Antonio Macrì: differenze tra le versioni
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''Antonio Macrì era un capo che non sapeva parlare. Un capo migliore, Machiavelli non avrebbe saputo immaginarlo.'' | ''Antonio Macrì era un capo che non sapeva parlare. Un capo migliore, Machiavelli non avrebbe saputo immaginarlo.'' |
Versione delle 17:45, 29 nov 2014
Antonio Macrì era un capo che non sapeva parlare. Un capo migliore, Machiavelli non avrebbe saputo immaginarlo.
Antonio Macrì (Siderno, 1902 - Siderno, 19 gennaio 1975) detto ‘’Zzi ‘Ntoni’’ o ‘’Il boss dei due mondi’’ è stato uno dei capi più influenti della storia della ‘ndrangheta. Il capobastone di Siderno fu uno dei principali precursori dell’espansione della mafia calabrese all’estero: dal luogo d’origine coordinò le attività della mafia calabrese in Canada, Usa e Australia. Intesse rapporti con potenti boss di Cosa nostra. Venne assassinato nelle vicende legate alla prima guerra di ‘ndrangheta il 19 gennaio 1975.
Biografia
Cronistoria delle principali vicende giudiziarie
• Nel 1929 Antonio Macrì ricevette la prima condanna dal Pretore di Siderno: fu denunciato per porto d’armi abusivo.
• Nel 1932 fu indagato dal Tribunale di Gerace e dalla Corte di Catanzaro, venne condannato a 5 anni di carcere, al terzo anno gli fu concesso l'indulto.
• Nel 1937 fu condannato per la prima volta per associazione a delinquere, la pena detentiva la trascorse presso l'Isola dell'Asinara.
• Nel 1944 nelle motivazioni per la proposta di confino, fu definito per la prima volta come 'Capo di un'organizzazione a delinquere a Siderno e dintorni, ispiratore e animatore di delitti ma estraneo all'esecuzione materiale, con l'organizzazione beneficia dei proventi ricavata dai furti'.
• Il 30 aprile 1946 venne arrestato da latitante, fu catturato dai Carabinieri di Locri mentre circolava tranquillamente nelle vicinanze del Palazzo di Giustizia, con indosso una Colt a tamburo e un pugnale. Successivamente, Macrì venne prosciolto ed evitò il confino, gli fu concessa la libertà condizionale.
• Il 29 dicembre 1951 fu condannato insieme ad altri 40 imputati originari di Siderno, nell'indagine gli riconobbero il ruolo di mente direttiva, fu condannato a 4 anni di reclusione. L'accusa sostenne che a Siderno, al termine della seconda guerra mondiale si era costituita un'associazione che incuteva terrore nei confronti della popolazione costretta il più delle volte a tacere, sopportare e tenersi in rapporti amichevoli con i malviventi, per non urtare la suscettibilità di costoro e per evitare maggiori danni e malanni. Nel 1954 fu assolto per insufficienza di prove.
• Nel settembre 1955 fu spedito al confino nei Vestini (L'Aquila), al termine della misura riuscì ad ottenere una licenza per effettuare dei lavori agricoli nel suo paese nativo.
• Nel 1958 ci fu l'omicidio ai danni di Antonio Saracino, il capobastone di Siderno fu indagato. Nel 1962 la Corte d'Assise di Potenza lo assolse per insussistenza del fatto.
• Nel 1965 fu arrestato per aggressione aggravata.
• Nell’agosto del 1968 il Macrì venne arrestato dopo 14 mesi di latitanza. Gli inquirenti lo accusarono di essere uno dei mandanti della Strage di Locri realizzata il 23 giugno 1967.
• Il 26 ottobre 1969 si svolse il Summit di Montalto, l’assenza al ritrovo rese impossibile provare il suo ruolo di capo, venne assolto.
