Mafia in Veneto: differenze tra le versioni

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STRUTTURA DELLA VOCE
1. Mafia nel Veneto
2. Situazione attuale
3. Vicenza e Verona
4. Operazione Breakfast
5. La Mafia del Brenta
6. Bibliografia
Mafia nel Veneto
La regione Veneto iniziò a registrare la presenza delle organizzazioni mafiose con l’invio di questi al confino in questa regione. Il pentito Galatolo, negli anni ’90, ammise di comandare Cosa Nostra quando si trovò stabilmente a Venezia mentre i fratelli Graviano fecero la propria latitanza in questa Regione, investendo in attività ricettive ad Abano Terme (PD). <ref> Andrea Oskari Rossini, La mafia in Veneto: intervista a Paolo Borrometi, Articolo 21 liberi di..Il dovere di informare il diritto ad essere informati, 30 gennaio 2018.</ref> Attualmente l’organizzazione criminale egemone è la ‘ndrangheta.
Situazione attuale
Per quanto riguarda Cosa Nostra, nel Veneto si sarebbero registrate presenze di soggetti che tenderebbero a radicarsi economicamente sul territorio con una presenza stabile, ma non tale da assumere le connotazioni tipiche della regione di provenienza. Lo scopo principale di tali sodalizi va, infatti, individuato nel riciclaggio e nel reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l’acquisizione di attività commerciali ed imprenditoriali, sfruttando, se del caso, l’opera di gruppi delinquenziali locali. A ciò si aggiunga la forte disponibilità di liquidità, che spinge l’organizzazione a sostituirsi al sistema del credito legale e a praticare l’usura. <ref> Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento; Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Primo Semestre 2016, p.56. </ref>
Per quanto riguarda la ‘ndrangheta, in specie catanzarese e reggina, si sono registrate qualificate presenze di soggetti ‘ndranghetisti su Padova, nell’ovest veronese e nel basso vicentino, riconducibili ad aggregati criminali di Cutro, Delianova, Filadelfia ed Africo Nuovo. Queste manifestazioni sarebbero diventate palesi con riferimento, oltre che al traffico di stupefacenti, anche alla ristorazione, al turismo e all’edilizia.                                                                                                                                                      Dato emerso, con riferimento a quest’ultimo settore, nel corso di un’operazione conclusa nel mese di aprile 2016 dalla Guardia di Finanza, con l’arresto, per bancarotta fraudolenta, di tre imprenditori attivi nella fabbricazione di infissi metallici in provincia di Treviso. Uno dei citati imprenditori, originario della provincia di Parma, sarebbe risultato in contatto con esponenti della cosca GRANDE ARACRI.                                                                                                                                                                              Sempre ad aprile 2016, il Centro Operativo D.I.A. di Padova ha concluso l’operazione Amaranto 2, con l’arresto di alcuni soggetti facenti parte di un’associazione criminale di matrice ‘ndranghetista insediatasi in Veneto diretta da soggetti collegati alla cosca GIGLIO ed attiva prevalentemente nel traffico di sostanze stupefacenti. <ref> Ivi, p.93. </ref>
Per quanto riguarda la Camorra, nella Regione è segnalata la presenza del clan dei CASALESI e del capoluogo campano.
La loro presenza è stata giudiziariamente affermata dalla Corte di Cassazione nel 2015, con le condanne definitive, conseguenti all’operazione “Serpe”, di soggetti legati a quel sodalizio. L’indagine, <ref> OCC emessa il 31 marzo 2011 dal GIP del Tribunale di Venezia (p.p. 10381/10 RGNR e 2692/11 RG GIP). </ref> sviluppata dalla DIA sotto il coordinamento dalla DDA di Venezia, ha fatto luce sull’esistenza di un’associazione di tipo mafioso dedita ai reati di estorsione, usura e sequestro di persona. La stessa articolazione della DIA, il 25 gennaio 2018, ha localizzato in Messico, a Tijuana, dove viveva da anni con la famiglia e gestiva un’attività commerciale di ristorazione, un pregiudicato, latitante dal maggio 2007, ricercato per l’esecuzione di una condanna comminatagli dal Tribunale di Verona. Le accuse a suo carico riguardavano i reati di estorsione ed usura, commessi nelle province di Verona e Brescia, tra il 2005 e il 2009, nei confronti di numerosi commercianti del settore dell’abbigliamento, per conto del cartello napoletano noto come “Alleanza di Secondigliano” <ref> Composto dalle famiglie LICCIARDI, CONTINI e MALLARDO. <ref/>, in particolare del clan LICCIARDI. <ref> Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento; Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Primo Semestre 2018, p 260 </ref>
Tali presenze, inoltre, sarebbero state concentrate soprattutto sul litorale veneziano, nell’area compresa tra San Donà di Piave e Jesolo. Appare rilevante l’arresto, avvenuto a Chioggia (VE) nel mese di marzo 2016, del capo del gruppo napoletano CIMMINO. <ref> Ordinanza custodia cautelare coercitiva nr. 326/15-Procedimento Penale nr. 34416/14 + 51108/13 RGNR, Tribunale di Napoli - Ufficio GIP, 7 luglio 2015; Ivi, p.142. </ref>
Vicenza e Verona
Per quanto riguarda la provincia di Vicenza, è significativa l’operazione “Breakfast” conclusa nel mese di aprile 2017 dalla D.I.A. reggina e dalla Guardia di Finanza, tra le province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vicenza, con l’esecuzione di quattro misure cautelari.
A Thiene (VI), il 25 agosto 2017 <ref> Ordine di carcerazione SIEP n. 246/2015 emesso dal Tribunale di Napoli. </ref> è stata arrestata una donna originaria di Acerra (NA), risultata implicata in un traffico internazionale di stupefacenti dall’Ecuador, che aveva trasferito la propria residenza in Veneto, dove lavorava come badante. <ref> Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento; Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Secondo Semestre 2017, p 159. </ref>
