Lo scorso 31 maggio avevamo posto cinque domande ai candidati sindaco su temi fondamentali riguardanti la lotta alla mafia nella città di Milano, dove WikiMafia è nata e dove operano la maggior parte dei suoi volontari. Tra quelli del primo turno aveva risposto solo Basilio Rizzo, il presidente del Consiglio Comunale uscente e candidato con una lista a Sinistra. Abbiamo riproposto le domande ai candidati arrivati al ballottaggio all’indomani del primo turno e poco fa sono arrivate le risposte di Beppe Sala, candidato sindaco del centrosinistra. Attualmente non abbiamo avuto riscontri da parte di Stefano Parisi, candidato sindaco del centrodestra, né in merito alla volontà di rispondere né a quella di non rispondere.
Ecco le risposte di Beppe Sala:
E’ sua intenzione riconfermare la costituzione, nella prossima legislatura, della Commissione Consiliare Antimafia, presieduta in questi anni da David Gentili? E che fine farà il Comitato Antimafia di esperti creato da Giuliano Pisapia e coordinato da Nando dalla Chiesa, che ha prodotto sette relazioni semestrali (l’ultima verrà presentata dopo il voto) le quali hanno fotografato lo stato dell’arte e i settori di rischio della città, permettendo alla Giunta di muoversi per tempo e prevenire infiltrazioni nella macchina comunale? Se non ha intenzione di riconfermali, quale altra soluzione intende adottare per monitorare la situazione della presenza mafiosa a Milano, senza dover aspettare le inchieste della magistratura?
Si. Intendo confermare la Commissione consiliare Antimafia: non solo per l’importante lavoro svolto in questi cinque anni sotto la guida di David Gentili, ma soprattutto perché credo che l’Amministrazione comunale debba essere impegnata al massimo nella comprensione dell’entità del fenomeno mafioso, delle sue caratteristiche sul nostro territorio, delle buone pratiche che un’amministrazione comunale può porre in essere per creare quanti più ostacoli possibili alle lunghe mani del malaffare mafioso.
Anche il Comitato Antimafia è un presidio che reputo importante e che voglio assolutamente confermare: più agile nella sua azione, propriamente analitico invece che politico, direttamente a supporto del Sindaco e della Giunta. Vorrei proprio confermare gli stessi componenti attuali.
Sappiamo che quello mafioso è un problema non solo di sicurezza e legalità, ma anche propriamente culturale. Negando ciò che il Comune può fare per comprendere e contrastare le mafie, se ne nega in un certo senso l’esistenza. E’ un errore gravissimo che il Comune di Milano ha fatto con le amministrazioni antecedenti al 2011; non possiamo ora fare un passo indietro. Lo dico riferendomi, con preoccupazione, a quanto detto dal mio avversario a riguardo. Capisco che ogni strumento di controllo – anche sull’attività amministrativa e politica comunale – può essere vissuto come un intralcio alla speditezza dell’attività amministrativa e politica, ma Milano deve dimostrare ancora con la prossima amministrazione che la propria coscienza antimafiosa è irrinunciabile. Quindi per me, anche in questa prospettiva, ben vengano presidi come quelli sopra elencati. Tanto credo in questo che ho già presentato un ulteriore comitato: per la trasparenza e la legalità. Sarà guidato da Gherardo Colombo, con Mara Brassiolo (past President di Transparency Italia), l’Avv. Stefano Nespor e il dott. Federico D’Andrea a comporlo. La legalità è un fattore di sviluppo sociale ed economico e Milano deve dare esempio della sua affermazione anche attraverso il coinvolgimento delle migliori esperienze e competenze nell’azione amministrativa.
L’istituzione dei Municipi, con la propria autonomia di spesa, rappresenta un’opportunità per la città di Milano ma, come evidenziato nelle relazioni del Comitato Antimafia e come insegnano diversi studi e inchieste della magistratura, rende anche più esposti i consiglieri municipali alle pressioni della criminalità organizzata. Quali strumenti intende adottare per prevenire casi di infiltrazione?
Ci sono diversi livelli istituzionali nuovi sui quali intendo operare: uno i Municipi, l’altro la Città metropolitana. Oltre ai presidi voluti dall’ordinamento nazionale e quelli già adottati in tema di trasparenza dell’attività amministrativa dal Consiglio Comunale di Milano, ritengo necessario che entrambi gli Enti istituzionali abbiano a disposizione i migliori strumenti di analisi della presenza mafiosa nell’ambito di propria competenza e per l’adozione degli interventi di prevenzione necessari.
Entrambe le strutture di cui ho detto (Comitato e Commissione) dovranno quindi essere punti di riferimento anche per i Municipi. Se, infatti, non è immaginabile che ciascun Municipio abbia una propria struttura apposita composta delle necessarie esperienze e competenze, è comunque opportuno che possa contare sulle strutture comunali deputate: per chiedere approfondimenti, per segnalare situazioni, per domandare valutazioni in ordini ai presidi che si intendono adottare.
