Quale #antimafia a #Milano? Le nostre domande ai candidati sindaco

WikiMafia è la prima e più grande enciclopedia sul fenomeno mafioso, è redatta da volontari (studenti o laureati dell’Università Statale per lo più) ed è milanese, perché a Milano è stata fondata il 15 ottobre 2012. Così come è milanese MafiaMaps, sua spin-off, che è la prima app sulla geografia delle mafie in Italia ma soprattutto è anche la prima startup innovativa a vocazione sociale orientata alla promozione di ricerca scientifica sul fenomeno mafioso.

Proprio per questa ragione, avendo apprezzato la vera e propria rivoluzione sul tema della lotta alla mafia operata dalla Giunta Pisapia, abbiamo deciso di porre cinque domande ai principali candidati sindaco di Milano, vale a dire: Beppe Sala (Centro-Sinistra), Stefano Parisi (Centro-Destra), Gianluca Corrado (M5S), Basilio Rizzo (Milano in Comune), Marco Cappato (Radicali). La necessità di queste domande parte dal fatto che un tema fondamentale come il contrasto alla presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso ha trovato poco spazio nella campagna elettorale (o comunque non è stato adeguatamente pubblicizzato nel dibattito pubblico sui media in generale).

Ecco le cinque domande, che trovate in forma riassunta nell’infografica che abbiamo realizzato per la diffusione sui social:

  1. E’ sua intenzione riconfermare la costituzione, nella prossima legislatura, della Commissione Consiliare Antimafia, presieduta in questi anni da David Gentili? E che fine farà il Comitato Antimafia di esperti creato da Giuliano Pisapia e coordinato da Nando dalla Chiesa, che ha prodotto sette relazioni semestrali (l’ultima verrà presentata dopo il voto) le quali hanno fotografato lo stato dell’arte e i settori di rischio della città, permettendo alla Giunta di muoversi per tempo e prevenire infiltrazioni nella macchina comunale? Se non ha intenzione di riconfermali, quale altra soluzione intende adottare per monitorare la situazione della presenza mafiosa a Milano, senza dover aspettare le inchieste della magistratura?
  2. L’istituzione dei Municipi, con la propria autonomia di spesa, rappresenta un’opportunità per la città di Milano ma, come evidenziato nelle relazioni del Comitato Antimafia e come insegnano diversi studi e inchieste della magistratura, rende anche più esposti i consiglieri municipali alle pressioni della criminalità organizzata. Quali strumenti intende adottare per prevenire casi di infiltrazione?
  3. Nella città di Milano sono presenti 440 beni confiscati alle organizzazioni mafiose, mentre nell’area provinciale coperta dalla Città Metropolitana il dato finale è di 1006 beni (aggiornato al 31 dicembre 2015). Come lei sa, il principale problema è legato alla rivitalizzazione di quei luoghi un tempo in mano alle organizzazioni mafiose, che in gran parte restano vuoti e inattivi. Quale logica organizzativa e gestionale innovativa intende intraprendere da Sindaco della Città Metropolitana di Milano per incentivare il riutilizzo sociale di quei beni e quali dovrebbero essere, secondo lei, le principali destinazioni d’uso di quei luoghi?
  4. La Giunta Pisapia, in questi cinque anni, ha valorizzato il rapporto tra l’istituzione comunale e le Università milanesi, in particolare l’Università degli Studi di Milano, le associazioni attive sui territori, gli studenti e la società civile in generale, promuovendo uno scambio e un reciproco arricchimento culturale delle varie realtà della città nella lotta alla mafia. Come intende continuare a valorizzare questo rapporto di collaborazione tra istituzioni e società civile?
  5. Anche sulla scorta di quanto emerso dalle relazioni del Comitato Antimafia del Sindaco, delle informative della DIA e delle inchieste giudiziarie della DDA, quali sono i settori della Pubblica Amministrazione che secondo lei è più urgente bonificare? In che modo intende portare avanti questa “bonifica”?

I candidati possono inviare le loro risposte a redazione@wikimafia.it, le risposte verranno pubblicate in calce a questo articolo.

