Clan dei Casalesi: differenze tra le versioni

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Il '''Clan dei Casalesi''', o semplicemente i '''Casalesi''', è un cartello camorristico che prende il nome dal paese da cui provengono i suoi principali esponenti, Casal di Principe, comune di 21mila abitanti della provincia di Caserta. Per anni sottovalutato dai media mainstream e della politica, il Clan dei Casalesi è divenuto universalmente noto grazie al libro di [[Roberto Saviano]], [[Gomorra]].
 
== Storia ==
=== Le origini: l'omicidio di Bardellino ===
Il Clan dei Casalesi nacque ufficialmente il [[26 maggio]] [[1988]], giorno (presunto) della morte di [[Antonio Bardellino]]<ref>Il cadavere di Bardellino non fu mai ritrovato, cosa che per anni alimentò la leggenda che in realtà Iovine avesse contrattato con il vecchio boss la sua uscita di scena in cambio della vita. La sentenza del processo Spartacus stabilì comunque la morte di Bardellino, condannando, fra gli altri, Schiavone come mandante.</ref>, capo-clan della [[Nuova Famiglia]], per mano del suo braccio destro, [[Mario Iovine]], che lo aveva raggiunto in Brasile.
 
L'omicidio di Bardellino fu preparato con cura dagli aspiranti alla successione, Francesco Schiavone e [[Francesco Bidognetti]] (detto ''Cicciott 'e mezzanott''): organizzando una vera e propria "tragedia" in puro stile corleonese, i luogotenenti convinsero il capo ad eliminare il fratellastro di Iovine, Mimì, confidente dei Carabinieri e collaboratore in qualche processo. Mentre Bardellino si trovava a Santo Domingo, Schiavone e Bidognetti convinsero Iovine dell'ingiustizia subita, anche se secondo la testimonianza di [[Carmine Alfieri]]<ref>Cfr Barbagallo, Storia della Camorra, p.167</ref> in realtà quest'ultimo decise di sacrificare il fratellastro per avere una giustificazione presentabile all'uccisione del boss. A Casal di Principe l'eliminazione di Bardellino venne progettata in una riunione tra gli Schiavione, i De Falco e lo stesso Iovine: questi fecero pervenire al boss la falsa informazione che l'Interpol fosse sulle sue tracce a Santo Domingo, facendolo rifugiare in Brasile, dove lui e Iovine possedevano un villino sulla spiaggia di Bujos. In quel villino Bardellino trovò la morte, massacrato a colpi di martello<ref>Questa versione dell'omicidio venne riportata da Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, ai magistrati durante il Processo Spartacus.</ref>.
 
L'impero criminale che fu di Bardellino passò integralmente nelle mani dei suoi luogotenenti, Francesco Schiavone, [[Francesco Bidognetti]] (detto ''Cicciott 'e mezzanott''), Mario Iovine e [[Vincenzo De Falco]] (detto '''o fuggiasc''). Alla fine di giugno il quadrumvirato si riunì a Casale per ridefinire l'assegnazione delle zone ai vari capi-clan: la gran parte di questi vennero riconfermati, mentre furono estromessi tutti i superstiti fedeli a Bardellino. La nuova spartizione non placò comunque la guerra di spartizione: nel casertano il sistema di potere che ruotava attorno agli Schiavone era destinato a scontrarsi con quello messo in piedi da De Falco, che aveva ottime relazioni e conoscenze in tutti i settori chiave delle Istituzioni.
 
=== La guerra di successione: gli Schiavone contro i De Falco ===
Nella gerarchia della vasta famiglia Schiavone, Sandokan era il capo dell'ala militare, coadiuvato dal fratello [[Walter Schiavone|Walter]], mentre il cugino [[Carmine Schiavone|Carmine]] era la mente organizzativa degli affari; gli altri cugini Francesco e Nicola erano rispettivamente sindaco e assessore alle Finanze di Casal di Principe, fondamentali soprattutto per l'assegnazione di appalti pubblici. Il sistema di potere di De Falco non era meno invadente, sul piano economico e criminale: il regista era l'avvocato Aldo Scalzone, crocevia di rapporti tra politici, magistrati e marescialli dei carabinieri e il clan. Furono proprio questi rapporti privilegiati che portarono gli Schiavone a decidere l'eliminazione di De Falco nel marzo 1989, ma l'agguato fallì.
 