Per quanto riguarda la provincia di Verona, è significativa l’operazione “Valpolicella” <ref> Procedimento Penale n. 3902/14 RGNR e 3757/15 - GIP del Tribunale di Venezia. </ref>, conclusa dalla D.I.A. di Padova nel mese di febbraio 2017. Nel corso dell’attività investigativa <ref> Sono state effettuate 14 perquisizioni (locali/domiciliari) che hanno interessato i principali indagati e le società a loro riconducibili, ubicate nelle province di Venezia, Vicenza, Verona, Cremona, Reggio Emilia e Bologna. </ref> sono stati individuati 36 soggetti, di cui tre arrestati, indagati per i reati di associazione di stampo mafioso, estorsione, rapina, usura e frode fiscale. L’indagine ha riguardato alcune imprese edili del veronese che operavano un vasto giro di false fatturazioni, anche nella prospettiva di recuperare indebitamente l’IVA. Le stesse aziende venivano sottoposte a forzosi passaggi di proprietà, “svuotate” del patrimonio residuo e quindi definitivamente chiuse. Tra gli indagati sono emersi vari soggetti operanti nel settore edile e collegati alla ‘ndrangheta, di cui uno, in particolare, contiguo alle cosche crotonesi GRANDE ARACRI e DRAGONE. <ref> Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento; Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Primo Semestre 2017, p 50. </ref>
Operazione Breakfast
L’ Operazione Breakfast <ref> Procedimento Penale n. 3228/16 RGNR, 3955/16 GIP, 48/17 RMC e 49/17 RMC - Tribunale di Catanzaro - sviluppo dell’omonima operazione coordinata dalla Procura reggina. </ref>, è un’inchiesta coordinata dalla D.I.A. reggina e dalla Guardia di Finanza, tra le province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vicenza contro la ‘ndrangheta. L’operazione, conclusa nell’aprile 2017, ha portato l’esecuzione di quattro misure cautelari nei confronti di un dipendente regionale e di 3 imprenditori, indagati per concorso in truffa ai danni dello Stato. L’attività ha portato anche al sequestro di oltre 250 mila euro nei confronti di una società di Vicenza, operante nell’attività antincendio mediante l’impiego di elicotteri. Nello specifico, i predetti soggetti, attraverso artifizi e raggiri, si erano fatti liquidare per due volte alcune fatture, emesse dalla Protezione Civile regionale, per un ammontare equivalente a quello proposto per il sequestro. <ref> op. cit, p 30. </ref>
La Mafia del Brenta
La Mafia del Brenta è stata una specifica forma di esercizio di potere operante nel Veneto, in particolare nelle province di Venezia e Padova, dalla fine degli anni Settanta a metà anni Novanta. L’associazione di Felice Maniero è l’unica associazione criminale riconosciuta come mafiosa che non aveva nessun elemento appartenente alle mafie tradizionali. Sostanzialmente la banda di Maniero era composta da soggetti veneti che si sono costituiti in associazione e hanno iniziato a delinquere. <ref> Arianna Zottarel, La Mafia del Brenta, Melampo Editore, p. 21. </ref>
Per quanto riguarda il luogo, è necessario prendere in considerazione Campolongo Maggiore <ref> qui si trova il 16 % dei beni confiscati alle mafie in Veneto </ref>, piccolo paese a sud della Riviera del Brenta dal quale sono partiti gli ordini di morte e si è organizzato il traffico di droga nella regione. Da qui si sono fatte le negoziazioni con lo Stato. Qui si sono rintanati i latitanti, si è portato l’oro delle rapine a fondere nei crogioli e si sono inabissate e nascoste le auto nel Brenta. <ref> Ivi, p. 25 </ref> È stato quindi il luogo dove la Mafia del Brenta ha governato gli affari criminali del Veneto per vent’anni.
Per quanto riguarda l’evoluzione dell’organizzazione, si individuano delle tappe evolutive. In una prima fase, dalla metà alla fine degli anni Settanta, il gruppo è considerato come “criminalità minore”: è composto da un iniziale gruppo ristretto di aderenti, dedito a rapine, estorsioni ed alla gestione del gioco d’azzardo clandestino. La seconda fase, compresa tra il 1980 ed il 1984, è uno spartiacque per l’organizzazione la quale si rende più strutturata ed instaura i primi contatti con altre associazioni criminali. Si parla dunque di una “criminalità emergente”, più compatta, il cui riflesso emerge nel tipo di attività a cui si dedica. <ref> rapine (laboratori orafi, hotel, casinò), ricettazione, estorsioni, gioco d’azzardo, sequestri di persona, traffico di stupefacenti </ref> È inoltre in questa fase in cui l’organizzazione appare all’attenzione pubblica, e che si enuclea come Mala del Brenta, un preciso gruppo con un’identità ben definita. Nell’ultima fase, dal 1984 al 1994, l’organizzazione si presenta come una “criminalità consolidata”, riconosciuta, solida e maggiormente internazionale. Viene identificata come Mafia del Brenta perché esprime del tutto il metodo mafioso, modificando parzialmente la sua struttura, le sue attività ed i suoi interlocutori e rientrando pienamente nella definizione di associazione a delinquere di stampo mafioso. <ref> Ivi, pp. 71, 72 ,73 </ref>   
L’iter processuale, iniziato nel 1986, troverà la propria conclusione il primo luglio 1994, con la sentenza della Corte d’Assise di Venezia. <ref> Sono 110 gli imputati al processo, 91 veneti e 19 “foresti”, come definiti dai giornali dell’epoca, le cui pene complessive sono quantificabili in 503 anni di carcere e 1787 milioni di multa. Le condanne totali saranno 79, 21 per associazione a delinquere di stampo mafioso </ref>
Felice Maniero viene arrestato a Torino il 12 novembre 1994 ed appena sei giorni dopo l’arresto, dichiara la volontà di collaborare con la giustizia. Viene condannato a 25 anni di carcere, ridotti a 17 in seguito alla collaborazione. Nel 2010 Maniero torna in libertà. <ref> Ivi, pp. 111, 112, 114 e 118 </ref>
A maggio 2018 ad Ercolano (Na), il celebre ritratto di Felice Maniero diventa il logo per una struttura turistica, l’”Hostello Felice”, dimostrando quanto la narrazione nazionale sul fenomeno della Mafia del Brenta sia ancora colma di stereotipi e di facili suggestioni. <ref> Ivi, p.126 </ref>


