Cosa Nostra: differenze tra le versioni

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Gli anni '70 videro un boom del contrabbando di sigarette, che aveva il suo epicentro a Napoli: il boss della [[Camorra]] [[Michele Zaza]] ammise in seguito di aver smerciato fino a 50mila casse di sigarette al mese. Ma il vero business, con cui divennero "''tutti miliardari''", come ricordò Calderone, fu quello della droga. Nel [[1969]] il presidente americano Richard Nixon aveva dichiarato guerra alle droghe ma con la chiusura delle raffinerie marsigliesi gestite dai còrsi la Sicilia divenne strategica per il traffico e finì col diventare la raffineria d'Europa. Nel [[1975]] un trafficante turco di droga e armi che era stato il principale fornitore di morfina base per le raffinerie marsigliesi contattò direttamente i vertici di Cosa Nostra e da quel momento si aprirono laboratori in tutta la Sicilia: quando nel [[1977]] entrarono a regime le raffinerie siciliane, i consumi di eroina aumentarono in tutta Europa e negli USA, mentre la quantità di eroina sequestrata su scala mondiale crebbe di quasi sei volte e mezzo tra il [[1974]] e il [[1982]].  
Gli anni '70 videro un boom del contrabbando di sigarette, che aveva il suo epicentro a Napoli: il boss della [[Camorra]] [[Michele Zaza]] ammise in seguito di aver smerciato fino a 50mila casse di sigarette al mese. Ma il vero business, con cui divennero "''tutti miliardari''", come ricordò Calderone, fu quello della droga. Nel [[1969]] il presidente americano Richard Nixon aveva dichiarato guerra alle droghe ma con la chiusura delle raffinerie marsigliesi gestite dai còrsi la Sicilia divenne strategica per il traffico e finì col diventare la raffineria d'Europa. Nel [[1975]] un trafficante turco di droga e armi che era stato il principale fornitore di morfina base per le raffinerie marsigliesi contattò direttamente i vertici di Cosa Nostra e da quel momento si aprirono laboratori in tutta la Sicilia: quando nel [[1977]] entrarono a regime le raffinerie siciliane, i consumi di eroina aumentarono in tutta Europa e negli USA, mentre la quantità di eroina sequestrata su scala mondiale crebbe di quasi sei volte e mezzo tra il [[1974]] e il [[1982]].  


Collaborando con i cugini americani, i mafiosi siciliani sarebbero arrivati nel [[1982]] a controllare raffinazione, spedizione e distribuzione dell'80% dell'eroina consumata negli USA. Proprio seguendo la pista della droga e dei soldi nacque poi il [[Processo Pizza Connection]], a cui collaborarono, per la parte italiana, [[Giovanni Falcone]] e [[Gioacchino Natoli]]. Nel frattempo, i fiumi di denaro generati dal narcotraffico addirittura raddoppiarono la quota del mercato siciliano degli investimenti di tutto un arcipelago di banche private e cooperative locali.  
Collaborando con i cugini americani, i mafiosi siciliani sarebbero arrivati nel [[1982]] a controllare raffinazione, spedizione e distribuzione '''dell'80% dell'eroina consumata negli USA'''. Proprio seguendo la pista della droga e dei soldi nacque poi il [[Processo Pizza Connection]], a cui collaborarono, per la parte italiana, [[Giovanni Falcone]] e [[Gioacchino Natoli]]. Nel frattempo, i fiumi di denaro generati dal narcotraffico addirittura raddoppiarono la quota del mercato siciliano degli investimenti di tutto un arcipelago di banche private e cooperative locali.  


