Giovanni Lizzio: differenze tra le versioni
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'''Giovanni Lizzio''' (Catania, [[24 giugno]] [[1947]] – Catania, [[27 luglio]] [[1992]]) è stato un'ispettore della Polizia di Stato | '''Giovanni Lizzio''' (Catania, [[24 giugno]] [[1947]] – Catania, [[27 luglio]] [[1992]]) è stato un'ispettore della Polizia di Stato a capo della sezione anti-racket della Squadra mobile di Catania negli anni ’80 e ‘90, ucciso da [[Cosa Nostra]] per le sue indagini sul racket delle estorsioni. | ||
[[File:Giovanni lizzio.jpg|300px|thumb|right|Giovanni Lizzio]] | [[File:Giovanni lizzio.jpg|300px|thumb|right|Giovanni Lizzio]] | ||
== Biografia == | ==Biografia== | ||
Nato a Catania, nello storico quartiere di Via Garibaldi, Giovanni cominciò la sua attività nel corpo della Polizia di Stato a Napoli, ottenendo successivamente il trasferimento a Catania. Qui iniziò il suo lavoro prima nella sezione omicidi, poi passò al nucleo anticrimine e, infine, diventò responsabile della sezione anti-racket | Nato a Catania, nello storico quartiere di Via Garibaldi, Giovanni cominciò la sua attività nel corpo della Polizia di Stato a Napoli, ottenendo successivamente il trasferimento a Catania. Qui iniziò il suo lavoro prima nella sezione omicidi, poi passò al nucleo anticrimine e, infine, diventò responsabile della sezione anti-racket<ref>citato in "[https://www.poliziadistato.it/statics/15/lizzio.pdf Giovanni Lizzio]", Polizia di Stato</ref>. | ||
Sposato e padre di due figlie, Lizzio divenne ben presto un simbolo per la città di Catania. Gran conoscitore delle dinamiche del potere mafioso, essendo cresciuto nel cuore della città etnea, si distinse per un abile uso delle rivelazioni dei collaboratori di giustizia in diverse indagini, creando un vero e proprio archivio delle famiglie mafiose catanesi, sia del passato che quelle emergenti, legate ai | Sposato e padre di due figlie, Lizzio divenne ben presto un simbolo per la città di Catania. Gran conoscitore delle dinamiche del potere mafioso, essendo cresciuto nel cuore della città etnea, si distinse per un abile uso delle rivelazioni dei collaboratori di giustizia in diverse indagini, creando un vero e proprio archivio delle famiglie mafiose catanesi, sia del passato che quelle emergenti, legate ai Corleonesi<ref>Manuela de Quarto, ''Giovanni Lizzio: c’era una volta un ispettore catanese contro la Mafia'', [https://catania.italiani.it/giovanni-lizzio-ispettore-contro-mafia/ CataniaItaliani.it], 8 novembre 2018</ref>. | ||
Il [[18 luglio]] 1992, 9 giorni prima della sua morte, chiuse un'importante operazione che portò all'arresto di 14 membri del clan Cappello che consentì l’arresto di 14 membri del [[Clan Cappello|clan Cappello]], gruppo legato alla [[Stidda]] che insieme alla famiglia di [[Nitto Santapaola]] era tra le più potenti in città. | Il [[18 luglio]] 1992, 9 giorni prima della sua morte, chiuse un'importante operazione che portò all'arresto di 14 membri del clan Cappello che consentì l’arresto di 14 membri del [[Clan Cappello|clan Cappello]], gruppo legato alla [[Stidda]] che insieme alla famiglia di [[Nitto Santapaola]] era tra le più potenti in città. | ||
=== L’omicidio === | ===L’omicidio=== | ||
La sera del [[27 luglio]], verso le 21:30, Lizzio si trovava nella sua automobile, fermo al semaforo in Via Leucatia, nel quartiere Canalicchio di Catania. Aveva appena telefonato a sua figlia, per avvisare che da lì a poco sarebbe rientrato a casa, quando fu raggiunto da due sicari che gli spararono '''sei colpi di pistola'''. L’ispettore morì poco dopo l’arrivo in ospedale<ref>[https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/07/28/ucciso-il-poliziotto-antiracket.html | La sera del [[27 luglio]], verso le 21:30, Lizzio si trovava nella sua automobile, fermo al semaforo in Via Leucatia, nel quartiere Canalicchio di Catania. Aveva appena telefonato a sua figlia, per avvisare che da lì a poco sarebbe rientrato a casa, quando fu raggiunto da due sicari che gli spararono '''sei colpi di pistola'''. L’ispettore morì poco dopo l’arrivo in ospedale<ref>Lucio Luca, Ucciso il Poliziotto Antiracket, la Repubblica, 28 luglio 1992[https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/07/28/ucciso-il-poliziotto-antiracket.html]</ref>. | ||
== Indagini e processi == | == Indagini e processi== | ||
=== Il tentato depistaggio e le dichiarazioni di Natale Di Raimondo === | ===Il tentato depistaggio e le dichiarazioni di Natale Di Raimondo=== | ||
