndrangheta. L’attività investigativa culminò con gli arresti eseguiti il 14 luglio 2005. I processi nati dall’indagine rappresentano ad oggi il primo e unico caso di delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso (articolo 416 bis del Codice penale) riconosciuto in Emilia-Romagna fino al passaggio in giudicato delle sentenze.

Premessa: le bische romagnole e gli equilibri esistenti

Già alla fine degli anni ’70, principalmente a causa degli elevati profitti che ne derivavano, attorno al settore delle bische clandestine romagnole era sorto il crescente interesse della criminalità organizzata. Come spiegò una volta Angelo Epaminonda, boss della mafia catanese attivo a Milano, nel corso del processo in cui era imputato, l’ambito del gioco clandestino in Riviera era fortemente caratterizzato dalla sistematica mancanza di regole e dall’elevata conflittualità, elementi che da un lato si traducevano nelle c.d. “soffiate” alle Forze dell’Ordine per eliminare bische concorrenti, mentre dall’altro sfociavano in vere e proprie rappresaglie sui gestori di circoli rivali. Lo stesso Epaminonda, quando a metà degli anni ’80 si era inserito in questo settore perché intenzionato ad acquisire il controllo dei locali da gioco sulla riviera romagnola, aveva commissionato ai suoi uomini l’omicidio di due gestori ed è stato per ciò in seguito condannato.

La prima vittima è stata Arcangelo Romano, ucciso nell’ottobre 1983 all’esterno di un bar di Igea Marina (Rn). Ai giudici il mandante spiegò in questi termini l’omicidio Romano: “con la soppressione di Romano facevo capire ai palermitani che non avevo intenzione di scherzare, e a quelli del posto che le mie regole da quel momento andavano rispettate ed avrebbero fatto meglio a non denunciare la mia presenza in Romagna[1].

Per lo stesso motivo fu ordinato il secondo omicidio, quello del siciliano Calogero Lombardo, da tempo residente nel riminese, ucciso il 26 giugno 1984 a San Giuliano Mare (Rn).[2].

Anche grazie all’arresto di Epaminonda e la disarticolazione dell’intera organizzazione, numerosi interventi delle Forze dell’Ordine e indagini della magistratura, compresa le DDA di Bologna e di Firenze, hanno dimostrato come negli anni successivi il settore del gioco d’azzardo in Romagna abbia continuato a interessare in termini rilevanti la criminalità organizzata. In particolare, nell’area lasciata scoperta da Epaminonda, tra la provincia di Rimini e quella di Ravenna, si erano inseriti prima i Corleonesi guidati da Giacomo Riina (zio del Capo dei Capi Totò e referente di Cosa Nostra nel Centro-Nord), quindi i catanesi di Luigi “Jimmy” Miano, successore dello stesso Epaminonda[3].

Luigi Di Modica, oggi collaboratore di giustizia

Con l’arresto del luogotenente di Miano in Romagna, Luigi Di Modica, avvenuto il 15 settembre 1993 a Misano Adriatico (Rn)[4], nel settore delle bische si creava nuovamente un vuoto di potere.

L’ascesa del sodalizio dei “calabresi di Riccione”

Saverio Masellis

Approfittando dell’assenza di altri sodalizi dediti, in quel frangente, al controllo e allo sfruttamento del gioco clandestino, a metà degli anni ’90 il calabrese Saverio “Rino” Masellis si inserì progressivamente nel settore delle bische romagnole. Masellis, da tempo residente in Riviera, ad inizio anni ’90 era già stato coinvolto ed arrestato nell’ambito della maxi-indagine anti-droga “Romagna Pulita” della Procura di Rimini.

Per avere garanzia di potersi muovere in questo specifico settore senza rischiare eventuali conflitti con altri gruppi, Masellis prese contatto con Mario Domenico Pompeo, ‘ndranghetista originario della zona di Isola Capo Rizzuto, storicamente vicino a Epaminonda e ai catanesi, per conto dei quali aveva gestito alcune bische clandestine a Milano durante il periodo di detenzione dei siciliani. In virtù del debito di riconoscenza nei confronti di Pompeo, i siciliani diedero il proprio benestare affinché Masellis potesse esercitare il controllo sulle bische riminesi, libero da ingerenze esterne.

