Yakuza
La Yakuza è un'organizzazione criminale giapponese, le cui origini risalgono al XVII secolo, suddivisa in diversi gruppi, definiti bōryokudan (gruppi violenti) dalla legge. In Occidente è anche nota come "mafia giapponese", per alcuni tratti che la accomunano al fenomeno mafioso tradizionale, benché, a differenza delle organizzazioni mafiose propriamente dette, abbia un riconoscimento legale nella Costituzione giapponese, quindi operi alla luce del sole.
Origini del nome
La parola Yakuza ha un alto valore simbolico e affonda le sue origini nel mito dell'organizzazione. La parola è la fusione di tre numeri: Ya (8), Ku (9) e Za (3). L'insolita sequenza di numeri fa riferimento alla versione giapponese del Black Jack, l’Oicho-kabu, dove le carte sono 19 invece che 21. La somma dei tre numeri è 20, una carta che non esiste, quindi senza valore nel gioco: allo stesso modo la Yakuza, condividendo un tratto comune a tutte le organizzazioni criminali, soprattutto quelle mafiose, sin dal nome fa riferimento agli emarginati e ai più deboli, che sostiene di voler difendere.
Storia ed Evoluzione
Le origini
La Yakuza affonda le proprie radici storiche nel banditismo giapponese del XVII secolo, quando gruppi di samurai, rimasti disoccupati (ronin, senza padrone) a seguito dell'unificazione del Giappone e del lungo periodo di pace dopo l'era Tokugawa, cominciarono a terrorizzare villaggi e città rurali con razzie e saccheggi. Questi samurai erano noti come kabuki-mono. L'attuale Yakuza ha costruito attorno alle proprie origini un'aura di mito, plasmata sulla leggenda dei machi-yakko (servi della città), guerrieri che si organizzarono per difendere i centri urbani dai kabuki-mono.
Tuttavia, la Yakuza vera e propria nacque molto più tardi e inizialmente il termine veniva utilizzato per definire i bakuto (giocatori d'azzardo), attivi lungo le vie principali e nelle città dell'antico Giappone, anche se poi questo venne esteso anche ai tekiya (venditori ambulanti), che invece operavano nei mercati e fiere locali.
I bakuto e i tekiya cominciarono a organizzarsi in famiglie, strutturate su un sistema gerarchico al cui vertice vi era un oyabun (capofamiglia), che comandava sui koburi, a loro volta divisi in "fratelli maggiori", "fratelli giovani" e "figli".
I tekiya controllavano l'assegnazione degli spazi nelle bancarelle, per i quali chiedevano un affitto e il "pizzo" per la protezione, oltre alla disponibilità di alcune merci. Questo tipo di estorsione è sopravvissuta fino ai giorni d'oggi. A differenza dei bakuto, i tekiya si occupavano anche di attività legali, cosa che gli fece ottenere dalle autorità feudali nel 1740 il riconoscimento ufficiale come associazione. Inoltre, al fine di ridurre le truffe e i disordini, il governo nominò alcuni oyabun come supervisori delle attività, ai quali fu garantita anche la dignità di avere "un cognome e possedere due spade", due cose che conferivano ai padrini uno status sociale molto vicino a quello dei samurai. Fu grazie a questa legittimazione legale che i tekiya cominciarono a diffondersi in tutto il Giappone, reclutando aderenti tra criminali comuni e fuggitivi, ai quali offrivano opportunità di riscatto (per i burokumin, i senza casta, diventare venditore ambulante era un modo per sfuggire alla propria origine sociale e alla povertà).
I bakuto, organizzando il gioco d'azzardo, ebbero inizialmente una reazione molto ostile da parte delle autorità. Tuttavia, il governo centrale iniziò segretamente ad aiutare alcuni leader bakuto in cambio di favori e persino tra la polizia vennero arruolati alcuni di essi come informatori o spie. Inoltre, i bakuto procacciavano anche manodopera, convertendo i debiti dei giocatori in ore di lavoro da eseguire nei cantieri. Anche l'origine sociale degli aderenti ai bakuto era bassa, ma molti provenivano anche dalla classe dei buraku, discriminati nella società giapponese dell'epoca per il tipo di attività lavorativa che svolgevano (macellai, venditori di pellame, esecutori di criminali e tumulatori di cadaveri perlopiù), considerate impure. Questa discriminazione è sopravvissuta fino ai giorni nostri.