Sempre in quegli anni arrivano all'onore delle cronache due banchieri, entrambi appartenenti alla '''loggia massonica P2''', [[Michele Sindona]], legato all'omicidio dell'avvocato milanese [[Giorgio Ambrosoli]], e [[Roberto Calvi]], fatto trovare suicida sotto al ponte dei Frati Neri a Londra per aver riciclato, male, i soldi di Cosa Nostra.
Sempre in quegli anni arrivano all'onore delle cronache due banchieri, entrambi appartenenti alla '''loggia massonica P2''', [[Michele Sindona]], legato all'omicidio dell'avvocato milanese [[Giorgio Ambrosoli]], e [[Roberto Calvi]], fatto trovare suicida sotto al ponte dei Frati Neri a Londra per aver riciclato, male, i soldi di Cosa Nostra.
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=== La Seconda Guerra di Mafia ===
=== La Seconda Guerra di Mafia ===
* ''Per approfondire, vedi [[Seconda Guerra di Mafia]]''
* ''Per approfondire, vedi [[Seconda Guerra di Mafia]]''
I [[Corleonesi]], sia per scarsa esperienza manageriale, sia per i ridotti contatti all'estero, rimasero tagliati fuori dai grossi traffici di stupefacenti e il proprio business si fondava quasi esclusivamente sul contrabbando di sigarette e i sequestri di persona. Riina, però, fin dall'arresto di Liggio, iniziò a lavorare al suo personalissimo piano di supremazia interna a Cosa Nostra creandosi '''una rete di fiancheggiatori e alleati dentro l'organizzazione''', per riuscire un giorno a rovesciare l'egemonia dei boss delle vecchie famiglie palermitane.
L'occasione per l'inizio della scalata fu l'omicidio – il [[16 marzo]] [[1978]] - di [[Francesco Madonia]], capo della cosca di Vallelunga Pratameno, in provincia di Caltanissetta, ordinato da [[Gaetano Badalamenti|Badalamenti]] perché sospettato di essere il mandante, per volere di Riina, di un (fallito) attentato ai danni di [[Giuseppe Di Cristina]], boss di Riesi a lui fedele. Badalamenti era inoltre sospettato di aver gestito traffici di eroina senza informare la Cupola, con l'intermediazione del trafficante [[Salvatore Greco]], che nel frattempo era morto in Venezuela per cause naturali il [[7 marzo]] [[1978]]. Con questa accusa Totò Riina fece espellere Badalamenti dalla Cupola, costringendolo a fuggire prima in Spagna e poi in Brasile.
A prendere il posto di Badalamenti fu [[Michele Greco]], boss di Ciaculli, nominato rappresentante della [[Commissione provinciale]]. Ufficialmente capo della Cupola, di fatto non aveva alcuna autorità diventando presto il burattino dei Corleonesi. Il vero conflitto iniziò tra Riina e [[Stefano Bontate]].
==== Gli omicidi interni a Cosa Nostra ====
Riina iniziò il suo golpe militare facendo uccidere i boss [[Giuseppe Di Cristina]] ([[30 maggio]] 1978) e [[Giuseppe Calderone]] ([[8 settembre]] 1978), vicinissimi a Bontade e Badalamenti. Di Cristina era stato il primo a dare l'allarme sulla pericolosità di Riina e Provenzano: ''"I viddani sono giunti alle porte di Palermo, lo volete capire o no?"'', disse ai boss palermitani che non gli diedero ascolto. Dopo la fuga di Badalamenti aveva poi cominciato ad incontrare di nascosto il capitano dei carabinieri di Gela, [[Alfio Pettinato]], con l'obiettivo di far arrestare Riina.
