Gaetano Carollo: differenze tra le versioni
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'''Gaetano Carollo''' (Palermo, [[27 ottobre]] [[1938]] - Liscate, [[1° giugno]] [[1987]]) è stato un boss di [[Cosa Nostra]], vicecapo del mandamento di Resuttana. | |||
== Biografia == | |||
Stabilitosi negli anni del boom economico a '''Trezzano sul Naviglio''', comune a sud di Milano, insieme alla moglie, Antonietta, e al cognato, [[Giuseppe Ciulla]], Carollo iniziò a guadagnarsi da vivere come venditore ambulante e con qualche lavoretto edile, rimediando ogni tanto qualche denuncia per truffa. Quando Trezzano divenne uno dei fortini di Cosa Nostra al Nord, Carollo e Ciulla si occuparono di ricevere l'eroina dalla Turchia per poi dirottarla alla raffineria di Alcamo in Sicilia, un lavoro importante e delicato che gli fece guadagnare il grado di boss all'interno dell'organizzazione<ref>Cfr Portanova, Rossi, Stefanoni, p.38</ref>. | |||
Altri siciliani come Francesco Guizzardi, Salvatore Ugone e Salvatore Cangialosi cominciarono a costruire una serie di villette in quel di Trezzano (dove anche [[Michele Sindona] comprò casa e dove la sua Banca generale di credito aveva aperto il suo unico sportello): anni dopo i magistrati titolari delle inchieste sui sequestri di persona organizzati da Cosa Nostra al Nord, [[Giuliano Turone]] e [[Giovanni Caizzi]], scoprirono delle cellette sotterranee, spesso mimetizzate sotto i box doccia, che erano state il luogo di detenzione degli ostaggi e del denaro dei sequestri per tutta la prima metà degli anni '70<ref>Ibidem</ref>. | |||
Nel [[1970]] Carollo si trasferì a Palermo e un anno dopo venne arrestato una prima volta, nell'ambito del famoso Processo dei 114 di Catanzaro: dopo 21 mesi di carcere venne assolto per insufficienza di prove insieme a tutti gli altri boss e tornò a piede libero. Ciononostante venne sottoposto a misura di soggiorno obbligato, prima a Castell'Arquato in provincia di Piacenza, poi ad Abbiategrasso, paese in provincia di Milano poco distante da Trezzano. Nel [[1973]] fondò quindi la sua prima impresa di costruzioni. | |||
Nel [[1980]] venne inserito nell'elenco aggiornato dei boss mafiosi lombardi individuati dalla Criminalpol<ref>Ibidem</ref>. Nel [[1982]] venne incriminato per traffico di stupefacenti dalla Procura di Palermo, assieme a Ciulla, [[Gerlando Alberti|Alberti]], [[Gaetano Fidanzati|Fidanzati]] e altri. Nel [[1985]] fu tra i destinatari degli ordini di custodia cautelare dell'ordinanza-sentenza del [[Maxiprocesso di Palermo]], per il quale venne rinviato a giudizio da latitante nel [[1986]]. | |||
=== L'omicidio === | |||
Il '''1° giugno 1987''', davanti a una villetta di Liscate di proprietà della '''Monti Immobliare Srl''' (coinvolta poi nell'[[Operazione Duomo Connection]]), due killer scesi da una Fiat Regata uccisero a colpi di pistola quello che in paese era noto come "Ingegner Michele Tartaglia" ma in realtà si trattava di Gaetano Carollo<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/06/02/assassinato-milano-un-capoclan-mafioso.html Ucciso a Milano Capoclan mafioso, La Repubblica, 2 giugno 1987]</ref>. L'ordine di esecuzione, come rivelò anni dopo un'inchiesta della magistratura<ref>[http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/30/cosa-nostra-a-milano-30-anni-dopo-la-corte-condanna-i-killer-di-gaetano-carollo/796595/ Davide Milosa, Cosa nostra a Milano, 30 anni dopo la Corte condanna i killer di Gaetano Carollo, IlFattoQuotidiano.it, 30 novembre 2013]</ref>, partì direttamente dalla Cupola di Cosa Nostra, “''per motivi interni alla famiglia di Resuttana''”, secondo le parole del pentito [[Francesco Marino Mannoia]] e in particolare perché “''Carollo scalpitava troppo e questo nonostante la sua alta posizione di sottocapo''”<ref>[https://ammazzatecituttilombardia.wordpress.com/2009/12/15/omicidi-di-mafia-liscate-1987-ecco-come-fu-ucciso-il-boss-gaetano-carollo-riina-voleva-riportare-cosa-nostra-a-milano-come-ai-tempi-di-luciano-liggio/ Citato in "Ecco come fu ucciso il boss Gaetano Carollo. “Riina voleva riportare Cosa nostra a Milano come ai tempi di Luciano Liggio”, Ammazzateci Tutti Lombardia, 15 dicembre 2009]</ref>. | |||
Lo stesso giorno in cui a Liscate veniva ucciso Carollo, a Torino cadeva Salvatore Rinella, suo alleato. Un mese dopo, a Palermo, toccò a un altro del gruppo, Francesco Perna. Il [[16 dicembre]], appena uscito dall’Ucciardone, ammazzarono [[Antonino Ciulla]], cognato di Carollo, che in cella aveva fatto a voce troppo alta propositi di vendicarlo. E prima che finisse l’anno svanì nel nulla Pietro Carollo, figlio di Gaetano, che faceva troppe domande in giro sulla morte del padre. Di tutta la famiglia Carollo sopravvisse solo [[Antonino Carollo|Tony]], protagonista tre anni dopo dell'Operazione Duomo Connection. | |||
== Bibliografia == | |||
* Archivio La Repubblica | |||
* Mario Portanova, Giampiero Rossi, Franco Stefanoni, "[[Mafia a Milano|Mafia a Milano - Sessant'anni di affari e delitti]]", Milano, Melampo Editore, 2011 | |||
== Note == | |||
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Gaetano Carollo (Palermo, 27 ottobre 1938 - Liscate, 1° giugno 1987) è stato un boss di Cosa Nostra, vicecapo del mandamento di Resuttana.
