Mafie a Genova

La Città Metropolitana di Genova è storicamente interessata dal fenomeno mafioso. Nel Secondo Dopoguerra, il capoluogo ligure e il suo hinterland sono stati una delle prime mete di alcuni esponenti di spicco delle organizzazioni mafiose nel Nord Italia, alcuni perché inviati in soggiorno obbligato, altri per inseguire nuove opportunità di sviluppo criminale.

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Storia e attività

I primi insediamenti

La prima organizzazione mafiosa che si insediò nella provincia di Genova fu la 'ndrangheta. Si ebbe testimonianza della presenza di 'ndrine nel capoluogo ligure già nel 1951, quando la locale di Genova aiutò a fuggire negli Stati Uniti il giovane latitante calabrese Angelo Macrì[1]. Questa operazione testimoniò una presenza stabile e organizzata di 'ndrangheta a partire già dal primo dopo guerra. La Liguria da quel momento divenne uno snodo molto importante per la fuga di latitanti verso la Francia e gli Stati Uniti.

Il capo storico della locale genovese di ‘ndrangheta fu Antonio Rampino detto U Massaru, nato a Canolo (RC) il 26 novembre 1927. La sua presenza sul suolo genovese fu attestata il 29 maggio 1953 quando venne sottoposto a fermo per omicidio. L’emanazione genovese dell’organizzazione calabrese aveva base in via Prè nel centro storico[2].

La migrazione delle famiglie mafiose

La camorra arrivò a Genova nel 1960 tramite Francesco Fucci, detto "Mano e Pece", e la compagna Carmela Ferro, detta "Marechiaro". Anche loro avevano base nel centro storico, ma iniziarono ad espandere la loro attività su tutta Genova.

Verso la metà degli anni ’70 si insediarono nel capoluogo ligure anche i Maurici, originari di Riesi in provincia di Caltanissetta, guidati da Giacomo Maurici. Gli equilibri si alterarono quando nel 1979 arrivò Salvatore Fiandaca, esponente di Cosa Nostra proveniente da Caltanissetta. Inviato a Genova in soggiorno obbligato, nel giro di pochi anni divenne capo decina per conto di Piddu Madonia, dal 1982 rappresentante provinciale di Caltanissetta e vice-rappresentante regionale nella "Commissione provinciale" (la cosiddetta "Cupola")[3].

A distanza di anni arrivarono in Liguria altre famiglie mafiose provenienti dalla Sicilia: da Caltanissetta giunsero i Vallelunga con Antonio Lo Iacono, il luogotenente di Piddu Madonia; da Gela arrivarono gli Aglietti, i Morso, i Monachella e gli Emanuello. Gli Emanuello, arrivati per ultimi nel 1989, si affiancarono ai Fiandaca. Tutte le famiglie furono invogliate dai numerosi cantieri, dalle opere di costruzione dell'autostrada e dal facile accesso al confine con la Francia[4].

Questi nuclei una volta impiantati si diedero all’estorsione del pizzo, all’usura, allo sfruttamento della prostituzione, al toto e lotto nero, al gioco d’azzardo, alle bische clandestine e soprattutto al reinvestimento dei profitti illeciti provenienti dal clan di Madonia insieme allo spaccio di droga, principalmente eroina, che gli procurava lo stesso Madonia[5].

I Fiandaca nel 1983 iniziarono ad acquisire il controllo della piazza genovese nell’esercizio dell’usura, dell’estorsione e del traffico di stupefacenti, grazie all’appoggio della potente famiglia Cammarata di Riesi. Avevano la loro sede nel quartiere della Foce, considerato il centro finanziario della città[6].

Verso la fine degli anni ‘80 alcuni esponenti della famiglia calabrese Asciutto-Neri-Grimaldi provenienti da Taurianova, in provincia di Reggio Calabria, iniziarono a risiedere sporadicamente a Genova dedicandosi allo spaccio di eroina.

A Ponente, tra Pegli e Arenzano, si insediarono gli Angiollieri, famiglia legata alla camorra e dedita all’usura e all’estorsione[7].

Nel 1991 scoppiò una faida in Calabria tra la famiglia Asciutto-Neri-Grimaldi e il cartello Avignone-Giovinazzo-Zagari-Viola-Fazzalari per il predominio sul narcotraffico a Taurianova (RC) che si concluse il 3 maggio 1991 con la sconfitta degli Asciutto-Neri-Grimaldi. Molti esponenti della famiglia si rifugiarono a Genova per sfuggire alle vendette, altri furono costretti a trasferirvisi in seguito alla condanna in primo grado del processo Taurus, che imponeva l’obbligo di soggiornare lontano dalle regioni meridionali. A Genova presero rapidamente il controllo del centro storico e del narcotraffico eliminando fisicamente la concorrenza. Si insediarono nella zona conosciuta come La Maddalena fino al marzo del 1993[8].