Riina e Bontate – tramite il capo-commissione Michele Greco – fecero nominare nuovi capomandamenti. Si cercò di riequilibrare la geografia mafiosa, ma il lavoro da tessitore di Riina stava già dando i suoi frutti. Gli alleati dei Corleonesi – sul territorio - erano in maggioranza rispetto ai palermitani.
==== Gli omicidi eccellenti ====
Nel 1979 i corleonesi fecero approvare dalla [[Commissione provinciale]] numerosi omicidi eccellenti. L'[[11 gennaio]] venne ammazzato il sottoufficiale della Polizia [[Filadelfio Aparo]], il [[26 gennaio]] il giornalista [[Mario Francese]], il [[9 marzo]] il segretario provinciale Dc [[Michele Reina]], il [[21 luglio]] il vicequestore [[Boris Giuliano]] e il [[25 settembre]] il giudice [[Cesare Terranova]] e il maresciallo [[Lenin Mancuso]]. Il [[6 gennaio]] 1980 fu ucciso il presidente della Regione [[Piersanti Mattarella]], seguito il [[4 maggio]] dal capitano dei carabinieri [[Emanuele Basile]].
Intanto continuò a crescere la disapprovazione da parte della fazione di Bontate, finchè [[Salvatore Inzerillo]] reagì facendo uccidere il giudice [[Gaetano Costa]] senza l'approvazione della commissione (6 agosto 1980). Un mese dopo, il [[6 settembre]], venne ucciso Fra' [[Giacinto Castronovo]], devotissimo a Stefano Bontate, che teneva la '38 nel cassetto della sua cella in monastero.
Furono poi uccisi [[Pio La Torre]] e il compagno della scorta [[Rosario Di Salvo]], il [[30 aprile]] [[1982]], e il Generale [[Carlo Alberto dalla Chiesa]], il [[3 settembre]] successivo, nella [[Strage di via Isidoro Carini]], con la moglie e l'agente [[Domenico Russo]]. L'anno successivo venne ucciso con un'autobomba [[Rocco Chinnici]], ideatore del [[Pool antimafia di Palermo|Pool antimafia]].
=== Il Regno di Totò Riina ===
=== Il Regno di Totò Riina ===
La duplice strategia, azzeramento dei nemici interni ed eliminazione dei principali pericoli che provenivano dallo Stato, portarono Totò Riina a diventare il Capo indiscusso di Cosa Nostra intorno al [[1984]], quando anche i mafiosi italo-americani presero atto della situazione e si schierarono dalla parte dei Corleonesi.
La stagione della scalata non fu dominata solo da logiche di guerra, ma fu una vera e propria '''esibizione di potere''' da parte dei nuovi leader, finalizzata alla ridefinizione dei rapporti con lo Stato: la mafia a guida corleonese '''riaffermava il monopolio della violenza sul suo territorio''' e rivendicava '''una posizione di autonomia dagli altri poteri''' con i quali interloquiva, pretendendo di stabilire regole e ribaltare gerarchie. Non accettava di essere subordinata ad alcun rapporto di potere, tanto meno politico, ma anzi '''pretendeva la subordinazione''' di chi si trovava all'interno dell'arena politica-istituzionale.
Motivo per cui il tradizionale rapporto con la politica, e con la Democrazia Cristiana, venne messo in discussione, ad esempio, alle elezioni politiche nazionali, con il voto al Partito socialista italiano e al partito radicale, in modo da mandare un chiaro messaggio ai referenti politici tradizionali in merito alla celebrazione del Maxiprocesso di Palermo. 
=== Il Maxiprocesso di Palermo ===
=== Il Maxiprocesso di Palermo ===
* ''Per approfondire, vedi [[Maxiprocesso di Palermo]]''
* ''Per approfondire, vedi [[Maxiprocesso di Palermo]]''