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LE RISPOSTE

BASILIO RIZZO (Milano in Comune), risposte inviate il 2/06/2016

1) Su questa domanda si potrebbe scrivere a lungo, spiegando nel dettaglio tutte le ragioni per cui è cruciale che l’amministrazione Comunale torni a dotarsi di questi due organi, oppure si può pretendere che ormai sia chiaro a tutti, e rispondere semplicemente con un monosillabo: si. Io voglio sperare, malgrado quel che sento, che per tutti i candidati valga la seconda opzione. Senza “se” e senza “ma”.

2) Da un punto di vista amministrativo i Municipi possono essere, per una città come Milano, una grande risorsa di efficienza, di vicinanza e di percezione della quantità e della qualità dei problemi di una determinata area. E’ altrettanto vero che questa forma di decentramento ci pone innanzi a un problema per quel che riguarda le pressioni criminali, corruttive e mafiose.
Se chiediamo a un Consiglio Municipale di gestire un maggior numero di servizi e a un Municipio di divenire un centro di spesa, non possiamo lasciare i livelli di guardia la dove erano quando le Zone non avevano tali attribuzioni.
Credo sia dunque necessario, innanzi tutto, applicare ai Consigli Municipali i medesimi criteri di trasparenza e di “messa in sicurezza” che sono giustamente pretesi per il Consiglio Comunale; fatto questo, è importante garantire uno scambio continuo di informazioni e di rapporti fra i Consigli Municipali e il Consiglio Comunale, anche con relazioni formali dei primi al secondo sullo stato dell’arte se è necessario.
Purtroppo, un caso emblematico del fatto che i Municipi possono essere una risorsa o un passaggio corruttivo in più, viene dal ruolo che avevano alcuni Municipi di Roma nel network criminale noto come “Mafia Capitale”. Questo è un rischio da scongiurare ad ogni costo, chiedendo al Consiglio Comunale che adoperi uno sforzo in più per estendere la propria attività antimafia anche ai Consigli Municipali.

3)Da un punto di vista legale, la Legge 109/96 non lascia spazio a interpretazioni: il riutilizzo di quei beni deve avere una finalità sociale. Dove è possibile, aggiungo io, è sempre bello veder nascere realtà legate a progetti di cultura della legalità dentro beni che un tempo erano dei mafiosi. Il ruolo del Comune è importante perché indicato come punto di passaggio fra Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati e soggetto assegnatario. Le problematiche che sorgono in questi due passaggi, in genere, sono di natura burocratica. Il tempo che intercorre fra il sequestro e la confisca da parte dell’Autorità Giudiziaria, il passaggio all’Agenzia Nazionale, l’assegnazione al Comune e la riassegnazione al soggetto ultimo, è in genere un tempo molto lungo, nel corso del quale il bene si degrada e occorre di sempre maggior manutenzione per tornare ad essere fruibile; e quindi sempre meno appetibile per una realtà che volesse prendersene cura; e quindi sempre più abbandonato. Un circolo vizioso, insomma. Quel che si può fare, dal punto di vista dell’Amministrazione Comunale, è accorciare il più possibile i tempi che gli competono e agevolare, con trasparenti bandi pubblici, le realtà associative e cooperative che hanno idee e progetti su un particolare bene. E’ necessaria una conoscenza dettagliata e approfondita, da parte di un amministratore comunale, del numero di beni presenti sul proprio territorio e della condizione degli stessi; dunque instaurare una relazione costante con l’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati e richiederle, ogni qualvolta ci sia un nuovo bene confiscato sul territorio comunale, di procedere alla destinazione. Utile sarebbe esercitare questo tipo di pressione nei confronti dell’agenzia con progetti sul bene specifico già incardinati. Al momento, sebbene una stima esatta e ufficiale non c’è, sono circa una ventina i beni pronti burocraticamente alla destinazione ultima, ma inutilizzati, su Milano: partire subito da quelli. Andare a vederli, conoscerne la storia, capire cosa poterci fare dentro, conoscere l’associazionismo e lavorare affinché venga riutilizzato. Oltre ai già citati bandi pubblici, se il rapporto con l’associazionismo è rodato, se ci sono realtà che sono ben note al Comune per le loro attività, se queste realtà hanno progetti seri e di lungo periodo su un bene, allora anche lo strumento dell’assegnazione diretta (previsto dalla legge ma ancora poco utilizzato) diventa utile per superare alcune delle problematiche descritte. 