Primi legami con la politica

I primi legami accertati tra mafia e politica in Liguria si ebbero il 14 giugno 1983 quando Alberto Teardo, ex presidente della regione Liguria (in carica dal 28 settembre 1981 al 25 maggio 1983), venne arrestato con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. L’arresto avvenne nell'ambito di un'inchiesta per corruzione e concussione con altri esponenti del Partito Socialista Italiano ligure[9]. Venne ritrovata anche la sua tessera di iscrizione alla loggia massonica P2, la numero 341.

Durante il processo non fu confermato lo stampo mafioso dell’associazione a delinquere e questo evitò a Teardo la condanna per 416 bis, permettendogli una scarcerazione su cauzione. La sentenza, che condannava Alberto Teardo a 12 anni e 9 mesi, confermò l’associazione a delinquere, la corruzione, la concussione e il voto di scambio tra le istituzioni liguri e la 'ndrangheta, ovvero tra Alberto Teardo e il boss calabrese Peppino Marcianò legato alla famiglia calabrese Scriva. Peppino Marcianò, storico boss di Ventimiglia, ammise di avere ricevuto già nel 1976 decine di milioni di lire da distribuire a chi decideva di votare per Teardo[10].

Nei primi anni ‘90 Cosa Nostra decise di entrare nella politica genovese attraverso iscrizioni in blocco al Partito Socialista Italiano. Alcuni membri del partito si opposero a questa modalità di iscrizione che prevedeva l’accettazione nel partito di una lista unica di persone pressoché anonime tra cui venivano nascosti esponenti mafiosi. Per rappresaglia Cosa Nostra diede fuoco al circolo del P.S.I. Luigi Rotondo nel quartiere di Rivarolo[11].

I Fiandaca e gli omicidi di mafia

Nell'ottobre del 1990, nel ristorante del centro storico di Genova La Buca di San Matteo, venne freddato da due killer Gaetano Gardini, boss del gioco d'azzardo e delle bische[12].

Il 20 novembre 1990 venne assassinato Angelo Stuppia davanti all’ospedale Celesia di Rivarolo in cui era appena nato suo figlio. Stuppia era fuoriuscito dalla famiglia di Piddu Madonia e vi si era contrapposto[13].

Salvatore Fiandaca venne individuato come mandante degli omicidi di Gaetano Gardini e di Luciano Gaglianò, assassinato il 20 novembre 1991 per non aver pagato una consistente partita di cocaina. Per questi reati fu condannato definitivamente all’ergastolo il 23 ottobre 2006[14].

I primi sequestri per narcotraffico

Nel 1994, presso il porto di Genova, nell'ambito dell'operazione Cartagine vennero sequestrate per la prima volta dalla Polizia di Stato cinque tonnellate di cocaina arrivate in Europa dal Sud America e dirette nel torinese per conto di un cartello composto da gruppi colombiani, siciliani e calabresi[15].

Le prime condanne per associazione a delinquere di stampo mafioso

Il 31 dicembre 1997 Rosario Caci, nato a Gela il 14 aprile 1955 e affiliato al clan Emmanuello-Fiandaca, venne condannato dalla Corte d’Appello di Caltanissetta per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata allo spaccio, sfruttamento di prostituzione e usura. I suoi beni in Vico delle Mele furono sequestrati il 28 settembre 2004.

Il 21 dicembre 2000 il GUP del Tribunale di Genova dichiarò Salvatore Fiandaca, Pietro Fiandaca, Angela Giuliana, Paolo Vitello, Roberto Raciti, Angelo Scaglione, Roberto Sechi e Gianluca Di Naro colpevoli di «aver costituito in Genova, e averne fatto parte in periodi diversi, un’associazione per delinquere di stampo mafioso»[16].

Morte del boss Antonio Rampino e sviluppi delle gerarchie

Il 10 febbraio 2008 morì Antonio Rampino, lo storico boss della 'ndrangheta in Liguria. A lui successe Domenico Gangemi, titolare di un ortofrutta a San Fruttuoso ed esponente della 'ndrangheta di lunga data. Domenico Gangemi era già stato incarcerato negli anni ’70 a Reggio Calabria per omicidio. Il nuovo boss il 25 agosto 2000 venne intercettato mentre affermava di essere lui il Vangelo in Liguria. In un'intercettazione del 14 agosto 2009 Gangemi, parlando con il capo-crimine di Rosarno Domenico Oppedisano, affermava che la Liguria era 'ndranghetista e che la locale di Genova amministrava il territorio per conto della Calabria[17].