• Nel luglio del 1972 per i fatti inerenti alla Stage di Locri, Zzi ‘Ntoni venne assolto dalla Corte d’Assise di Lecce per insufficienza di prove. [1]
Capo
Antonio Macrì è stato uno dei capi più rappresentativi della ‘ndrangheta, il collaboratore di giustizia Giacomo Lauro dichiarò ai magistrati ‘’Quest’uomo era il Capo-Crimine e rappresentava, secondo me, non ‘indegnamente’ quella che si riteneva fosse l’onorata società, egli, se si può dire, era il capo dei capi…il vero rappresentante, con tutti i titoli in Cosa nostra e aveva le ‘chiavi’ per entrare negli Usa, in Canada e in Australia’’. La biografia criminale di Zzi ‘Ntoni fu costellata di assoluzioni e vicende non ancora chiarite. I primi riscontri della vicinanza ad ambienti criminali si ritrovano nel 1929. Fu proprio nel periodo del dominio fascista che Macrì consolidò il potere a Siderno e all’interno della ‘ndrangheta. Secondo la testimonianza di Antonio Delfino (figlio di Massaru Peppi, il carabiniere che fu incaricato di catturare i latitanti in Aspromonte nel periodo fascista) ci fu un accordo tra suo padre e Antonio Macrì per le celebrazioni nel corso processione della Madonna di Polsi (San Luca) ‘’ Nel 1940 mio padre andò a chiamare Antonio Macrì e ci fu una specie di patto che durante i festeggiamenti non dovesse accadere niente. E per tutti gli anni che mio padre diresse il servizio non accadde niente’’. Nel 1944 i giudici lo indicarono come capo di un’organizzazione a delinquere. A guerra finita, il boss venne indicato come mente direttiva di un’associazione che incuteva terrore a Siderno. Ai tempi dell’Operazione Marzano del 1955 fu denunciato perché aveva presieduto una riunione mafiosa in Aspromonte. Sempre nello stesso periodo, nel libro ‘Ndrangheta dall’Unità a oggi, Ciconte riporta che l’avvocato difensore di Antonio Macrì era Domenico Catalano, definito da diverse posizioni come ‘’ l’avvocato difensore dei più noti capi mafia della provincia […] l’amico degli amici’’, all’interno del medesimo libro Ciconte riporta ‘’ riguardo la possibilità di confino di Antonio Macrì, il Catalano chiedeva di fare delle dichiarazioni alle quali era interessato il Vaticano, infatti il vescovo di Locri Perantoni avrebbe chiesto protezione e difesa ad Antonio Macrì[…] nonostante ciò, fu spedito al confino’’. Nel 1967 Zzi Ntoni organizzò una truffa ai danni del Banco di Napoli a Siderno, il giudice del Tribunale di Locri Vincenzo Marino sostenne ‘’ non ha esitato ad esprimersi in forma mafiosa’’, fu prosciolto dalle accuse perpetrate nei suoi confronti. Le continue assoluzioni, le vicinanze con boss prestigiosi di Cosa Nostra siciliana e americana, i fatti della Strage di Locri del 1967, il Summit di Montalto del 1969 e l’esecuzione del 1975 dimostrarono come il boss dei due mondi sia stato uno dei capi più importanti della storia della ‘ndrangheta.
La Strage di Locri
La Strage di Piazza Mercato si è compiuta il 23 giugno 1967, secondo le indagini (non arrivate a condanne definitive) il mandante delle esecuzioni fu il capobastone di Siderno perché Domenico Cordì (capobastone di Locri) fece rubare un carico di 1700 stecche di sigarette da contrabbando garantite da Cosa Nostra a Macrì. I morti furono tre: Domenico Cordì (l’obiettivo principale), Vincenzo Saracino (luogotenente di Cordì) e Carmelo Siciliano (vittima innocente), a sparare furono due sicari di Bagheria. Inizialmente gli imputati, Macrì compreso furono indagati per ‘’ concorso alla strage, associazione a delinquere e concorso in furto pluriaggravato ‘’, il boss dei mondi si diede alla macchia, venne arrestato nell’agosto del 1968 nella sua Siderno, dopo quattordici mesi di latitanza. Furono tutti assolti per insufficienza di prove, questo fu il verdetto della Corte d’Assise di Lecce nel 1972.
I rapporti tra Macrì e le vittime
Enzo Lagaria, due giorni dopo la strage scrisse su ‘L’Unità: ‘’ Le personalità delle vittime è ormai ben chiara: i due appartenevano al mondo delle cosche mafiose del versante jonico. Cordì fino a pochi anni addietro, veniva indicato come il luogotenente del boss Antonio Macrì. Saracino era un mafioso di famiglia, il padre Francesco era stato spodestato dal Macrì grazie all’appoggio del Cordì. Antonio Seracino, lo studente diciannovenne ucciso nel 1958, venne fulminato da un colpo di pistola alla fronte perché, qualche giorno prima, aveva affermato di non riconoscere l’autorità del Macrì.’’ [2]
Il Summit di Montalto
Il mammasantissima sidernese fu citato da Giuseppe Zappia di San Martino di Taurianova nel discorso del summit di Montalto, avvenuto il 26 ottobre 1969 ‘’Qui non c’è ‘ndrangheta di Mico Tripodo, non c’è ‘ndrangheta di ‘Ntoni Macrì, non c’è ‘ndrangheta di Peppe Nirta: si dev’essere tutti uniti. Chi vuole stare sta e chi non vuole se ne va’’. Nelle accuse del processo Montalto, Macrì venne accusato insieme a Domenico Tripodo e a Giuseppe Nirta di essere tra i capi dell’associazione. Fu assolto per insufficienza di prove.