La rivoluzione industriale e i nuovi affari
Dopo il 1867, con la fine dell'era Tokugawa e la restaurazione Meiji, il Giappone entrò nell'era industriale. Alla fine del secolo, la sua popolazione arrivava a circa 45 milioni di persone, mentre tra il 1890 e il 1914 la produzione industriale del paese raddoppiò e la nascita di nuove imprese triplicò. La modernizzazione del Paese moltiplicò le opportunità di affari per la Yakuza: dall'organizzazione della manodopera per la costruzione delle nuove infrastrutture nelle grandi città fino alle operazioni di scarico nei porti, passando per il controllo dei nuovi mezzi di trasporto.
Il gioco d'azzardo rimase un'attività centrale per i bakuto, anche se venne spostato nei sobborghi delle città e in edifici privati, a causa di un maggior controllo da parte della polizia. Proprio per questo motivo, molti boss cominciarono ad esercitare attività legali di facciata. I tekiya, invece, avendo un riconoscimento legale, ebbero una diffusione più estesa dei bakuto. Entrambi i gruppi continuavano a mantenere saldi rapporti con il potere politico.
La nascita della Genyosha
Nella città di Fukuoka, culla dei movimenti di estrema destra del tempo, Mitsuru Toyama, leader politico nazionalista e fondatore del gruppo Kyoshísha (Associazione dell'Orgoglio e del Patriottismo), fondò segretamente nel 1881 la Genyosha (Associazione dell'Oscuro Oceano), formata da suoi seguaci e dedita alla repressione dei movimenti di sinistra, oltre che all'omicidio e al ricatto. A differenza dei due gruppi Yakuza tradizionali, i membri della Genyosha lavoravano come guardie del corpo di ufficiali governativi e perseguivano un obiettivo politico, oltre a quello criminale, mandando agenti segreti in Cina, Corea e Manciuria, dove vennero poste le basi per la futura invasione giapponese.
Inoltre, Toyama organizzò delle vere e proprie scuole, dove gli adepti venivano addestrati nelle arti marziali, imparavano lingue straniere e apprendevano le migliori tecniche di spionaggio. Questa rete di agenti segreti fu la base del regime autoritario instaurato in Giappone negli anni immediatamente precedenti allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. In occasione delle prime elezioni nazionali, nel 1892, la Genyosha portò avanti una serie di azioni violente contro i movimenti liberali, tra cui alcuni attentati in cui persero la vita l'allora ministro degli Esteri Shigenobu Okuma e uno dei tre grandi leader della Restaurazione Meiji, Toshimichi Okubo, considerato uno dei padri del moderno Giappone.
Quando il Giappone, nel 1905, invase la Corea, anche grazie alla rete di agenti della Genyosha, si andò a creare una serie di associazioni simili in tutto il Giappone. Benché inizialmente i tradizionali gruppi Yakuza ne avessero preso le distanze, la comune visione politica e i tratti comuni fecero sparire ogni ostilità. Tanto che nel 1919, un anno prima dell'introduzione del suffragio universale, Toyama fondò una nuova associazione, la Dai Nippon Kokusui-kai (Associazione della Grande Essenza Nazionale Giapponese), che riuniva 60mila tra gangster, lavoratori e ultra-nazionalisti, il cui scopo era la repressione violenta delle manifestazioni operaie e liberali. Dato che uno dei due maggiori partiti del tempo, il Seiyu-kai, trasformò l'ala militare dell'associazione nel proprio gruppo di fuoco, anche il partito dell'opposizione, il Minseito Party, organizzò il suo, la Yamato Minro-kai, attingendo da gruppi Yakuza.
Il secondo Dopoguerra e la nascita del mercato nero
Alla fine del secondo conflitto mondiale, il Giappone era completamente devastato: l'incapacità da parte delle autorità di mantenere l'ordine pubblico e il disinteresse delle forze americane presenti sull'isola, permise ai gruppi Yakuza di porsi come mediatrice tra lo Stato piegato dalla sconfitta bellica e la popolazione affamata. Procacciando beni di prima necessità e controllando i mercati, i gruppi Yakuza divennero ben presto un interlocutore indispensabile per le nuove autorità pubbliche, tanto che nel 1946 vennero legittimati nel controllo dei mercati locali e nel 1948 vennero addirittura incaricati ufficialmente di riscuotere le tasse alle imprese di Tokyo.
