Categoria:'Ndrangheta
Attualmente la ‘ndrangheta è una delle organizzazioni criminali di stampo mafioso più stabile, diffusa e potente a livello nazionale ed internazionale. Per molto tempo la ‘ndrangheta è stata sottovalutata e ritenuta una forma di criminalità locale circoscritta alla zona d’origine ma ad oggi conta infiltrazioni in diverse regioni dell’Italia come il Piemonte, la Lombardia, la Valle d’Aosta, l’Emilia Romagna ma anche in altri paesi come la Germania, la Svizzera, la Francia, il Canada, gli Stati Uniti e la Spagna.
Il punto di forza dell’organizzazione risiede sicuramente nella sua struttura familiare che porta gli affiliati ad una fedeltà quasi sempre indiscussa dovuta al legame di sangue. E’ infatti difficile denunciare padri, madri, fratelli ed altri membri del nucleo familiare. La Direzione Investigativa Antimafia ha registrato 155 cosche e circa 6.000 affiliati presenti sul territorio calabrese che si insinuano nel resto della società grazie a rapporti con la politica, le istituzioni locali, avvocati pronti a prendere le loro difese ed altri personaggi influenti.
Storia
Il nome
Su quale sia il significato e l’origine del termine ‘ndrangheta si sviluppano due correnti di pensiero. Per molti la parola ‘ndrangheta ha origine dal greco andragathos con significato di virilità, coraggio, infatti in molte zone del reggino il verbo ‘ndranghitiari significa atteggiamento di uomo valente, rispettato e temuto quindi inizialmente tale parola assume un significato positivo suscitando un sentimento di rispetto e di ammirazione per chi riusciva ad essere membro di tale organizzazione. Per altri, invece, ‘ndrangheta ha origini più popolari con riferimento al ritornello che accompagna il battere delle mani durante la tarantella, ovvero “e ‘ndranghete e ‘ndra” così da far associare gli affiliati alla ‘ndrangheta a uomini ballerini.
In ogni caso, il termine non viene utilizzato da subito anzi inizialmente molti magistrati utilizzano parole come maffia, onorata società, famiglia Montalbano o camorra già molto più diffusi. Corrado Alvaro nel 1955 parla di fibbia mentre bisogna aspettare l’ottobre del 1961 per leggere su una rivista un articolo di Attilio Piccolo dal titolo “La ‘ndranghita in Calabria”.
Il mito dei cavalieri spagnoli
La storia della ‘ndrangheta, così come quella delle altre organizzazioni criminali di stampo mafioso, è costellata da miti, riti e leggende narrate e tramandate nel tempo. Tra le storie più popolari ed importanti che contribuiscono, ancora oggi, ad alimentare fascino e curiosità verso il mondo criminale organizzato è da menzionare sicuramente quella dei tre cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso che segnano la nascita della Mafia in Sicilia, della Camorra in Campania e della ‘Ndrangheta in Calabria.
Secondo la leggenda i tre cavalieri spagnoli, appartenenti all’associazione cavalleresca Garduña fondata a Toledo, arrivarono in Italia intorno al 1412 per fuggire dalla propria terra dopo aver difeso l’onore della famiglia con il sangue a seguito di un’offesa arrecata ad una sorella. Ancora,
sempre secondo la leggenda, i tre cavalieri sono rimasti 29 anni nascosti nell’isola di Favignana e durante questo lungo periodo delinearono le regole fondamentali delle organizzazioni mafiose: da lì, Osso giunto in Sicilia fonda la mafia, Mastrosso in Campania fonda la camorra e Carcagnosso arrivato in Calabria da vita alla ‘ndrangheta. Le figure mitiche dei cavalieri contribuiscono a creare la storia dell’organizzazione criminale, una collocazione storica ed una sorta di albero genealogico.
Lo sviluppo dell’organizzazione
La ‘ndrangheta nasce nella seconda metà dell’Ottocento in Calabria e si dirama per tutto il territorio in gruppi detti “cosche”. Naturalmente ciò non vuol dire che prima del 1861 questa organizzazione criminale di stampo mafioso non esiste ma semplicemente non se ne hanno tracce certe.
Dopo l’Unità la ‘ndrangheta assume un nuovo aspetto, ancora oggi d’uso: si tratta di un’organizzazione criminale che riesce a convivere con lo Stato usufruendo della sua collaborazione a seconda della circostanza. Sono questi gli anni in cui si segna l’annullamento delle elezioni amministrative a Reggio Calabria per infiltrazione mafiosa: il riferimento è alla setta di accoltellatori che fa capo a Francesco De Stefano, Paolo Panzera, Fabrizio Sacco e Giovanni Pagano che si è organizzata e diffusa in quella parte della regione. Naturalmente non si tratta di un fenomeno circoscritto alla zona del reggino, infatti è opportuno ricordare anche il caso di Giovanni Guzzi, lametino condannato nel 1877 a Nicastro con l’accusa di essere “ozioso, vagabondo e camorrista”.
L’organizzazione si sviluppa inizialmente come fenomeno rurale che ha come obiettivo primo farsi rispettare conquistando potere e ricchezze in una società che ha messo i suoi componenti ai margini ma anche fornire protezione. Clan di picciotti si ramificano nella zona di Palmi tra Gioia Tauro, Sinopoli, Iatrinoli, Polistena, San Martino di Taurianova; nella Locride tra San Luca, Africo, Staiti, Casalnuovo e nella cintura di Reggio Calabria tra Fiumara, la città di Reggio Calabria e Villa San Giovanni.
Il periodo fascista
Nel periodo fascista la ‘ndrangheta resta attiva del territorio: sono questi infatti gli anni in cui l’organizzazione di stampo mafioso si stabilizza in quanto il regime fascista commette l’errore di sottovalutarla considerandola più come una forma di criminalità rurale. Vengono eseguiti diversi arresti e molti ‘ndranghetisti sono portati in carcere ma la contraddizione del periodo fascista viene messa in risalto pensando al caso del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Delfino che diventa un mito della lotta alla criminalità ma finisce con lo scendere a patti insieme ad Antonio Macrì, importante capobastone del periodo. Entrare a far parte della ‘ndrangheta significa quindi per molti fare opposizione al potere statuale; per questo motivo nell’organizzazione confluiscono antifascisti.
La Repubblica
Con l’avvento della Repubblica, la ‘ndrangheta continuava la sua attività. Tra il 1943 e il 1945 i mafiosi furono nominati sindaci di buona parte dei comuni della Sicilia Occidentale e della provincia di Reggio Calabria. Si rimarcava, così, la continuità del potere ‘ndranghetista. Ciò non toglie che l’organizzazione criminale assunse caratteristiche diverse rispetto al passato, si
adattava ai mutamenti, imboccando percorsi nuovi che la realtà imponeva. Non venne meno, in quel periodo, la funzione della ‘ndrangheta come soggetto politico, sia come direttamente impegnata nell’amministrazione pubblica, sia come interlocutrice privilegiata nell’assegnazione di lavori e servizi, ma anche come strumento utilizzato per risolvere le lotte per il potere che imperversarono in diversi partiti.
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