Lucky Luciano

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Lucky Luciano
Lucky Luciano

Lucky Luciano, alias Salvatore Lucania (Lercara Friddi, 28 novembre 1897 – Napoli, 26 gennaio 1962), è stato un mafioso italiano naturalizzato statunitense, affiliato a Cosa Nostra Americana ed esponente della Famiglia Genovese. Abolì la carica di «Capo dei capi», ideando e istituendo al suo posto la "Commissione" tra le cinque famiglie di New York. Per questa ragione è considerato unanimemente il padre del moderno crimine organizzato, nonché uno dei protagonisti della massiccia espansione del commercio di eroina nel secondo dopoguerra.

Biografia

Primi anni

Nato a Lercara Friddi, in provincia di Palermo, il 28 novembre 1897, era figlio di Antonio Lucania e di Rosalia Cafarelli. Nel 1907 la famiglia Lucania emigrò negli Stati Uniti d’America; giunti ad Ellis Island, al piccolo Salvatore venne diagnosticata la variola vera, una forma di vaiolo che lo segnò per tutta la vita. Divenne cittadino statunitense, rinunciando automaticamente alla cittadinanza italiana.

L'anno dopo, Charlie e la sua famiglia si trasferirono a New York, in un alloggio nel Lower East Side, ai margini del quartiere ebraico, precisamente al 265/E della 10th Street, in condizioni ovviamente precarie. Fu in questo contesto che conobbe un giovanissimo Meyer Lansky, col quale fondò una banda che bullizzava i compagni di classe e pretendeva un penny al giorno per la protezione.

Sempre nel 1907, Salvatore venne condannato a quattro mesi di riformatorio per taccheggio. Nel 1915, appena compiuti diciotto anni, venne condannato a sei mesi di riformatorio per possesso illegale di eroina e morfina, di cui era sia consumatore che spacciatore.

Dai Five Points Gang a Joe Masseria

Una volta rilasciato, il giovane Lucania si unì alla banda criminale dei Five Points Gang, sotto la guida del gangster Johnny Torrio, dove conobbe Frank Costello e Al Capone. Fu in questo periodo che decise di "americanizzare" il proprio nome in Charlie Luciano, poiché Salvatore gli sembrava un nome da donna. Nel 1917 Luciano venne chiamato alle armi per combattere nella Prima Guerra Mondiale, ma riuscì ad evitare il fronte facendosi infettare volontariamente da una prostituta con la clamidia.

Nel 1920, Luciano passò al servizio del gangster ebreo Arnold Rothstein, insieme a Meyer Lansky, Frank Costello, Bugsy Siegel, Dutch Schultz e Jack Diamond. Durante il proibizionismo, Luciano e gli altri fornirono alcolici agli "speakeasies" di Manhattan, sfruttando i loro contatti al porto di New York.

Oltre al contrabbando di alcolici, Luciano si dedicò anche allo sfruttamento della prostituzione e al gioco d'azzardo, gestendo bische e bordelli a basso costo a Manhattan, insieme a Joe Adonis. Nell'ambiente della prostituzione, in particolare, Luciano iniziò ad essere conosciuto con il nomignolo di «infame», affibbiatogli dalle ragazze da lui sedotte e avviate alla prostituzione dopo averle rese dipendenti dall'eroina. Arrestato più volte per rapina, aggressione, possesso illegale di stupefacenti e detenzione di armi illegali, Luciano veniva sempre rilasciato per mancanza di prove.

Per via dei suoi contatti con i contrabbandieri di alcolici ebrei ed irlandesi ( i c.d. bootleggers), Luciano entrò a far parte della famiglia di Giuseppe "Joe" Masseria, detto «Joe the boss», e nel 1922 prese parte all'assassinio di Umberto Valenti, acerrimo nemico di Masseria.

Nel maggio 1929 Luciano partecipò alla storica Conferenza di Atlantic City insieme a Frank Costello, Joe Adonis e Johnny Torrio, durante il quale parteciparono sia gangster ebrei che italiani per concordare strategie comuni sul contrabbando di alcolici, gettando le basi del c.d. "Sindacato nazionale del crimine".