Il proliferare del mercato nero portò anche a un'intensificazione del consumo di droga nel paese: dopo la guerra gli ingenti quantitativi di droghe (soprattutto anfetamine), prodotte dal governo per incrementare la produttività degli operai e la resistenza delle truppe, entrarono nelle disponibilità dei gruppi Yakuza, che cominciò a immetterle sul mercato nero. Solo nel 1951 il governo varò una legge che limitò i consumi di droga, fino a quel momento tollerati.
I due boom economici degli anni '50
Negli anni '50 l'economia giapponese fu caratterizzata da due boom economici: il primo tra il 1955-1956 (Jinmu Boom), il secondo tra il 1959-1960 (Iwato Boom), alimentati soprattutto dalla guerra di Corea (1950-1953). Questo rinnovato dinamismo economico portò alla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali in tutto il paese, la cui manodopera edile e la gestione delle merci dai porti erano completamente in mano alla Yakuza, che investirono la nuova liquidità nell'industria dell'intrattenimento: dal pachinko, gioco d'azzardo dalla natura legale e illegale, alla gestione della vita notturna, ilmizushobai, che comprendeva bar, ristoranti e prostituzione. Nel 1963 la Yakuza raggiunse il suo massimo storico in termini di affiliati, con 184.091 unità distribuite in 5.216 gruppi.
Tra questi, sette gruppi si conquistarono una posizione dominante, a seguito di una violenta competizione con gli altri: la Yamaguchi-gumi, che grazie al suo leader Kazuo Taoka (passato alla storia come "il padrino dei padrini") divenne la più potente di tutti e ancora oggi mantiene il suo titolo; la Honda-kai, attiva anch'essa nella regione del Kansai, vicino ad Osaka; la Kinsei-kai, la Tosei-kai e la Sumiyoshi-kai, attive nella regione del Kanto, vicino Tokyo; la Kyokuto Aio-kai e la Matsuba-kai, attive nella città di Tokio.
Le Olimpiadi di Tokyo e la prima repressione
A seguito di un diffuso malcontento pubblico verso la violenza generata dall'intensità degli scontri tra i gruppi Yakuza, alla vigilia delle Olimpiadi di Tokyo del 1964 il Governo si decise a varare misure per ripulire la capitale, eseguendo centinaia di arresti che smantellarono gruppi come la Sumiyoshi-kai, la Kinsei-kai e la Honda-kai, anche se i sotto-gruppi che le formavano si ricomposero in fretta, tanto da essere attivi ancora oggi.
Gli interventi della polizia erano mirati soprattutto a colpire il gioco d'azzardo e l'estorsione, cosa che colpì i gruppi medio-piccoli ma permise nonostante tutto a quelli più grandi di resistere alla repressione giudiziaria, sviluppando un sistema di difesa noto come jonokin, che consisteva nel versare una quota associativa nelle casse del gruppo da parte dei subordinati. In questo modo i boss ricevevano parte parte dei guadagni delle attività criminali, che però formalmente erano compiute dai subordinati. Questo sistema, tutt'ora in vigore, favorì i gruppi Yakuza più grossi, tra cui la Yamaguchi-gumi
Il Botaiho, la prima vera legge contro la Yakuza
Nel maggio 1991 venne approvata la "Legge riguardante la Prevenzione degli Atti Ingiusti commessi dai membri delle Associazioni Boryokudan" (Boryokudanin ni yoru Futo na Koi no Boshi nado ni Kan-suru Horitsu). La legge, nota semplicemente col nome di Botaiho, rappresentò un punto di svolta nel contrasto alle Yakuza.