Bibliografia
Il Veneto ha sempre registrato una presenza delle organizzazioni criminali di stampo mafioso sin dai tempi dell'invio nella regione di soggetti sottoposti alla misura del [[Soggiorno Obbligato|soggiorno obbligato]]. Il boss mafioso [[Vito Galatolo]], quando decise di collaborare con la giustizia negli anni '90 ammise di continuare a reggere la famiglia dell'Acquasanta pur trovandosi stabilmente a Venezia, mentre i fratelli [[Filippo Graviano|Filippo]] e [[Giuseppe Graviano]] trascorsero parte della propria latitanza nella Regione, investendo in attività ricettive ad Abano Terme (PD).<ref>Citato in Andrea Oskari Rossini, ''La mafia in Veneto: intervista a Paolo Borrometi'', Articolo 21, 30 gennaio 2018.</ref>.
 ROSSINI Oskari Andrea, La mafia in Veneto: intervista a Paolo Borrometi, Articolo 21 liberi di..Il dovere di informare il diritto ad essere informati, 30 gennaio 2018.
 
 Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento; Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Primo e Secondo Semestre 2016; Primo e Secondo Semestre 2017; Primo Semestre 2018.
Negli ultimi tempi è cresciuto l'allarme dovuto alla presenza di interessi delle organizzazioni di tipo mafioso, in particolare della [['Ndrangheta|'ndrangheta]], il cui insediamento è principalmente legato a motivi economici di re-investimento dei profitti o di procacciamento di affari, anche attraverso l'infiltrazione nel sistema dell’aggiudicazione degli appalti pubblici, sebbene desti particolare preoccupazione anche il traffico illecito di rifiuti e quello di droga, avendo in quest'ultimo settore la 'ndrangheta la necessità di decongestionare il Porto di Gioia Tauro, sempre più efficacemente messo sotto controllo dalle forze di polizia e dalla magistratura<ref>Direzione Nazionale Antimafia, Relazione Annuale (periodo dal 1° luglio 2015 - 30 giugno 2016), Roma, 12 aprile 2017, p.960</ref>.
 ZOTTAREL Arianna, La Mafia del Brenta la storia di Felice Maniero e del Veneto che si credeva innocente. Prefazione di Nando dalla Chiesa, Melampo Editore, 2018.
 
Attualmente le organizzazioni criminale che si contendono l'egemonia nella regione sono la ‘ndrangheta e la camorra.
 
