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'''Antonino "Ninni" Cassarà''' (Palermo, [[7 maggio]] [[1947]] – Palermo, [[6 agosto]] [[1985]]) è stato un poliziotto italiano, vice-capo della Squadra Mobile di Palermo a capo della sezione investigativa, assassinato da [[Cosa Nostra]]. | '''Antonino "Ninni" Cassarà''' (Palermo, [[7 maggio]] [[1947]] – Palermo, [[6 agosto]] [[1985]]) è stato un poliziotto italiano, vice-questore aggiunto e vice-capo della Squadra Mobile di Palermo a capo della sezione investigativa, assassinato da [[Cosa Nostra]]. | ||
[[File:Antonino cassara.jpg|400px|thumb|right|Ninni Cassarà]] | [[File:Antonino cassara.jpg|400px|thumb|right|Ninni Cassarà]] | ||
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Nei giorni immediatamente successivi alla morte di Montana, Cassarà fu lasciato solo. Alla riunione in Questura due giorni dopo la morte di Montana, Cassarà annunciò l'arrivo da Roma di Antiochia e disse che avrebbe potuto contribuire alle indagini sulla morte di Montana, avendo passato diversi giorni a luglio con lui e quindi era a conoscenza delle ipotesi investigative elaborate dal suo amico, ma nonostante questo non gli vennero affidate le indagini sulla sua morte. In quella sede chiese anche di non essere scortato, ritenendosi oramai "un morto che cammina"<ref>Jole Garuti, op.cit., p.82</ref>. Per via del fatto che molti agenti stavano andando in ferie, Antiochia decise di rimanere a Palermo per scortarlo. | Nei giorni immediatamente successivi alla morte di Montana, Cassarà fu lasciato solo. Alla riunione in Questura due giorni dopo la morte di Montana, Cassarà annunciò l'arrivo da Roma di Antiochia e disse che avrebbe potuto contribuire alle indagini sulla morte di Montana, avendo passato diversi giorni a luglio con lui e quindi era a conoscenza delle ipotesi investigative elaborate dal suo amico, ma nonostante questo non gli vennero affidate le indagini sulla sua morte. In quella sede chiese anche di non essere scortato, ritenendosi oramai "un morto che cammina"<ref>Jole Garuti, op.cit., p.82</ref>. Per via del fatto che molti agenti stavano andando in ferie, Antiochia decise di rimanere a Palermo per scortarlo. | ||
Nonostante le precauzioni di uscire sempre ad orari diversi dalla Questura per il rientro a casa e i cenni dal balcone da parte della moglie che dava il via libera in assenza di uomini sospetti sulla strada, quel [[6 agosto]] 1985 [[Cosa Nostra]] fece in modo che l'attentato andasse a buon fine. I killer si erano appostati alle finestre del palazzo di fronte e quando l'Alfetta bianca blindata targata 728966 arrivò al civico 77 di via Croce Rossa, si scatenò l'inferno: furono oltre 200 i colpi di kalashnikov sparati all'indirizzo di Cassarà<ref>Leonardo Coen, ''Duecento colpi di Kalashnikov'', la Repubblica, 7 agosto 1985</ref>. | Nonostante le precauzioni di uscire sempre ad orari diversi dalla Questura per il rientro a casa e i cenni dal balcone da parte della moglie che dava il via libera in assenza di uomini sospetti sulla strada, quel [[6 agosto]] 1985 [[Cosa Nostra]] fece in modo che l'attentato andasse a buon fine. I killer si erano appostati alle finestre del palazzo di fronte e quando, verso le 15:30, l'Alfetta bianca blindata targata 728966 arrivò al civico 77 di via Croce Rossa, si scatenò l'inferno: furono oltre 200 i colpi di kalashnikov sparati all'indirizzo di Cassarà<ref>Leonardo Coen, ''Duecento colpi di Kalashnikov'', la Repubblica, 7 agosto 1985</ref>. | ||
L'autista dell'auto, [[Natale Mondo]], si salvò gettandosi sotto l'auto, mentre Giovanni Salvatore Lercara, 25 anni, riuscì a salvarsi solo perché scivolando batté la testa contro il gradino del portone. Roberto Antiochia invece fu invece ucciso e con lui se ne andò anche una mente brillante utile alle indagini sulla morte di Montana. | L'autista dell'auto, [[Natale Mondo]], si salvò gettandosi sotto l'auto, mentre Giovanni Salvatore Lercara, 25 anni, riuscì a salvarsi solo perché scivolando batté la testa contro il gradino del portone. Roberto Antiochia invece fu invece ucciso e con lui se ne andò anche una mente brillante utile alle indagini sulla morte di Montana. |