Il 22 dicembre 2010 a Pegli venne arrestato il latitante Onofrio Garcea. Considerato ai vertici della 'ndrangheta in Liguria, Garcea era stato condannato a 7 anni e 9 mesi di reclusione per aver diretto insieme a Lorenzo Nucera (condannato a 4 anni e 8 mesi) una struttura di 'ndrangheta al cui vertice assoluto venne collocato Domenico Gangemi. Garcea veniva definito "un amico" da Peppe Commisso, boss di Siderno. Secondo il collaboratore di giustizia Andrea Mantella, Garcea si occupava di rifornire di droga diverse famiglie facendola sbarcare nel porto di Genova[18].

Maglio 3 e le elezioni del 2010

Nel 2010 si svolsero le elezioni regionali. Queste furono condizionate largamente da appoggi e infiltrazioni mafiose, come venne accertato da un'indagine del ROS di Genova denominata Maglio 3.

La sentenza confermò l’appoggio mafioso da parte del boss Domenico Gangemi ai candidati Alessio Saso (candidato al collegio di Imperia, già consigliere regionale per il PDL, presidente della VII Commissione Controlli e Trasparenza), Aldo Praticò (candidato al collegio di Genova, già consigliere comunale di Genova) e Fortunella Moio (candidata al collegio di Genova, figlia di Vincenzo Moio, vicesindaco di Ventimiglia che intercedette per far ottenere il consenso della criminalità organizzata alla figlia candidata).

Questo appoggio aveva il beneplacito della casa madre calabrese, seppur deciso in accordo tramite votazione fra i componenti di vertice delle locali di 'ndrangheta[19]. Le votazioni si svolsero in incontri che apparivano veri e propri “tavoli elettorali” capaci di spostare migliaia di voti in cambio di favori[20].

Il voto di scambio emerse in una conversazione di Gangemi in cui riportava testualmente le parole di Aldo Praticò: «Mimmo (Domenico Gangemi ndr) se tu mi dai un appoggio io vi prometto quello che posso fare, io ci metto tutto il partito»[21]. Alla designazione dei candidati, tra gli altri, parteciparono Domenico Gangemi, Domenico Belcastro, Onofrio Garcea e Giuseppe Marcianò.

Durante il processo Maglio 3 si accertò che la Locale di Genova era composta da Domenico Gangemi, Raffaele Battista, Rocco Bruzzaniti, Onofrio Garcea, Antonino Multari e Lorenzo Nucera.

Le vicende della locale di Lavagna

Il 9 novembre 2013 a Lavagna venne ritrovato un magazzino di armi. Da lì nacque un’indagine che portò allo scoperto un’intera locale di ‘ndrangheta situata a Lavagna e con a capo Paolo Nucera.

I fratelli Paolo, Francesco e Antonio Nucera, originari di Condofuri in provincia di Reggio Calabria (dove comanda la 'ndrina dei Rodà-Casile), si trasferirono nella zona di Chiavari e Lavagna alla fine degli anni Sessanta in seguito a una faida locale. La famiglia a Lavagna possedeva una ditta di autotrasporti per la gestione di rifiuti, una sala scommesse, un ecocentro per lo smaltimento di rifiuti, l’hotel Ambra e altre proprietà minori[22].

La locale di Lavagna si occupava di traffico di armi, traffico di droga, aiuti a latitanti, usura, estorsione e soprattutto della gestione in monopolio dei rifiuti. Il monopolio della gestione rifiuti era garantito dall’appoggio di infiltrati nell’amministrazione comunale, a partire dallo stesso sindaco Giuseppe Sanguineti a cui Nucera avrebbe procacciato 500 voti in cambio di un assessorato all’ambiente per Massimo Talerico, uomo vicino ai Nucera[23]. Inizialmente la sentenza di 1° grado aveva stabilito che nel voto di scambio fosse coinvolta anche Gabriella Mondello, ex-sindaca ed ex-parlamentare, ma in Appello la sua condanna in primo grado venne annullata e la sua posizione stralciata dal processo principale per genericità del capo di imputazione. Nel 2021 è tornata a processo, che è ancora in corso[24].

Il rapporto elettorale tra i Nucera e Sanguineti divenne molto stretto, tanto che Sanguineti venne intercettato mentre invitava i Nucera a votare per Raffaella Paita, la candidata da lui sostenuta alle primarie del Partito Democratico per le elezioni regionali del 2015[25]. Alcuni funzionari dell’ufficio ambiente, come gli ingegneri Cogorno e Nidielli, avevano cercato di fare dei controlli sulle irregolarità dell'Ecocentro dei Nucera, ma furono allontanati dall’amministrazione e minacciati[26].