== Presenze storiche e attuali ==
=== Cosa Nostra ===
Per quanto riguarda [[Cosa Nostra]], nel Veneto si sarebbero registrate presenze di soggetti che tenderebbero a radicarsi economicamente sul territorio con una presenza stabile, ma non tale da assumere le connotazioni tipiche della regione di provenienza. Lo scopo principale di tali sodalizi va, infatti, individuato nel riciclaggio e nel reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l'acquisizione di attività commerciali ed imprenditoriali, sfruttando l'opera di gruppi delinquenziali locali. La forte disponibilità di liquidità porta l'organizzazione a sostituirsi al sistema del credito legale e a praticare l'usura<ref>Direzione Investigativa Antimafia, ''Relazione sull'Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia'', Primo Semestre 2016, p.56.</ref>.
 
=== 'ndrangheta ===
Per quanto riguarda la ‘ndrangheta, in specie catanzarese e reggina, si sono registrate qualificate presenze di soggetti ‘ndranghetisti a Padova, nell'ovest veronese e nel basso vicentino, riconducibili ad aggregati criminali di Cutro, Delianova, Filadelfia ed Africo Nuovo. Queste manifestazioni sarebbero diventate palesi con riferimento, oltre che al traffico di stupefacenti, anche alla ristorazione, al turismo e all'edilizia.
                                                                                                           
Con riferimento a quest'ultimo settore, il dato è emerso nel corso di un'operazione conclusa nel mese di aprile 2016 dalla Guardia di Finanza, con l’arresto, per bancarotta fraudolenta, di tre imprenditori attivi nella fabbricazione di infissi metallici in provincia di Treviso. Uno dei citati imprenditori, originario della provincia di Parma, sarebbe risultato in contatto con esponenti della 'ndrina dei [[Grande Aracri ('ndrina)|Grande Aracri]]. Nello stesso periodo il Centro Operativo della DIA di Padova, con l'[[Operazione Amaranto 2|operazione Amaranto 2]], arrestava alcuni presunti affiliati alla 'ndrangheta, in particolare alla [[Giglio ('ndrina)|'ndrina dei Giglio]], attivi prevalentemente nel traffico di sostanze stupefacenti<ref>Ivi, p.93</ref>.
 
=== Camorra ===
Per quanto riguarda la [[camorra]], nella Regione è segnalata la presenza del [[clan dei Casalesi]] e dei clan del cartello napoletano noto come "[[Alleanza di Secondigliano]]", di cui facevano parte i clan [[Clan Licciardi|Licciardi]], [[Clan Contini|Contini]] e [[Clan Mallardo|Mallardo]].  
 
La loro presenza è stata definitivamente accertata dalla Corte di Cassazione nel [[2015]], con le condanne dell'[[operazione Serpe]]. L'operazione, scattata il [[31 marzo]] [[2011]]<ref>cfr Ordinanza di Custodia Cautelare 10381/10 RGNR, Giudice per le Indagini Preliminari - Tribunale di Venezia, 31 marzo 2011</ref>, rilevava la presenza di un'associazione camorristica dedita ai reati di estorsione, usura e sequestro di persona.
 
Il [[25 gennaio]] [[2018]], la DIA individuò e arrestò nella città di Tijuana, in Messico, dove viveva con la moglie e i due figli e gestiva un ristorante, [[Salvatore Longo]], latitante dal 2007, il quale aveva anche durante la latitanza applicato a diversi commercianti del settore dell'abbigliamento tassi di usura annui superiori al 200% per conto del Clan Licciardi. I reati di estorsione ed usura, commessi nelle province di Verona e Brescia tra il 2005 e il 2009<ref>Direzione Investigativa Antimafia, ''Relazione sull'Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia'', Primo Semestre 2018, p. 260</ref>
 
Tali presenze, inoltre, sarebbero state concentrate soprattutto sul litorale veneziano, nell'area compresa tra San Donà di Piave e Jesolo. Particolarmente rilevante fu l'arresto di [[Luigi Cimmino]], a capo dell'omonimo clan, il [[5 marzo]] [[2016]] a Chioggia, in provincia di Verona<ref>cfr Ordinanza custodia cautelare coercitiva nr. 326/15 - Procedimento Penale nr. 34416/14 + 51108/13 RGNR, Tribunale di Napoli - Ufficio del GIP, 7 luglio 2015; Ivi, p.142</ref>
 
==== L'Operazione ''At Least'' ====
* per approfondire vedi [[Operazione At Least]]
 
Il [[19 febbraio]] [[2019]] un'operazione della Guardia di Finanza di Trieste e della Polizia di Stato coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia si è conclusa con 50 arresti, 11 obblighi di dimora e un sequestro preventivo di 10 milioni di euro contro un'organizzazione camorristica legata al Clan dei Casalesi, radicata nel Veneto Orientale sin dalla fine degli anni '90: l'organizzazione controllava da anni un vasto territorio con l'uso delle armi e si dedicava ad estorsioni, usura, danneggiamenti, riciclaggio, traffico di stupefacenti, rapine ed altro.
 
