Strage di Via dei Georgofili: differenze tra le versioni

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La '''Strage di via dei Georgofili''' fu un attentato mafioso ad opera di [[Cosa Nostra]] avvenuto a Firenze nella notte tra il [[26 maggio|26]] e il [[27 maggio]] [[1993]], nel quale persero la vita [[Fabrizio Nencioni]], la moglie [[Angela Fiume]], le figlie [[Nadia Nencioni|Nadia]] e [[Caterina Nencioni|Caterina]] e lo studente [[Dario Capolicchio]]. L'autobomba che scoppiò all'1:04 ferì anche 48 persone e provocò ingenti danni alla Galleria degli Uffizi, alla Chiesa di Santo Stefano al Ponte, alla Torre de' Pulci e ad altri edifici storici della zona.
[[File:05 27 strage via dei georgofili sito.jpg|alt=Strage di Via Dei Georgofili|miniatura|Strage di Via dei Georgofili]]


“Il tramonto si avvicina. È già sera e tutto è finito.
==Antefatti==
Nadia Nencioni
===La preparazione dell’attentato===
La fase della preparazione dell’attentato è nota grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia [[Salvatore Grigoli]], [[Vincenzo Ferro]] e di [[Pietro Carra]]. Secondo le loro testimonianze, l'esplosivo utilizzato per la strage venne macinato e confezionato a Palermo, in un rudere di proprietà di [[Antonino Mangano]], dagli affiliati [[Gaspare Spatuzza]], [[Cosimo Lo Nigro]] e [[Francesco Giuliano]]<ref> Gaetano Tomaselli (Presidente), ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22’’, Corte d’Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998, p. 470</ref>. Successivamente, i tre effettuarono anche dei sopralluoghi a Firenze il 23 e il 24 maggio 1993, insieme a [[Vincenzo Ferro]] e a [[Giuseppe Barranca]]<ref> Ivi, pp. 472-473.</ref>.


L’individuazione della base logistica del piano fu affidata a Ferro che, su direttiva di Gioacchino Calabrò, nell’aprile del [[1993]] si mise in contatto con lo zio [[Antonino Messana]] a Prato, così da trovare un garage idoneo dove poter imbottire l'auto. Lo zio, non essendo in possesso di alcun garage, ne individuò alcuni abbandonati davanti alla propria casa ritenuti adeguati per l’operazione<ref>Ivi,  p.149</ref>.


Il veicolo prescelto per l'attentato venne rubato la sera del [[26 maggio]] [[1993]], tra le 19:30 e la mezzanotte: si trattava di un furgoncino Fiat Fiorino di colore bianco. Il proprietario, Alvaro Rossi, era un dipendente di una concessionaria di autoricambi. I mafiosi conoscevano le abitudini del proprietario, solito parcheggiare il veicolo i via della Scala al termine della giornata lavorativa, quindi non avrebbe potuto sapere se non all'indomani mattina del furto<ref>Ivi, p.77</ref>.


L'esplosivo a quel punto venne posizionato nel portabagagli e parcheggiato da Spatuzza nel luogo stabilito, cioè nel punto di convergenza tra via dei Georgofili e via Lambertesca<ref>Ivi, p. 475.</ref>.


La '''strage di via dei Georgofili''', a Firenze, rappresenta un attentato mafioso, avvenuto ad opera di Cosa Nostra, il 23 maggio 1993, sulla scia della barbarie che ricorda gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino avvenuti nel 1992. In tale brutale attentato persero la vita Angela Fiume (35 anni), Nadia e Caterina Nencioni ( rispettivamente di 9 anni e di 50 giorni), Fabrizio Nencioni (38 anni) e lo studente ventiduenne Dario Capolicchio. Rimasero, inoltre, ferite 48 persone e furono gravemente danneggiate 148 opere d’arte, mentre altre sono andate perdute per sempre .
==La Strage==
L'autobomba esplose alle h 1:04, facendo tremare l'intera città. Come venne accertato in seguito, il Fiorino era stato imbottito con 250 kg di esplosivo ad alto potenziale, con una miscela composta da '''pentrite, tritolo, T-4, nitroglicerina, nitroglicol e dinitrotoluene'''<ref>Ivi, pp. 79-80</ref>. Il cratere lasciato dall'esplosione misurava circa 3 metri di diametro e circa 2 metri di profondità, mentre l'area colpita era di circa 12 ettari, completamente ricoperta di fango e macerie<ref>Ivi, pp. 77-78</ref>.


=== Le vittime ===
Nell’attentato persero la vita cinque persone: [[Fabrizio Nencioni]], ispettore dei vigili urbani, sua moglie [[Angela Fiume]], custode dell’Accademia, e le loro due figlie [[Nadia Nencioni|Nadia]] e [[Caterina Nencioni|Caterina]], che abitavano al terzo piano della Torre de' Pulci. [[Dario Capolicchio]], studente di architettura, abitava di fronte alla Torre e morì nell’edificio, completamente avvolto dalle fiamme scatenate dall'esplosione<ref>Ivi, p. 75</ref>.


Le ricerche durarono più di due ore. La prima ad essere ritrovata fu Caterina, di appena cinquanta giorni, battezzata la domenica precedente. In seguito vennero ritrovati i corpi senza vita di [[Nadia Nencioni]]  che aveva solo nove anni, e dei suoi genitori. L’ultimo cadavere ad essere ritrovato fu quello di [[Dario Capolicchio]]. Oltre alle vittime si registrarono il ferimento di 48 persone<ref>Cita atti giudiziari</ref>.