I Nucera, grazie a un mandato del sindaco Sanguineti, si occuparono anche della gestione straordinaria dei rifiuti alluvionali nel 2014 quando a Chiavari e Lavagna si verificò una violenta alluvione. Il costo preventivato dai Nucera per il servizio fu di gran lunga superiore a quello di mercato: 15€ a quintale di rifiuti rispetto al prezzo di mercato di 17€ a tonnellata per il trasporto di rifiuti indifferenziati urbani[27].

Il 20 giugno 2016 nell’ambito dell’operazione I conti di Lavagna vennero arrestati il sindaco Giuseppe Sanguineti, Massimo Talerico e Gabriella Mondello con l’accusa di abuso d’ufficio, voto di scambio e traffico illecito di influenze; vennero arrestati anche i fratelli Paolo, Antonio e Francesco Nucera insieme a Francesco Antonio Rodà e Antonio Rodà accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di rifiuti e droga, usura, riciclaggio e intestazione fittizia di beni.

Gli imputati vennero condannati in primo grado con la sentenza del 7 giugno 2019 eccetto Talerico che venne assolto. La Corte d’Appello confermò le condanne per Paolo Nucera (16 anni e 3 mesi di reclusione, individuato come capo della locale), Francesco Nucera (7 anni e 10 mesi di reclusione), Francesco Antonio Rodà (15 anni e 6 mesi di reclusione, individuato come rappresentante della locale con gli esponenti della Calabria) e Giuseppe Sanguineti (1 anno e 6 mesi di reclusione), mentre annullò, come già detto, la condanna a Gabriella Mondello.

Il 28 aprile 2021 la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati nel procedimento "I Conti di Lavagna, rendendo dunque definitive le condanne degli imputati[28].

Il comune di Lavagna fu sciolto il 24 marzo 2017 per infiltrazioni mafiose. Fu il primo comune sciolto per mafia in provincia di Genova e testimoniò ufficialmente la presenza di 'ndrangheta nell'amministrazione del Levante ligure[29].

Confische in Centro Storico

Il 30 giugno 2009, in seguito all’operazione della DIA Terra di Nessuno, vennero sequestrati più di 115 beni immobiliari di proprietà della famiglia Canfarotta, la maggior parte dei quali situata nel centro storico di Genova, in particolare nella zona della Maddalena. Ai Canfarotta, era contestato il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e lo sfruttamento di prostituzione[30].

Il 31 ottobre 2017 vennero nuovamente sequestrati in centro storico beni immobiliari per un totale di 900.000€ di proprietà del boss 'ndranghetista Salvatore Zappone, detto U Turiddu, presunto capo bastone della zona deceduto il 1° marzo 2012. I beni erano passati in eredità ai famigliari[31].

Gino Mamone, il Re delle bonifiche

Gino Mamone, soprannominato il Re delle bonifiche, è un imprenditore che si occupa di gestione rifiuti e movimento terra. La famiglia dei Mamone, proveniente dalla Piana di Gioia Tauro, venne segnalata nel 2002 dalla DIA come una delle consorterie storiche calabresi trasferitasi in Liguria[32]. Qui fondarono una società che iniziò ad aggiudicarsi numerosi appalti pubblici[33].

Nel 2007 la Guardia di Finanza definì Gino Mamone un esponente della malavita genovese affiancato a nomi del calibro di Onofrio Garcea[34]. La sua famiglia fu segnalata dalla Dia per i suoi legami con la 'ndrina calabrese dei Mammoliti[35]. Nel 2008 nelle informative per l’inchiesta Mensopoli, Gino Mamone veniva così definito dagli investigatori: «Il tenore delle conversazioni intercettate ha evidenziato collegamenti di Gino Mamone sia con il mondo politico sia con il mondo delle cosche calabresi. Egli potrebbe rappresentare il punto di contatto tra i due mondi»[36].

Mamone è stato arrestato nell’inchiesta Albatros per corruzione di funzionari Amiu e turbativa d’asta. L’accusa era quella di aver corrotto Corrado Grondona, dirigente dell’Area Approvvigionamenti ed Affari Generali della società A.M.I.U. Genova s.p.a., tramite prostitute in cambio di appalti[37].