Nel novembre 1990, la National Policy Agency giapponese (NPA) formò un gruppo di esterni composto da professori universitari ed esperti legali con il dichiarato obiettivo di preparare una legge anti-Yakuza. Le identità dei quindici membri della commissione vennero tenute segrete, ad eccezione del presidente, il professor Narita dell'Università di Yokohama, e dei due rappresentanti del Nichibenren (l'associazione degli avvocati giapponesi). Inizialmente il gruppo aveva a disposizione da due a tre anni per la prima stesura, ma dopo sole quattro riunioni il 6 febbraio pubblicava i risultati del proprio lavoro. A fine mese, il 27 febbraio 1991, la NPA produce la propria "considerazione basilare sulla bozza riguardante le contromisure ai boryokudan". Queste considerazioni basilari divennero lo scheletro del Botaiho, ad eccezione di un articolo che riguardava il sequestro dei profitti illegali, che venne regolato dal diritto penale.
La nuova legge introdusse burocraticamente il termine boryokudan, vale a dire "un'associazione i cui membri (inclusi i membri dei gruppi che lo costituiscono) collettivamente o abitualmente promuovono un atteggiamento violento illegale" (Art.2 Par.2). Un "atteggiamento violento illegale" (boryokuteki fuho koi) venne definito come "un atto illegale che è definito dai criteri della Commissione Nazionale di Pubblica Sicurezza" (Art.2 Par.1). Le varie Commissioni Regionali di Pubblica Sicurezza vennero quindi incaricate di indicare quali fossero i gruppi shitei-boryokudan, cioè i gruppi/associazioni i cui membri correvano collettivamente o abitualmente "l'alto rischio" di dedicarsi allo sviluppo di un atteggiamento illegale violento (Art.3).
La definizione di shitei-boryokudan è legata al termine "alto rischio" ed è legata alla presenza di tre criteri fondamentali:
- l'uso dell'influenza del gruppo per ottenere vantaggi finanziari;
- una determinata percentuale di membri con precedenti penali (la percentuale decresce con l'aumentare del numero di affiliati al gruppo);
- una struttura organizzata e gerarchica.
Agli shitei-boryokudan è quindi proibito svolgere quelle attività che comprendono passaggi di denaro, compravendite, consegna di merci, servizi di sicurezza, riscossione debiti e mediazione nelle dispute.
Il Botaiho oltre a limitare le possibilità dei boryokudan, incoraggiava l'eradicazione di questi gruppi e organizzava l'assistenza per le vittime. Ogni regione amministrativa (Todofuken) ottenne il proprio Centro per l'Eliminazione dei boryokudan (Boryoku Tsuiho Undo Suishin Senta). Ogni regione non poteva avere più di un centro e per essere qualificato come tale dalla Commissione per la Pubblica Sicurezza, doveva soddisfare determinati standard. In primo luogo doveva essere un'entità legale (hojin) definita come tale dal codice civile, poi si doveva dotare di personale qualificato con un'esperienza nel settore. Lo scopo di questi centri era fornire aiuti alle associazioni non-governative anti-boryokudan, offrire consulenza e assistenza legale alle vittime, educare i giovani, aiutare coloro che volevano abbandonare la criminalità e organizzare corsi informativi per i lavoratori delle attività maggiormente colpite dalla Yakuza.
La particolarità del Botaiho risiede nel fatto che affida il contrasto della criminalità organizzata al diritto amministrativo (gyoseiho) piuttosto che a quello penale (keiho). Dal punto di vista normativo, rappresenta un ibrido che ai tempi utilizzò le parti migliori del modello americano e del modello europeo, senza però ottenere i risultati sperati. Infatti, la legge si è dimostrata insufficiente nel contrasto alla Yakuza, a causa delle pene lievi e del procedimento burocratico che rende difficilmente perseguibile il trasgressore. Più che mirare all'eliminazione dei vari gruppi criminali riuniti nella Yakuza, l'intento della legge a molti è sembrato più un tentativo di controllarne e limitarne lo sviluppo. La nuova legge, più che eliminare i boryokudan, li ha costretti a dedicarsi a differenti attività rispetto a quelle tradizionali dell'estorsione (minbo) e del gioco d'azzardo. La principale fu sicuramente il narcotraffico, ma vi furono anche attività legate alla finanza.
Inoltre, la polizia poteva applicare le restrizioni previste dalla legge solamente agli shitei-boryokudan, che pure non erano considerati di per sé organizzazioni illegali, dato che la Costituzione giapponese, in materia di libertà associativa, tutelava questo tipo di associazioni. Molte Yakuza attualmente non sono registrate come tale e a queste viene applicata la legge ordinaria.