=== Il crollo del Muro di Berlino e le Stragi ===
Nonostante l'omicidio di Chinnici, il Pool antimafia continuò il suo lavoro sotto la guida del suo successore, [[Antonino Caponnetto]]: il pentimento inaspettato di [[Tommaso Buscetta]] e l'utilizzo del c.d. Metodo Falcone (seguire la pista dei soldi, facendo le indagini bancarie), permisero l'istruzione del primo grande processo alla mafia siciliana, che si aprì il [[10 febbraio]] [[1986]] a Palermo e si concluse, dopo 349 udienze, con '''360 condanne''' (74 in contumacia), di cui 19 ergastoli, per un totale di 2665 anni di carcere e 11.5 miliardi di lire di multe, e 114 assoluzioni. Con il processo, finì anche la tregua militare della mafia. La sera stessa venne ucciso [[Antonino Ciulla]] mentre stava rincasando con un vassoio di cannoli per festeggiare l'assoluzione.
=== La Sommersione ===
 
Il processo di appello si concluse invece il [[12 dicembre]] 1990: gli ergastoli vennero ridotti a 12 e le condanne furono 258. Nonostante fossero state confermate da riscontri obiettivi le dichiarazioni dei pentiti, '''la sentenza ridimensionò l'importanza delle loro dichiarazioni'''. Risultò particolarmente '''indebolita la visione verticistica e unitaria di Cosa Nostra''', nonostante non fosse stata completamente disarticolata. I boss della Commissione ricevettero pene variabili e ingiustificabili (Ad esempio, Salvatore Riina e Michele Greco furono condannati all'ergastolo ma Bernardo Provenzano solo a 10 anni e Salvatore Greco a 6 anni, mentre altri killer come Giuseppe Lucchese Miccichè non ricevettero il massimo della pena). Addirittura rimasero impuniti gli omicidi del commissario Boris Giuliano, del capitano dei carabinieri Emanuele Basile e del Generale Dalla Chiesa, dopo otto anni e ben due processi. Restò, pur fragilmente, il principio che gli omicidi fossero commissionati ad un livello più alto dell'organizzazione, dunque alcuni membri della Commissione furono condannati come mandanti.
 
=== Il crollo del Muro di Berlino ===
Con il crollo del Muro di Berlino ([[9 novembre]] [[1989]]) e la successiva fine della Guerra Fredda, con la dissoluzione dell'Urss, venne meno anche il ruolo politico nazionale che Cosa Nostra aveva esercitato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in funzione anticomunista<ref>Dalla Chiesa, La Convergenza, 2010</ref>. Non essendoci più il pericolo comunista, cominciarono a schricchiolare anche gli appoggi politici dei Corleonesi.
[[File:Falcone martelli.jpg|200px|thumb|left|Giovanni Falcone con l'allora ministro della giustizia Claudio Martelli]]
 
Il trasferimento di [[Giovanni Falcone]] alla direzione degli affari penali del Ministero della Giustizia, nel frattempo, produsse effetti non previsti: la sintonia con il ministro Martelli diede vita al “'''pacchetto antimafia'''”, nel quale venne annunciata la costituzione della '''DIA''' ([[Direzione Investigativa Antimafia]]) e della '''DNA''' ([[Direzione Nazionale Antimafia]]), la Superprocura che avrebbe dovuto coordinare le indagini di mafia tra le varie procure.
 
Ma, ancora una volta, la magistratura italiana si rivoltò contro Falcone: per il posto di procuratore venne scelto [[Agostino Cordova]], colui che aveva appena concluso due inchieste, una sulla massoneria e l’altra su alcuni scandali di socialisti in Calabria. Ma Falcone, inutile dirlo, non mollò. Presentò a Martelli il suo “piano”: '''confische dei beni, carcere duro per i boss mafiosi e una legge sui collaboratori di giustizia'''. Il ministro della Giustizia costrinse il presidente del consiglio [[Giulio Andreotti]] a far approvare il pacchetto antimafia e anche la “spedizione” dei capi di Cosa Nostra nei carceri dell'Asinara e di Pianosa.
 
=== La sentenza in Cassazione del Maxiprocesso e la strategia stragista ===
Il [[30 gennaio]] [[1992]] le sezioni riunite della Cassazione confermarono le condanne di primo grado del Maxiprocesso, arrivando a una condanna storica: per la prima volta si poteva definire la mafia un'organizzazione criminale verticistica e unitaria. Al risultato contribuì in maniera indiretta Falcone, diramando una circolare che imponeva il giudizio a sezioni riunite anziché alla prima sezione, presieduta da [[Corrado Carnevale]], detto l'Ammazzasentenze.
 
La reazione dei Corleonesi non si fece attendere: il [[12 marzo]] assassinarono [[Salvo Lima]] per non aver mantenuto la parola circa l'aggiustamento del "Maxi" in Cassazione.  Il [[23 maggio]] toccò a Giovanni Falcone, il nemico numero uno, che perse la vita nella [[Strage di Capaci]]; il [[19 luglio]] fu ucciso [[Paolo Borsellino]] che stava indagando sulla sua morte, nella [[Strage di Via d'Amelio]]. Il [[17 settembre]] fu ucciso [[Ignazio Salvo]], tradizionale interfaccia di Cosa Nostra con il mondo della politica, in particolare con il defunto Salvo Lima, vicerè di Andreotti in Sicilia.
 