L'operazione, nata dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è riuscita attraverso intercettazioni ambientali e indagini bancarie a ricostruire una rete criminale che agiva in tutti i settori (riciclaggio, usura, estorsione, rapine, prostituzione, lavoro in nero e caporalato). In particolare, gli uomini del clan riciclavano denaro finanziando imprese locali di varia natura, specie nell'edilizia, quindi applicavano tassi usurai e passavano all'estorsione sia a favore degli "assistiti", se indebitati, che direttamente sugli stessi imprenditori.
 
Il denaro accumulato, anche con rapine, veniva poi convogliato nella gestione della droga e della prostituzione con l'aiuto di commercialisti per assumere persone sfuggendo alla fiscalità, se non addirittura in nero o attraverso il caporalato. Le vittime, specie dell'usura, venivano inoltre costrette a partecipare all'attività camorristica arricchendo sempre di più il tessuto malavitoso, di fatto conquistando il territorio lungo la costa da San Donà di Piave a Eraclea, Caorle e Jesolo. Il gruppo mafioso, una volta insediatosi in Veneto, aveva rilevato il controllo del territorio dagli ultimi epigoni della [[Mala del Brenta|mala del Brenta]], assorbiti nella struttura.
 
Il gruppo è legato ai [[Clan Bianco|clan Bianco]] e [[Clan Bidognetti|Bidognetti]], il cui boss è [[Francesco Bidognetti|Francesco]] noto come ‘Cicciotto ‘e mezzanotte‘. Capi indiscussi nel veneziano erano Luciano Donadio e Raffaele Buonanno, nato in Campania ma già nel veneziano negli anni ’90. Con loro un gruppo proveniente da Casal di Principe come Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti e Nunzio Confuorto che hanno, nel tempo assoldato persone campane e veneziane come Girolamo Arena, Raffaele Celardo e Christian Sgnaolin.
 
Tra gli arrestati ci sono anche Mirco Mestre, sindaco di centrodestra di Eraclea (località balneare in provincia di Venezia), e un agente del commissariato di Jesolo, Moreno Pasqual. Mestre, avvocato, era stato eletto primo cittadino nel maggio 2016 con una lista civica di centrodestra. Secondo gli investigatori avrebbe vinto le elezioni nel 2016 con 81 voti di scarto sul rivale grazie a un pacchetto di oltre 100 procuratigli dal gruppo criminale, del quale aveva sollecitato l'intervento. Il primo cittadino avrebbe anche indicato i candidati della propria lista su cui convogliare le preferenze, poi eletti, in cambio di favori su istanze amministrative presentate da società controllate dagli uomini del clan. Il poliziotto, invece, è accusato di aver fornito informazioni riservate ai malavitosi su indagini nei loro confronti, accedendo illecitamente alle banche dati della polizia, e di averne garantito protezione e supporto in seguito a controlli da parte di altre forze dell'ordine.
 
=== La Mafia del Brenta: l'organizzazione storica ===
* per approfondire, vedi [[Mafia del Brenta]]
 
La '''Mafia del Brenta''', ben più nota come "la Mala", è stata una specifica forma di esercizio di potere operante nel Veneto, in particolare nelle province di Venezia e Padova, dalla fine degli anni '70 fino a metà anni '90. L'associazione, al cui vertice si trovava [[Felice Maniero]], è ad oggi l'unica associazione criminale riconosciuta come mafiosa che non aveva al suo interno affiliati alle mafie tradizionali: la banda di Maniero, infatti, era composta da soggetti veneti che si sono costituiti in associazione e hanno iniziato a delinquere<ref> Arianna Zottarel, La Mafia del Brenta, Melampo Editore, p. 21</ref>.
 
L'epicentro delle attività criminali dell'associazione era Campolongo Maggiore (dove oggi si trova il 16% dei beni confiscati della regione), piccolo paese a sud della Riviera del Brenta. Qui vi furono le negoziazioni con lo Stato, qui si nascosero per anni i latitanti, così come sempre qui veniva portato l'oro delle rapine a fondere nei crogioli e si sono inabissate e nascoste le auto nel Brenta<ref> Ivi, p. 25</ref>. È stato quindi il luogo dove la Mafia del Brenta ha governato gli affari criminali del Veneto per vent'anni.
 
Per quanto riguarda l’evoluzione dell’organizzazione, vi sono tre fasi:
# ''Criminalità minore'' (anni 1975-1980): il gruppo vede la partecipazione di un ristretto numero di aderenti, dedito a rapine, estorsione e alla gestione del gioco d'azzardo clandestino;
# ''Criminalità emergente'' (anni 1980-1984): l'organizzazione si struttura maggiormente e instaura i primi contatti con altre associazioni criminali, aumentando le sue attività (rapine (laboratori orafi, hotel, casinò), ricettazione, estorsioni, gioco d’azzardo, sequestri di persona, traffico di stupefacenti). A livello mediatico si enuclea come "Mala del Brenta", dandosi una precisa identità;
# ''Criminalità consolidata'' (anni 1984-1994): si dota di un profilo internazionale e viene identificata come "Mafia del Brenta", in quanto esprime del tutto il metodo mafioso, modificando parzialmente la sua struttura, le sue attività ed i suoi interlocutori e rientrando pienamente nella definizione di associazione a delinquere di stampo mafioso<ref>Ivi, pp. 71, 72 ,73 </ref>.   
 
