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Il Clan Licciardi è un potente sodalizio camorristico operante nella periferia nord di Napoli, specie nel quartiere di Secondigliano e nel rione Don Guanella. Il fondatore, Gennaro Licciardi, fu uno degli esponenti di spicco dell’Alleanza di Secondigliano, cartello camorristico formato da vari clan che esercita tutt'oggi il controllo nell'area nord di Napoli[1].

Storia

Origini

L'organizzazione venne fondata da Gennaro Licciardi, noto come “a scign” (la scimmia), soprannome affibbiatogli quando era bambino per la sua capacità di saltare i balconi delle proprietà dopo averle svaligiate. La finalità principale era la creazione di un’organizzazione criminale autonoma che controllasse le periferie a nord della città di Napoli.

In principio, Licciardi lavorava come capo zona a Secondigliano per conto del clan Giuliano, storico gruppo camorristico di Forcella, quartiere del centro-città. Dopo essere sopravvissuto ad un agguato da parte di alcuni killer assoldati da Raffaele Cutolo all'interno del carcere di Poggioreale nel 1982, ’a scign divenne un eroe agli occhi dei componenti della Nuova Famiglia, fazione contrapposta alla Nuova Camorra Organizzata, guadagnandosi rispetto e legittimità sul territorio.

Forte del nuovo prestigio acquisito, le sue ambizioni criminali lo portarono a distaccarsi dai Giuliano e a formare il proprio clan che si specializzò in attività che andavano dallo spaccio alla fornitura di cemento e al riciclaggio di denaro, attraverso l'apertura di attività commerciali sia nel napoletano che all'estero.

Negli anni seguenti, Licciardi creò, insieme a Francesco Mallardo, boss di Giugliano, e ad Edoardo Contini, boss del Vasto e del rione Amicizia, una federazione di clan che abbracciava una vasta fetta di territorio: fu così che nacque la c.d. Alleanza di Secondigliano.

L’alleanza affrontò e vinse una guerra contro il clan Mazzarella, raggiungendo l’apice della sua forza.

L'arresto

Gennaro Licciardi venne arrestato il 23 Marzo 1992, mentre si accingeva ad incontrare Francesco Mallardo e venne recluso nel carcere di Voghera, in provincia di Pavia, sottoposto a regime di 41bis. Morì per setticemia due anni dopo in carcere, in seguito ad un intervento chirurgico per un’ernia ombelicale[2].

L'eredità

Secondo gli investigatori, dopo la morte di Gennaro presero le redini del clan suo cognato Gennaro Esposito detto ’o curto e la sorella Maria detta ‘a piccerell, considerata il vero cervello della gestione degli affari illeciti.

Gennaro ‘o curto morì il 10 Agosto 2000 in un agguato perpetrato da alcuni killer mentre si intratteneva sotto la sua abitazione in via Rismondi. Secondo gli inquirenti, l’ordine di morte sarebbe arrivato da Giuseppe Misso, capo di un gruppo rivale ai Licciardi, alleato al clan Mazzarella.[3]

Maria Licciardi entrò nell'elenco dei trenta latitanti più ricercati d'Italia nel maggio 1999, quando sfuggì alla cattura. Fu arrestata poi nel giugno 2001 e scontò una pena di dieci anni per associazione camorristica.[4]

La faida con il clan Prestieri

Anche denominata “La faida della minigonna”, il conflitto nacque in seguito alle avance di Gennaro Romano, giovane affiliato al clan Prestieri, nei confronti di una ragazza del Clan Licciardi in una discoteca di Secondigliano; i suoi accompagnatori risposero alle avance picchiandolo a sangue. Il giovane pestato, circa due ore dopo, radunò quattro membri del suo clan alla ricerca di un uomo qualunque dei Licciardi da ammazzare: uccisero così tal Brancaccio, migliore amico di Vincenzo Esposito, nipote di Gennaro Licciardi ed erede designato del Clan. Benché crivellato di colpi, il giovane non morì ma la mattina dopo, il 16 marzo 1997, il Principino decise di vendicare l'offesa, salì sulla propria Dominator rubata tre mesi prima con un suo uomo armato di mitraglietta e alle 10:45 circa piombò sotto casa di Salvatore Esposito, uomo di punta del Clan Prestieri: l'uomo stava salutando il proprio guardaspalle quando in una ventina di secondi cadde a terra morto sul colpo; il suo guardaspalle rispose al fuoco e colpì l'erede dei Licciardi al petto e all'inguine. Morì poi in ambulanza a soli 21 anni[5].

Nel 2018, a svelare alcuni particolari utili a ricostruire i fatti accaduti in quei giorni, fu il collaboratore di giustizia Luca Menna. Secondo quest'ultimo, fu il gruppo di Francesco Fusco, appartenente al clan Prestieri ad uccidere il nipote di Gennaro Licciardi, Vincenzo Esposito, motivo per cui Paolo di Lauro, boss di Scampia, autorizzò l’annientamento del suo gruppo per riportare la pace nel territorio[6].

Situazione attuale

Attualmente, il clan Licciardi continua ad esercitare il suo potere a Secondigliano e nell'area limitrofa alla Masseria Cardone (roccaforte dell'organizzazione), nella periferia nord di napoli. Recentemente l’organizzazione ha avuto modo di rafforzare le sue fila in seguito alla scarcerazione di alcuni suoi elementi ai vertici, l'ultima avvenuta l'11 Marzo 2018.

Il 31 Gennaio 2018 è rientrato in Italia, estradato dalla Spagna, un pregiudicato latitante ricercato con l'accusa di usura ed estorsione nelle province di Verona e Brescia ai danni di numerosi commercianti. Secondo gli investigatori il pregiudicato agiva per conto dell'Alleanza di Secondigliano e in particolare per il clan Licciardi[7].

Curiosità

I capi storici della c.d. “Alleanza di Secondigliano”, Gennaro Licciardi detto ‘a scign, Francesco Mallardo detto ciccio ‘e carlantonio ed Edoardo Contini detto 'o romano sono tutti e tre cognati fra loro per aver sposato le tre sorelle Aieta[8].

-Nella serie TV “Gomorra”, sono presenti chiari riferimenti al clan Licciardi e all’Alleanza di Secondigliano.

Note

  1. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione Semestrale Luglio - Dicembre 2018, p. 160 e ss
  2. Bruno De Stefano, La camorra dalla A alla Z, Roma, New Compton Editori, 2016, p. 147
  3. Agguato mortale a Secondigliano ucciso il cognato di Licciardi, La Repubblica.it, 10 Agosto 2000
  4. Irene De Arcangelis, Napoli, arrestata lady camorra era la nuova regina del clan, La Repubblica.it, 16 Giugno 2001
  5. Federico Geremicca, Quella faida da nove morti per una lite su una minigonna, La Repubblica, 17 Luglio 1997
  6. Stefano Di Bitonto, Guerra Prestieri-Licciardi, la prima guerra di Secondigliano sancita da Paolo Di Lauro, InterNapoli.it, 3 Maggio 2018.
  7. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione Semestrale Gennaio-Giugno 2018, p.137
  8. Bruno De Stefano, op. cit. p. 156

Bibliografia

  • Archivio la Repubblica
  • DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA, Prima Relazione Semestrale Gennaio-Giugno 2018, Seconda Relazione Semestrale Luglio-Dicembre 2018
  • DE STEFANO Bruno, La camorra dalla A alla Z, Roma, New Compton Editori, 2016