Charlie il "fortunato"

Il 16 ottobre dello stesso anno Luciano venne prelevato da alcuni uomini che poi lo picchiarono e accoltellarono più volte con un punteruolo da ghiaccio; credendolo morto, lo lasciarono su una spiaggia di Staten Island con la gola tagliata da un orecchio all'altro. Luciano venne trovato invece da un agente di polizia e portato in ospedale, dove venne salvato, pur rifiutandosi di rivelare l'identità dei suoi assalitori. Fu proprio per questa miracolosa sopravvivenza che si guadagnò il soprannome di "Lucky", cioè fortunato in inglese. Anni dopo, Luciano raccontò che furono gli uomini di Salvatore Maranzano a ridurlo in quelle condizioni perché aveva rifiutato di tradire Masseria.

Nascita di un boss

Mafioso pragmatico, quando scoppiò la c.d. guerra castellammarese nel 1930 tra il suo capo e Salvatore Maranzano, Luciano decise di tradire Masseria perché il protrarsi della guerra danneggiava i suoi traffici criminali: il 15 aprile 1931, al ristorante Scarpato's di Coney Island, Luciano pranzò con Masseria e, quando questi si alzò per andare al gabinetto, un gruppo di fuoco formato da Bugsy Siegel, Vito Genovese, Joe Adonis e Albert Anastasia lo uccise.

Eliminato il suo vecchio capo, Luciano strinse un accordo con Maranzano, il quale si fece eleggere «Capo dei capi» dagli altri boss e passò le attività criminali del defunto Masseria a Luciano come ricompensa. Poco tempo dopo, però, Maranzano pianificò l'assassinio dello stesso Luciano, a causa dei suoi stretti legami coi gangster non-siciliani, assumendo il killer Vincent "Mad Dog" Coll per eliminare lui e Vito Genovese. Il 10 settembre 1931 Maranzano convocò Luciano e Genovese nel suo ufficio a Park Avenue, ma, al loro posto, si presentarono quattro sicari ebrei travestiti da agenti del fisco, i quali pugnalarono Maranzano e lo finirono a pallottole; i sicari ebrei erano stati assoldati da Meyer Lansky e da Luciano, che si era accordato con il mafioso siciliano Gaetano Lucchese, il quale si trovava nell'ufficio per condurre i sicari da Maranzano.

La creazione della Commissione

Dopo l'uccisione di Maranzano, Luciano divenne il principale boss mafioso degli Stati Uniti, ma rifiutò il titolo di «Capo dei capi» per evitare il rischio di una guerra con Al Capone, che in quel momento stava aumentando il proprio potere a Chicago; creò quindi un apposito organismo, denominato "Commissione", il cui compito era quello di governare gli affari della «cosa nostra», ripartendo le aree di influenza tra i diversi Stati. Ne facevano parte le Cinque Famiglie di New York, la Chicago Outfit di Al Capone e la famiglia di Buffalo di Stefano Magaddino, in rappresentanza delle altre famiglie minori degli Stati Uniti.

Inoltre Luciano autorizzò gli altri boss a collaborare con criminali non siciliani e non italiani per formare quello che sarebbe stato soprannominato "Sindacato nazionale del crimine", che sarebbe servito per controllare il contrabbando di alcolici, il traffico di stupefacenti, la prostituzione, il gioco d'azzardo, i sindacati del porto di New York e l'industria dell'abbigliamento. Tra le famiglie di New York, ben legate tra loro durante l'era di Luciano, e la Chicago Outfit rimase sempre una forte indipendenza e autonomia.

In seno alla sua nuova «famiglia», Luciano affiliò tra i suoi luogotenenti anche napoletani e calabresi, elevandoli ai posti di comando: Vito Genovese divenne il vicecapo, mentre Frank Costello fu nominato "consigliere" insieme a Meyer Lansky e Johnny Torrio, che però ricoprivano il ruolo in veste non ufficiale perché erano esterni a Cosa Nostra americana.

L'arresto

All'apice del potere, Luciano viveva in una suite di lusso al Waldorf-Astoria Hotel, registrato con il falso nome di Charles Ross; amava indossare abiti costosi ed eleganti, frequentava i night club più esclusivi in compagnia di belle donne ed era amico del cantante Frank Sinatra e dell'attore George Raft. Era solito frequentare anche il bordello di Polly Adler, la maitresse più nota nella New York dell'epoca, che accoglieva la "clientela" più disparata: uomini politici e d'affari, giudici, giornalisti ed, ovviamente, criminali.

