Cosimo Vallelonga, il già due volte condannato boss della ‘ndrangheta lecchese al centro del processo “Cardine-Metal Money“, è stato condannato oggi a 20 anni di reclusione per mafia, usura, estorsione e altri reati di tipo ambientale. Il giudice per l’udienza preliminare, la dott.ssa Manuela Cannavale, ha inflitto una condanna più dura di quella chiesta dal Pubblico Ministero, la dott.ssa Paola Biondolillo, che nell’udienza del 9 luglio scorso aveva chiesto una condanna a 17 anni e 2 mesi.
Insieme a Vallelonga condannati anche Vincenzo Marchio a 12 anni (il pm ne aveva chiesti 11), Paolo Valsecchi a 8 anni, sei mesi e 20 giorni (il pm aveva chiesto 10 anni e 8 mesi) e Luciano Mannarino a 2 anni e 6 mesi (il pm aveva chiesto 2 anni e 8 mesi).
Il Gup ha condannato boss e gli altri a risarcire WikiMafia, unica parte civile costituitasi al processo, rappresentata nel processo dall’Avv. Marco Griguolo, socio ordinario e titolare dello Studio CGA Lawyers, il quale ha ricordato anche in udienza il 9 luglio come nessuna delle parti offese individuate dalla Procura si sia costituita parte civile (compresa l’Agenzia delle Entrate):
“tutti i debitori e gli estorti subivano la pressione esercitata nei loro confronti, senza mai rivolgersi alle autorità preposte per il timore di incorrere in rappresaglie che l’imputato paventava da parte di non meglio indicati “calabresi”. Io oggi non rinvengo in quest’aula d’udienza le altre persone offese individuate dalla Procura della Repubblica le quali hanno subito i fatti di reato che oggi vengono contestati agli imputati. Noi oggi non le vediamo queste persone perché queste persone sono intimidite, perché queste persone hanno paura, perché queste persone non credono che le istituzioni possano proteggerli. WikiMafia dà voce a queste persone, WikiMafia permette che queste persone possano ottenere giustizia. La voce di chi non può averla perché terrorizzato di essere esposto in solitudine alle rivendicazioni dei clan si immedesima in quella di un’organizzazione, quale è WikiMafia, che da anni promuove non solo la diffusione di conoscenza e consapevolezza circa la presenza della criminalità organizzata in tutto il territorio nazionale e non ma anche l’adozione di comportamenti di cittadinanza attiva e responsabile”.
Chi è Cosimo Vallelonga
Cosimo Vallelonga, nato il 30 settembre 1948 a Mongiana, paesino di quasi 700 anime in provincia di Vibo Valentia, arrivò in Lombardia nel 1970, stabilendosi a Cremella, in provincia di Lecco. Da quel dì ha vissuto a Oggiono, Nibionno, Perego e poi a La Valletta Brianza, tutti piccoli comuni in provincia di Lecco, dove ha avviato l’attività di mobiliere e non solo. Negli anni ’90 diversi affiliati lo indicano quale affiliato alla Locale di Fino Mornasco e nel 1997 il Tribunale di Milano lo condanna per associazione mafiosa a seguito dell’operazione La notte dei fiori di San Vito, facendo emergere i forti legami con i Mazzaferro, potente ‘ndrina che aveva esteso il suo controllo su un’ampia porzione del territorio lombardo e piemontese. Nel 2010 viene arrestato nell’operazione Crimine-Infinito, dove rimedia una condanna definitiva nel 2015 a 12 anni per associazione mafiosa, quale affiliato alla Locale di Mariano Comense.
Vallelonga nel 1991 aveva già la dote di “Santista”, nel 1993 quella di “Vangelo”, due delle cariche più alte dell’organizzazione mafiosa. Il suo potere sul territorio non è stato scalfito dagli arresti: «Una volta cessata di scontare la condanna – si legge nell’ordinanza – ha ripreso i contatti e rivitalizzato il sodalizio criminoso, secondo schemi, simboli, modalità, suddivisione di zone di influenza analoghe a quelle già accertate nelle precedenti indagini».
Insomma, il caso Vallelonga conferma ancora una volta quanto sostenuto dal prof. Nando dalla Chiesa, e cioè che “la vera forza della mafia è fuori dalla mafia“: il boss è potuto ritornare in attività grazie a chi non ha detto no nel mondo imprenditoriale e nella società civile.
Soddisfazione e amarezza
Siamo molto contenti dell’esito del processo, benché si tratti del primo grado di giudizio. Rimane l’amarezza per essere stati l’unica parte civile, a dimostrazione del fatto che quello che facciamo quotidianamente non è sufficiente e ci prendiamo l’impegno per fare di più e meglio in collaborazione con le associazioni antimafia della provincia di Lecco, a partire dagli amici di Libera, dove operavano Vallelonga e i suoi sodali.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate fra 90 giorni. Il ricavato del risarcimento stabilito dal GUP verrà utilizzato per lo sviluppo della versione finale di MafiaMaps, la prima App sulla geografia delle mafie in Italia e in Europa ideata nel 2015 e ad oggi ferma alla sua versione beta per mancanza di finanziamenti.