La Yakuza oggi
Nonostante la diminuzione del numero di affiliati a seguito del varo della nuova normativa, attualmente la Yakuza può contare su oltre 58mila membri attivi.[1]
Struttura
Le yakuza attuali adottano una struttura unica nel panorama mafioso conosciuta come oyabun-kobun, letteralmente "padre-figlio", le cui radici risalgono al XVII secolo.
Questa struttura è fondata su una complessa rete di relazioni con forti legami interni, sia orizzontali che verticali, alla cui base ci sono le ikka (letteralmente "famiglie fittizie", a cui talvolta ci si riferisce anche con i termini kumi o gumi). Questi legami tra padre-figlio e fratello-fratello (kyodaibun) uniscono i membri del gruppo tra di loro.
Ogni famiglia è suddivisa in 4 livelli:
- i saiko kanbu (dirigenti supremi), al vertice della famiglia;
- i kanbu (dirigenti);
- i waka-chu (giovani organizzatori);
- i jun kosei-in (apprendisti), incaricati della protezione dei membri anziani e dediti a svariate mansioni (rispondere al telefono, autisti, servire gli ospiti); tra questi sono generalmente compresi anche figure periferiche (shuhensha) come il kigyo shatei (fratello/socio in affari), non direttamente legate alla famiglia.
I ruoli all'interno della ikka sono molti:
- l'oyabun o kumi-cho (letteralmente padre/padrino), che è a capo della famiglia;
- i so honbucho (letteralmente "capo del quartier generale"), che svolgono la funzione di direttori generali dei vari uffici yakuza; dipendono direttamente dall'oyabun;
- i waka-gashira (letteralmente "figlio del kumi-cho"), secondi nella linea di comando della famiglia, comandano diversi gruppi regionali con l'aiuto dei fuku-honbucho, responsabili del coordinamento di alcuni di essi;
- gli shatei gashira, boss locali dei diversi gruppi interni, a cui rispondono gli shatei gashira hosa e gli shatei; tutti questi fanno parte del komon, il gruppo di consiglieri dell'oyabun.
Wakamono no kokoroe, il codice interno
I gruppi Yakuza esercitano un forte controllo sui membri, attraverso un codice, il wakamono no kokoroe (regole per i giovani yakuza), che stabilisce una ferrea disciplina e prescrive una fedeltà assoluta all'oyabun. La fedeltà assoluta viene premiata con promozioni o premi in denaro, mentre l'infedeltà è punita con alcune piccole offese all'onore dell'affiliato (la rasatura dei capelli, la reclusione temporanea, multe salate e una temporanea espulsione) oppure, nei casi più gravi, con il linciaggio (rinchi), l'amputazione di un dito (yubitsume), l'espulsione (hamon), l'espulsione definitiva (zetsuen) e, infine, la morte.
Le cinque regole fondamentali sono:
- non disobbedire o causare problemi ai tuoi superiori;
- non tradire il gruppo o i tuoi compagni;
- non lottare con i tuoi compagni o non rompere l'armonia dell'organizzazione;
- non sprecare i fondi dell'organizzazione;
- non toccare alcuna donna dei membri dell'organizzazione.
Il controllo interno è attuato in maniera indiretta, attraverso il concetto di giri e irezumi. Il giri è un'obbligo morale, che deriva dal codice d'onore dei samurai del medioevo giapponese (il bushido), che implica lealtà, fedeltà e gratitudine da parte dell'affiliato; l'irezumi è la pratica dei tatuaggi, introdotta per la prima volta dai bakuto in epoca feudale, che testimonia la propria volontà di distinguersi dalla società. Nella cultura giapponese, il tatuaggio ha una valenza fortemente negativa, che si riflette in molti divieti per i tatuati, esistenti ancora oggi, come ad esempio l'accesso a strutture pubbliche come bagni e piscine, a prescindere se si sia affiliati a un gruppo Yakuza o meno. Il tatuaggio è considerato quindi una grande prova di coraggio.
Rituali
Sakazuki: Il rito di affiliazione
Il rito di affiliazione tipico dei gruppi yakuza è il rituale del sakazuki (letteralmente "scambio di sakè"), che consiste nella stipulazione di un patto padre-figlio (oyako sakazuki) di fronte a un altare scintoista, alle cui spalle sono posizionati degli stendardi con i nomi delle divinità del sole Amaterasu e del dio patrono dei guerrieri Hachiman. In un clima di silenzio assoluto, l'oyabun si siede di fronte gli aspiranti adepti, mentre gli azukarinin (servitori di livello inferiore del gruppo) preparano il sakè, mischiato con il sale.