Confortato dall’intervento pacificatore di Pompeo, dal 1995 circa Masellis iniziò ad acquisire il controllo dei circoli della provincia di Rimini, espandendosi in breve tempo anche nel resto della Romagna, Bologna compresa. Al fine di consolidare la forza d’intimidazione nei confronti di frequentatori e gestori dei circoli, creò una struttura organizzativa al cui interno operavano soggetti ritualmente affiliati alla ‘ndrangheta, ognuno dei quali con un proprio ruolo.

La struttura dell’organizzazione

Così come ricostruito dai giudici del Tribunale di Rimini [5], l’associazione era strutturata secondo il seguente organigramma:

  • Pompeo, Tallarico: promotori dell’associazione;
  • Mellino: dirigente;
  • Masellis: promotore, provvede ad organizzare e dirigere l’attività di sfruttamento del gioco d’azzardo, gestendo direttamente la bisca di Riccione e servendosi di collaboratori a lui sottoposti per il controllo delle bische di Rimini e Bologna;
  • Lentini, Aureli, Urso, Zanetti, Callegari, Carrara, Mongardi Fantaguzzi, Piccolo, partecipi e collaboratori sottoposti a Masellis, incaricati di controllare le bische e con l’ulteriore compito di svolgere materialmente l’attività di estorsione e di recupero crediti nei confronti di giocatori d’azzardo gravati da debiti di gioco;
  • Belegu, Mascolo, Sestito, partecipi, svolgevano mansioni esecutive alle dipendente dirette di Masellis e Lentini;
  • Cardamone, Bumbaca, Mellino Giovanni, partecipi, operavano al servizio diretto di Mellino Francesco e costituivano anche il tramite tra la struttura organizzativa di Masellis in Emilia-Romagna da un lato e di Pompeo Mario Domenico dall’altro.

I circoli controllati

L’indagine Bastiglia ha permesso di ricostruire come l’organizzazione capeggiata in Romagna da Masellis esercitasse un controllo, diretto o meno, su numerosi circoli, secondo diverse modalità. Vi erano pertanto i circoli direttamente controllati dal sodalizio, quelli gestiti tramite un sottoposto di fiducia, i circoli sui quali Masellis era in grado di imporre, grazie alla forza di intimidazione propria della ‘ndrangheta, modalità di gioco e orari di apertura. Vi erano, infine, quei locali che non avevano intenzione di sottostare alle imposizioni dei calabresi di Riccione e per tale ragione, successivamente, sono stati costretti a chiudere le attività.

I circoli in questione sono così sinteticamente descritti:

  • Circolo del Mare di Riccione (ex Circolo del Bridge), viale Ceccarini: bisca direttamente gestita da Masellis e Lentini, seppur formalmente affidata a Massimo Aureli.
  • Circolo Fotoamatori di Rimini, via Gambalunga: circolo storicamente sotto l’influenza dei catanesi. Dopo la chiusura da parte del GICO di Firenze nell’ambito dell’indagine “Autoparco”, veniva fatto riaprire da Masellis, il quale lo gestiva attraverso il pugliese Francesco Urso, già biscazziere all’epoca di Epaminonda.
  • Circolo Associazione Giochi Divertenti di Bologna, inizialmente a Porta Mascarella, poi via Zago: locale sul quale Masellis vantava formalmente una quota associativa, che tuttavia non giustificava il lucroso ammontare dei profitti che lo stesso Masellis percepiva dalle giocate in quel circolo.
  • Circolo San Vitale di Ravenna: bisca oggetto di intimidazione da parte del sodalizio criminale, il 14 agosto 1999, quando Lentini e un altro soggetto sparano colpi d’arma da fuoco sulle auto parcheggiate all’esterno e di proprietà di alcuni giocatori, al fine di scoraggiarli. In effetti, a seguito di questo episodio, l’attività all’interno del circolo si è ridotta sempre più, fino alla chiusura definitiva.
  • Circolo Cittadino di Pinarella di Cervia: il locale sul quale avrebbe dovuto sorvegliare Gabriele Guerra, portato invece all’immediata chiusura dopo il suo omicidio, avvenuto un mese dopo l’inaugurazione del circolo.
  • Circolo Amici del video di Cervia e Pineta di Ravenna: locali completamente assoggettati alle imposizioni di Masellis, sia sulle modalità di gioco che per quanto riguarda gli orari di apertura e chiusura.
  • Circolo del Bridge di Milano Marittima: bisca aperta per poco tempo, nell’anno 2000, fin quando Lentini si è recato sul posto per imporre le proprie condizioni ai gestori.
  • Circolo La Scranna di Forlì: circolo forlivese sul quale la DDA di Bologna aveva ipotizzato vi fosse interesse da parte del sodalizio criminale e a lui attribuibile, nella persona di Mellino, l’evento intimidatorio del 2003, quando le serrande del locale vennero trovate crivellate di colpi di arma da fuoco.