==LA PREPARAZIONE==
===I danni al patrimonio artistico-culturale di Firenze===
La fase della preparazione dell’esplosivo è nota solo in piccola parte grazie alle dichiarazioni rese da Grigoli Salvatore. Tale preparazione, stando alle dichiarazioni del Grigoli, è avvenuta a Palermo ed è stata opera di Giuliano, Lo Nigro e Spatuzza.
L’attentato provocò numerosi danni alla città di Firenze. La Torre de’ Pulci, risalente all’epoca medievale e sede dell’Accademia dei Georgofili sin dal [[1932]], andò quasi completamente distrutta. Gravi danni subì anche la Chiesa di Santo Stefano al Ponte e il complesso monumentale degli Uffizi, nonché tutti gli edifici adiacenti al luogo dell'esplosione<ref>Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22’’, Corte d’ Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998,p. 76</ref>. Particolarmente gravi anche i danni alle opere presenti alla Galleria degli Uffizi, in particolare "''L'Adorazione dei Pastori''" di Gherardo delle Notti, i "''Giocatori di carte''" e "''Concerto''" di Manfredi<ref>La Repubblica, ‘’Quadri, sculture… ecco tutte le opere colpite dall’attentato’’, 29 maggio 1993</ref>. Tre dipinti andarono completamente persi, circa 170 furono danneggiati, insieme a 42 busti e 16 statue<ref>Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22’’, Corte d’ Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998,p. 76</ref>.  
Della ricerca e del rinvenimento della base logistica si è occupato Vincenzo Ferro che, nel mese di Aprile 1993, fu chiamato da Gioacchino Calabrò che gli intimò di mettersi in contatto con zio Antonino Messano di Prato affinchè gli mettesse a disposizione un garage per imbottire la Fiat Fiorino di esplosivo. Il Messana, non potendo ottemperare alla richiesta in quanto non era in possesso di garage, indicò alcuni garage di fronte a casa sua che vennero giudicati idonei allo svolgimento delle operazioni .
Il 23 maggio 1993, dopo aver macinato e confezionato l’esplosivo, Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro e Francesco Giuliano vennero accompagnati a Firenze per effettuare alcuni sopralluoghi. La sera del 26 maggio, dopo aver rubato una Fiat Fiorino e dopo averla imbottita di esplosivo, Giuliano e Lo Nigro la parcheggiarono in via dei Georgofili procurando l’esplosione.


==L’ATTENTATO==
==Processi per la Strage di Via dei Georgofili==
L’attentato dinamitardo avviene all’1.04 del 27 maggio 1993. La Fiat Fiorino, imbottita con 250 chilogrammi di esplosivo, parcheggiata di fronte all’ingresso secondario dell’Accademia dei Georgofili, dietro la Galleria degli Uffizi,  fa tremare con l’esplosione l’intera città.
L’iter processuale riguardante la strage avvenuta a Firenze nel maggio del [[1993]] in via dei Georgofili, a differenza delle tortuose vicende giudiziarie inerenti ad altre stragi avvenute nell’ondata mafiosa del 1992-1993, ebbe un percorso piuttosto lineare che portò in breve tempo all’individuazione dei responsabili materiali della strage<ref>Citato in Francesco Fleury, ‘’La dimensione giudiziaria degli avvenimenti’’, Atti del Convegno per il X anniversario della strage di via dei Georgofili, 26-27 maggio 2003, pp. 20-25</ref>.
All’arrivo dei Vigili del Fuoco, delle forze dell’ordine, delle ambulanze lo scenario che si presenta è un enorme cratere nel suolo causato dall’esplosione della Fiat Fiorino, un lago di acqua, macerie e fango e la Torre de’ Pulci, all’interno della quale ha sede l’Accademia dei Georgofili sin dal 1932, squarciata a metà .
Nell’attentato perdono la vita cinque persone. All’ultimo piano della Torre de’ Pulci vive la custode Angela con il marito Fabrizio Nencioni e le loro due bambine, Nadia e Caterina. Le ricerche durano più di due ore. La prima ad essere ritrovata è Caterina di appena cinquanta giorni, battezzata la domenica precedente. Inutile la corsa del vigile del fuoco con il fagottino bianco in braccio verso l’ambulanza. Il mezzo si muove a sirene spiegate nel vano tentativo di salvare la piccola per fermarsi poco dopo. In seguito vengono ritrovati i corpi senza vita di Nadia Nencioni, nove anni, Angela Fiume e Fabrizio Nencioni. L’ultima vittima, ritrovata poco più tardi, è Dario Capolicchio, studente ventiduenne di architettura che vive nel palazzo di fronte. Oltre alle vittime si è registrato il ferimento di una quarantina di persone.


===DANNI===
Il pool di magistrati che lavorò sul caso era composto da Gabriele Chelazzi e Giuseppe Nicolosi, supportati dal procuratore di Firenze [[Pietro Vigna]] e dal procuratore aggiunto Francesco Fleury<ref>Citato in Gabriele Chelazzi e Francesco Nocentini (a cura di), ''In nome del popolo italiano: scritti e interventi di Gabriele Chelazzi, il magistrato che indagò sulla strage di via dei Georgofili'', Firenze, Comune Network, 2003, pp. 15-16</ref>.
La Torre de’ Pulci, la torre medioevale (secolo XV) nella quale ha sede l’Accademia dei Georgofili dal 1932, è stata parzialmente distrutta. L’ordigno esplosivo ha fatto crollare gran parte della parete prospiciente Via dei Georgofili. Il crollo della parete ha comportato la distruzione della quasi totalità delle volte in muratura poste al primo piano, delle coperture dei solai . I lavori di ristrutturazione si sono svolti in due fasi. La prima ha previsto la messa in sicurezza e nel preconsolidamento della parte della struttura prospiciente via Lambertesca; la seconda fase ha, invece, riguardato il restauro completo del complesso vasariano degli Uffizi.  


L’esplosione ha danneggiato gravemente alcune opere presenti negli ambienti della Galleria degli Uffizi posti in via dei Georgofili e nel corridoio vasariano. Altre opere sono andate completamente perse. Tra queste ultime si annoverano “Il concerto musicale” e “I giocatori di carte” di Bartolomeo Manfredi; “L’adorazione dei Pastori” di Gerrit van Honthorst; “Aquila” di Bartolomeo Bimbi; “Avvoltoi, gufi e beccaccia” di Andrea Scacciati; “Scena di caccia” di Francis Grant; “Grande cervo in una palude” di Edwin Landseer.
===Il giudizio di primo grado===
Le indagini accertarono che i mandanti e gli autori materiali della strage erano esponenti di [[Cosa Nostra]]<ref> Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22”, Corte d’Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998, parte IV e parte V</ref>.