I contrasti si acuirono nell'estate 1990 con l'eliminazione di [[Alberto Beneduce]], boss di Baia Domizia fedelissimo degli Schiavone, da parte del clan autonomo dei [[Clan La Torre|La Torre]] di Mondragone, su mandato dei De Falco. Per vendicarsi gli Schiavone gli avevano teso un nuovo agguato a metà dicembre dello stesso anno, ma al suo posto arrivarono i carabinieri, che arrestarono persino Sandokan e Bidognetti. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: nonostante De Falco negasse un suo coinvolgimento nell'arresto, il [[2 febbraio]] [[1991]] venne ucciso a Casal di Principe, mentre si trovava da solo in auto. Benché fosse avvertito della condanna a morte sulla sua testa, era convinto che la sua immensa popolarità lo avrebbe protetto da qualsiasi ritorsione. Ai suoi funerali parteciparono oltre 1500 persone e gran parte degli esercizi commerciali chiusero per lutto.
 
L'omicidio di De Falco spaccò il Clan dei Casalesi in due: da una parte gli Schiavone, i Bidognetti, gli Iovine; dall'altra [[Nunzio De Falco|Nunzio]] e [[Giuseppe De Falco]], i La Torre e svariati bardelliniani superstiti. La prima conseguenza dell'omicidio fu la morte di Mario Iovine, il [[6 marzo]] [[1991]], in una cabina telefonica di Cascais, in Portogallo. Da quel momento i morti da una parte e dall'altra furono talmente tanti che Casal di Principe ottenne il primato di area urbana col più alto tasso di omicidi d'Europa<ref>Cfr Commissione Parlamentare Antimafia, [http://www.senato.it/documenti/repository/relazioni/archiviostorico/commissioni/X%20LEG_ANTIMAFIA_DOC_RELAZ/X_%20LEG_ANTIMAFIA_DOC%20XXIII_29_15.3.91.pdf Relazione sulle risultanze dell'indagine del gruppo di lavoro della  Commissione incaricato di svolgere accertamenti sullo stato della  lotta alla criminalità organizzata nella provincia di Caserta], Roma, 6 marzo 1991</ref>.
 
Con gli omicidi di Aldo Scanzone ([[20 ottobre]] [[1991]]) e di Giuseppe De Falco ([[5 marzo]] 1992) venne sancita la sconfitta definitiva del Clan De Falco e la supremazia del duo Schiavone-Bidognetti sull'intero cartello dei Casalesi.
 
=== Il primo pentito: Carmine Schiavone ===
 
=== L'omicidio di Don Peppe Diana ===
 
=== Spartacus: i Casalesi alla sbarra ===
*Per approfondire vedi anche [[Processo Spartacus]]
=== La strage di Castelvolturno ===
=== Il Clan decapitato ===
=== Il pentimento di Antonio Iovine ===
 
== Struttura ==
 
== Economia e Attività Criminali ==
 
== Rapporti con la Politica ==
 
== Vittime ==
 
== Opere sui Casalesi ==
=== Cinema ===
* [[Gomorra]]
 
=== Televisione ===
 
== Bibliografia ==
 
== Note ==
<references></references>
 
[[Categoria:Cartelli della Camorra]]

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Il Clan dei Casalesi, o semplicemente i Casalesi, è un cartello camorristico che prende il nome dal paese da cui provengono i suoi principali esponenti, Casal di Principe, comune di 21mila abitanti della provincia di Caserta. Per anni sottovalutato dai media mainstream e della politica, il Clan dei Casalesi è divenuto universalmente noto grazie al libro di Roberto Saviano, Gomorra.

Storia

Le origini: l'omicidio di Bardellino

Il Clan dei Casalesi nacque ufficialmente il 26 maggio 1988, giorno (presunto) della morte di Antonio Bardellino[1], capo-clan della Nuova Famiglia, per mano del suo braccio destro, Mario Iovine, che lo aveva raggiunto in Brasile.

L'omicidio di Bardellino fu preparato con cura dagli aspiranti alla successione, Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti (detto Cicciott 'e mezzanott): organizzando una vera e propria "tragedia" in puro stile corleonese, i luogotenenti convinsero il capo ad eliminare il fratellastro di Iovine, Mimì, confidente dei Carabinieri e collaboratore in qualche processo. Mentre Bardellino si trovava a Santo Domingo, Schiavone e Bidognetti convinsero Iovine dell'ingiustizia subita, anche se secondo la testimonianza di Carmine Alfieri[2] in realtà quest'ultimo decise di sacrificare il fratellastro per avere una giustificazione presentabile all'uccisione del boss. A Casal di Principe l'eliminazione di Bardellino venne progettata in una riunione tra gli Schiavione, i De Falco e lo stesso Iovine: questi fecero pervenire al boss la falsa informazione che l'Interpol fosse sulle sue tracce a Santo Domingo, facendolo rifugiare in Brasile, dove lui e Iovine possedevano un villino sulla spiaggia di Bujos. In quel villino Bardellino trovò la morte, massacrato a colpi di martello[3].