I legami con la ‘ndrangheta

Come premesso, la maggior parte dei membri del sodalizio erano ritualmente affiliati alla ‘ndrangheta. Il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, già esponente della cosca Vrenna–Corigliano–Bonaventura (dalla quale è uscito nel 2006, iniziando la sua collaborazione il 26 febbraio 2007), nel corso del processo celebrato a Ravenna per l’omicidio Guerra, ha riferito di una cerimonia avvenuta in Calabria nel 2002, all’interno della quale a Bumbaca veniva conferito il grado di camorrista allo stesso Bonaventura e a Francesco Cardamone quello più elevato di sgarrista, mentre a Masellis, che già possedeva questo grado, quello ancora più superiore di santista. La qualità di affiliato alla ‘ndrangheta di Masellis è stata infine confermata anche dal collaboratore di giustizia Rocco Mammoliti, altro collaboratore di giustizia. Ascoltato dalla Corte d’Assise di Ravenna, Mammoliti ha dichiarato che Masellis faceva parte della cosca Dragone di Cutro, alla quale era stato affiliato da Giuseppe Lucente, nipote del capo cosca Antonio Dragone. Francesco Mellino, invece, possedeva già allora la dote della santa ed era riconosciuto quale killer e criminale di spessore.

Il legame tra i vertici dell’organizzazione e il gruppo operante in Romagna, anche in virtù delle modalità di ascesa da parte di Masellis, rappresenta un caso particolare e non facilmente inquadrabile secondo gli schemi tipici riguardanti la ‘ndrangheta. Questo rapporto non poteva essere infatti ricondotto alle ordinarie e tradizionali caratteristiche di una “locale” di ‘ndrangheta, né all’ipotesi di soggetti legati alla ‘ndrangheta e attivi in aree non tradizionali, pur in assenza di una struttura organizzativa. In ragione del lasciapassare ricevuto per consentire la gestione indisturbata delle bische romagnole, Masellis pagava infatti un tributo a Pompeo e a Tallarico, denaro proveniente dagli stessi profitti dell’attività criminale esercitata sulle bische. A fronte di tale tributo, Masellis e il resto dell’organizzazione stabilmente presente in Romagna possedevano un certo grado di autonomia nella gestione degli affari in quest’area.

La decisione di uccidere Gabriele Guerra, per esempio, non essendo stata necessaria l’autorizzazione da parte di Pompeo, ha rappresentato la prova emblematica dell’autonomia concessa alla propaggine romagnola, soggetta alle direttive di Masellis.

L’omicidio Guerra

Gabriele Guerra

L’omicidio di Gabriele Guerra è avvenuto la sera del 14 luglio 2003. Il corpo della vittima è stato rinvenuto all’interno dell’auto con le luci ancora accese, davanti alla sua abitazione a Pinarella di Cervia (Ra) [6].

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Procura di Ravenna Isabella Cavallari, hanno consentito in breve tempo di attribuire il fatto di sangue a un conflitto sorto nell’ambito del gioco d’azzardo, al quale Guerra era storicamente legato. Gabriele Guerra, infatti, all’inizio degli anni '90 era stato scelto dal catanese Luigi Di Modica quale suo collaboratore nella gestione e nel controllo delle bische, per conto di Luigi Miano. Arrestato nel 1994 e in seguito condannato per stupefacenti e rapina, Guerra era uscito dal carcere in regime di semi-libertà nel 2001. In quel periodo a Pinarella di Cervia, nel suo stesso paese, alcune persone stavano progettando di aprire un nuovo circolo rivolto a giocatori facoltosi e a Guerra era stato proposto di partecipare alla futura attività, sia come socio ma soprattutto in qualità di protettore del locale, in ragione delle capacità maturate nel settore del gioco d’azzardo.

La notizia dell'omicidio di Guerra, sui giornali locali

Ciò accadeva nel periodo di massima espansione del gruppo di Masellis, con la conseguenza che in prossimità dell’apertura del Circolo di Pinarella, i “calabresi di Riccione” facevano pervenire a Guerra messaggi espliciti in merito all’impossibilità di mantenere aperto un circolo concorrente ai loro, sullo stesso territorio. Guerra, tuttavia, non aveva ceduto alle minacce ed era intenzionato ad aprire comunque il Circolo Cittadino. Un teste, ascoltato durante il processo di Ravenna, ha dichiarato: “Guerra diceva ‘sono romagnolo, è giusto che in Romagna mangino anche i romagnoli’”.