I partecipanti alla cerimonia ne bevono un po' ciascuno, per poi scambiarsi le tazze: a questo punto ciascun nuovo kobun dichiara la propria fedeltà alla nuova famiglia, ricevendo una spilla con l'emblema della ikka, oltre a un documento nel quale si elencano i membri del gruppo, il nome della famiglia appartenente, la struttura dei gruppi interni, la posizione di ognuna e infine il nome del nuovo membro.
La nuova famiglia ha la precedenza assoluta su quella reale, che entrerà sotto la protezione di quella fittizia.
Il rituale non è utilizzato solamente per formalizzare le nuove affiliazioni, ma anche per le promozioni nella scala gerarchica dell'organizzazione.
il demukai
Questo rituale è il più importante di tutti perché esalta il concetti di giri e consiste nella confessione di un atto criminale al posto di un superiore. Questa azione è considerata una grande prova di coraggio ed ricompensata con la promozione nella gerarchia dell'organizzazione all'uscita dal carcere e con una somma di denaro.
La cerimonia è pubblica ed è volta a sfidare lo Stato nella riabilitazione del detenuto. I membri della ikka e delle organizzazioni amiche partono dai propri quartier generali in macchine lussuose (Cadillac, Mercedes etc.), per arrivare nel luogo dove avverrà la liberazione del detenuto.
L'ordine di arrivo delle auto e la posizione occupato al loro interno segue la gerarchia del gruppo: una volta scambiati i saluti tra i membri delle varie filiali e dei gruppi alleati, tutti si dispongono ordinatamente di fronte alle mura del carcere, formando ciascun gruppo una piramide che ricalca la struttura interna del gruppo.
L'oyabun e il suo vice entrano nel carcere e accolgono l'ex-detenuto, ringraziandolo, per poi portarlo fuori, dove riceverà diversi doni da parte degli altri affiliati.
Yubitsume, il rituale del dito mozzato
Un altro rituale è lo yubitsume, cioè il rituale del dito mozzato, che può assumere una valenza positiva (iki yubi, dito vivente) e una negativa (shinu yubi, dito morto): il primo è mostrato in segno di sacrificio per risolvere un problema o conflitto di cui si è responsabili, ed è simbolo di sincera fedeltà dell'affiliato all'organizzazione; nel secondo caso, viene praticato in maniera preventiva dall'affiliato per evitare una punizione più pesante per un suo sgarro (anche se solitamente molti preferiscono pagare una multa, piuttosto che perdere un dito).
I gruppi Yakuza
La Yamaguchi-gumi
La sesta generazione della Yamaguchi-gumi è l'organizzazione yakuza più grande e violenta del Giappone, con ramificazioni in diversi paesi asiatici, in Australia e anche negli USA. Le stime ufficiali riportano che il numero dei membri ammonta a 20.400, mentre quello degli associati a 18.600, per un totale di 39mila persone, anche se il cuore pulsante dell'organizzazione (quello vincolato dal rito del sakazuki) non dovrebbe superare il centinaio.
La Yamaguchi-gumi fu fondata a Kobe nel 1915 da Harukichi Yamaguchi e all'inizio non poteva contare che su una dozzina di membri. Fino all'elezione del suo terzo kumi-cho, Kazuo Taoka, passato alla storia come il "capo dei capi" della Yakuza, mantenne un basso profilo locale.
Nel 1946, infatti, Taoka impose una rivoluzione strutturale nelle yakuza giapponesi: l'attività illegale sarebbe dovuta essere associata ad attività legali di facciata. Inoltre, iniziò una politica espansionistica violenta che fagocitò tutti i gruppi minori locali, portando la 'Yamaguchi-gumi in ogni angolo del Giappone.
Con la morte per infarto di Taoka nel 1981, la 'Yamaguchi-gumi visse un periodo di forti conflitti interni tra i vari sotto-gruppi, con un periodo di violenza prolungata che costrinse anche le forze di polizia a intervenire. Alla fine il conflitto si placò nel 1989, quando venne eletto come oyabun Yoshinori Watanabe.
