Solncevo

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Detta anche ‘Fratellanza di Solncevo’ (Solncevskaja bratva), la Solncevo è la maggiore organizzazione criminale della Russia post-sovietica.


Il nome deriva da un quartiere operaio della zona sud-occidentale di Mosca, situato al di fuori della circonvallazione autostradale MKAD che circonda la città. Quando fu fondato nel 1938, in età sovietica, il quartiere si caratterizzava di alte schiere di palazzi che oscuravano la luce del sole, in russo solnce: per questo motivo fu scelto un nome che richiamasse la luce solare, assente tra le vie del quartiere.


Proprio in questo quartiere nacque nel 1958 il fondatore della ‘fratellanza di Solncevo’, Sergej Michailov. Cresciuto con la passione per la lotta in una famiglia operaia, il giovane Sergej lavorava per il prestigioso hotel Sovetsky come maître. Nel 1984, dopo aver simulato il furto della sua motocicletta, arrivò la prima condanna per frode. Nel suo quartiere di nascita alcuni anni dopo, assieme all’ex compagno di cella Viktor Averin, Michailov diede i natali a una banda criminale che prese il nome del quartiere stesso. Il movimento cominciò a svilupparsi tuttavia, in età post-sovietica. Già nel 1989, Solncevo si era fortificata fondendosi la Orechovskaja (banda formata prevalentemente da lottatori e sportivi); insieme, le due organizzazioni hanno fronteggiato gli attacchi delle gang armate cecene.