4) Il circuito nato e cresciuto negli ultimi 6/7 anni a Milano fra Istituzioni, Università, Scuole, Associazioni e Società Civile sulla sensibilizzazione, la memoria e la formazione riguardo al fenomeno mafioso, credo dovrebbe essere portato ad esempio per tutto il Paese. E’ nato e cresciuto certamente sulla gambe di alcune persone, ma con una propria spontaneità, unitarietà e numerosità che penso sia difficilmente inquadrabile.
Ciò che dal canto mio garantisco è che, se sarò nuovamente chiamato dai Cittadini Milanesi ad avere delle responsabilità, aumenterò le possibilità di scambio tra Comune e Università (in particolare con l’Università Statale), incoraggiando l’avvio di un’ulteriore buona pratica che credo sarebbe straordinariamente utile: le audizioni in Commissione Consiliare Antimafia dei tanti preparatissimi ricercatori che Milano vanta sul tema; devono essere loro la linfa vitale dell’azione amministrativa in questo ambito, loro ad aiutarci a capire sempre meglio quel che è accaduto, quel che sta accadendo e quel che potrebbe accadere.
La società Civile, di concerto con tutte le agenzie già citate, ha il dovere di occupare gli spazi a cui ambisce la criminalità mafiosa; questo a Milano succede, e può succedere sempre di più, se continuiamo ad insistere in questa direzione. Qualche parola penso sia doveroso spenderla per le associazioni, che tanto danno alla Città avendo spesso nulla in cambio, se non un grazie. Sarebbe bello che oltre al grazie, Milano si sforzasse di trovare spazi di ritrovo alle migliori di queste realtà, promotrici continue di appuntamenti che contribuiscono positivamente alla qualità del dibattito cittadino e alla necessità di essere informati e preparati sul tema, spesso costrette a riunirsi al bar. Farebbero circuito, sarebbero valorizzate. Sarebbe un bel modo per dirgli quanto Milano gli è grata.

5) Questa è forse la domanda più stimolante, e che richiede una maggior attenzione.
Proprio grazie al circuito di cui accennavo nella risposta precedente, in questi anni ho capito quanto il problema delle infiltrazioni sia diviso su due livelli.
Uno quello dei grandi lavori, delle grandi cifre, dei grandi numeri. Pressione alta, guardia anche. Sono i casi che destano scandalo, i settori in cui le prevenzioni sono più numerose e più efficaci. Poi c’è un altro livello, spesso ignorato, spesso sottovalutato e invece drammaticamente pericoloso.
E’ quello dei piccoli lavori, delle piccole cifre, dei livelli a cui talvolta l’opinione pubblica, a torto, non presta attenzione.
Nessuno tiene la guardia alta su un appalto delle pulizie di un piccolo palazzo dell’Amministrazione Comunale. Nessuno tiene la guardia alta sulla concessione di un piccolo servizio bar all’interno di un palazzo pubblico. Nessuno tiene la guardia alta su un appalto per la vigilanza notturna di un cimitero. Nessuno tranne i mafiosi. Quel tipo di “micro” infiltrazioni, spesso, vogliono dire rapporti, vogliono dire lavoro, vogliono dire spazi, vogliono dire controllo.
Vi ambiscono, e noi abbiamo il dovere di trasportare le regole che valgono per le grandi voci di spesa anche alle voci di spesa inferiori. Il punto non è difendere il grande, il punto è difendere dove attaccano. E se attaccano il piccolo, noi dobbiamo difendere il piccolo (discorso parzialmente sovrapponibile a quello precedente sui Municipi).
I settori della PA legati al commercio (concessioni, controlli, ecc), ad esempio, sono nodi sensibili; gli Uffici che gestiscono la burocrazia che sta dietro a grandi e piccoli lavori (da M4 fino alla manutenzione dell’arredo urbano); gli apparati attraverso cui passano le concessioni edilizie e il movimento terra, ovviamente. Infine massima deve essere l’attenzione sulla gestione delle emergenze: mai l’urgenza deve divenire motivo di minor attenzione sulla legalità di tutte le fasi di gestione della stessa. Gli esempi del passato in questo senso, purtroppo, abbondano e sono per noi motivo di maggior allerta.