Quando però, nel 1935 venne nominato procuratore speciale di New York per il contrasto al crimine organizzato Thomas E. Dewey, le cose per Luciano cominciarono a mettersi male. Definito dal nuovo procuratore "lo zar della criminalità organizzata di New York", le autorità cominciarono a stargli col fiato sul collo, costringendolo a fuggire a Hot Springs, in Arkansas. Tuttavia, venne ugualmente arrestato il 1º aprile 1936 con l'accusa di sfruttamento della prostituzione e riportato a New York: alla base dell'inchiesta, le testimonianze di numerose prostitute che lo indicavano come a capo di un "Sindacato del crimine" formato da italiani ed ebrei che imponeva il pagamento della protezione sui bordelli di New York.

Pur negando le accuse, Luciano il 5 giugno 1936 venne condannato dai trenta ai cinquant'anni di carcere e trasferito nel penitenziario di Dannemora, nello Stato di New York. Anche dalla prigione, tuttavia, Luciano continuava a gestire la sua famiglia attraverso Vito Genovese, almeno fino al 1937, quando quest'ultimo dovette fuggire dagli Stati Uniti per un'accusa di omicidio, lasciando il posto di vicecapo a Frank Costello.

L'operazione "Underworld" e il ruolo nello sbarco degli Alleati in Sicilia

Il primo a denunciare il ruolo che ebbe la mafia tra la Sicilia e New York fu il politico e saggista Michele Pantaleone, col suo libro "Mafia e Politica". Tuttavia per anni la sua ricostruzione è stata duramente contestata da alcuni storici[1], benché nel 1993 sia stata pienamente accolta dalla Commissione parlamentare antimafia nella sua relazione sui rapporti tra mafia e politica:

«Cosa nostra ricompare in Sicilia nel 1943 , alla vigilia dell’occupazione alleata. Gli Usa si avvalsero dei rapporti tra mafiosi italiani o italoamericani che erano nel loro territorio e mafiosi che erano in Sicilia per preparare il terreno dello sbarco: Il caso più noto fu quello di Lucky Luciano, che essendo detenuto, fu contattato dall’autorità degli Stati Uniti per saggiare la sua disponibilità a favorire lo sbarco alleato. Luciano si adoperò positivamente. Quindi fu espulso dagli Usa e iniziò il suo soggiorno a Napoli. Altri mafiosi detenuti negli Usa seguirono la sua sorte. Questa degli “espulsi” fu una questione posta più volte all’attenzione della prima Commissione antimafia, all’interno della quale si rilevò che l’elevato numero degli espulsi dagli Usa, immediatamente dopo la fine della guerra, non poteva che corrispondere ad una ricompensa per il contributo fornito nella preparazione e nell’esecuzione dello sbarco. Dalla documentazione prodotta a quella Commissione e acquisita da questa, risulta che complessivamente i mafiosi espulsi dagli Usa nel primissimo dopoguerra furono 65»[2].

I rapporti tra Cosa nostra americana e i servizi segreti vennero avviati nel 1942, dopo l'incendio della Normandie, una nave di linea di lusso che prese fuoco e si rovesciò mentre si trovava alla fonda nelle acque dello Hudson. All'epoca non era chiaro se si trattasse di un incidente o di un sabotaggio da parte di spie italiane e tedesche, ma per sicurezza i servizi segreti, guidati dal maggiore Radcliffe Haffenden, cercarono la collaborazione coi mafiosi italo-americani che controllavano i traffici del porto, prima incontrando Joseph Lanza, boss del mercato del pese di Fulton, e poi, su consiglio di quest'ultimo, con Lucky Luciano, il quale, benché in carcere per una condanna a 50 anni di reclusione per sfruttamento della prostituzione, continuava a controllare le attività illecite del porto[3].

Il boss si mise a disposizione, dando il via all'operazione denominata in codice "Underworld" (lett. "mondo sotterraneo"). Fu lui a segnalare agli americani i mafiosi residenti in Sicilia che avrebbero certamente cooperato al momento dello sbarco alleato, che aveva preso il nome di operazione Husky. L’Office of Strategic Services (Oss) il servizio segreto statunitense, si preoccupò anche di selezionare militari di origine siculo-americana e di creare una rete di contatti con tutti coloro che, nella Trinacria, fossero ostili al regime, non ultimi gli influenti membri del Movimento per l’Indipendenza della Sicilia.