==IL PROCESSO E LE SENTENZE==
La scelta di compiere tale strage nel Nord Italia fu sicuramente influenzata dal rapporto che, in quel periodo, intercorreva tra [[Antonino Gioè]] e [[Paolo Bellini]]. La trattativa riguardava quasi sempre dei quadri da recuperare in cambio di benefici penitenziari per i mafiosi; in questo contesto maturarono le idee di aggressione al patrimonio artistico nazionale<ref>Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22’’, Corte d’ Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998, p. 1526</ref>.
L’iter processuale riguardante la strage avvenuta a Firenze nel Maggio del 1993 in via dei Georgofili, a differenza delle tortuose vicende giudiziarie inerenti le stragi avvenute nell’ondata mafiosa del 1992-1993, ha avuto un percorso piuttosto lineare ed ha portato in breve tempo alla individuazione dei responsabili materiali della strage. Il pool di magistrati fiorentini che lavorò alle inchieste sulle stragi del ‘ 93 era composto da Gabriele Chelazzi, Giuseppe Nicolosi, Alessandro Crini. Il pool era guidato dal procuratore capo della Repubblica Piero Luigi Vigna e coadiuvato dal procuratore aggiunto Francesco Fleury .


Le indagini hanno accertato che i mandanti e gli autori materiali della strage erano esponenti della mafia e che ad ispirarla era stata una strategia di tipo criminale- eversivo che andava oltre i consueti metodi e le consuete finalità della criminalità organizzata  per reagire alla normativa di rigore attuata a seguito degli attentati del 1992 in cui erano stati assassinati i giudici Falcone e Borsellino.
Il procedimento cominciò il [[12 novembre]] [[1996]] e si concluse con la sentenza del [[6 giugno]] [[1998]]. La II Sezione della Corte d’Assise di Firenze riconobbe il gruppo di Bagarella, Brusca, Messina Denaro e Graviano come mandanti delle stragi, condannandoli all’ergastolo con isolamento diurno<ref> Ivi, p. 1794.</ref>


L’udienza preliminare si svolge il 12 giugno del 1996. Il processo di primo grado, aperto il 26 novembre 1996, si conclude nel 1998 con 14 ergastoli e varie condanne.
Le condanne pronunciate dalla Corte d’Assise riconobbero il delitto di strage e di devastazione aggravati, la violazione delle disposizioni in tema di esplosivi e altri delitti accessori. Come esecutori furono riconosciuti Lo Nigro, Spatuzza, Giuliano, Barranca e altri, per un totale di 14 ergastoli e varie altre condanne pronunciate<ref>Ivi, pp. 1794-1804</ref>.
Il 1998 è l’anno in cui Gaspare Spatuzza inizia a collaborare con la giustizia confermando il proprio coinvolgimento nella strage di Firenze e, grazie alle sue dichiarazioni, la Corte d’Assise di Firenze condanna Francesco Tagliavia all’ergastolo con isolamento diurno per tre anni, al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere ed al risarcimento dei danni nei confronti del Ministero della Difesa, della Regione Toscana, del Comune di Firenze e delle parti civili costituitesi nel processo .


Nel 2014 la Cassazione, tuttavia, annulla con rinvio la condanna all’ergastolo del boss mafioso della famiglia di Corso dei Mille Francesco Tagliavia per la strage di via dei Georgofili. Questo porterà alla celebrazione di un appello bis.
====Il mistero del proiettile al Giardino di Boboli====
Nel procedimento di primo grado venne svelato anche il mistero del proiettile ritrovato al Giardino di Boboli il [[5 novembre]] [[1992]], a seguito delle dichiarazioni di [[Giovanni Brusca]], [[Antonino Gullotta]] e [[Gioacchino La Barbera]] nel procedimento di primo grado<ref>Ivi, pp. 1553-1558.</ref>.
 
L’iniziativa fu attribuita a Brusca e [[Leoluca Bagarella]], mentre l’azione fu intrapresa sotto la direzione di [[Santo Mazzei]], di origine catanese e a lungo detenuto insieme a Bagarella, affiliato al gruppo di [[Santapaola]] a Catania, che riuscì a contare su basi e uomini nel Nord Italia. Insieme a Gullotta, Roberto Cannavò e Salvatore Facella, i due collocarono un ordigno avvolto in un sacco di plastica nero e chiuso con del nastro all’interno del Giardino di Boboli, dietro la statua di Marco Cautius, a dieci minuti a piedi dall’entrata del Giardino. Era un proiettile della seconda guerra mondiale e non più in dotazione all’esercito. Quell’azione venne rivendicata con una telefonata all’ANSA, ma nei giornali dei giorni seguenti la notizia non ebbe l’impatto sperato da [[Cosa Nostra]], cioè destare paura nella popolazione e calmare la repressione delle Forze dell’Ordine a Palermo<ref>Ivi, pp. 1555</ref>.
 
===Sentenza stralcio del 2000===
La I Sezione della Corte d’Assise di Firenze riconobbe anche la responsabilità di [[Salvatore Riina]] nella strage. Per la natura del potere che esercitava in [[Cosa Nostra]], Riina conosceva ogni dettaglio riguardante l’organizzazione ed era convinto che fosse necessario un attacco che coinvolgesse l’interesse generale, la pubblica incolumità e i beni collettivi. La sua azione venne considerata un antecedente causale necessario delle stragi del [[1993]] e del [[1994]]<ref>Livio Genovese, ''Sentenza n. 2/2000 contro “Graviano + 3'', Corte d’Assise di primo grado di Firenze – I Sezione, 21 gennaio 2000, pp. 156-161</ref>.
 
===Appello===
La Corte d'Assise d'appello di Firenze confermò la validità dei riscontri, della documentazione acquisita e delle dichiarazioni che portarono alla condanna di primo grado<ref>Arturo Cindolo, ''Sentenza contro “Bagarella + 22'', Corte d’Assise d'appello di Firenze, 13 febbraio 2001, pp. 685-705.</ref>.
 