L’exploit di Solncevo si registrò però solo negli anni Novanta: in un rapporto dell’Fbi venne addirittura descritta come l’organizzazione criminale eurasiatica più potente nel controllo delle risorse finanziarie, e con il patrimonio economico più grande. Oggi, secondo alcune stime, la Solncevo conterebbe un numero di affiliati compreso tra i 5000 e i 9000, suddivisi in almeno dieci brigate (brigady). Le informazioni relative ai meccanismi interni dell’organizzazione sono poche ma stando alle dichiarazioni di alcuni ex affiliati, ai vertici vi sarebbe un consiglio formato da dodici persone, che in occasione di matrimoni e feste varie si incontrano regolarmente in diversi luoghi del pianeta. L’organizzazione criminale è dotata di un fondo comune che viene reinvestito nell’economia legale tramite diverse banche che lavorano per essa, come ad esempio la Bank of New York, che negli anni Novanta è stata protagonista di uno scandalo: l’allora vicepresidente della banca era un emigrato russo che assieme a un connazionale trasferì illegalmente più di 7 miliardi di dollari, mediante innumerevoli bonifici telegrafici. Le operazioni finanziarie non sono certamente le uniche attività illegali della fratellanza. In base alle possibilità d’infiltrazione criminale offerte dai diversi contesti regionali e locali in cui Solncevo va a operare, le attività possono essere: investimenti nell’economia legale dei profitti (spesso con attività di import-export), usura, estorsioni, traffico di esseri umani e prostituzione, narcotraffico, frodi di carte di credito, traffico di armi, monopolio criminale nelle forniture petrolifere (organizzazione annoverabile tra le c.d. “mafie del petrolio”) e racket della protezione. Quest’ultima attività è stata basilare per l’espansione della Solncevo negli ex Stati satelliti dell’Unione Sovietica, dopo la caduta del Muro di Berlino e il crollo del regime comunista. Nel 1998, un articolo del The Boston Globe ha descritto l’organizzazione come << un gruppo di lingua russa ritenuto il più potente e pericoloso di tutta l’Ungheria. >> Come nel caso ungherese, anche in altri paesi dell’Europa Orientale il passaggio dall’economia pianificata a quella di mercato non è stato indolore: la carenza di diversi apparati statali nel far fronte alle esigenze di una nuova classe imprenditoriale e gli inadeguati sistemi giuridici e amministrativi, oltre che ad abbassare il livello di fiducia dell’opinione pubblica, hanno generato una domanda di protezione diversa da quella legittima dello Stato, proprio perché questa era scarsamente offerta e garantita. Non pochi cittadini hanno iniziato a cercare modi illegali o semilegali per far valere i loro interessi e tutelarli. Secondo fonti della polizia citate dal quotidiano ungherese << Nèpszava >> nel 1998 addirittura, circa 800 aziende ungheresi avrebbero avuto collegamenti diretti con la malavita.[1] La ‘domanda’ di protezione ha nello stesso tempo incontrato un’ ‘offerta’ di criminali: tantissimi ex soldati dell’Armata Rossa che disertarono l’esercito prima di rientrare in patria, all’indomani del crollo del regime sovietico. Molti di questi (non pochi con un passato all’interno del Kgb) avrebbero creato in alcuni degli ex Stati satelliti, diverse bande criminali. Il settore petrolifero e il traffico di armi rappresentano altri due fondamentali campi d’azione della Solncevo. Anche in questo caso, il passaggio dall’economia pianificata a quella capitalistica è stato il momento ottimale per l’introduzione dell’organizzazione criminale nei settori, assieme alla figura di Semion Mogilevich. L’uomo d’affari ucraino (nella lista dei Most Wanted dell’FBI), noto anche come Don Semyon, The Brainy Don [2] (per denotare il suo acume per gli affari) e Million Dollar Don dai media[3], oltre che ad avere un ruolo chiave nel riciclaggio dei capitali e ad essere stato accusato per il suo coinvolgimento nello scandalo della Bank of New York, ha cominciato ad essere attivo nel settore petrolifero già dagli Anni Ottanta. Più di recente è stato accusato di essere socio occulto della EuralTransGas, una torbida società Ungherese che per alcuni tempi ha gestito con Gazprom la fornitura di gas dal Turkmenistan all’Ucraina. Per quanto riguarda l’Ungheria, all’indomani del crollo del Muro di Berlino, il governo ha approvato una normativa che sovvenzionava parte del consumo di gas per uso domestico, veniva dunque a crearsi un margine di arbitraggio tra il prezzo sovvenzionato e quello di mercato. Questa prassi, indebolita dalla lacunosità legislativa, ha consentito l’infiltrazione della criminalità organizzata, in grado non solo di frodare lo Stato ma anche di creare monopoli nella fornitura del petrolio. Diverse tesi sostengono che i conflitti scoppiati nel corso degli Anni Novanta tra criminali russi e ungheresi, abbia avuto come casus belli la distribuzione dei contratti statali per le forniture di petrolio e gas, anche grazie alla testimonianza di Tamàs Boros, un uomo d’affari coinvolto nelle frodi petrolifere, ucciso dall’esplosione di un’autobomba a Budapest nel 1998. Secondo Boros infatti, << i proprietari delle aziende che non avevano importato il petrolio attraverso il boss della mafia russa Mogilevic, venivano minacciati e ricattati. >>[4] Diverso è stato il tipo d’infiltrazione che Solncevo ha attuato in Italia, guardinga dal porsi come organizzazione alternativa e conflittuale alle ben radicate mafie nostrane. Dagli anni Settanta, in piena Guerra Fredda, Roma è stata la principale località di transito per gli ebrei sovietici spinti in viaggio verso gli Stati Uniti, grazie ad alcune iniziative dell’allora leader Leonid Brežnev, riconducibili alla politica della ‘distensione con l’Occidente’. Con la proposta di legge del senatore democratico Henry Jackson, nel 1975 il presidente Gerald Ford (così come poi il sovietico Brežnev) ha approvato la legge per la quale a molti ebrei sovietici, veniva consentito di emigrare negli States. L’Urss però, senza tenere fede alla parola presa, ha mandato oltreoceano alcuni dei suoi più pericolosi criminali. Dopo la partenza dall’Unione Sovietica, i migranti venivano trasferiti a Vienna e da lì ad altri centri di smistamento, tra cui quello di Ladispoli (località situata a 30 km da Roma) dove richiedevano il visto per entrare negli USA. A causa degli estenuanti ritardi burocratici, le migliaia di cittadini sovietici a Ladispoli hanno cominciato a dedicarsi al piccolo commercio, anche di oggetti contrabbandati dall’URSS. In particolare, ogni domenica al mercato delle pulci di Porta Portese, per tutti gli anni Ottanta vi era una ‘zona dei russi’ dove trovare gli oggetti di contrabbando. Tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta si trasferiscono in Italia, a Fano, anche Monja El’son e Iosif Roizis, due criminali provenienti dall’ex Urss. Sarà il loro arresto che nel 1995, metterà in moto indagini incrociate tra Italia e Stati Uniti, che proveranno la presenza della mafia russa nel Belpaese. Ebreo moldavo emigrato negli USA nel 1978, Monja El’son si dedicava inizialmente a furti di gioielli preziosi e diamanti nelle gioiellerie newyorkesi; dopodiché ha intrapreso la via dell’estorsione e dell’omicidio, finché non ha incontrato Vjačeslav Ivan’kov, boss della Solncevo a New York, e un importante trafficante di droga con cui si creerà il conflitto che lo obbligherà a rifugiarsi a Fano. In Italia infatti, dagli anni Ottanta si era insediato Iosif Roizis, amico di El’son sorvegliato dalla polizia italiana (accusato per reati di droga ma mai condannato). Ma Roizis era anche destinatario di innumerevoli bonifici provenienti da svariate località come New York e la Russia, che confluivano tutti sul suo conto presso la filiale di Pesaro della Banca Popolare dell’Adriatico. Al centro degli insoliti bonifici vi era la Bank of New York, proprio quella che negli anni Novanta desterà scandalo (stesso scandalo ricordato in precedenza) per i trasferimenti illegali di denaro. Proprio in quel periodo El’son era ricercato negli USA per omicidio, e dopo essersi coordinata con l’FBI, l’8 marzo 1995 la polizia italiana ha arrestato entrambi (Roizis ed El’son) nell’appartamento di Roizis. Sono state le dichiarazioni di Roizis a portare la polizia italiana sulle tracce del boss di Solncevo Ivan Jakovlev[5], stabilitosi dal 1994 alle porte di Roma. Elemento importante nell’organizzazione criminale, Jakovlev è stato costretto a scappare dalla Russia a causa di lotte intestine; la scelta del luogo di fuga è ricaduta sull’Italia, dove il criminale aveva un amico impegnato da anni nel Partito Comunista[6] e sposato con una donna russa. In tre anni di indagini sono state raccolte innumerevoli trascrizioni di conversazioni telefoniche tra criminali italiani e russi (tutti schedati), prove di trasferimenti illeciti di denaro e operazioni finanziarie internazionali: nei fascicoli della polizia sono stati poi inseriti dati su criminali russi e politici italiani e russi, avvocati, presidenti di banche, manager, ex agenti del Kgb, ufficiali dell’esercito italiano e nordcoreano, poliziotti e personale dell’ambasciata russa di Roma. Dalle indagini, risulterà che i principali collaboratori italiani dell’organizzazione criminale russa fossero proprio un ex funzionario del PCI impegnato nel settore turistico, il suo assistente (incaricato di risolvere questioni pratiche per datori di lavoro russi) e l’importante manager di una società petrolifera. Decisive strategie per favorire gli affari criminali sono state la corruzione di funzionari pubblici italiani e i matrimoni di convenienza (compenso variabile tra i 15000 e i 20000 dollari per cittadini italiani disposti a sposare cittadini russi). La principale occupazione della Solncevo in Italia è stata l’investimento di capitali di origine illecita provenienti dalla Russia, nell’economia legale prevalentemente tramite attività di import-export. Gli affiliati proponevano ad aziende italiane di acquistare prodotti di svariato genere (carne congelata, legname, mobili, cereali, prodotti alimentari, prodotti tecnologici, gioielli e prodotti di lusso, abbigliamento firmato, ecc…). Oltre che all’esportazione illegale di petrolio dalla Russia, il gruppo di affiliati alla Solncevo in Italia si è reso protagonista di un’altra tipica specialità russa: la vendita del c.d. mercurio rosso (materiale radioattivo) sul mercato nero internazionale. Si tratta di un materiale in realtà inesistente. Dalle intercettazioni è emerso come la Solncevo nel Belpaese fosse dotata di una precisa divisione del lavoro, con un gruppo incaricato a gestire il settore amministrativo e degli investimenti, un altro militare e con mansioni richiedenti l’uso della violenza, un settore di coordinamento e mantenimento dell’ordine interno (fondamentale per la gestione generale dell’organizzazione e con una forte attività femminile) e un altro gruppo preposto a più mansioni. Le conversazioni intercettate hanno messo in luce quanto contasse per gli affiliati l’acquisizione delle risorse (beni, informazioni, tecnologie), elemento centrale per l’operatività del nucleo in Italia; nessuna evidenza a sostegno dell’acquisizione di risorse per un utilizzo nella madrepatria. Sempre dalle intercettazioni, si è riscontrato che la Solncevo non avesse alcun interesse a porsi come organizzazione criminale alternativa o rivale alle ben radicate organizzazioni mafiose italiane, soprattutto per quanto riguarda l’attività di protezione (lo stesso boss avrebbe affermato che Roma fosse stata scelta per mancanza di operatività diretta della mafia siciliana, per esempio). In seguito all’assassinio di un russo in affari con Jakovlev, avvenuto a Mosca nell’ottobre 1996, le autorità italiane hanno arrestato tutti gli indagati principali; tuttavia, il processo non si è svolto poiché la polizia, non aveva in realtà ottenuto l’autorizzazione per intercettare telefonicamente gli indagati. Questi saranno quindi, solamente espulsi dal territorio italiano. Una sera del 1997, il boss della Solncevo in Italia, si trovava nel più facoltoso grand hotel in una nota località turistica a festeggiare il suo compleanno. Assieme a lui erano presenti tutti i membri del gruppo e alcuni ospiti da Mosca (per l’occasione, avevano dietro molti dollari come ‘regalo di compleanno’). L’hotel era tuttavia gremito di agenti della polizia vestiti da camerieri, che dopo un’attenta osservazione partita giorni prima, hanno deciso di entrare in azione: nelle prime ore del mattino, terminati i festeggiamenti, con un’operazione lampo (durata non più di cinque minuti) sono scattate le manette per il boss, che prima di essere portato via ha voluto ad ogni costo saldare il conto (in contanti) dell’albergo. Non essendosi potuto svolgere il processo in Italia, il gruppo criminale è tornato a Mosca.


Note: [1] MTI (19 settembre 1998) [2] Time, Top 10 Real-Life Mob Bosses, Alexandra SilverThursday, Jan. 20, 2011 [3] BBC.co.uk ‘Panorama’ The Billion Dollar Don, transcription, Dec. 06, 1999 [4] CTK (8 novembre 1999); << Index >> (Budapest) del 9 giugno 2000 [5] Nome di fantasia utilizzato in Mafie in Movimento di F.Varese poiché la persona in questione non è stata condannata in Italia per nessun reato ma solamente espulsa [6] Si rammenta che il PCI (Partito Comunista Italiano) è stato il più grande partito comunista d’occidente


Bibliografia

Mafie in Movimento, Federico Varese, Einaudi, 2011