Serafina Battaglia

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«I mafiosi sono pupi. Fanno gli spavaldi solo con chi ha paura di loro, ma se si ha il coraggio di attaccarli e demolirli diventano vigliacchi. Non sono uomini d'onore ma pezze da piedi.»
(Serafina Battaglia[1])

Serafina Battaglia (1919 - Godrano, 10 settembre 2004) è stata una donna palermitana, madre di Salvatore Lupo Leale e prima donna testimone di giustizia.

Biografia

Nata in una famiglia mafiosa a Godrano, in provincia di Palermo, sin dalla tenera età venne cresciuta secondo i valori e i codici culturali mafiosi. Come suggeriva la tradizione, Serafina fu educata al ruolo di moglie del boss e, seguendo l’antica tradizione in vigore in certi ambienti, fu suo padre a scegliere suo marito, da cui ebbe un figlio, Salvatore Lupo. Il primo matrimonio tuttavia fallì e in seguito Serafina sposò l’uomo di cui era innamorata, Stefano Leale, il quale adottò il figlio della donna.

Da quel momento, Serafina e il marito fondarono una nuova famiglia preservando e coltivando la continuità della cultura mafiosa. Stefano Leale e Salvatore Lupo erano entrambi coinvolti nella criminalità organizzata di Alcamo, il cui capomafia era Vincenzo Rimi. Serafina ricoprì un ruolo ben definito e molto legato alla tradizione mafiosa: svolgeva funzioni precise all’interno della famiglia, tra cui l’educazione del figlio, l’incitamento alla vendetta e la custodia della legge dell’omertà [2].

Nell’aprile del 1960, Stefano Leale venne ucciso con un colpo di pistola mentre usciva dal proprio negozio, che utilizzava per nascondere le proprie attività criminali. Da quel momento, Serafina incoraggiò il proprio figlio a rivendicare la morte del patrigno. Secondo una testimonianza di un noto pentito, Antonino Calderone, Serafina tutte le mattine svegliava il figlio con le seguenti parole: “Alzati che hanno ammazzato a tuo padre! Alzati e valli ad ammazzare.”[3]

L’incitamento alla vendetta di Serafina veniva recepito positivamente dal figlio, il quale rimase ucciso proprio in una dei tentativi di rivendicare la morte del patrigno. L’omicidio di Salvatore Leale avvenne il 30 gennaio 1962[4].

Quest’ultima fu una data storica: Serafina Battaglia scelse di collaborare con la giustizia. [5] A seguito della morte del figlio, si accese in lei un sentimento di vendetta ancora più profondo e ostinato. Mossa dal desiderio di vedere condannati i responsabili dell’omicidio del figlio, decise di denunciare i loro nomi in tribunale. La scelta di collaborare di Serafina provocò la reazione della sua famiglia di origine. In particolare, la madre e la sorella furono le sue più ostili oppositrici. Il conflitto con la famiglia di origine fu la conseguenza naturale del primo atto di ribellione di Serafina: rompere il muro dell’omertà.

Le testimonianze pubbliche

Dal gennaio del 1962, prese il via una lunga serie di testimonianze pubbliche della donna che permisero di condurre delle indagini contro i sospettati dell’omicidio Leale e che li portarono a processo nel febbraio del 1964[6].

Non solo, le sue dichiarazioni consentirono di condurre delle indagini anche per altri cinque omicidi di mafia e di scoprire le nuove direttrici criminali dell’organizzazione. Fece i nomi di Marco Semilia e Salvatore Miceli come esecutori materiali dell’omicidio del figlio. Per quanto riguarda l’omicidio del marito, dichiarò che era stato assassinato a seguito di una faida di Godrano tra i Corrado, sostenuti da Leale e dai Maggio e i Miceli[7].

In totale, Serafina Battaglia fece i nomi di otto uomini di mafia coinvolti nell’omicidio del marito Stefano Leale e del figlio Salvatore Lupo: Filippo Rimi, Rocco Semilia, Marco Semilia, Francesco Miceli, Salvatore Maggio, Costantino Damiano, Antonio Rustici e Vincenzo Corrado. Tuttavia, le dichiarazioni e le testimonianze delle donna furono vane. Tutti e otto gli imputati furono assolti per insufficienza di prove in ultimo grado con sentenza definitiva[8].

La vedova Battaglia[9], così venne soprannominata dal giornalista Mauro De Mauro, proseguì con la sua lotta contro la mafia per vent’anni, di cui diciassette furono dedicati ai processi e alle testimonianze pubbliche durante le quali fu abbandonata sia dalla sua famiglia, che dallo Stato. Morì in solitudine nella sua abitazione nel settembre del 2004. Oggi la sua figura viene ricordata troppe poche volte e le giovani generazione ignorano il suo nome[10]. Tuttavia, la sua rivolta coraggiosa non fu vana, ma costituì un vero spartiacque della storia del movimento antimafia.

Se da un punto di vista processuale, le dichiarazioni di Serafina furono vane, da un punto di vista sociale e culturale la sua lotta fu una vera rivoluzione. Sconvolse i modelli femminili tradizionali legati a un’immagine fortemente stereotipata della donna. Nella specificità del contesto mafioso in cui Serafina agì, la figura femminile assunse una nuova forma agli occhi dei mafiosi: si concretizzò la preoccupazione che la donna potesse rivelare i segreti dell’organizzazione. Serafina dimostrò che le donne dei mafiosi detengono il potere esclusivo di sconvolgere i codici culturali mafiosi. Dopo la sua testimonianza, Serafina aprì un varco a decine di donne che come lei decisero di rompere il muro dell’omertà. Fu promotrice di un nuovo modo di combattere la mafia: attraverso la testimonianza pubblica.

Note

  1. Il Piccolo, Morta Serafina Battaglia, fu la prima a testimoniare contro i boss della mafia, 10 settembre 2004
  2. Scigliano Mimma, Vite che non sono la tua. Ribelli: donne che sfidarono la mafia. Serafina Battaglia, Rai Radio 3
  3. Pietro Arlacchi, Gli uomini del disonore. La mafia siciliana nella vita del grande pentito Antonio Calderone, A. Mondadori, Milano 1992, p.171
  4. Mauro De Mauro, Implacabili accuse della vedova Leale ai Greco e ai Torretta, L’Ora, 31 gennaio 1962
  5. Ibidem
  6. Mauro De Mauro, L’omicidio Leale torna in istruttoria, L’Ora, 29 febbraio 1964
  7. Mauro De Mauro, Implacabili accuse della vedova Leale ai Greco e ai Torretta, L’Ora, 31 gennaio 1964
  8. Giuseppe Rosselli, Disfatta per la “vedova nera” (e per la giustizia), L’Ora, 14 febbraio 1979
  9. Mauro De Mauro, La vedova Battaglia accusa, L’Ora, 21 gennaio 1964
  10. Angelo Vecchio, Addio Serafina, ribelle antimafia, L’Ora, 10 settembre 2004.

Bibliografia

  • Archivio Storico l'Ora di Palermo
  • Archivio Storico Il Piccolo
  • Arlacchi, Pino (1992). Gli uomini del disonore. La mafia siciliana nella vita del grande pentito Antonio Calderone, Milano, Mondadori.