Attualmente la sesta generazione è guidata da Shinobu Tsukasa.
Shitei-boryokudan
Dal 1992 ad oggi, sono state registrate come shitei-boryokudan 22 gruppi yakuza. I numeri romani vicino a ciascun nome si riferiscono al numero di oyabun che hanno governato il gruppo. Per esempio, Yoshinori Watanabe era a capo della Yamaguchi-gumi V; quando al suo posto è subentrato Shinobu Tsukasa, l'organizzazione ha assunto formalmente il nome di Yamaguchi-gumi VI.
Nome | Quartier Generale | Registrata nel |
---|---|---|
Yamaguchi-gumi VI | Kobe | 1992 |
Sumiyoshi-kai | Tokyo | 1992 |
Inagawa-kai | Tokyo | 1992 |
Kudō-kai V | Fukuoka | 1992 |
Taishū-kai | Fukuoka | 1993 |
Kyokuryū-kai | Okinawa | 1992 |
Aizu-Kotetsu-kai VI | Kyoto | 1992 |
Kyōsei-kai V | Hiroshima | 1992 |
Gōda-ikka VII | Yamaguchi | 1992 |
Kozakura-ikka IV | Kagoshima | 1992 |
Asano-gumi IV | Okayama | 1992 |
Dōjin-kai | Fukuoka | 1992 |
Shinwa-kai II | Kagawa | 1992 |
Sōai-kai | Chiba | 1992 |
Kyōdō-kai III | Hiroshima | 1993 |
Sakaume-gumi IX | Osaka | 1993 |
Kyokutō-kai-Matsuyama | Tokyo | 1993 |
Azuma-gumi II | Osaka | 1993 |
Matsuba-kai | Tokyo | 1994 |
Fukuhaku-kai III | Fukuoka | 2000 |
Kyushu Seido-kai | Fukuoka | 2008 |
Economia e Attività Criminali
La Yakuza gestisce una molteplicità di traffici illeciti: estorsioni, gioco d’azzardo, prostituzione, contrabbando, riciclaggio di denaro sporco, traffico di droga, manipolazioni di Borsa, turismo sessuale, tratta di esseri umani, pornografia, commercio di armi. L'80% delle attività della Yakuza è illegale. Il restante 20% riguarda investimenti nei trasporti, nell'edilizia, nel patrimonio immobiliare, nell'erogazione di prestiti, nel commercio, oltreché in associazioni filantropiche e religiose.
Rapporti con la Politica
Nel secondo dopoguerra, i rapporti tra i partiti politici, soprattutto quelli di destra, e le yakuza furono molto stretti e addirittura improntati alla reciprocità, con casi estremi in cui era impossibile distinguere tra l'autorità pubblica e gli appartenenti ai gruppi criminali.
Dal 1954, tuttavia, la situazione andò normalizzandosi, riportando ad una separazione netta tra le due realtà, benché la politica trovasse ancora molto utile coltivare i rapporti con i boss, accolti come ospiti d'onore a feste private e destinatari di omaggi floreali alle cerimonie di successione, ai matrimoni e ai funerali.
A partire dalla fine degli anni '70, però, il clima di violenza e gli scandali di corruzione resero politicamente poco strategici rapporti così plateali di benevolenza nei confronti dei gruppi yakuza, con i quali si usò maggior discrezione, che contraddistingue anche oggi i rapporti tra i due soggetti.
La legge Botaiho sembrava aver scritto il capitolo finale di questa collaborazione, tanto che l'anno successivo alla sua approvazione l'uomo politico più potente del Giappone, Shin Kanemaru, fu arrestato a seguito di finanziamenti illeciti ricevuti da un'impresa di trasporti, la Sagawa Kiubin, nota per i suoi stretti rapporti con i gruppi Yakuza.
In realtà i rapporti informali tra politica e gruppi criminali continuano tutt'ora, anche per via della legittimazione legale di cui gode la Yakuza.
Bibliografia
- Massimiliano Aceti, Yakuza - la mafia giapponese tra mito e violenza, East Journal, 2012
- Aldo Musci, Tutte le Mafie del Mondo, Nuovi Equilibri, Viterbo, 2011