==== L'arresto di Riina e la prosecuzione delle stragi ====
Il [[15 gennaio]] [[1993]] Riina venne arrestato dagli uomini del ROS dell'Arma dei Carabinieri a Palermo, proprio nel giorno di insediamento alla Procura di [[Gian Carlo Caselli]]; ciononostante, '''il covo non fu perquisito''' e lasciato senza sorveglianza, nonostante le rassicurazioni date al nuovo capo della Procura da parte del comandante [[Mario Mori]].
 
Dopo l'arresto del Capo dei Capi, in seno a Cosa Nostra si crearono due schieramenti, uno favorevole alla continuazione della strategia stragista (formato da [[Leoluca Bagarella]], [[Giovanni Brusca]] e i fratelli Graviano) e uno contrario (formato da [[Michelangelo La Barbera]], [[Raffaele Ganci]], [[Salvatore Cancemi]]). A sanare la divisione ci pensò [[Bernardo Provenzano]], che mise d'accordo le due fazioni stabilendo che gli attentati sarebbero potuti continuare, ma fuori dalla Sicilia.
 
Così continuò la serie di delitti: prima con il [[Fallito Attentato di via Fauro]], il [[14 maggio]], ai danni di Maurizio Costanzo, impegnato in trasmissioni contro la mafia. Poi il [[27 maggio]] un furgoncino imbottito di esplosivo saltò in aria in [[Strage di Via dei Georgofili|via dei Georgofili]], provocando 5 morti e 29 feriti. Due mesi dopo, un'altra autobomba esplose in [[Strage di via Palestro|via Palestro]] a Milano, provocando altre cinque vittime. Pochi minuti dopo, a mezzanotte, altre due autobombe esplosero a Roma, in piazza San Giovanni in Laterano, sede del Vicariato cattolico, e davanti alla chiesa di San Giorgio al Velabro, provocando dieci feriti.
 
Inoltre nel novembre dello stesso anno i boss Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano, Giovanni Brusca e [[Matteo Messina Denaro]] sequestrarono [[Giuseppe Di Matteo]] per costringere il padre [[Santino Di Matteo|Santino]] (che stava collaborando con la giustizia) a ritrattare le sue dichiarazioni, nel quadro di una strategia di ritorsioni verso i collaboratori di giustizia. Dopo 779 giorni di prigionia, Di Matteo venne brutalmente strangolato e il cadavere buttato in un bidone pieno di acido nitrico.
 
La strategia prevedeva altri eventi delittuosi, non portati a termine per circostanze fortuite: nel settembre 1992 doveva essere ucciso anche [[Pietro Grasso]], giudice a latere della Corte d'Assise che emise la sentenza di primo grado del Maxiprocesso. Stessa sorte sarebbe dovuta toccare a Claudio Martelli, ministro della giustizia, ma anche parlamentari come [[Calogero Mannino]], [[Carlo Vizzini]] e [[Claudio Fava]] e funzionari di polizia come [[Arnaldo La Barbera]] e [[Calogero Germanà]], quest'ultimo miracolosamente sfuggito il [[14 settembre]]. A cavallo tra il '92 e il '93 era stato preparato anche un attentato di proporzioni immani per far saltare in aria alcuni pullman dei carabinieri in servizio allo [[Fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma|stadio Olimpico di Roma]]: l'attentato fallì solo per un guasto tecnico al telecomando che avrebbe dovuto innescare l'ordigno. Sempre in quei mesi l'ex Presidente del Consiglio dei Ministri e senatore a vita '''Giulio Andreotti''' fu rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa.
 
Con l'arresto '''a Milano''' dei fratelli [[Filippo Graviano|Filippo]] e [[Giuseppe Graviano]], che si erano occupati dell'organizzazione degli attentati, Il [[27 gennaio]] [[1994]], gli attentati finirono. Sempre nello stesso periodo numerosi mafiosi iniziarono a collaborare con la giustizia per via delle dure condizioni d'isolamento in carcere previste dalla nuova norma del 41-bis, che venivano sospese con la nuova legge sui pentiti; contemporaneamente il lavoro di DIA e DNA portò all'arresto di numerosi latitanti (tra cui Leoluca Bagarella, Pietro Aglieri e Giovanni Brusca).
 
=== La Sommersione: l'era Provenzano ===
 


=== L'arresto di Provenzano ===
=== L'arresto di Provenzano ===