L'impero criminale che fu di Bardellino passò integralmente nelle mani dei suoi luogotenenti, Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti (detto Cicciott 'e mezzanott), Mario Iovine e Vincenzo De Falco (detto 'o fuggiasc). Alla fine di giugno il quadrumvirato si riunì a Casale per ridefinire l'assegnazione delle zone ai vari capi-clan: la gran parte di questi vennero riconfermati, mentre furono estromessi tutti i superstiti fedeli a Bardellino. La nuova spartizione non placò comunque la guerra di spartizione: nel casertano il sistema di potere che ruotava attorno agli Schiavone era destinato a scontrarsi con quello messo in piedi da De Falco, che aveva ottime relazioni e conoscenze in tutti i settori chiave delle Istituzioni.

La guerra di successione: gli Schiavone contro i De Falco

Nella gerarchia della vasta famiglia Schiavone, Sandokan era il capo dell'ala militare, coadiuvato dal fratello Walter, mentre il cugino Carmine era la mente organizzativa degli affari; gli altri cugini Francesco e Nicola erano rispettivamente sindaco e assessore alle Finanze di Casal di Principe, fondamentali soprattutto per l'assegnazione di appalti pubblici. Il sistema di potere di De Falco non era meno invadente, sul piano economico e criminale: il regista era l'avvocato Aldo Scalzone, crocevia di rapporti tra politici, magistrati e marescialli dei carabinieri e il clan. Furono proprio questi rapporti privilegiati che portarono gli Schiavone a decidere l'eliminazione di De Falco nel marzo 1989, ma l'agguato fallì.

I contrasti si acuirono nell'estate 1990 con l'eliminazione di Alberto Beneduce, boss di Baia Domizia fedelissimo degli Schiavone, da parte del clan autonomo dei La Torre di Mondragone, su mandato dei De Falco. Per vendicarsi gli Schiavone gli avevano teso un nuovo agguato a metà dicembre dello stesso anno, ma al suo posto arrivarono i carabinieri, che arrestarono persino Sandokan e Bidognetti. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: nonostante De Falco negasse un suo coinvolgimento nell'arresto, il 2 febbraio 1991 venne ucciso a Casal di Principe, mentre si trovava da solo in auto. Benché fosse avvertito della condanna a morte sulla sua testa, era convinto che la sua immensa popolarità lo avrebbe protetto da qualsiasi ritorsione. Ai suoi funerali parteciparono oltre 1500 persone e gran parte degli esercizi commerciali chiusero per lutto.

L'omicidio di De Falco spaccò il Clan dei Casalesi in due: da una parte gli Schiavone, i Bidognetti, gli Iovine; dall'altra Nunzio e Giuseppe De Falco, i La Torre e svariati bardelliniani superstiti. La prima conseguenza dell'omicidio fu la morte di Mario Iovine, il 6 marzo 1991, in una cabina telefonica di Cascais, in Portogallo. Da quel momento i morti da una parte e dall'altra furono talmente tanti che Casal di Principe ottenne il primato di area urbana col più alto tasso di omicidi d'Europa[4].

Con gli omicidi di Aldo Scanzone (20 ottobre 1991) e di Giuseppe De Falco (5 marzo 1992) venne sancita la sconfitta definitiva del Clan De Falco e la supremazia del duo Schiavone-Bidognetti sull'intero cartello dei Casalesi.

Il primo pentito: Carmine Schiavone

L'omicidio di Don Peppe Diana

Spartacus: i Casalesi alla sbarra

La strage di Castelvolturno

Il Clan decapitato

Il pentimento di Antonio Iovine

Struttura

Economia e Attività Criminali

Rapporti con la Politica

Vittime

Opere sui Casalesi

Cinema

Televisione

Bibliografia

Note

  1. Il cadavere di Bardellino non fu mai ritrovato, cosa che per anni alimentò la leggenda che in realtà Iovine avesse contrattato con il vecchio boss la sua uscita di scena in cambio della vita. La sentenza del processo Spartacus stabilì comunque la morte di Bardellino, condannando, fra gli altri, Schiavone come mandante.
  2. Cfr Barbagallo, Storia della Camorra, p.167
  3. Questa versione dell'omicidio venne riportata da Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, ai magistrati durante il Processo Spartacus.
  4. Cfr Commissione Parlamentare Antimafia, Relazione sulle risultanze dell'indagine del gruppo di lavoro della Commissione incaricato di svolgere accertamenti sullo stato della lotta alla criminalità organizzata nella provincia di Caserta, Roma, 6 marzo 1991