Dopo la condanna in primo grado a 4 anni e 6 mesi per corruzione la Corte d’Appello ha disposto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Non è stata ritenuta sufficiente una consulenza che i PM Francesco Cardona Albini e Paola Calleri avevano affidato all’ingegnere Mauro Nalin. Si trattava di un documento decisivo per formulare l’accusa del giro di tangenti in cambio di appalti e favori sulla gestione dei rifiuti. Si è disposto di affidare la perizia a tre tecnici terzi, ma è probabile che i reati vadano in prescrizione, prevista nel 2023[38].

Il 10 novembre 2017 la Corte d’Appello di Genova ha riconosciuto la pericolosità sociale di Gino Mamone facendo scattare su di lui una misura preventiva di sorveglianza speciale[39].

Gino Mamone ha molti contatti nel panorama politico genovese: in altre intercettazioni si vantò di essere amico di Claudio Burlando (presidente della Regione Liguria dal 14 aprile 2005 all'11 giugno 2015) e di Marta Vincenzi (sindaco di Genova dal 28 maggio 2007 al 21 maggio 2012)[40]. Ha avuto contatti con Luigi Merlo, politico spezzino, marito di Raffaella Paita e all’epoca presidente del porto di Genova. Da Merlo nel 2007 ricevette persino richieste di voti per un compagno di partito a La Spezia [41]. Sempre Mamone venne intercettato mentre pronunciava queste frasi: «Noi ci siamo con quei settemila voti, non uno, noi tutti i calabresi, qua a Genova ce li gestiamo noi»[42].

Mamone in un momento di crisi aziendale nel 2013 si lamentò col fratello Vincenzo del fatto che Claudio Burlando non lo stesse aiutando e, anzi, facesse finta di non conoscerlo: «Alfio (Lamberti, consulente di Mamone, ndr) va da Gian Poggi e gli dice: digli a Burlandino che Gino sta chiudendo, che poi (va) da Pinto (il pubblico ministero, ndr), non ti preoccupare che gli viene il cagotto… Enzo (il fratello Vincenzo, ndr)… vai, stai tranquillo che quello mi convoca. E gli dico: e allora? Non ti preoccupare, faccio come hai fatto te, io a te non ti conosco. Io a te non ti conosco proprio… non ti conosco più, lo vado dire a chi… a chi di dovere…»[43].

Burlando sostenne che, a parte alcuni incontri nei cantieri, non c’era mai stato un rapporto con Mamone, il quale tuttavia aveva finanziato un evento dell’associazione culturale Maestrale, proprio di Claudio Burlando[44] e alcune intercettazioni evidenziano una grande familiarità tra Mamone e alcuni stretti collaboratori di Claudio Burlando, specialmente con Piero Piccolo, l’autista factotum di Burlando[45].

Mamone con Piero Piccolo ha parlato spesso di Burlando riferendosi a lui col nome "capo". L’imprenditore ligure chiese spesso a Piero Piccolo di organizzargli un incontro con Burlando, lamentandosi di non riuscire a contattarlo al telefono. Piccolo, di rimando, gli ricordava di finanziare alcuni eventi cittadini[46].

Nuovi sequestri in porto

Il 31 gennaio 2019 nell’operazione Neve genovese sono stati sequestrati in porto 2100 kg di cocaina purissima dal valore commerciale di mezzo miliardo di euro proveniente dalla Colombia e diretta a Barcellona. Si è trattato del più grande sequestro di droga in Italia negli ultimi 25 anni. Il 29 luglio dello stesso nell’operazione Buon vento genovese sono stati sequestrati 368 kg di cocaina e furono arrestati alcuni esponenti vicini al clan Alvaro.

Infine, il 7 febbraio 2022 sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza 435 kg di cocaina nel porto di Genova sulla nave MSC Adelaide proveniente dal Brasile. I magistrati antimafia credono che dietro al carico ci sia la mano della ‘ndrangheta. L'ipotesi sembra essere confermata dall’arresto di Giovanni Barone, la mente finanziaria del clan dei Bonavota al nord. Barone avrebbe permesso alla ‘ndrina di ricostruire i traffici sulla costa ligure e aveva inoltre trasformato una serie di imprese “decotte” in consorzi che stavano per prendersi i cantieri edili tra la Lanterna e Deiva Marina. Questi cantieri erano stati individuati dal clan durante numerosi incontri avvenuti tra i boss in ristoranti tipici calabresi a Genova e nell’entroterra. A organizzare questi incontri era Davide Garcea, figlio di Onofrio, il boss carcerato del clan Bonavota[47].

Recenti coinvolgimenti politici

Il 24 gennaio 2020, dopo cinque anni di dibattimento, Claudio Scajola (politico ligure, ex ministro degli interni ed ex coordinatore nazionale di Forza Italia, attualmente sindaco di Imperia) venne condannato in primo grado a due anni di reclusione per aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena, ex deputato di Forza Italia, che era riuscito a rifugiarsi a Dubai dopo essere stato condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa nel 2013. Il processo di Appello è ancora in corso[48].