===Cassazione===
Anche la I Sezione Penale della Corte di Cassazione confermò le condanne relative alla Strage, ponendo così fine alla vicenda giudiziaria. L'unico imputato a essere rinviato a nuovo processo fu Antonino Messana<ref> Giovanni D’Urso, ''Sentenza n. 433/2002 contro Bagarella + 22'', Suprema Corte di Cassazione – I Sezione Penale, 6 maggio 2002, pp. 75-78.</ref>.
 
==Altre condanne==
Nel [[2008]], [[Gaspare Spatuzza]] iniziò a collaborare con la giustizia e confermò il suo coinvolgimento nella strage di via dei Georgofili. Grazie alle sue dichiarazioni, la Corte d’Assise di Firenze condannò [[Francesco Tagliavia]] per aver facilitato l’attentato, fornendo supporto logistico a Giuseppe Barranca, Cosimo Lo Nigro e Francesco Giuliano, finanziando le loro trasferte<ref>Redazione il Fatto Quotidiano, ‘’Strage di via dei Georgofili, condanna all’ergastolo per il boss Tagliavia’’, il Fatto Quotidiano, 24 febbraio 2016, 3 marzo 2024[https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/24/strage-di-via-dei-georgofili-condanna-allergastolo-per-il-boss-francesco-tagliavia/2493907/].</ref>.
 
Tagliavia venne condannato all’ergastolo con isolamento diurno per tre anni, oltre al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni al Ministero della Difesa, alla Regione Toscana, al Comune di Firenze e alle parti civili costituite nel processo<ref> Nicola Pisano, ''Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia'', Corte d’Assise di Firenze – II Sezione, 5 ottobre 2011, pp. 38-54</ref>.
 
Nel [[2013]], [[Cosimo D’Amato]] venne condannato all’ergastolo dal Tribunale di Firenze per aver fornito l’esplosivo utilizzato nell’attentato. La sua condanna venne confermata anche in appello e dalla Corte di Cassazione<ref>Maria Cristina Siotto, ''Sentenza n. 75/2016 contro Cosimo D’Amato'', Suprema Corte di Cassazione – I Sezione Penale, 18 gennaio 2016, pp. 1-9</ref>.
 
==L’inchiesta sui mandanti occulti==
La Procura di Firenze aprì nel [[1994]] una nuova inchiesta per accertare eventuali responsabilità concorrenti ed esterne per le stragi del 1992-1993. Nel procedimento contro Tagliavia<ref> Nicola Pisano, ‘’Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia - Procedimento penale n. 9043/2010 R.G.N.R.’’, Corte di Assise di Firenze - II Sezione, 5 ottobre 2011</ref> le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia<ref> Nicola Pisano, “Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia'', Corte di Assise di Firenze – II Sezione, 5 ottobre 2011, pp. 442-466</ref> portarono all’iscrizione nel registro degli indagati di [[Marcello Dell’Utri]] e di [[Silvio Berlusconi]]: entrambi, e più in generale il partito politico Forza Italia, furono individuati da [[Cosa Nostra]] come gli interlocutori nello Stato con cui dialogare per ottenere benefici e agevolazioni<ref>Ivi, p. 466 </ref>.
 
Nel [[1998]] l’indagine fu archiviata perché le dichiarazioni non trovarono riscontri nel termine massimo fissato per le indagini preliminari, si sottolineò però che l’ipotesi aveva mantenuto e incrementato la sua plausibilità<ref> Giuseppe Soresina ‘’Decreto di archiviazione - 3197/96 R.N.R.’’, Tribunale di Firenze - GIP, 14 novembre 1998, p. 2 </ref>.
 
Tra gli indagati, la Procura di Firenze nel [[2003]] iscrisse anche l’ex senatore della Democrazia Cristiana [[Vincenzo Inzerillo]] che fu accusato di essere il canale di raccordo fra [[Cosa Nostra]] e lo Stato italiano <ref> Citato in Giorgio Sgherri, ‘’Stragi del ‘93, indagato ex senatore Dc’’, l’Unità, 22 maggio 2003, p.8 </ref>. Anche in questo caso l’indagine fu archiviata.
 
Nel [[2008]], quando [[Gaspare Spatuzza]] divenne collaboratore di giustizia, [[Silvio Berlusconi]] e [[Marcello Dell’Utri]] furono nuovamente indagati. Il collaboratore svelò di una conversazione che ebbe con [[Giuseppe Graviano]] in cui gli indicò i due indagati come i loro referenti nello Stato<ref>Citato in Antonella Mascali, ‘’Spatuzza: le domande del Fatto fanno deragliare Dell’Utri’’, il Fatto Quotidiano, 4 dicembre 2009, 11 settembre 2024, [https://www.ilfattoquotidiano.it/2009/12/04/spatuzza-le-domande-del-fatto/12506/]</ref>, tuttavia anche questa vicenda si concluse con l’archiviazione.
 
In seguito alle intercettazioni del boss [[Giuseppe Graviano]] nei colloqui in carcere con il camorrista [[Umberto Adinolfi]], l’indagine è stata riaperta e tra gli indagati risultarono sempre Berlusconi, fino alla sua morte, e Dell’Utri. L’accusa sostiene che le stragi siano state commissionate proprio dai due politici per creare le condizioni politiche della loro ascesa e per accelerare la trattativa tra lo Stato e la mafia<ref> Simona Zecchi, ‘’Mafia: Berlusconi, la vicenda delle indagini che lo coinvolgono’’, Euronews, 25 settembre 2019, 20 luglio 2024, [https://it.euronews.com/2019/09/25/mafia-berlusconi-da-testimone-a-indagato-di-reato-connesso] </ref>. L’inchiesta, tutt’ora aperta, ha iscritto anche tra gli indagati il generale dei Carabinieri [[Mario Mori]] perché, secondo l’accusa, non ha impedito gli eventi stragisti pur avendone l’obbligo giuridico<ref> Giorgio Bongiovanni, ‘’Mori indagato per strage. Non c’è pace per il generale e non ce ne deve essere’’, Antimafia Duemila, 22 maggio 2024, Rubriche di Giorgio Bongiovanni, 11 settembre 2024 [https://www.antimafiaduemila.com/rubriche/giorgio-bongiovanni/100573-mori-indagato-per-strage.html] </ref>.
 