Calogero Vizzini
Calogero "don Calò" Vizzini

Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 le truppe alleate sbarcarono sulle coste siciliane, gli inglesi nella parte orientale dell’isola, tra Pozzallo e Avola, gli americani nella parte occidentale, tra Gela e Licata. Nonostante la resistenza di italiani e tedeschi (ci furono battaglie a Gela, nella piana di Catania, ad Agira, a Troina), l'isola fu conquistata in soli 38 giorni: il 22 luglio gli alleati entrarono a Palermo, il 5 agosto a Catania, il 17 agosto a Messina. Nei sei mesi di governo dell'AMGOT, gli americani reclutarono tra le fila mafiose per reggere i comuni appena liberati: tra gli altri, don Calogero Vizzini divenne sindaco di Villabate, Giuseppe Genco Russo fu nominato sovrintendente all'assistenza pubblica di Mussomeli e Vincenzo Di Carlo (capo della cosca di Raffadali) divenne responsabile dell'ufficio locale per la requisizione dei cereali.

Le relazioni che si crearono in quei mesi ridiedero linfa vitale alla mafia siciliana, almeno in quella parte che più di tutte aveva subito la repressione del regime fascista (che tuttavia inglobò tra le sue fila gli esponenti dell'aristocrazia mafiosa, dopo la rimozione di Cesare Mori dalla Sicilia). In particolare, sfruttando la guerra, i vari boss mafiosi si dedicarono a un’attività lucrosa più rapida, redditizia e sicura, sotto la protezione più o meno inconsapevole delle autorità alleate: il mercato nero[4]. Il nuovo business era alimentato dagli esponenti mafiosi che si erano infiltrati nella nuova amministrazione alleata e riuscivano in questo modo a controllare il movimento delle merci e dei mezzi di trasporto.

Tra questi, vi fu anche Vito Genovese, il vicecapo di Luciano nonché vecchio amico di don Calogero Vizzini, il quale ricopriva una carica importante e delicata all’interno del comando alleato di Nola, in Campania: era l’interprete di fiducia del colonnello Charles Poletti, capo del comando militare alleato in Italia[5]. Il connubio tra Genovese e Vizzini nel traffico illecito di generi alimentari si basava su una procedura relativamente semplice: dalla stazione ferroviaria di Villalba partivano per il continente vagoni carichi di tonnellate di pasta, oltre che camion e treni colmi di farina, sale, olio, legumi e grano con destinazione Nola. La preziosa merce, provvista di regolari documenti di trasporto rilasciati dall’AMGOT, una volta giunta a destinazione, veniva presa in consegna da Genovese che la rivendeva al mercato nero[6]. Il business della borsa nera andò avanti dal 1943 al 1946 e praticamente tutti gli esponenti della mafia siciliana si dedicarono a questo lucroso commercio[7].

La grazia e l'arrivo in Italia

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il 3 gennaio 1946 Thomas E. Dewey, diventato nel frattempo governatore dello Stato di New York, graziò Luciano, ufficialmente per i servigi resi alla Marina.

Il 10 febbraio 1946 Luciano fu quindi estradato dal porto di New York a opera del servizio statunitense di immigrazione e imbarcato sulla nave Laura Keene, arrivando a Napoli il 27 febbraio. A quel punto, il boss italo-americano stabilì il suo domicilio a Roma, pur soggiornando spesso a Palermo, presso il Grand Hotel et des Palmes, dove numerosi membri del separatismo siciliano e boss mafiosi iniziarono a fargli visita.

La conferenza dell'Avana

Nel giugno 1946 Luciano soggiornò in Brasile, Colombia e Venezuela per trasferirsi poi a L'Avana, dopo avere ottenuto i documenti necessari per l'espatrio dall'Italia dal sindaco di Villabate Francesco D'Agati, noto esponente mafioso. A Cuba s'incontrò con Meyer Lansky, col quale acquistò quote azionario dell'Hotel Nacional e di un casinò a L'Avana. In entrambi era socio occulto anche il presidente cubano Fulgencio Batista.