L'iter processuale, iniziato nel [[1986]], trovò la propria conclusione il [[1° luglio]] [[1994]], con la sentenza della Corte d’Assise di Venezia. Gli imputati a processo furono 110, 91 veneti e 19 “foresti”, come definiti dai giornali dell'epoca, le cui pene complessive sono quantificabili in 503 anni di carcere e 1787 milioni di multa. Le condanne totali furono 79, di cui 21 per associazione a delinquere di stampo mafioso.
 
Felice Maniero venne arrestato a Torino il [[12 novembre]] [[1994]] e appena sei giorni dopo l’arresto dichiarò la volontà di collaborare con la giustizia. Condannato a 25 anni di carcere, ridotti a 17 grazie alla collaborazione, nel [[2010]] è tornato in libertà<ref>Ivi, pp. 111-118</ref>.
 
 
== Note ==
<references></references>
 
 
== Bibliografia ==
* Direzione Investigativa Antimafia, ''Relazione sull'Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia'', Primo e Secondo Semestre 2016; Primo e Secondo Semestre 2017; Primo Semestre 2018.
* Direzione Nazionale Antimafia, Relazione Annuale (periodo dal 1° luglio 2015 - 30 giugno 2016), Roma, 12 aprile 2017.
* Osservatorio sulla Criminalità Organizzata (CROSS), ''Primo Rapporto trimestrale sulle aree settentrionali'', Università degli Studi di Milano, settembre 2014
* Rossini Oskari Andrea, ''La mafia in Veneto: intervista a Paolo Borrometi'', Articolo 21, 30 gennaio 2018.
* Zottarel Arianna, ''La Mafia del Brenta - la storia di Felice Maniero e del Veneto che si credeva innocente'', Melampo Editore, 2018.

Versione attuale delle 09:56, 4 gen 2022


Il Veneto ha sempre registrato una presenza delle organizzazioni criminali di stampo mafioso sin dai tempi dell'invio nella regione di soggetti sottoposti alla misura del soggiorno obbligato. Il boss mafioso Vito Galatolo, quando decise di collaborare con la giustizia negli anni '90 ammise di continuare a reggere la famiglia dell'Acquasanta pur trovandosi stabilmente a Venezia, mentre i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano trascorsero parte della propria latitanza nella Regione, investendo in attività ricettive ad Abano Terme (PD).[1].

Negli ultimi tempi è cresciuto l'allarme dovuto alla presenza di interessi delle organizzazioni di tipo mafioso, in particolare della 'ndrangheta, il cui insediamento è principalmente legato a motivi economici di re-investimento dei profitti o di procacciamento di affari, anche attraverso l'infiltrazione nel sistema dell’aggiudicazione degli appalti pubblici, sebbene desti particolare preoccupazione anche il traffico illecito di rifiuti e quello di droga, avendo in quest'ultimo settore la 'ndrangheta la necessità di decongestionare il Porto di Gioia Tauro, sempre più efficacemente messo sotto controllo dalle forze di polizia e dalla magistratura[2].

Attualmente le organizzazioni criminale che si contendono l'egemonia nella regione sono la ‘ndrangheta e la camorra.

Presenze storiche e attuali

Cosa Nostra

Per quanto riguarda Cosa Nostra, nel Veneto si sarebbero registrate presenze di soggetti che tenderebbero a radicarsi economicamente sul territorio con una presenza stabile, ma non tale da assumere le connotazioni tipiche della regione di provenienza. Lo scopo principale di tali sodalizi va, infatti, individuato nel riciclaggio e nel reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l'acquisizione di attività commerciali ed imprenditoriali, sfruttando l'opera di gruppi delinquenziali locali. La forte disponibilità di liquidità porta l'organizzazione a sostituirsi al sistema del credito legale e a praticare l'usura[3].

'ndrangheta

Per quanto riguarda la ‘ndrangheta, in specie catanzarese e reggina, si sono registrate qualificate presenze di soggetti ‘ndranghetisti a Padova, nell'ovest veronese e nel basso vicentino, riconducibili ad aggregati criminali di Cutro, Delianova, Filadelfia ed Africo Nuovo. Queste manifestazioni sarebbero diventate palesi con riferimento, oltre che al traffico di stupefacenti, anche alla ristorazione, al turismo e all'edilizia.