== Il primo riferimento alla Trattativa Stato-Mafia==
Nel procedimento di primo grado contro Tagliavia <ref>Nicola Pisano, ‘’Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia - Procedimento penale n. 9043/2010 R.G.N.R.’’, Corte di Assise di Firenze - II Sezione, 5 ottobre 2011</ref> la II Corte d’Assise di Firenze accertò che, alla luce dell’insieme degli elementi emersi, dei contatti tra lo Stato e la mafia ci furono sicuramente nel [[1992]] e furono proprio apparati delle istituzioni ad approcciarsi per primi. La questione era importante perché permetteva di accertare il movente del periodo stragista intercorso fra il [[1992]] e il [[1993]]<ref> Nicola Pisano, ''Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia'', Corte di Assise di Firenze – II Sezione, 5 ottobre 2011, p. 466 </ref>.
 
Tra l’estate del [[1992]] e la fine dell’anno [[Paolo Bellini]], ex terrorista di Avanguardia Nazionale, fu l’intermediario tra il boss [[Antonino Gioè]] e il maresciallo dei Carabinieri [[Roberto Tempesta]]<ref> Ivi, pp. 468469 </ref>. La mafia chiese dei benefici penitenziari per alcuni nomi in cambio del recupero per lo Stato di opere d’arte importanti rubate e in possesso alla mafia del Brenta<ref> Ibidem </ref>.
 
Dalle dichiarazioni rese dal maresciallo nel processo di primo grado<ref> Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/1998 contro Bagarella + 22 - Procedimento penale n. 3309/93 R.G.N.R’’, Corte d’Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998</ref>, fu proprio Bellini a influenzare la decisione della mafia di colpire il patrimonio artistico e culturale italiano come spinta per accelerare la trattativa<ref> Pisano, ‘’'Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia’’, p. 469</ref>. I nomi proposti in questa prima trattativa però non furono accettati e vi fu un freno nei contatti fra Stato e mafia<ref> Ivi, pp. 470-471</ref>. Dei contatti sicuramente più concreti ci furono anche tra il comandante dei Ros [[Mario Mori]] e [[Vito Ciancimino]], per il tramite del capitano [[Giuseppe De Donno]]. In cambio di informazioni per prendere alcuni latitanti, [[Cosa Nostra]] presentò il c.d ‘’papello’’, cioè una lista con dodici richieste per lo Stato, che fu però considerato dai carabinieri irricevibile<ref> Ivi, pp. 473</ref>.
 
L’esistenza della trattativa è stata confermata in tutti i gradi di giudizio del procedimento contro Tagliavia, la strategia stragista proseguì perché [[Cosa Nostra]] si convinse che era l’unica strada percorribile per riprendere il dialogo con lo Stato italiano<ref> Citato in Giuseppe Pipitone, ‘’Trattativa Stato – mafia, giudici di Firenze: “E’ provata e alimentò la strategia stragista di Cosa nostra”’’, il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2016, 11 settembre 2024, [https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06/02/trattativa-stato-mafia-giudici-di-firenze-e-provata-e-alimento-la-strategia-stragista-di-cosa-nostra/2790180/]</ref>.
 
==Note==
<references></references>
 
==Bibliografia==
*Cindolo, Arturo (2001). ''Sentenza contro Bagarella + 22'', Corte d’Assise d’appello di Firenze, 13 febbraio.
*Chelazzi, Gabriele e Nocentini, Francesco (a cura di) (2003). ''In nome del popolo italiano: scritti e interventi di Gabriele Chelazzi, il magistrato che indagò sulla strage di via dei Georgofili'', Firenze, Comune Network.
*D’Urso, Giovanni (2002). ''Sentenza n. 433/2002 contro “Bagarella + 22'', Suprema Corte di Cassazione – I Sezione Penale, 6 maggio.
*Fleury, Francesco (2003), ''La dimensione giudiziaria degli avvenimenti'', in "Atti del Convegno per il X anniversario della strage di via dei Georgofili", 26-27 maggio.
*Genovese, Livio (2000). ''Sentenza n. 2/2000 contro “Graviano + 3'', Corte di Assise  di primo grado di Firenze – I Sezione, 21 gennaio.
*Mascali Antonella (2009). ‘’Spatuzza: le domande del Fatto fanno deragliare Dell’Utri’’, il Fatto Quotidiano, 4 dicembre.
*Pipitone Giuseppe (2016). ‘’Trattativa Stato – mafia, giudici di Firenze: “E’ provata e alimentò la strategia stragista di Cosa nostra”’’, il Fatto Quotidiano, 2 giugno.
*Pisano, Nicola (2011). ''Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia'', Corte di Assise di Firenze – II Sezione, 5 ottobre.
*Sgherri Giorgio (2003). ‘’Stragi del ‘93, indagato senatore ex Dc’’, l’Unità, 22 maggio.
*Siotto, Cristina Maria (2016). ''Sentenza n. 75/2016 contro Cosimo D’Amato'', Suprema Corte di Cassazione – I Sezione Penale, 18 gennaio.
*Giuseppe Soresina (1998). ‘’Decreto di archiviazione - 3197/96 R.N.R.’’, Tribunale di Firenze - GIP, 14 Novembre.
*Tomaselli, Gaetano (1998). ''Sentenza n. 3/1998 contro “Bagarella + 22'', Corte di Assise di primo grado di Firenze – II Sezione, 6 giugno.
 
[[Categoria:Stragi di mafia]] [[Categoria:Stragi di Cosa Nostra]] [[Categoria:1993]]

Versione attuale delle 13:06, 23 lug 2025

La Strage di via dei Georgofili fu un attentato mafioso ad opera di Cosa Nostra avvenuto a Firenze nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, nel quale persero la vita Fabrizio Nencioni, la moglie Angela Fiume, le figlie Nadia e Caterina e lo studente Dario Capolicchio. L'autobomba che scoppiò all'1:04 ferì anche 48 persone e provocò ingenti danni alla Galleria degli Uffizi, alla Chiesa di Santo Stefano al Ponte, alla Torre de' Pulci e ad altri edifici storici della zona.

