Legge Rognoni - La Torre: differenze tra le versioni

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Pio La Torre capì che per dare una svolta alla lotta contro le organizzazioni criminali si rendeva fondamentale colpirle nelle ricchezze e nei patrimoni accumulati: toglierli significava indebolire le associazioni criminali, diminuendo il loro prestigio e potere.  
Pio La Torre capì che per dare una svolta alla lotta contro le organizzazioni criminali si rendeva fondamentale colpirle nelle ricchezze e nei patrimoni accumulati: toglierli significava indebolire le associazioni criminali, diminuendo il loro prestigio e potere.  


Per questi motivi, nonostante la morte prematura il suo lavoro rimase di immensa importanza poiché pose le prime basi per la lotta alla mafia nel nostro paese. Lo stesso generale Carlo Alberto dalla Chiesa in un’intervista rilasciata nell’agosto dell’82 diceva: ''«Il disegno di Pio La Torre è la presa d’atto della realtà della mafia […] la mafia sta ormai nelle maggiori città italiane, dove ha fatto grossi investimenti edilizi e commerciali e magari industriali»''<ref>[http://www.repubblica.it/cronaca/2012/09/03/news/dalla_chiesta_ultima_intervista_bocca-41889663/]Intervista al generale Carlo Alberto dalla Chiesa, di Giorgio Bocca, La Repubblica, 10 agosto 1982</ref>
Per questi motivi, nonostante la morte prematura il suo lavoro rimase di immensa importanza poiché pose le prime basi per la lotta alla mafia nel nostro paese. Lo stesso generale Carlo Alberto dalla Chiesa in un’intervista rilasciata nell’agosto dell’82 diceva: ''«Il disegno di Pio La Torre è la presa d’atto della realtà della mafia […] la mafia sta ormai nelle maggiori città italiane, dove ha fatto grossi investimenti edilizi e commerciali e magari industriali»''<ref>Intervista al generale Carlo Alberto dalla Chiesa, di Giorgio Bocca, La Repubblica, 10 agosto 1982[http://www.repubblica.it/cronaca/2012/09/03/news/dalla_chiesta_ultima_intervista_bocca-41889663/]</ref>


''“Cosa più brutta della confisca dei beni non c’è […]. Quindi la cosa migliore è quella di andarsene”''. dichiara Francesco Inzerillo, membro degli scappati della Seconda Guerra di Mafia, sintetizzando il pensiero di Cosa Nostra circa la confisca dei beni. Il carcere o l'uccisione sembra dunque essere meno dannosa del sequestro dei beni, che permette di colpire l'organizzazione dove è più vulnerabile.  
''“Cosa più brutta della confisca dei beni non c’è […]. Quindi la cosa migliore è quella di andarsene”''. dichiara Francesco Inzerillo, membro degli scappati della Seconda Guerra di Mafia, sintetizzando il pensiero di Cosa Nostra circa la confisca dei beni. Il carcere o l'uccisione sembra dunque essere meno dannosa del sequestro dei beni, che permette di colpire l'organizzazione dove è più vulnerabile.  

Versione delle 16:10, 19 apr 2013

Occorre spezzare il legame esistente tra il bene posseduto ed i gruppi mafiosi, intaccandone il potere economico e marcando il confine tra l’economia legale e quella illegale”
(Pio La Torre)


'La legge n. 646/1982, meglio conosciuta come legge Rognoni - La Torre, introdusse il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel codice penale italiano. Fu approvata dal Parlamento italiano il 13 settembre 1982, a seguito dell'omicidio del segretario del Pci regionale Pio La Torre il 30 aprile 1982, e del prefetto di Palermo, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto il 3 settembre, nella Strage di Via Carini.

Virginio Rognoni
Pio La Torre

Storia

La legge si basa sulla proposta di legge presentata dall’on. Pio La Torre e su due decreti legge voluti del Ministro di Grazia e Giustizia, il Dc Virginio Rognoni:

  • Proposta di legge n. 1581, La Torre e altri: Norme di prevenzione e di repressione del fenomeno della mafia e costituzione di una Commissione parlamentare permanente di vigilanza e controllo.
  • D.L. n. 2982 presentato dal Ministro dell’Interno Virginio Rognoni, Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida e Ministro delle Finanze Rino Formica: disposizioni in materia di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423
  • D.L. n. 3358 presentato dal Ministro dell’interno Virginio Rognoni, Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida: disposizioni relative all’interpretazione autentica della legge 31 maggio 1965, n. 575

Proposta di legge 1581

La proposta di legge 1581 fu presentata il 31 marzo del 1981, insieme ad altri colleghi parlamentari alla Camera dei Deputati, redatta in trenta articoli e con oggetto “Norme di prevenzione e di repressione del fenomeno della mafia e costituzione di una Commissione parlamentare permanente di vigilanza e controllo”.