Il 22 dicembre 1946, presso l'Hotel Nacional, Luciano ricevette i delegati delle maggiori "famiglie" degli Stati Uniti e del "Sindacato ebraico", ufficialmente per sentir cantare Sinatra, in realtà per discutere di affari. Durante la conferenza, i boss organizzarono il traffico degli stupefacenti, stabilendo la base per lo smistamento proprio a Cuba, e trattarono del caso di Bugsy Siegel, che doveva restituire ai boss il denaro impiegato nella costruzione dell'Hotel Flamingo a Las Vegas, che però non assicurava più i margini di profitto previsti; Meyer Lansky, credendo ancora che Siegel potesse riprendersi e restituire il denaro, convinse gli altri boss a dargli un'altra possibilità. Quando fu chiaro che i soldi non sarebbero mai stati restituiti, il 20 giugno 1947 Siegel venne assassinato nella sua villa di Los Angeles a colpi di carabina M1.

Nel febbraio 1947, Harry J. Anslinger, direttore del Federal Bureau of Narcotics (l'ufficio federale sui narcotici alle dirette dipendenze del Dipartimento del Tesoro USA), inviò una richiesta formale al governo cubano per l'espulsione di Luciano, minacciando a nome del governo statunitense l'embargo su tutte le forniture di farmaci; il 20 marzo Luciano venne quindi espulso da Cuba e imbarcato sul piroscafo turco “Bakir”, che doveva riportarlo in Italia.

Il ritorno in Italia

Il 12 aprile 1947 Luciano arrivò a Genova e tradotto nel carcere di Marassi, per poi essere trasferito al carcere dell'Ucciardone di Palermo. Scarcerato il 14 maggio, Luciano si stabilì prima a Capri (dove tornò spesso per trascorrere le vacanze) e poi definitivamente a Napoli, dove aprì un negozio di elettrodomestici ed articoli sanitari.

Alla fine degli anni '40, Anslinger inviò in Italia l'agente speciale Charles Siragusa per indagare sulle attività di Luciano ma, nonostante gli sforzi, non riuscì mai a trovare le prove per incriminarlo. Grazie alla collaborazione di Siragusa con il capitano Giuliano Oliva della Guardia di Finanza italiana si raggiunsero però importanti risultati: nel 1949 vennero sequestrati all'aeroporto di Ciampino 7 kg di eroina e 2 kg di cocaina occultate nel baule del tassista italo-americano Charles Vincent Trupia, "arruolato" come corriere dalla famiglia Lucchese, che risultò in contatto con Luciano. Il boss italoamericano ne uscì indenne per mancanza di prove e l'unica misura presa dalla Questura di Roma fu il foglio di via obbligatorio, con il divieto di soggiorno a Roma.

Nel 1949, Luciano fondò una fabbrica di confetti e dolciumi a Palermo che, intestata ad un suo cugino e al mafioso siciliano Calogero Vizzini, riuscì ad esportare i suoi prodotti in Germania, Francia, Irlanda, Canada, Messico e Stati Uniti. L'11 aprile 1954, sulla scia dello scandalo Montesi, il quotidiano L'Avanti! pubblicò in prima pagina un articolo di Michele Pantaleone in cui si denunciava che nei confetti prodotti nella fabbrica di Luciano «due o tre grammi di eroina potevano prendere il posto della mandorla». Quella notte stessa la fabbrica venne chiusa e i macchinari smontati e portati via. Nello stesso anno le autorità italiane revocarono il passaporto a Luciano per questioni di pubblica sicurezza, su richiesta di Charles Siragusa.

Nel 1950 Luciano partecipò, insieme ai mafiosi palermitani Antonino Sorci (detto Ninu u' Riccu) e Rosario Mancino, all'acquisto di un terzo del Parco d'Orleans, un ampio giardino nel centro di Palermo, il quale fu oggetto della selvaggia speculazione edilizia nota come "sacco di Palermo" che deturpò il volto della città: i terreni infatti furono destinati ad edilizia residenziale o venduti a prezzo maggiorato all'Università degli Studi di Palermo per ampliare la propria estensione con la costruzione di nuovi padiglioni.

Nel 1951, il rapporto del senatore Estes Kefauver, presidente della commissione d'inchiesta del Senato degli Stati Uniti sul crimine organizzato, indicò Luciano come il «capo internazionale della mafia».

Nel giugno 1951, al termine delle indagini, il capitano Oliva denunciò Francesco "Frank" Callace e Giuseppe "Joe" Pici, membri della famiglia Lucchese, per il traffico di 17 kg di eroina insieme ai mafiosi siciliani Salvatore Vitale e Francesco Lo Cicero; Luciano venne incluso nel rapporto di polizia, ma ne uscì indenne di nuovo.