Diverso il caso per la Città metropolitana, ove un Comitato antimafia che guardi oltre i confini di quello comunale può garantire la più pronta e migliore consapevolezza circa l’evoluzione del fenomeno, ma anche la realizzazione di un’opera di prevenzione più efficace e capillare, capace però anche di cogliere la dimensione sistemica del problema.
Nella città di Milano sono presenti 440 beni confiscati alle organizzazioni mafiose, mentre nell’area provinciale coperta dalla Città Metropolitana il dato finale è di 1006 beni (aggiornato al 31 dicembre 2015). Come lei sa, il principale problema è legato alla rivitalizzazione di quei luoghi un tempo in mano alle organizzazioni mafiose, che in gran parte restano vuoti e inattivi. Quale logica organizzativa e gestionale innovativa intende intraprendere da Sindaco della Città Metropolitana di Milano per incentivare il riutilizzo sociale di quei beni e quali dovrebbero essere, secondo lei, le principali destinazioni d’uso di quei luoghi?
Abbiamo una normativa nazionale di riferimento che risale al 1996 che pone degli obiettivi importanti e che condivido pienamente per la restituzione all’utilità sociale di quei beni. Milano, in questi ultimi cinque anni, ha fatto molto per riuscire a realizzare quegli obiettivi nella maniera migliore in relazione ai tanti beni che insistono sul proprio territorio. Bisogna fare in modo che l’intera Città Metropolitana possa accelerare il percorso per l’assegnazione del bene. Il tempo è una risorsa preziosa per evitare che tali beni perdano di interesse rispetto al momento della confisca pronunciata dall’Autorità giudiziaria. Mi permetto di segnalare come nel programma del centrosinistra per Milano vi sia anche una proposta per i beni confiscati ad alta vocazione commerciale.
La Giunta Pisapia, in questi cinque anni, ha valorizzato il rapporto tra l’istituzione comunale e le Università milanesi, in particolare l’Università degli Studi di Milano, le associazioni attive sui territori, gli studenti e la società civile in generale, promuovendo uno scambio e un reciproco arricchimento culturale delle varie realtà della città nella lotta alla mafia. Come intende continuare a valorizzare questo rapporto di collaborazione tra istituzioni e società civile?
Le istituzioni funzionano quando sanno sviluppare collaborazioni efficaci con le ricchezze del proprio territorio. Tra le ricchezze di questa città c’è il mondo universitario. Non accedere alle esperienze ed alle competenze che in quelle realtà si sviluppano in ordine all’analisi del fenomeno mafioso significherebbe semplicemente essere irresponsabili. Idem per il rapporto con la società civile, espressione vasta, ma indicativa di quell’insieme di persone consapevoli del loro ruolo di cittadini e desiderosi di migliorare la realtà sociale nella quale vivono. Le esperienze sviluppate dal Comune in questi cinque anni sono meritevoli di essere portate avanti. Se Milano ha smesso di essere la Città dove si fingeva, a livello Comunale, che il fenomeno della criminalità organizzata non abitasse nei quartieri della città, è perché il contrasto culturale alla mentalità criminale ed alla mafia è un valore condiviso da tantissime persone impegnate. Del loro aiuto il Comune ha bisogno anche per continuare quell’opera di divulgazione dei valori “antimafiosi” alle giovani generazioni.
Il coinvolgimento deve essere anche con le Riguardo alle associazioni di categoria in veri e propri patti con l’Amministrazione comunale per responsabilizzarle (cioè renderle co-protagoniste) nelle azioni contro l’avanzata della criminalità organizzata.
Personalmente ho visto come i protocolli di legalità, lungi dall’essere da soli strumenti adeguati, possano comunque svolgere un ruolo importante. La collaborazione tra istituzioni pubbliche e realtà associative organizzate ha prodotto in quel caso circa 80 interdittive antimafia. Ottanta aziende che non si sono infiltrate nei lavori di Expo grazie ad uno strumento sul quale intendo ancora investire.
Anche sulla scorta di quanto emerso dalle relazioni del Comitato Antimafia del Sindaco, delle informative della DIA e delle inchieste giudiziarie della DDA, quali sono i settori della Pubblica Amministrazione che secondo lei è più urgente bonificare? In che modo intende portare avanti questa “bonifica”?
L’Amministrazione comunale ha responsabilità e poteri in ordine al commercio (ove, ad esempio, gestisce le concessioni ed è tenuta ai controlli), ha piena responsabilità nel settore degli Appalti, per opere piccole e grandi che devono avere entrambe la medesima attenzione rispetto al rischio criminale. Questi sono i contesti ove è necessario agire con massima attenzione. Non mi piace parlare di “bonifica” perché lascia intendere che fino ad oggi si sia lasciato giacere un problema. Così, in questi ultimi cinque anni, non è stato. E ciò anche grazie alla Commissione Consiliare Antimafia ed al Comitato Antimafia dei quali si diceva in esordio. Da loro non solo è arrivata un’azione informativa importante ed utile per la presa di coscienza dell’entità del fenomeno, ma anche tanti stimoli operativi che possono/devono essere attuati.