Tale proposta redatta in quattro capi:

  • a) disposizioni penali e processuali;
  • b) disposizioni in materia di misura e di prevenzione
  • c) reati fiscali valutari e societari
  • d) istituzione di una Commissione parlamentare di vigilanza e controllo, nella quale si riconosceva la mafia come associazione criminale e si introducevano i provvedimenti per il sequestro e la confisca dei beni.

Tale proposta si proponeva l’obiettivo di creare: «una prima concreta espressione di volontà politica per una lotta seria e rigorosa nei confronti di una criminalità associata che, insieme alla Calabria e alla Sicilia, colpisce tutto il paese e attenta alla nostra democrazia».

L'approvazione

L'omicidio di Pio La Torre e dell'autista Rosario Di Salvo il 30 aprile 1982 e la successiva Strage di Via Carini diedero l'impulso all'immediata approvazione della legge.

Il 6 settembre 1982 infatti venne varato il D.L. n. 629, convertito con modificazioni, nella legge , n. 726 del 12 ottobre 1982 "Misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa". La legge istituì l'Alto Commissariato per il coordinamento contro la delinquenza mafiosa. Il nuovo organo, alle dipendenze del Ministro dell'Interno, vennero attribuiti "Poteri di accesso e di accertamento presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici anche economici, le banche, gli istituti di credito pubblici e privati"[1]

La legge 646/82 varata il 13 settembre 1982 introdusse l'articolo 416-bis del Codice Penale. Il reato di "Associazione a delinquere di stampo mafioso" potenziò l'associazione a delinquere semplice (Art.416) che non sempre poteva avere efficacia nei confronti delle mafie, assai più complesse della semplice societas sceleris contemplata fino a quel momento nel codice penale.

La legge

L'associazione a delinquere di stampo mafioso

L’art. 1 dispone che «l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali»[2]

Misure di prevenzione patrimoniale: sequestro e confisca

L'art. 1.7 dispone che «Nei confronti del condannato e' sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego»[2]

Il Tribunale, anche d'ufficio, può ordinare con decreto motivato il sequestro dei beni appartento al soggetto nei confronti del quale è stato iniziato il procedimento di prevenzione perché accusato di appartenere all'associazione di stampo mafioso. I beni di cui dispone, direttamente o indirettamente, sulla base di indizi come il divario ingiustificabile tra il tenore di vita e l'entità dei redditi apparenti o dichiarati, possono essere sequestrati se si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Il Tribunale applicando la misura di prevenzione, a norma degli articoli 2-ter e 3-bis della legge, dispone, rispettivamente, la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati al Procuratore generale presso la Corte di appello, al Procuratore della Repubblica e agli interessati.

Modificazioni ed aggiunte successive

L'importanza della legge

Pio La Torre capì che per dare una svolta alla lotta contro le organizzazioni criminali si rendeva fondamentale colpirle nelle ricchezze e nei patrimoni accumulati: toglierli significava indebolire le associazioni criminali, diminuendo il loro prestigio e potere.

Per questi motivi, nonostante la morte prematura il suo lavoro rimase di immensa importanza poiché pose le prime basi per la lotta alla mafia nel nostro paese. Lo stesso generale Carlo Alberto dalla Chiesa in un’intervista rilasciata nell’agosto dell’82 diceva: «Il disegno di Pio La Torre è la presa d’atto della realtà della mafia […] la mafia sta ormai nelle maggiori città italiane, dove ha fatto grossi investimenti edilizi e commerciali e magari industriali»[3]

“Cosa più brutta della confisca dei beni non c’è […]. Quindi la cosa migliore è quella di andarsene”. dichiara Francesco Inzerillo, membro degli scappati della Seconda Guerra di Mafia, sintetizzando il pensiero di Cosa Nostra circa la confisca dei beni. Il carcere o l'uccisione sembra dunque essere meno dannosa del sequestro dei beni, che permette di colpire l'organizzazione dove è più vulnerabile.

«La legge ha reso così possibili indagini sul tenore di vita, sul patrimonio e sulle disponibilità finanziarie di tutte quelle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ma anche nei confronti dei familiari e conviventi e di quelle persone fisiche o giuridiche, associazioni o enti, dei cui patrimoni costoro risultassero poter disporre. La confisca, misura viceversa definitiva, scatta invece quando il soggetto non riesce a dimostrare la legittima provenienza delle ricchezze sotto sequestro. I beni confiscati finiscono così nella disponibilità dello Stato»[4]

Note

  1. Legge 726 del 12 ottobre 1982[1]
  2. 2,0 2,1 Legge 646 del 13 settembre 1982[2]
  3. Intervista al generale Carlo Alberto dalla Chiesa, di Giorgio Bocca, La Repubblica, 10 agosto 1982[3]
  4. G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, Giuffrè Editore, Milano, 2008