Con riferimento a quest'ultimo settore, il dato è emerso nel corso di un'operazione conclusa nel mese di aprile 2016 dalla Guardia di Finanza, con l’arresto, per bancarotta fraudolenta, di tre imprenditori attivi nella fabbricazione di infissi metallici in provincia di Treviso. Uno dei citati imprenditori, originario della provincia di Parma, sarebbe risultato in contatto con esponenti della 'ndrina dei Grande Aracri. Nello stesso periodo il Centro Operativo della DIA di Padova, con l'operazione Amaranto 2, arrestava alcuni presunti affiliati alla 'ndrangheta, in particolare alla 'ndrina dei Giglio, attivi prevalentemente nel traffico di sostanze stupefacenti[4].

Camorra

Per quanto riguarda la camorra, nella Regione è segnalata la presenza del clan dei Casalesi e dei clan del cartello napoletano noto come "Alleanza di Secondigliano", di cui facevano parte i clan Licciardi, Contini e Mallardo.

La loro presenza è stata definitivamente accertata dalla Corte di Cassazione nel 2015, con le condanne dell'operazione Serpe. L'operazione, scattata il 31 marzo 2011[5], rilevava la presenza di un'associazione camorristica dedita ai reati di estorsione, usura e sequestro di persona.

Il 25 gennaio 2018, la DIA individuò e arrestò nella città di Tijuana, in Messico, dove viveva con la moglie e i due figli e gestiva un ristorante, Salvatore Longo, latitante dal 2007, il quale aveva anche durante la latitanza applicato a diversi commercianti del settore dell'abbigliamento tassi di usura annui superiori al 200% per conto del Clan Licciardi. I reati di estorsione ed usura, commessi nelle province di Verona e Brescia tra il 2005 e il 2009[6]

Tali presenze, inoltre, sarebbero state concentrate soprattutto sul litorale veneziano, nell'area compresa tra San Donà di Piave e Jesolo. Particolarmente rilevante fu l'arresto di Luigi Cimmino, a capo dell'omonimo clan, il 5 marzo 2016 a Chioggia, in provincia di Verona[7]

L'Operazione At Least

Il 19 febbraio 2019 un'operazione della Guardia di Finanza di Trieste e della Polizia di Stato coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia si è conclusa con 50 arresti, 11 obblighi di dimora e un sequestro preventivo di 10 milioni di euro contro un'organizzazione camorristica legata al Clan dei Casalesi, radicata nel Veneto Orientale sin dalla fine degli anni '90: l'organizzazione controllava da anni un vasto territorio con l'uso delle armi e si dedicava ad estorsioni, usura, danneggiamenti, riciclaggio, traffico di stupefacenti, rapine ed altro.

L'operazione, nata dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è riuscita attraverso intercettazioni ambientali e indagini bancarie a ricostruire una rete criminale che agiva in tutti i settori (riciclaggio, usura, estorsione, rapine, prostituzione, lavoro in nero e caporalato). In particolare, gli uomini del clan riciclavano denaro finanziando imprese locali di varia natura, specie nell'edilizia, quindi applicavano tassi usurai e passavano all'estorsione sia a favore degli "assistiti", se indebitati, che direttamente sugli stessi imprenditori.

Il denaro accumulato, anche con rapine, veniva poi convogliato nella gestione della droga e della prostituzione con l'aiuto di commercialisti per assumere persone sfuggendo alla fiscalità, se non addirittura in nero o attraverso il caporalato. Le vittime, specie dell'usura, venivano inoltre costrette a partecipare all'attività camorristica arricchendo sempre di più il tessuto malavitoso, di fatto conquistando il territorio lungo la costa da San Donà di Piave a Eraclea, Caorle e Jesolo. Il gruppo mafioso, una volta insediatosi in Veneto, aveva rilevato il controllo del territorio dagli ultimi epigoni della mala del Brenta, assorbiti nella struttura.

Il gruppo è legato ai clan Bianco e Bidognetti, il cui boss è Francesco noto come ‘Cicciotto ‘e mezzanotte‘. Capi indiscussi nel veneziano erano Luciano Donadio e Raffaele Buonanno, nato in Campania ma già nel veneziano negli anni ’90. Con loro un gruppo proveniente da Casal di Principe come Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti e Nunzio Confuorto che hanno, nel tempo assoldato persone campane e veneziane come Girolamo Arena, Raffaele Celardo e Christian Sgnaolin.

Tra gli arrestati ci sono anche Mirco Mestre, sindaco di centrodestra di Eraclea (località balneare in provincia di Venezia), e un agente del commissariato di Jesolo, Moreno Pasqual. Mestre, avvocato, era stato eletto primo cittadino nel maggio 2016 con una lista civica di centrodestra. Secondo gli investigatori avrebbe vinto le elezioni nel 2016 con 81 voti di scarto sul rivale grazie a un pacchetto di oltre 100 procuratigli dal gruppo criminale, del quale aveva sollecitato l'intervento. Il primo cittadino avrebbe anche indicato i candidati della propria lista su cui convogliare le preferenze, poi eletti, in cambio di favori su istanze amministrative presentate da società controllate dagli uomini del clan. Il poliziotto, invece, è accusato di aver fornito informazioni riservate ai malavitosi su indagini nei loro confronti, accedendo illecitamente alle banche dati della polizia, e di averne garantito protezione e supporto in seguito a controlli da parte di altre forze dell'ordine.