Nel 1952 gli uomini del capitano Oliva arrestarono il boss italo-americano Frank "Tre Dita" Coppola (anche lui espulso dagli Stati Uniti nel 1948 e stabilitosi a Pomezia, nei pressi di Roma) perché destinatario di un baule carico di eroina partito dalla Sicilia: secondo Siragusa, l'arresto di Coppola e dei suoi complici fu frutto di una soffiata di Luciano, che così voleva togliere di mezzo un pericoloso concorrente nel mercato della droga.

Dal 12 al 16 ottobre 1957 Luciano partecipò ad una serie di incontri che si tennero presso il Grand Hotel et des Palmes di Palermo tra mafiosi americani e mafiosi siciliani, dove vennero riallacciati i rapporti tra le due organizzazioni e anche Cosa Nostra siciliana si dotò di una sua Commissione.

Nel 1958 il Federal Bureau of Narcotics chiese la collaborazione della Guardia di Finanza italiana per controllare il mafioso italo-americano Nick Gentile, che era sospettato di traffico di stupefacenti in collegamento con Luciano, con il quale manteneva contatti perché anche lui residente in Italia: a seguito di informazioni inconsapevolmente fornite dallo stesso Gentile ad un agente sotto copertura del Narcotics Bureau, furono arrestati diversi corrieri della droga che facevano la spola tra la Sicilia e gli Stati Uniti a bordo del transatlantico Saturnia per conto dei fratelli palermitani Salvatore e Ugo Caneba (espulsi dagli Stati Uniti nel 1954 e residenti a Roma), ma non emerse anche in questo caso alcuna prova sufficiente per l'arresto a carico di Luciano.

La morte per infarto

Poco dopo la morte della compagna Igea Lissoni, Luciano fu contattato dal produttore cinematografico Martin Gosh interessato a girare un film sulla sua vita (in precedenza Luciano aveva proposto lo stesso progetto ad Orson Welles). Insieme scrissero una bozza di sceneggiatura ma poco tempo dopo Luciano cambiò idea e chiese al produttore di riconsegnargli lo scritto. Si diedero appuntamento all'aeroporto di Napoli-Capodichino, il 26 gennaio 1962, ma lì Luciano ebbe un infarto e morì, a 64 anni. Il funerale si tenne a Napoli presso la chiesa della Santissima Trinità e la bara fu trasportata su un carro funebre trainato da otto cavalli neri con pennacchio in testa: la salma fu poi trasferita negli Stati Uniti, dove venne seppellita al Saint John's Cemetery di New York, nel distretto del Queens.

Lucky Luciano nella cultura di massa

Protagonista o co-protagonista di numerosi film, film TV e miniserie televisive, Lucky Luciano è stato portato sul piccolo e grande schermo da numerosi interpreti. Il film biografico più noto è quello diretto da Francesco Rosi, Lucky Luciano (1973), in cui il boss è impersonato da Gian Maria Volonté.

Note

  1. Tra tutti, Salvatore Lupo.
  2. Commissione Parlamentare Antimafia (1993). Relazione sui rapporti tra mafia e politica, Relatore: Luciano Violante, Roma, 6 aprile, p. 44 e ss. Disponibile sul sito della Camera dei Deputati.
  3. I contatti di Haffenden con Luciano sono confermati dai microfilm pubblicati per un breve periodo sul sito del Freedom information act (Foia) che riporta i resoconti delle indagini della stessa Fbi su Haffenden.
  4. Citato in Pantaleone, op.cit., pp. 58-59.
  5. Ibidem.
  6. Costanzo, Enzo (2006). Mafia & alleati. Servizi segreti americani e sbarco in Sicilia. Da Lucky Luciano ai sindaci «uomini d'onore», Catania, Le nove muse editore, p. 155.
  7. Pantaleone, op.cit., p. 62.

Bibliografia

  • De Mauro, Mauro (2010), Lucky Luciano, Milano, Ugo Mursia Editore
  • Dickie, John (2005), Cosa Nostra. Storia della mafia siciliana, Bari, Laterza
  • Lupo, Salvatore (2008), Quando la mafia trovò l’America - Storia di un intreccio intercontinentale, 1888-2008, Torino, Einaudi Editore.

Voci correlate