Siderno Group
Secondo quanto riportato all’interno del Decreto di fermo dell’Operazione Crimine del 2010 [3] , la nascita del Siderno Group of Crime fu voluta da Frank Costello e Albert Anastacia. I due boss, appartenenti a Cosa Nostra americana erano di origine calabrese. Le strette relazioni con Antonio Macrì favorirono gli accordi tra le due organizzazioni. Gli uomini di Macrì erano presenti in Canada (soprattutto a Toronto), negli Usa e in Australia. Roberto Pannunzi detto Bebè, ridefinito successivamente all’arresto del luglio 2013 il Pablo Escobar italiano, è originario di Siderno, secondo le ricostruzioni, Antonio Macrì gli avrebbe spianato la strada per le attività di narcotraffico tra le Americhe e le organizzazioni criminali italiane (‘ndrangheta e Cosa Nostra). [4]
I rapporti con Cosa Nostra
Il potente boss sidernese fu in rapporti con esponenti di spicco del clan dei Corleonesi di Cosa Nostra come Luciano Leggio, Michele Navarra (spedito al confino a Marina di Gioiosa Ionica negli anni ’50), Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. Quanto avvenuto nella strage di Locri nel 1967, fu la conferma delle relazioni intessuta tra Macrì e gli uomini di Cosa Nostra, infatti, ad aprire il fuoco contro furono i due sicari siciliani originari di Bagheria: Antonio Di Cristina (fratello di Giuseppe Di Cristina, detto ‘Il tigre’) e Tommaso Scaduto. Tra le due organizzazioni, vigevano degli accordi sul commercio delle sigarette da contrabbando. Secondo un rapporto inviato a Giovanni Falcone da Giovanni De Gennaro, Antonio Macrì, insieme ad altri boss prestigiosi del reggino erano affiliati oltre che alla ‘ndrangheta, anche a Cosa Nostra, ciò era segno dell’affidabilità e della caratura mafiosa dei calabresi.
La prima guerra di 'ndrangheta
Le posizioni del boss e le forze in campo
Antonio Macrì fu uno dei primi ‘ndranghetisti che entrò a far parte della santa, ovvero quella dote che consente la doppia affiliazione: alla ‘ndrangheta e alla massoneria. Attraverso la massoneria la ‘ndrangheta mutò il suo modus operandi: infatti i boss calabresi entrarono in rapporti con la zona grigia, le conseguenze furono maggiore potere contrattuale e il predomino attorno ai lavori pubblici calabresi. I ‘’vecchi’’ come Antonio Macrì entrarono in conflitto con le nuove leve dell’organizzazione perché si contendevano il ruolo predominante all’interno della mafia calabrese, scoppio la prima guerra di ‘ndrangheta. Nella città di Reggio Calabria ci fu il conflitto per il predominio cittadino tra i Tripodo e i De Stefano, il Macrì era in stretti rapporti con Don Mico Tripodo. Inoltre, nei primi anni del ’70 iniziò la stagione dei sequestri di persona, il boss dei due mondi si oppose.
Il Summit di Gioia Tauro
In Fratelli di Sangue si spiega ‘’Antonio Macrì aveva partecipato a Gioia Tauro ad una riunione, alla quale erano presenti Giuseppe Piromalli e i fratelli De Stefano[…]. La discussione tra Paolo De Stefano e Antonio Macrì era diventata abbastanza animata, […] arrivarono quasi alle mani. Grazie alla mediazione di Piromalli si placarono gli animi e lo stesso Macrì si disse disposto a mediare tra Tripodo e De Stefano’’. Lo scontro tra questi boss prestigiosi avvenne perché non riuscirono a mettersi d’accordo sulla spartizione dei lavori pubblici all’interno della provincia di Reggio Calabria.