Gli avvocati difensori durante il processo citarono come testimone a difesa di Scajola l’ex governatore Claudio Burlando. I due teoricamente erano avversari politici e la cosa destò scalpore. Christian Abbondanza, presidente della Casa della Legalità, sostenne: «Burlando e Scajola sono stati per anni alleati, hanno rappresentato il blocco di interessi che ha retto la Liguria: Scajola andando a fondo si aggrappa al suo amico»[49].

Situazione attuale

Come emerge dalle ultime relazioni della DIA[50], Genova rimane una città fortemente infiltrata dalla criminalità organizzata di stampo mafioso.

La più potente e strutturata organizzazione mafiosa sul territorio è la 'ndrangheta che ha proprio nel capoluogo la sua Camera di Controllo regionale con a capo la famiglia Gangemi. La locale di Genova ha la funzione di raccordo tra il Crimine reggino e le unità periferiche liguri[51]. Riguardo alla locale di Lavagna la sua operatività è stata riconosciuta sia in primo che in appello con la conferma delle condanne per associazione di tipo mafioso nei confronti di sodali della ‘ndrina Nucera-Rodà, proiezione ligure della cosca Rodà-Casile originaria della frazione San Carlo di Condofuri, in provincia di Reggio Calabria, nonché per corruzione elettorale con l’aggravante mafiosa nei confronti di un esponente di vertice dell’Amministrazione comunale di Lavagna[52]. Nelle intercettazione dell’inchiesta Il Crimine si fa riferimento anche alla locale di Rapallo, non ancora confermata a livello giudiziario, anche se il comune di Rapallo è stato interessato da molteplici confische[53].

Cosa Nostra e la Camorra non godono di una vera e propria organizzazione strutturata nella provincia, ma sono presenti alcuni piccoli nuclei familiari che sono solo un’emanazione periferica delle organizzazioni.

Negli ultimi anni, oltre alle storiche infiltrazioni di 'ndrangheta, il nuovo allarme riguarda le organizzazioni criminali straniere: alcune di queste agiscono da indipendenti, pur stringendo spesso sodalizi con gli esponenti mafiosi locali; altre organizzazioni, come quella albanese, hanno preso in subappalto varie branche dell’organizzazione calabrese. Tra le attività in gestione c’è soprattutto il traffico di droga[54]. Come è emerso dall’indagine Black Axe, a Genova è presente anche la cosiddetta "mafia nigeriana", che si occupa di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio e truffe.

Per quanto riguarda lo spaccio di droga, Genova è la principale piazza ligure e rimane un panorama fortemente connotato da sodalizi stranieri principalmente costituiti da extracomunitari di origine africana, sudamericana e dell’est Europa. Il centro storico, considerato una terra di nessuno, rappresenta una piazza privilegiata[55].

Un altro settore di interesse per la criminalità straniera è il favoreggiamento all’immigrazione clandestina, anche in considerazione della posizione strategica della Liguria che è da sempre un territorio di transito di flussi migratori irregolari verso altri paesi europei[56].

In generale c’è un’assenza di omicidi di matrice mafiosa, segnale di un uso controllato della violenza fisica da parte delle organizzazioni criminali, a cui si affiancano tuttavia numerosi attentati incendiari a esercizi commerciali e cantieri edili, sintomo questo di una presenza consolidata sul territorio con pretese di inserimento nell’economia locale[57].

Gli appalti pubblici

Le organizzazioni mafiose riescono frequentemente a infiltrarsi nei grandi appalti della provincia, a partire dalla ricostruzione del Ponte Morandi: il 18 giugno 2019, nell’ambito dell’operazione Var, la DIA ha eseguito in Liguria e in Campania un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’amministratore di una società che lavorava in subappalto alla costruzione del ponte e riconducibile all’organizzazione camorristica Nuova Famiglia[58].

In connessione al faraonico progetto del Terzo Valico, volto a migliorare i movimenti tra il porto di Genova e il nord Italia, sono stati effettuati nel 2016 vari arresti a causa della presunta influenza della ‘ndrangheta nei subappalti. Nel 2018 il presidente della Società Italiana Condotte d’Acqua, responsabile dei lavori, è stato arrestato per corruzione.

