Definizione

Il termine “ecomafie” «è un neologismo coniato da Legambiente che indica quei settori della criminalità organizzata che hanno scelto il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, l'abusivismo edilizio e le attività di escavazione come nuovo grande business in cui sta acquistando sempre maggiore peso anche i traffici clandestini di opere d’arte rubate e di animali esotici.»[1] Questo termine “debutta” nella lingua italiana nel 1994, a seguito del primo Rapporto intitolato, appunto, “Le Ecomafie”, e che deriva da un lavoro svolto tra Legambiente, il corpo dei Carabinieri ed Eurospes. Come riporta lo Sportello Scuola e Università della Commissione Parlamentare Antimafia, quelli relativi all'ambiente rientrano nella categoria dei "reati senza vittima", ovverosia che non suscitano allarme nella popolazione, non essendo immediatamente evidenti. Essi però servono alle organizzazioni di stampo mafioso ad alterare le regole di funzionamento del mercato. [2]

Sviluppo del fenomeno

Analizzando il fenomeno nel corso degli anni, emerge che sono i soggetti che si occupano dello smaltimento, e dunque le stesse organizzazioni di stampo mafioso, a presentarsi alle aziende che necessitano tali servizi ed ad offrirsi di svolgerli al loro posto, a prezzi ovviamente concorrenziali. Fondamentale perché ciò possa accadere è uno dei requisiti delle organizzazioni mafiose, ovvero il controllo del territorio. Solo avendocelo, infatti, è possibile, ad esempio, muovere enormi quantità di terreno, riempire le buche con rifiuti e poi coprire il tutto appianandolo. Ciò è anche favorito dall'omertà, in quanto sono lavori che richiedono numerosi camion che viaggiano di notte, ed è impossibile per le popolazioni locali non accorgersi di ciò che avviene. «I risultati lasciano pochi margini di dubbio: il saccheggio sistematico delle risorse ambientali rappresenta una delle leve attraverso cui i clan accumulano ricchezza e potere. E le conseguenze sono devastanti, soprattutto nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia)».[3] Dalla Relazione di Legambiente sul tema emerge, infatti, che sui circa 30'000 reati contro l'ambiente che sono stati accertati, ben il 47% di essi avvengono in queste quattro regioni. [4]

Criticità sul tema

Come afferma il Professor Nando Dalla Chiesa[5], emergono quattro criticità sul tema dell'ecomafia: 1) lo sviluppo di business di nuova generazione. 2) l'organicità al modello di sviluppo. 3) una nuova qualità dei beni aggrediti. 4) crucialità del ruolo svolto dal sistema lombardo e del nord in generale.

Per quanto riguarda la prima, è da notare come le organizzazioni mafiose anticipino le istituzioni nei loro traffici, facendo emergere la mancanza di conoscenza del loro modus operandi e delle organizzazioni stesse, ad esempio non considerando le "nuove generazioni" di affiliati come sostitute delle precedenti, ma esse convivono tra loro.

La seconda criticità, invece, è riconducibile al modello di società nella quale viviamo: essa è, infatti, ben oltre il limite della sostenibilità. Con ciò si intende la forte presenza di eccessi, che vanno smaltiti. Ciò provoca, come detto in precedenza, una domanda di servizi illegali al minor costo possibile. Prendendo ad esempio il caso campano, questa regione è stata la prima ad essere utilizzata come luogo di sversamento rifiuti in quanto è la regione, in cui viene esercitato un forte controllo mafioso sul territorio, più vicina geograficamente alle aziende del nord che necessitavano di questo servizio. Oggi questo business sta portando alla nascita di nuove organizzazioni criminali, come ad esempio nel trasporto di rifiuti verso il Ghana, dove vengono sversati quantità notevoli di computer.

Dagli anni Novanta è anche cambiata la tipologia dei beni aggrediti: non più "solo" traffici di stupefacenti, esseri umani, armi etc, ma anche danni al patrimonio naturale, alla salute, all'alimentazione. Le terre del Sud Italia sono notoriamente fertili, ma oggi questi beni vengono aggrediti, versano veleni nella terra ma anche intaccando le fonti di acqua potabile, con danni gravissimi sia alle colture che alla salute dei cittadini. Oltre a questi si aggiunge l'abusivismo edilizio e i cosiddetti "ecomostri", che portano a morte e distruzione in molti luoghi.

Infine è stata osservata una decuplicazione di densità demografica a Milano rispetto al resto dell'Italia negli ultimi anni. Ciò ha portato ad una continua costruzione sia di case che di aziende, che devono smaltire i rifiuti prodotti. E' stato inoltre rilevato che un metodo per evitare i controlli dell'Autorità Giudiziaria è la piantumazione di alberi: infatti, dopo tre anni da essa, non è più possibile effettuare rilievi sul territorio.

Abusivismo edilizio

Il tema dell'abusivismo è evidentemente riconducibile al tema delle ecomafie. Per abusivismo innanzitutto si intende la costruzione di immobili senza autorizzazione o in aree inedificabili. Il giro di affari legato a questo tema viene molto spesso sottovalutato dall'opinione pubblica, ma tra il 2003 e il 2011 il CRISME (Centro Ricerche Economiche e Sociali di Mercato per l'Edilizia e il territorio) ha calcolato che sono state costruite 258.000 case abusive, che hanno portato ad un giro d'affari di oltre 18 miliardi di euro.

Note

  1. Legambiente, Ecomafia, in http://www.legambiente.it/temi/ecomafia
  2. http://www.camera.it/_bicamerali/leg15/commbicantimafia/documentazionetematica/27/schedabase.asp
  3. Fontana Enrico, "Ecomafie", in Dizionario Enciclopedico di Mafie e Antimafia, (a cura di) Manuela Mareso e Livio Pepino
  4. Legambiente, Ecomafia, in http://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/legambiente-presenta-ecomafia-2014
  5. Summer School, "Ecomafie", Università degli Studi di Milano, settembre 2014

Fonti

Fontana Enrico, "Ecomafie", in Dizionario Enciclopedico di Mafie e Antimafia, (a cura di) Manuela Mareso e Livio Pepino

Summer School, "Ecomafie", Università degli Studi di Milano, settembre 2014

Legambiente, www.legambiente.it

Sportello Scuola e Università, Commissione Parlamentare Antimafia