19 gennaio 1975: la fine del capobastone di Siderno
Il 19 gennaio 1975 venne assassinato Antonio Macrì all’età di 71 anni. Il capobastone dei Macrì fu ucciso nei pressi del campo bocciofilo di Siderno a colpi di mitra. Nell’attentato fu gravemente ferito anche il suo guardaspalle Giuseppe Commisso. A ordinare l'omicidio furono i De Stefano di Reggio Calabria, i Cataldo di Locri e i Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica. L’eliminazione di Macrì fu decisa da parte della ‘ndrangheta perché il boss avrebbe intralciato i piani futuri dell’organizzazione, il suo carisma e il suo prestigio avrebbero impedito l'emergere di nuovi boss. All’indomani dell’omicidio all’interno de ‘L’Unità’ definivano l’omicidio come ‘’ un terremoto di assestamento ‘’ .
Il funerale
All’interno del libro La ‘ndrangheta nella letteratura calabrese Pasquino Crupi riportò una testimonianza sul prestigio che godeva Antonio Macri a Siderno:
I funerali furono quanto di più grandioso non si possa immaginare: tutto il popolo di Siderno (città di 15.000 abitanti) vi partecipò; centinaia forse migliaia di macchine arrivarono dai paesi, vicini e lontani. I principali professionisti erano lì a sfilare in prima linea, con i segni visibili del cordoglio in volto. A quanto mi risulta, i giudici non erano presenti in quell'occasione. I cinema furono chiusi; e se fossero rimasti aperti nessuno ne avrebbe varcato la soglia. Ma chi era Antonio Macrì ? Prima che fosse ucciso, avevo espresso a un gioielliere del luogo il desiderio di conoscerlo. E' uno che non sa parlare né in italiano né in dialetto. Saprà mettere la firma. Però comanda. Gli chiedete un favore e ve lo fa: è in grado di farlo Pretende di essere ricompensato? No, non pretende nulla. Se gli mandate regali, li accetta. Tutti gli mandano regali E' vero che protegge i sidernesi? Sì, a Siderno non è mai successo niente di grave. Egli ha in pugno la maffia, è un capo importante. Al matrimonio della figlia sono venuti dall'America capi sconosciuti a portare regali vistosi. Sono immediatamente ripartiti, non potendosi trattenere più a lungo fuori zona. Dopo la sua morte, il libraio Gentile mi disse Era contrario al contrabbando di droga. Non voleva che si diffondesse in Calabria. Lo aveva detto: Abbiamo tutti figliuoli maschi e figliuole femmine…Per questo lo hanno ucciso. Non passò neanche un mese dalla sua morte e a Siderno venne fatto il primo sequestro di persona a danno del commerciante Materassi.
L'eredità di Macrì
Successivamente all’omicidio ai danni del Macrì, anche a Siderno si aprì alla stagione dei sequestri di persona. Il primo a prendere le redini del capobastone di Siderno fu il nipote Vincenzo Macrì detto Il barone. Nel 1979, quattro anni dopo l’eliminazione dello storico boss sidernese ci fu il matrimonio tra Venanzio Tripodo (figlio di Domenico Tripodo) e la figlia di Sebastiano Romeo ‘Staccu’ di San Luca, in occasione di quella celebrazione furono consacrati i Commisso quali eredi dei Macrì a Siderno. Tutt’ora i Commisso esercitano incontrastati il loro potere. Le operazioni da parte degli inquirenti, dagli anni ottanta ad oggi dimostrano come la cosca dei Commisso abbia ereditato il potere dei Macrì. All'interno dell'operazione Crimine del 2010, in un'intercettazione Giuseppe Commisso sosteneva di gestire 96 locali di 'ndrangheta. Aveva intessuto rapporti in Lombardia, Piemonte, Liguria, Canada e Australia. Il sindaco di Striling (Perth, Australia) Domenico Antonio Vallelonga fu arrestato nel 2011 perché ritenuto il primo rappresentante della 'ndrangheta in Australia, era in stretti rapporti con Giuseppe Commisso.
Note
- ↑ Informazioni bibliografiche tratte dal libro scritto da Sframeli C. - Parisi F., A 'Ndrangheta, Reggio Calabria, Falzea Editore, 2014
- ↑ La mafia ha cambiato aria prima della strage di Locri, L’Unità, 25 gennaio 1967 [1]
- ↑ Crimine, Decreto di fermo V. II, p. 552 [2]
- ↑ Arrestato a Bogotá Roberto Pannunzi, il Pablo Escobar della ‘ndrangheta, PianaInforma.it, 6 luglio 2013, [3]
Bibliografia
- Ciconte E., La 'ndrangheta dall'unità ad oggi, LaTerza, Bari, 1992
- Ciconte E., Storia Crimanale, Rubbettino, 2008
- Gratteri N. - Nicaso A., Fratelli di Sangue, Mondadori, Milano, 2009