Questi fatti testimoniano un’infiltrazione capillare della criminalità organizzata di stampo mafioso negli appalti pubblici che rappresentano per i mafiosi uno dei principali business, specialmente negli ambiti della gestione rifiuti e del movimento terra. L’interesse mafioso va dai semplici appalti AMIU alle grandi opere. La 'ndrangheta ha tentato di condizionare l'amministrazione pubblica anche nel comune di Genova, seppure non sempre in maniera efficace. I candidati prescelti dai boss non sempre sono stati eletti. Questo denota una forte differenza con il ponente ligure dove la 'ndrangheta è percepita molto di più dalle persone e, dovendo movimentare voti in comuni con meno abitanti, è relativamente più influente rispetto a grandi comuni come Genova[59].

Il porto

Il porto di Genova rimane uno degli snodi italiani cruciali all’interno del narcotraffico internazionale che è in continua espansione. Lo testimoniano gli ingenti sequestri sempre più frequenti all’interno dell’area portuale: secondo la relazione della DIA nel porto di Genova viene sequestrato il 39,67% della cocaina di tutto il paese[60].

Locali di 'ndrangheta a Genova

Le due locali di ‘ndrangheta nella provincia sono quelle di Lavagna e di Genova.

Famiglie

Le famiglie della ‘ndrangheta attive sul territorio genovese sono:

  • Raso-Gullace-Albanese
  • Bonavota
  • Nucera-Rodà
  • Casile-Rodà
  • Gangemi


Le famiglie di Cosa Nostra attive sul territorio sono:

  • Fiandaca
  • Emanuello
  • Rinzivillo
  • Madonia

Principali operazioni antimafia

  • Maglio 3; ordinanza 24 giugno 2011; Primo grado 9 novembre 2012, Appello 16 ottobre 2018; Cassazione 28 ottobre 2020; organizzazioni coinvolte: ‘ndrangheta
  • I Conti di Lavagna; ordinanza 20 giugno 2016; primo grado 7 giugno 2019; Appello 26 giugno 2019; Cassazione 28 aprile 2021; organizzazioni coinvolte: ‘ndrangheta
  • Il Crimine; Primo grado 19 luglio 2013, Appello 16 luglio 2015; Cassazione 18 maggio 2017; organizzazioni coinvolte: ‘ndrangheta