La Mafia del Brenta: l'organizzazione storica

La Mafia del Brenta, ben più nota come "la Mala", è stata una specifica forma di esercizio di potere operante nel Veneto, in particolare nelle province di Venezia e Padova, dalla fine degli anni '70 fino a metà anni '90. L'associazione, al cui vertice si trovava Felice Maniero, è ad oggi l'unica associazione criminale riconosciuta come mafiosa che non aveva al suo interno affiliati alle mafie tradizionali: la banda di Maniero, infatti, era composta da soggetti veneti che si sono costituiti in associazione e hanno iniziato a delinquere[8].

L'epicentro delle attività criminali dell'associazione era Campolongo Maggiore (dove oggi si trova il 16% dei beni confiscati della regione), piccolo paese a sud della Riviera del Brenta. Qui vi furono le negoziazioni con lo Stato, qui si nascosero per anni i latitanti, così come sempre qui veniva portato l'oro delle rapine a fondere nei crogioli e si sono inabissate e nascoste le auto nel Brenta[9]. È stato quindi il luogo dove la Mafia del Brenta ha governato gli affari criminali del Veneto per vent'anni.

Per quanto riguarda l’evoluzione dell’organizzazione, vi sono tre fasi:

  1. Criminalità minore (anni 1975-1980): il gruppo vede la partecipazione di un ristretto numero di aderenti, dedito a rapine, estorsione e alla gestione del gioco d'azzardo clandestino;
  2. Criminalità emergente (anni 1980-1984): l'organizzazione si struttura maggiormente e instaura i primi contatti con altre associazioni criminali, aumentando le sue attività (rapine (laboratori orafi, hotel, casinò), ricettazione, estorsioni, gioco d’azzardo, sequestri di persona, traffico di stupefacenti). A livello mediatico si enuclea come "Mala del Brenta", dandosi una precisa identità;
  3. Criminalità consolidata (anni 1984-1994): si dota di un profilo internazionale e viene identificata come "Mafia del Brenta", in quanto esprime del tutto il metodo mafioso, modificando parzialmente la sua struttura, le sue attività ed i suoi interlocutori e rientrando pienamente nella definizione di associazione a delinquere di stampo mafioso[10].

L'iter processuale, iniziato nel 1986, trovò la propria conclusione il 1° luglio 1994, con la sentenza della Corte d’Assise di Venezia. Gli imputati a processo furono 110, 91 veneti e 19 “foresti”, come definiti dai giornali dell'epoca, le cui pene complessive sono quantificabili in 503 anni di carcere e 1787 milioni di multa. Le condanne totali furono 79, di cui 21 per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Felice Maniero venne arrestato a Torino il 12 novembre 1994 e appena sei giorni dopo l’arresto dichiarò la volontà di collaborare con la giustizia. Condannato a 25 anni di carcere, ridotti a 17 grazie alla collaborazione, nel 2010 è tornato in libertà[11].


Note

  1. Citato in Andrea Oskari Rossini, La mafia in Veneto: intervista a Paolo Borrometi, Articolo 21, 30 gennaio 2018.
  2. Direzione Nazionale Antimafia, Relazione Annuale (periodo dal 1° luglio 2015 - 30 giugno 2016), Roma, 12 aprile 2017, p.960
  3. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione sull'Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Primo Semestre 2016, p.56.
  4. Ivi, p.93
  5. cfr Ordinanza di Custodia Cautelare 10381/10 RGNR, Giudice per le Indagini Preliminari - Tribunale di Venezia, 31 marzo 2011
  6. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione sull'Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Primo Semestre 2018, p. 260
  7. cfr Ordinanza custodia cautelare coercitiva nr. 326/15 - Procedimento Penale nr. 34416/14 + 51108/13 RGNR, Tribunale di Napoli - Ufficio del GIP, 7 luglio 2015; Ivi, p.142
  8. Arianna Zottarel, La Mafia del Brenta, Melampo Editore, p. 21
  9. Ivi, p. 25
  10. Ivi, pp. 71, 72 ,73
  11. Ivi, pp. 111-118


Bibliografia

  • Direzione Investigativa Antimafia, Relazione sull'Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Primo e Secondo Semestre 2016; Primo e Secondo Semestre 2017; Primo Semestre 2018.
  • Direzione Nazionale Antimafia, Relazione Annuale (periodo dal 1° luglio 2015 - 30 giugno 2016), Roma, 12 aprile 2017.
  • Osservatorio sulla Criminalità Organizzata (CROSS), Primo Rapporto trimestrale sulle aree settentrionali, Università degli Studi di Milano, settembre 2014
  • Rossini Oskari Andrea, La mafia in Veneto: intervista a Paolo Borrometi, Articolo 21, 30 gennaio 2018.
  • Zottarel Arianna, La Mafia del Brenta - la storia di Felice Maniero e del Veneto che si credeva innocente, Melampo Editore, 2018.