Strage di Via Dei Georgofili
Strage di Via dei Georgofili

Antefatti

La preparazione dell’attentato

La fase della preparazione dell’attentato è nota grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Salvatore Grigoli, Vincenzo Ferro e di Pietro Carra. Secondo le loro testimonianze, l'esplosivo utilizzato per la strage venne macinato e confezionato a Palermo, in un rudere di proprietà di Antonino Mangano, dagli affiliati Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro e Francesco Giuliano[1]. Successivamente, i tre effettuarono anche dei sopralluoghi a Firenze il 23 e il 24 maggio 1993, insieme a Vincenzo Ferro e a Giuseppe Barranca[2].

L’individuazione della base logistica del piano fu affidata a Ferro che, su direttiva di Gioacchino Calabrò, nell’aprile del 1993 si mise in contatto con lo zio Antonino Messana a Prato, così da trovare un garage idoneo dove poter imbottire l'auto. Lo zio, non essendo in possesso di alcun garage, ne individuò alcuni abbandonati davanti alla propria casa ritenuti adeguati per l’operazione[3].

Il veicolo prescelto per l'attentato venne rubato la sera del 26 maggio 1993, tra le 19:30 e la mezzanotte: si trattava di un furgoncino Fiat Fiorino di colore bianco. Il proprietario, Alvaro Rossi, era un dipendente di una concessionaria di autoricambi. I mafiosi conoscevano le abitudini del proprietario, solito parcheggiare il veicolo i via della Scala al termine della giornata lavorativa, quindi non avrebbe potuto sapere se non all'indomani mattina del furto[4].

L'esplosivo a quel punto venne posizionato nel portabagagli e parcheggiato da Spatuzza nel luogo stabilito, cioè nel punto di convergenza tra via dei Georgofili e via Lambertesca[5].

La Strage

L'autobomba esplose alle h 1:04, facendo tremare l'intera città. Come venne accertato in seguito, il Fiorino era stato imbottito con 250 kg di esplosivo ad alto potenziale, con una miscela composta da pentrite, tritolo, T-4, nitroglicerina, nitroglicol e dinitrotoluene[6]. Il cratere lasciato dall'esplosione misurava circa 3 metri di diametro e circa 2 metri di profondità, mentre l'area colpita era di circa 12 ettari, completamente ricoperta di fango e macerie[7].

Le vittime

Nell’attentato persero la vita cinque persone: Fabrizio Nencioni, ispettore dei vigili urbani, sua moglie Angela Fiume, custode dell’Accademia, e le loro due figlie Nadia e Caterina, che abitavano al terzo piano della Torre de' Pulci. Dario Capolicchio, studente di architettura, abitava di fronte alla Torre e morì nell’edificio, completamente avvolto dalle fiamme scatenate dall'esplosione[8].

Le ricerche durarono più di due ore. La prima ad essere ritrovata fu Caterina, di appena cinquanta giorni, battezzata la domenica precedente. In seguito vennero ritrovati i corpi senza vita di Nadia Nencioni che aveva solo nove anni, e dei suoi genitori. L’ultimo cadavere ad essere ritrovato fu quello di Dario Capolicchio. Oltre alle vittime si registrarono il ferimento di 48 persone[9].

I danni al patrimonio artistico-culturale di Firenze

L’attentato provocò numerosi danni alla città di Firenze. La Torre de’ Pulci, risalente all’epoca medievale e sede dell’Accademia dei Georgofili sin dal 1932, andò quasi completamente distrutta. Gravi danni subì anche la Chiesa di Santo Stefano al Ponte e il complesso monumentale degli Uffizi, nonché tutti gli edifici adiacenti al luogo dell'esplosione[10]. Particolarmente gravi anche i danni alle opere presenti alla Galleria degli Uffizi, in particolare "L'Adorazione dei Pastori" di Gherardo delle Notti, i "Giocatori di carte" e "Concerto" di Manfredi[11]. Tre dipinti andarono completamente persi, circa 170 furono danneggiati, insieme a 42 busti e 16 statue[12].

Processi per la Strage di Via dei Georgofili

L’iter processuale riguardante la strage avvenuta a Firenze nel maggio del 1993 in via dei Georgofili, a differenza delle tortuose vicende giudiziarie inerenti ad altre stragi avvenute nell’ondata mafiosa del 1992-1993, ebbe un percorso piuttosto lineare che portò in breve tempo all’individuazione dei responsabili materiali della strage[13].

Il pool di magistrati che lavorò sul caso era composto da Gabriele Chelazzi e Giuseppe Nicolosi, supportati dal procuratore di Firenze Pietro Vigna e dal procuratore aggiunto Francesco Fleury[14].

Il giudizio di primo grado

Le indagini accertarono che i mandanti e gli autori materiali della strage erano esponenti di Cosa Nostra[15].

La scelta di compiere tale strage nel Nord Italia fu sicuramente influenzata dal rapporto che, in quel periodo, intercorreva tra Antonino Gioè e Paolo Bellini. La trattativa riguardava quasi sempre dei quadri da recuperare in cambio di benefici penitenziari per i mafiosi; in questo contesto maturarono le idee di aggressione al patrimonio artistico nazionale[16].

Il procedimento cominciò il 12 novembre 1996 e si concluse con la sentenza del 6 giugno 1998. La II Sezione della Corte d’Assise di Firenze riconobbe il gruppo di Bagarella, Brusca, Messina Denaro e Graviano come mandanti delle stragi, condannandoli all’ergastolo con isolamento diurno[17]

Le condanne pronunciate dalla Corte d’Assise riconobbero il delitto di strage e di devastazione aggravati, la violazione delle disposizioni in tema di esplosivi e altri delitti accessori. Come esecutori furono riconosciuti Lo Nigro, Spatuzza, Giuliano, Barranca e altri, per un totale di 14 ergastoli e varie altre condanne pronunciate[18].