Note

  1. Marco Grasso, Pentito della ‘ndrangheta confessa: «Compravamo le armi in via Pré», Il Secolo XIX, 22 giugno 2016
  2. Casa della legalità, Ma se i Rampino hanno vissuto da 'ndranghetisti che colpa abbiamo noi?, casadellalegalita.org, 21 novembre 2013
  3. Luca Tescaroli, Le faide mafiose nei misteri della Sicilia, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2003, pp. 114-115
  4. Massimo Calandri, Mafia Genovese, ultimo atto, La Repubblica, 15 maggio 2002
  5. Ibidem
  6. Vittorio Tarditi, Relazione sulla missione in Liguria, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari, 26 luglio 1995, p. 10
  7. Ibidem
  8. Osservatorio Boris Giuliano, 'ndrangheta in Liguria: l'infiltrazione e i primi processi, mafieinliguria.it, 26 settembre 2012
  9. Guido Passalacqua, Teardo e il suo clan sono colpevoli, La Repubblica, 9 agosto 1985
  10. Piero Valentino, Così Mafie e ‘ndrangheta compravano voti per Teardo, La Repubblica, 31 agosto 1984
  11. Casa della legalità, Genova dove vota la mafia ed i politici si mostrano devoti (incassando anche alle Primarie), casadellalegalita.org, 21 novembre 2013
  12. Massimo Calandri, Mafia Genovese, ultimo atto, La Repubblica, 15 maggio 2002
  13. Vittorio Tarditi, Relazione sulla missione in Liguria, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari, 26 luglio 1995, p.19
  14. Wanda Valli e Francesco Viviano, Quel piano di terrore dei clan, La Repubblica, 15 maggio 1998
  15. Coca, Colombiani & 'ndrangheta, La Repubblica, 23 marzo 1995
  16. Osservatorio Boris Giuliano, Cosa Nostra in Centro Storico: il Clan Fiandaca-Emmanuello, mafieinliguria.it, 26 settembre 2012
  17. Alfredo Sicuro, Sentenza contro Gangemi Domenico + 35, Tribunale di Locri - Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, 19 maggio 2014, p.251
  18. Giuseppe Baglivo, 'Ndrangheta: dal Vibonese alla Liguria, Garcea condannato in Cassazione, Il Vibonese, 3 novembre 2020
  19. Silvia Carpanini, Sentenza contro Fortunato Barilaro +9, Tribunale di Genova - Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, 31 gennaio 2013, pp. 112-116
  20. Annaleila Dello Preite, Sentenza N. 2996/18 contro Fortunato Barilaro +9, Corte di Appello di Genova, 16 ottobre 2018, pp. 50-54
  21. Annaleila Dello Preite, Sentenza N. 2996/18 contro Fortunato Barilaro +9, Corte di Appello di Genova, 16 ottobre 2018, p. 53
  22. Sergio Merlo, Sentenza N. 2349/19 contro Paolo Nucera +19, Tribunale di Genova, 7 giugno 2019, p.26
  23. Annaleila Dello Preite, Sentenza N. 1219/20 contro Paolo Nucera +13, Corte di Appello di Genova, 26 giugno 2020, pp. 79-86
  24. Alessandro Ponte, Corruzione elettorale a Lavagna, l’ex parlamentare Gabriella Mondello torna a processo, Il Secolo XIX, 5 giugno 2021
  25. Annaleila Dello Preite, Sentenza N. 1219/20 contro Paolo Nucera +13, Corte di Appello di Genova, 26 giugno 2020, p. 87
  26. Annaleila Dello Preite, Sentenza N. 1219/20 contro Paolo Nucera +13, Corte di Appello di Genova, 26 giugno 2020, p. 29
  27. Annaleila Dello Preite, Sentenza N. 1219/20 contro Paolo Nucera +13, Corte di Appello di Genova, 26 giugno 2020, p. 112
  28. Osservatorio Boris Giuliano, Conti di Lavagna, la Cassazione conferma le condanne, mafieinliguria.it, 28 aprile 2021
  29. Per approfondire, vedi Comuni sciolti per mafia
  30. Osservatorio Boris Giuliano, Confisca Canfarotta/Lo Re - 115 beni confiscati, mafieinliguria.it, 26 settembre 2012
  31. Simone Schiaffino, Genova, confiscato il tesoro di don Turiddu, ex boss dei vicoli: 11 alloggi per 900mila euro, Il Secolo XIX, 31 ottobre 2017
  32. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2002, Volume 2, p. 100
  33. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2002, Volume 2, p. 101
  34. Vinicio Giuseppe Guido Peluffo, Interrogazione a risposta in commissione 5/06091, 2 febbraio 2012
  35. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2002, Volume 2, p. 101
  36. Casa della legalità, Genova – La Procura Vuole Gli Arresti Degli 'Ndranghetisti, casadellalegalita.org, 23 maggio 2008
  37. Si veda Roberta Bossi, Ordinanza di Custodia Cautelare R.G.N.R. N. 5620/12/21, R. Mis. caut. N. da 462 a 471/14, Tribunale di Genova, Sezione Giudice per le indagini preliminari, 6 novembre 2014; vedi anche "Genova, “appalti in cambio di escort”: 7 arresti. Indagine anche su post alluvione", Il Fatto Quotidiano, 13 novembre 2014
  38. Marco Lignana, Scandalo Amiu, processo da rifare, La Repubblica, 2 ottobre 2021
  39. Marco Grasso, «Gino Mamone è un pericolo sociale», Il Secolo XIX, 10 novembre 2017
  40. Ferruccio Sansa, Voto di scambio con le cosche, Il Secolo XIX, 23 maggio 2008
  41. Guardia di Finanza – Comando gruppo di Genova, Operazione “Pandora” – Informativa Finale, pp. 340-344
  42. Ivi, p. 358. Grassetto nostro.
  43. Ferruccio Sansa, Genova, appalti alluvione. Imprenditore Mamone: ‘Viene il cagotto a Burlandino’, Il Fatto Quotidiano, 16 novembre 2014
  44. Marco Preve, La Liguria e la ‘ndragheta, La Repubblica, 15 gennaio 2012
  45. Guardia di Finanza – Comando gruppo di Genova, Operazione “Pandora” – Informativa Finale, pp. 322-340
  46. Ibidem
  47. Citato in "Il potere della ‘ndrangheta (anche) sul porto di Genova", Corriere della Calabria, 30 gennaio 2023
  48. Dato aggiornato al 21 febbraio 2023
  49. Marco Preve, Processo a Reggio, Scajola chiama Burlando come testimone, La Repubblica, 9 novembre 2014
  50. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2021, pp. XXVI-XXVIII
  51. Ibidem
  52. Ibidem
  53. Cross, Primo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali per la presidenza della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso, Università degli Studi di Milano, 2 giugno 2016, p. 121.
  54. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° Semestre 2021, pp. XXVI-XXVIII
  55. Ibidem
  56. Ibidem
  57. Cross, op. cit., p. 121.
  58. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 1° Semestre 2019, p. 142
  59. Cross, op. cit., p. 122.
  60. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 1° Semestre 2019, p. 142

Bibliografia

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