Inizialmente si disse subito che non poteva essere un omicidio di mafia. Tanto che alle esequie non parteciparono nemmeno il ministro dell'Interno, [[Nicola Mancino]], e il capo della polizia, [[Vincenzo Parisi]]. | Inizialmente si disse subito che non poteva essere un omicidio di mafia. Tanto che alle esequie non parteciparono nemmeno il ministro dell'Interno, [[Nicola Mancino]], e il capo della polizia, [[Vincenzo Parisi]]. | ||
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La testimonianza di Di Raimondo inserì l'omicidio Lizzio come uno dei tasselli della sfida di [[Totò Riina]] allo Stato, con il benestare di Nitto Santapaola, che pur all'inizio si dimostrò titubante. | La testimonianza di Di Raimondo inserì l'omicidio Lizzio come uno dei tasselli della sfida di [[Totò Riina]] allo Stato, con il benestare di Nitto Santapaola, che pur all'inizio si dimostrò titubante. | ||
=== Il processo "Orsa Maggiore" === | ===Il processo "Orsa Maggiore" === | ||
Dopo indagini lunghe e complesse, si arrivò al processo "Orsa Maggiore", alla fine del quale Nitto Santapaola fu condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio, mentre vennero assolti i boss Aldo Ercolano e Calogero Campanella<ref>citato in Fernando Massimo Adonia, Menzogne e stragismo mafioso. Così uccisero l'ispettore Lizzio, LiveSicilia, 28 luglio 2018</ref>. | Dopo indagini lunghe e complesse, si arrivò al processo "Orsa Maggiore", alla fine del quale Nitto Santapaola fu condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio, mentre vennero assolti i boss Aldo Ercolano e Calogero Campanella<ref>citato in Fernando Massimo Adonia, Menzogne e stragismo mafioso. Così uccisero l'ispettore Lizzio, LiveSicilia, 28 luglio 2018</ref>. | ||
Nel giugno 1998, venero condannati in qualità di esecutori materiali del delitto Natale Di Raimondo e Umberto Di Fazio a 12 anni di reclusione. Vennero condannati a 30 anni di reclusione, inoltre, Francesco Squillaci e Giovanni Rapisarda, poi assolto in Appello. Assolti Filippo Branciforti e Francesco Di Grazia. | Nel giugno 1998, venero condannati in qualità di esecutori materiali del delitto Natale Di Raimondo e Umberto Di Fazio a 12 anni di reclusione. Vennero condannati a 30 anni di reclusione, inoltre, Francesco Squillaci e Giovanni Rapisarda, poi assolto in Appello. Assolti Filippo Branciforti e Francesco Di Grazia. | ||
In memoria di Giovanni Lizzio | == In memoria di Giovanni Lizzio == | ||
A Catania, attorno alle mura che costeggiano il carcere di Piazza Lanza, è stato dedicato un murales all’ispettore Lizzio, insieme ad altre vittime della mafia, curato dall’associazione [[AddioPizzo]]. A Giovanni Lizzio è dedicata anche una targa all’interno della squadra mobile di Catania ed una nella caserma Cardile della Polizia di Stato, oltreché un parco. | A Catania, attorno alle mura che costeggiano il carcere di Piazza Lanza, è stato dedicato un murales all’ispettore Lizzio, insieme ad altre vittime della mafia, curato dall’associazione [[AddioPizzo]]. A Giovanni Lizzio è dedicata anche una targa all’interno della squadra mobile di Catania ed una nella caserma Cardile della Polizia di Stato, oltreché un parco. Secondo l'analisi di [[Attilio Bolzoni]], la ragione per cui si parla ancora oggi poco della mafia catanese risiede nel suo ''modus operandi'': <blockquote>«Abbiamo sempre fatto fatica a parlare di Catania e della sua mafia. Prigionieri in qualche modo di una visione palermo-centrica di Cosa Nostra [...] Poi sono arrivati i Santapaola (e gli Ercolano) e anche loro ci sono sembrati da lontano appendici dei Palermitani e dei Trapanesi o degli Agrigentini, pericolosi e intraprendenti ma sempre catanesi [...] Molto più americana come indole, rispetto alla vasta parentela che ha vissuto e vive ancora dall’altra parte della Sicilia, la mafia di Catania ha sempre cercato di mischiarsi con la città e con i suoi governanti piuttosto che manifestarsi come un’entità diversa, minacciosa e aggressiva. Una scelta che, nel lungo periodo, si è rivelata vincente<ref>citato in Ibidem</ref>».</blockquote>Per lo stesso motivo, Catania non si identifica ancora oggi pienamente con la figura di [[Pippo Fava]], percepito come un corpo estraneo per via delle sue denunce antesignane sul potere mafioso catanese. | ||
==Note == | |||
<references></references> | |||
==Bibliografia== | |||
== Bibliografia == | |||
*Archivio LiveSicilia.it | *Archivio LiveSicilia.it | ||
* Archivio Polizia di Stato | *Archivio Polizia di Stato | ||
* Archivio Italiani.it | *Archivio Italiani.it | ||
*Sicurella Sandra (2017). ''Da quel giorno che mia madre ha smesso di cantare: Storie di mafia'', Torino, Giappichelli Editore. | |||
[[Categoria:Vittime di Cosa Nostra]] [[Categoria: | [[Categoria:Poliziotti]] | ||
[[Categoria:Forze dell'Ordine]] | |||
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