Biografia
Stabilitosi negli anni del boom economico a Trezzano sul Naviglio, comune a sud di Milano, insieme alla moglie, Antonietta, e al cognato, Giuseppe Ciulla, Carollo iniziò a guadagnarsi da vivere come venditore ambulante e con qualche lavoretto edile, rimediando ogni tanto qualche denuncia per truffa. Quando Trezzano divenne uno dei fortini di Cosa Nostra al Nord, Carollo e Ciulla si occuparono di ricevere l'eroina dalla Turchia per poi dirottarla alla raffineria di Alcamo in Sicilia, un lavoro importante e delicato che gli fece guadagnare il grado di boss all'interno dell'organizzazione[1].
Altri siciliani come Francesco Guizzardi, Salvatore Ugone e Salvatore Cangialosi cominciarono a costruire una serie di villette in quel di Trezzano (dove anche [[Michele Sindona] comprò casa e dove la sua Banca generale di credito aveva aperto il suo unico sportello): anni dopo i magistrati titolari delle inchieste sui sequestri di persona organizzati da Cosa Nostra al Nord, Giuliano Turone e Giovanni Caizzi, scoprirono delle cellette sotterranee, spesso mimetizzate sotto i box doccia, che erano state il luogo di detenzione degli ostaggi e del denaro dei sequestri per tutta la prima metà degli anni '70[2].
Nel 1970 Carollo si trasferì a Palermo e un anno dopo venne arrestato una prima volta, nell'ambito del famoso Processo dei 114 di Catanzaro: dopo 21 mesi di carcere venne assolto per insufficienza di prove insieme a tutti gli altri boss e tornò a piede libero. Ciononostante venne sottoposto a misura di soggiorno obbligato, prima a Castell'Arquato in provincia di Piacenza, poi ad Abbiategrasso, paese in provincia di Milano poco distante da Trezzano. Nel 1973 fondò quindi la sua prima impresa di costruzioni.
Nel 1980 venne inserito nell'elenco aggiornato dei boss mafiosi lombardi individuati dalla Criminalpol[3]. Nel 1982 venne incriminato per traffico di stupefacenti dalla Procura di Palermo, assieme a Ciulla, Alberti, Fidanzati e altri. Nel 1985 fu tra i destinatari degli ordini di custodia cautelare dell'ordinanza-sentenza del Maxiprocesso di Palermo, per il quale venne rinviato a giudizio da latitante nel 1986.
L'omicidio
Il 1° giugno 1987, davanti a una villetta di Liscate di proprietà della Monti Immobliare Srl (coinvolta poi nell'Operazione Duomo Connection), due killer scesi da una Fiat Regata uccisero a colpi di pistola quello che in paese era noto come "Ingegner Michele Tartaglia" ma in realtà si trattava di Gaetano Carollo[4]. L'ordine di esecuzione, come rivelò anni dopo un'inchiesta della magistratura[5], partì direttamente dalla Cupola di Cosa Nostra, “per motivi interni alla famiglia di Resuttana”, secondo le parole del pentito Francesco Marino Mannoia e in particolare perché “Carollo scalpitava troppo e questo nonostante la sua alta posizione di sottocapo”[6].
Lo stesso giorno in cui a Liscate veniva ucciso Carollo, a Torino cadeva Salvatore Rinella, suo alleato. Un mese dopo, a Palermo, toccò a un altro del gruppo, Francesco Perna. Il 16 dicembre, appena uscito dall’Ucciardone, ammazzarono Antonino Ciulla, cognato di Carollo, che in cella aveva fatto a voce troppo alta propositi di vendicarlo. E prima che finisse l’anno svanì nel nulla Pietro Carollo, figlio di Gaetano, che faceva troppe domande in giro sulla morte del padre. Di tutta la famiglia Carollo sopravvisse solo Tony, protagonista tre anni dopo dell'Operazione Duomo Connection.
Bibliografia
- Archivio La Repubblica
- Mario Portanova, Giampiero Rossi, Franco Stefanoni, "Mafia a Milano - Sessant'anni di affari e delitti", Milano, Melampo Editore, 2011
Note
- ↑ Cfr Portanova, Rossi, Stefanoni, p.38
- ↑ Ibidem
- ↑ Ibidem
- ↑ Ucciso a Milano Capoclan mafioso, La Repubblica, 2 giugno 1987
- ↑ Davide Milosa, Cosa nostra a Milano, 30 anni dopo la Corte condanna i killer di Gaetano Carollo, IlFattoQuotidiano.it, 30 novembre 2013
- ↑ Citato in "Ecco come fu ucciso il boss Gaetano Carollo. “Riina voleva riportare Cosa nostra a Milano come ai tempi di Luciano Liggio”, Ammazzateci Tutti Lombardia, 15 dicembre 2009