Il mistero del proiettile al Giardino di Boboli

Nel procedimento di primo grado venne svelato anche il mistero del proiettile ritrovato al Giardino di Boboli il 5 novembre 1992, a seguito delle dichiarazioni di Giovanni Brusca, Antonino Gullotta e Gioacchino La Barbera nel procedimento di primo grado[19].

L’iniziativa fu attribuita a Brusca e Leoluca Bagarella, mentre l’azione fu intrapresa sotto la direzione di Santo Mazzei, di origine catanese e a lungo detenuto insieme a Bagarella, affiliato al gruppo di Santapaola a Catania, che riuscì a contare su basi e uomini nel Nord Italia. Insieme a Gullotta, Roberto Cannavò e Salvatore Facella, i due collocarono un ordigno avvolto in un sacco di plastica nero e chiuso con del nastro all’interno del Giardino di Boboli, dietro la statua di Marco Cautius, a dieci minuti a piedi dall’entrata del Giardino. Era un proiettile della seconda guerra mondiale e non più in dotazione all’esercito. Quell’azione venne rivendicata con una telefonata all’ANSA, ma nei giornali dei giorni seguenti la notizia non ebbe l’impatto sperato da Cosa Nostra, cioè destare paura nella popolazione e calmare la repressione delle Forze dell’Ordine a Palermo[20].

Sentenza stralcio del 2000

La I Sezione della Corte d’Assise di Firenze riconobbe anche la responsabilità di Salvatore Riina nella strage. Per la natura del potere che esercitava in Cosa Nostra, Riina conosceva ogni dettaglio riguardante l’organizzazione ed era convinto che fosse necessario un attacco che coinvolgesse l’interesse generale, la pubblica incolumità e i beni collettivi. La sua azione venne considerata un antecedente causale necessario delle stragi del 1993 e del 1994[21].

Appello

La Corte d'Assise d'appello di Firenze confermò la validità dei riscontri, della documentazione acquisita e delle dichiarazioni che portarono alla condanna di primo grado[22].

Cassazione

Anche la I Sezione Penale della Corte di Cassazione confermò le condanne relative alla Strage, ponendo così fine alla vicenda giudiziaria. L'unico imputato a essere rinviato a nuovo processo fu Antonino Messana[23].

Altre condanne

Nel 2008, Gaspare Spatuzza iniziò a collaborare con la giustizia e confermò il suo coinvolgimento nella strage di via dei Georgofili. Grazie alle sue dichiarazioni, la Corte d’Assise di Firenze condannò Francesco Tagliavia per aver facilitato l’attentato, fornendo supporto logistico a Giuseppe Barranca, Cosimo Lo Nigro e Francesco Giuliano, finanziando le loro trasferte[24].

Tagliavia venne condannato all’ergastolo con isolamento diurno per tre anni, oltre al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni al Ministero della Difesa, alla Regione Toscana, al Comune di Firenze e alle parti civili costituite nel processo[25].

Nel 2013, Cosimo D’Amato venne condannato all’ergastolo dal Tribunale di Firenze per aver fornito l’esplosivo utilizzato nell’attentato. La sua condanna venne confermata anche in appello e dalla Corte di Cassazione[26].

L’inchiesta sui mandanti occulti

La Procura di Firenze aprì nel 1994 una nuova inchiesta per accertare eventuali responsabilità concorrenti ed esterne per le stragi del 1992-1993. Nel procedimento contro Tagliavia[27] le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia[28] portarono all’iscrizione nel registro degli indagati di Marcello Dell’Utri e di Silvio Berlusconi: entrambi, e più in generale il partito politico Forza Italia, furono individuati da Cosa Nostra come gli interlocutori nello Stato con cui dialogare per ottenere benefici e agevolazioni[29].

Nel 1998 l’indagine fu archiviata perché le dichiarazioni non trovarono riscontri nel termine massimo fissato per le indagini preliminari, si sottolineò però che l’ipotesi aveva mantenuto e incrementato la sua plausibilità[30].

Tra gli indagati, la Procura di Firenze nel 2003 iscrisse anche l’ex senatore della Democrazia Cristiana Vincenzo Inzerillo che fu accusato di essere il canale di raccordo fra Cosa Nostra e lo Stato italiano [31]. Anche in questo caso l’indagine fu archiviata.

Nel 2008, quando Gaspare Spatuzza divenne collaboratore di giustizia, Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri furono nuovamente indagati. Il collaboratore svelò di una conversazione che ebbe con Giuseppe Graviano in cui gli indicò i due indagati come i loro referenti nello Stato[32], tuttavia anche questa vicenda si concluse con l’archiviazione.

In seguito alle intercettazioni del boss Giuseppe Graviano nei colloqui in carcere con il camorrista Umberto Adinolfi, l’indagine è stata riaperta e tra gli indagati risultarono sempre Berlusconi, fino alla sua morte, e Dell’Utri. L’accusa sostiene che le stragi siano state commissionate proprio dai due politici per creare le condizioni politiche della loro ascesa e per accelerare la trattativa tra lo Stato e la mafia[33]. L’inchiesta, tutt’ora aperta, ha iscritto anche tra gli indagati il generale dei Carabinieri Mario Mori perché, secondo l’accusa, non ha impedito gli eventi stragisti pur avendone l’obbligo giuridico[34].

Il primo riferimento alla Trattativa Stato-Mafia

Nel procedimento di primo grado contro Tagliavia [35] la II Corte d’Assise di Firenze accertò che, alla luce dell’insieme degli elementi emersi, dei contatti tra lo Stato e la mafia ci furono sicuramente nel 1992 e furono proprio apparati delle istituzioni ad approcciarsi per primi. La questione era importante perché permetteva di accertare il movente del periodo stragista intercorso fra il 1992 e il 1993[36].

Tra l’estate del 1992 e la fine dell’anno Paolo Bellini, ex terrorista di Avanguardia Nazionale, fu l’intermediario tra il boss Antonino Gioè e il maresciallo dei Carabinieri Roberto Tempesta[37]. La mafia chiese dei benefici penitenziari per alcuni nomi in cambio del recupero per lo Stato di opere d’arte importanti rubate e in possesso alla mafia del Brenta[38].