L’attività investigativa ha ricostruito i movimenti dei tre uomini (Mellino, Cardamone e Lentini) che la sera del 14 luglio 2003 giungevano fino a Pinarella, a bordo di due moto, per uccidere Gabriele Guerra. Secondo la ricostruzione effettuata dal RIS, i 15 colpi sono stati sparati dalla Skorpion calibro 7,65 in mano a Francesco Mellino, a pochi metri dal corpo della vittima.

Nel motivare le condanne agli ergastoli per gli esecutori materiali e il mandante dell’omidicio, Masellis, i giudici ravennati hanno così scritto: “Se avessero permesso a Guerra e agli altri di gestire una bisca sottratta al loro controllo o condizionamento avrebbero perso in autorità ed autorevolezza, lasciando la strada libera per l’apertura e la concorrenza indiscriminata di altri circoli, con la prospettiva di una perdita secca e duratura dei loro ingenti guadagni, un prezzo questo inaccettabile per un’organizzazione con quelle caratteristiche, anche sotto un profilo morale[7]

I processi

In seguito all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare del luglio 2005, gli imputati sono stati rinviati a giudizio davanti alla Corte d’assise di Ravenna. A seguito di eccezioni di incompetenza sollevate dalle difese, presso questa Corte è rimasto il processo per l’omicidio Guerra, mentre per tutti gli altri capi di imputazione, più grave il 416 bis, è stato effettuato lo stralcio a favore del Tribunale di Rimini.

In primo grado il processo per l’omicidio Guerra si è concluso con due condanne all’ergastolo (Masellis e Mellino), poi confermate fino in Cassazione il 30 aprile 2009. La condanna di Lentini a 27 anni di reclusione, invece, in appello è stata modificata anch’essa in ergastolo. Pochi giorni prima delle conferme in Cassazione, a seguito di alcune indagini, è stato raggiunto da un nuovo provvedimento di custodia anche Francesco Cardamone, ritenuto presente la sera dell’omicidio Guerra.

Il processo di Rimini sull’associazione a delinquere di stampo mafioso a carico di 13 imputati si è invece concluso il 27 giugno 2008 con 11 condanne e 2 assoluzioni.

Per il reato di 416 bis nel 2011 è arrivata la conferma definitiva dalla Corte di Cassazione per Belegu (3 anni e 4 mesi), il collaboratore di giustizia Bumbaca (3 anni), Lentini (13 anni), Mellino (8 anni) e Pompeo (4 anni e 8 mesi). In appello, a causa di errori procedurali, sono state stralciate le posizioni di Cardamone e Masellis, per i quali il processo è ancora in corso davanti al Tribunale di Rimini.

Con la pronuncia del 18 luglio 2011 della Corte di Cassazione, è stato riconosciuto per la prima ed unica volta in via definitiva il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.) in Emilia-Romagna.

Bibliografia

  • Enzo Ciconte, Mafia, camorra e ‘ndrangheta in Emilia-Romagna, Panozzo Editore, 1998
  • Patrick Wild, Criminalità organizzata di stampo mafioso in Romagna: prospettiva storica e analisi del fenomeno, Tesi di laurea, Università di Bologna, 2013
  • Patrick Wild, Rimini e le mafie d’azzardo, Gruppo Antimafia Pio La Torre

Note

  1. App. Milano, n. 7/88, 8 febbraio 1988, Epaminonda + altri
  2. L. Biliotti, S. Passini, Killer lo fredda sparando fra la folla, Il Resto del Carlino Romagna, 28 giugno 1984
  3. Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, Richiesta per l’applicazione di misure cautelari, Bellini + altri, 1993
  4. A. Nanni, Scacco all’uomo d’onore, Il Resto del Carlino, 17 settembre 1993
  5. Trib. Rimini, n. 1604/2008, 27 giugno 2008, Belegu + 12
  6. Per la rassegna stampa dei giorni successivi al fatto di sangue, si veda “Freddato sull’auto, davanti a casa”, Corriere di Ravenna, 16 luglio 2003
  7. Assise Ravenna, n. 1/07, 21 giugno 2007