Dalle dichiarazioni rese dal maresciallo nel processo di primo grado[39], fu proprio Bellini a influenzare la decisione della mafia di colpire il patrimonio artistico e culturale italiano come spinta per accelerare la trattativa[40]. I nomi proposti in questa prima trattativa però non furono accettati e vi fu un freno nei contatti fra Stato e mafia[41]. Dei contatti sicuramente più concreti ci furono anche tra il comandante dei Ros Mario Mori e Vito Ciancimino, per il tramite del capitano Giuseppe De Donno. In cambio di informazioni per prendere alcuni latitanti, Cosa Nostra presentò il c.d ‘’papello’’, cioè una lista con dodici richieste per lo Stato, che fu però considerato dai carabinieri irricevibile[42].

L’esistenza della trattativa è stata confermata in tutti i gradi di giudizio del procedimento contro Tagliavia, la strategia stragista proseguì perché Cosa Nostra si convinse che era l’unica strada percorribile per riprendere il dialogo con lo Stato italiano[43].

Note

  1. Gaetano Tomaselli (Presidente), ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22’’, Corte d’Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998, p. 470
  2. Ivi, pp. 472-473.
  3. Ivi, p.149
  4. Ivi, p.77
  5. Ivi, p. 475.
  6. Ivi, pp. 79-80
  7. Ivi, pp. 77-78
  8. Ivi, p. 75
  9. Cita atti giudiziari
  10. Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22’’, Corte d’ Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998,p. 76
  11. La Repubblica, ‘’Quadri, sculture… ecco tutte le opere colpite dall’attentato’’, 29 maggio 1993
  12. Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22’’, Corte d’ Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998,p. 76
  13. Citato in Francesco Fleury, ‘’La dimensione giudiziaria degli avvenimenti’’, Atti del Convegno per il X anniversario della strage di via dei Georgofili, 26-27 maggio 2003, pp. 20-25
  14. Citato in Gabriele Chelazzi e Francesco Nocentini (a cura di), In nome del popolo italiano: scritti e interventi di Gabriele Chelazzi, il magistrato che indagò sulla strage di via dei Georgofili, Firenze, Comune Network, 2003, pp. 15-16
  15. Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22”, Corte d’Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998, parte IV e parte V
  16. Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/98 contro “Bagarella + 22’’, Corte d’ Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998, p. 1526
  17. Ivi, p. 1794.
  18. Ivi, pp. 1794-1804
  19. Ivi, pp. 1553-1558.
  20. Ivi, pp. 1555
  21. Livio Genovese, Sentenza n. 2/2000 contro “Graviano + 3, Corte d’Assise di primo grado di Firenze – I Sezione, 21 gennaio 2000, pp. 156-161
  22. Arturo Cindolo, Sentenza contro “Bagarella + 22, Corte d’Assise d'appello di Firenze, 13 febbraio 2001, pp. 685-705.
  23. Giovanni D’Urso, Sentenza n. 433/2002 contro Bagarella + 22, Suprema Corte di Cassazione – I Sezione Penale, 6 maggio 2002, pp. 75-78.
  24. Redazione il Fatto Quotidiano, ‘’Strage di via dei Georgofili, condanna all’ergastolo per il boss Tagliavia’’, il Fatto Quotidiano, 24 febbraio 2016, 3 marzo 2024[1].
  25. Nicola Pisano, Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia, Corte d’Assise di Firenze – II Sezione, 5 ottobre 2011, pp. 38-54
  26. Maria Cristina Siotto, Sentenza n. 75/2016 contro Cosimo D’Amato, Suprema Corte di Cassazione – I Sezione Penale, 18 gennaio 2016, pp. 1-9
  27. Nicola Pisano, ‘’Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia - Procedimento penale n. 9043/2010 R.G.N.R.’’, Corte di Assise di Firenze - II Sezione, 5 ottobre 2011
  28. Nicola Pisano, “Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia, Corte di Assise di Firenze – II Sezione, 5 ottobre 2011, pp. 442-466
  29. Ivi, p. 466
  30. Giuseppe Soresina ‘’Decreto di archiviazione - 3197/96 R.N.R.’’, Tribunale di Firenze - GIP, 14 novembre 1998, p. 2
  31. Citato in Giorgio Sgherri, ‘’Stragi del ‘93, indagato ex senatore Dc’’, l’Unità, 22 maggio 2003, p.8
  32. Citato in Antonella Mascali, ‘’Spatuzza: le domande del Fatto fanno deragliare Dell’Utri’’, il Fatto Quotidiano, 4 dicembre 2009, 11 settembre 2024, [2]
  33. Simona Zecchi, ‘’Mafia: Berlusconi, la vicenda delle indagini che lo coinvolgono’’, Euronews, 25 settembre 2019, 20 luglio 2024, [3]
  34. Giorgio Bongiovanni, ‘’Mori indagato per strage. Non c’è pace per il generale e non ce ne deve essere’’, Antimafia Duemila, 22 maggio 2024, Rubriche di Giorgio Bongiovanni, 11 settembre 2024 [4]
  35. Nicola Pisano, ‘’Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia - Procedimento penale n. 9043/2010 R.G.N.R.’’, Corte di Assise di Firenze - II Sezione, 5 ottobre 2011
  36. Nicola Pisano, Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia, Corte di Assise di Firenze – II Sezione, 5 ottobre 2011, p. 466
  37. Ivi, pp. 468469
  38. Ibidem
  39. Gaetano Tomaselli, ‘’Sentenza n. 3/1998 contro Bagarella + 22 - Procedimento penale n. 3309/93 R.G.N.R’’, Corte d’Assise di primo grado di Firenze - II Sezione, 6 giugno 1998
  40. Pisano, ‘’'Sentenza n. 3/2011 contro Tagliavia’’, p. 469
  41. Ivi, pp. 470-471
  42. Ivi, pp. 473
  43. Citato in Giuseppe Pipitone, ‘’Trattativa Stato – mafia, giudici di Firenze: “E’ provata e alimentò la strategia stragista di Cosa nostra”’’, il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2016, 11 settembre 2024, [5]

Bibliografia

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