Milano Capitale Antimafia. Quando abbiamo scelto questo nome per la nostra call to action l’obiettivo principale era semplice: far sì che il tema della lotta alla mafia entrasse nel dibattito sulle elezioni a Milano. Ci siamo riusciti? Insomma.
Dopo la pubblicazione del report “La mafia a Milano non esiste* (*solo nei programmi dei candidati sindaco)” siamo riusciti in effetti a mobilitare l’opinione pubblica sui social, ma i grandi media hanno completamente ignorato il tema, nonostante l’interesse dei giornalisti di varie testate nazionali con cui collaboriamo da sempre.
La debolezza culturale di Milano
Sia chiaro: l’assenza del tema della lotta alla mafia nel dibattito politico durante le campagne elettorali denuncia anzitutto che noi come movimento antimafia abbiamo molto da fare. A Milano, nonostante gli indiscutibili passi avanti fatti negli ultimi dieci anni, il milanese medio rifiuta la realtà, e cioè che il potere mafioso è presenza oramai “tradizionale” in città dalla metà degli anni ’50. E che nell’hinterland milanese oramai esiste una ‘ndrangheta “milanese” dove le seconde e le terze generazioni hanno assunto i tratti tipici del modello culturale della città.
A Milano storicamente chi parla di criminalità organizzata e di mafia non vince le elezioni. Il caso emblematico è quello di Nando dalla Chiesa nel 1993, che pagò anche il suo attivismo con il mensile Società Civile, che già dalla metà degli anni ’80 denunciava una Milano “capitale della criminalità organizzata“.
Da allora sono stati fatti tanti passi avanti, ma non è abbastanza. Ancora il milanese medio non capisce che se il politico parla di mafia in città è perché vuole difenderli, non “rovinare l’immagine della città”. Questa è la debolezza culturale su cui il movimento antimafia dovrà lavorare con la futura amministrazione, perché è questa la ragione principale per cui il politico generalmente non parla di lotta alla mafia in campagna elettorale, anche se ne è sensibile dal punto di vista culturale.
Il fatto che la parola “mafia” spaventi l’elettore che non accetta ancora la presenza mafiosa al Nord non “assolve” però quei candidati che non la usano durante la campagna elettorale: su questo ci saremmo aspettati più coraggio dai candidati sindaco. In ogni caso, il nostro impegno dopo le elezioni sarà collaborare attivamente con l’amministrazione e sollecitare chiunque vinca a parlare di mafia, a farlo con cognizione di causa e a sollecitare l’utilizzo di tutti gli strumenti necessari per liberare Milano e la sua provincia dal potere mafioso. O rendergli quanto meno il territorio “inospitale”. Non è solo una questione politica: parliamo del futuro della città più internazionale d’Italia.
Il candidato più trasparente? Beppe Sala
C’è ancora tempo per aderire alla call to action da parte dei candidati sindaco e candidati consigliere (comunali o municipali), quindi i dati forniti sono ancora parziali. Possiamo però cominciare ad analizzare i dati, a partire dai candidati sindaco.
Anzitutto, i candidati sindaco aderenti sono quattro su tredici:
- Gabriele Antonio Mariani, sostenuto dalle Liste Milano in Comune e CivicAmbientalista, che ha aderito l’8 settembre;
- Layla Pavone, sostenuta dal Movimento 5 Stelle, che ha aderito il 22 settembre;
- Beppe Sala, sostenuto dalle liste Partito Democratico, Beppe Sala Sindaco, Milano Unita, Europa, Riformisti, Verde, Milano in Salute, Milano Radicale, Volt, che ha aderito il 23 settembre;
- Giorgio Goggi, sostenuto dalle liste Socialisti di Milano e Milano Liberale, che ha aderito il 23 settembre.
Tra i quattro, l’unico che ha inserito nel proprio programma un paragrafo specifico sulla lotta alla mafia è Gabriele Antonio Mariani, che ha anche rivendicato l’adesione alla call al primo dibattito pubblico tra i 13 candidati; ieri dal suo staff ci hanno informato che oggi chiuderà la campagna elettorale davanti alla panchina rossa intitolata a Lea Garofalo, in Piazza Prealpi, proprio per rimarcare l’attenzione su questi temi.
Tuttavia, il candidato sindaco più trasparente dal punto di vista dei finanziamenti ricevuti è Beppe Sala, che da mesi sul suo sito costantemente aggiorna la sezione “Trasparenza”. La sezione è stata da qualche giorno anche maggiormente dettagliata, distinguendo i finanziamenti ricevuti dal Comitato e quelli ricevuti dal suo mandatario elettorale. Non solo: rispetto agli altri candidati sindaco aderenti, la sezione è facile da trovare sul sito. Possiamo quindi affermare che il candidato “più trasparente” della campagna è il Sindaco uscente.
La candidata del M5S Layla Pavone ci ha comunicato via mail di aver ricevuto contributi “superiori a 500 euro solamente da persone fisiche, 20 tra parlamentari e consiglieri regionali lombardi del M5S e due privati“, ma la lista non risulta essere accessibile dal suo sito web, a differenza di quanto è possibile fare su quello di Sala. Per quanto riguarda Mariani, sul sito web di Milano in Comune la sezione risulta attiva dal 30 settembre, dopo nostra sollecitazione. Il candidato sindaco Goggi non risulta avere una sezione trasparenza accessibile sul suo sito web.
Rispetto agli altri candidati, il principale sfidante di Beppe Sala, ad oggi, ha una sezione trasparenza dove però compare solo la faccia del candidato sindaco. Avevamo già stroncato l’approccio del candidato del centrodestra, definendolo “preistorico”, nel nostro report “La mafia a Milano non esiste*“.
Il candidato antimafia più attivo? Federico Ferri (PD)
Per quanto riguarda i candidati consigliere, le adesioni sono state 181. Sono 142 i candidati in Consiglio Comunale e 39 quelli ai vari Municipi.
Tra gli assessori uscenti, hanno aderito Gabriele Rabaiotti, candidato nella lista Beppe Sala Sindaco, e Lorenzo Lipparini, candidato nella lista La Milano Radicale, mentre tra i consiglieri in cerca di riconferma ai vertici dell’amministrazione cittadina ha aderito Lamberto Bertolé, Presidente del Consiglio Comunale, che ha anche una sezione trasparenza sul suo sito.
La lista col maggior numero di adesioni è Milano in Comune, che sostiene Gabriele Mariani Sindaco: 29 consiglieri comunali e 8 consiglieri municipali. Subito dopo quella del Partito Democratico, con 25 adesioni tra i candidati consiglieri e 7 tra quelli ai Municipi (dove pesa la mancata adesione degli assessori uscenti Anna Scavuzzo, Pier Francesco Maran e Marco Granelli).
Il candidato consigliere che risulta più attivo sui temi della lotta alla mafia è Federico Ferri (Partito Democratico), che ha incentrato il proprio personale programma su proposte complementari (quando non sono proprio le stesse) agli 8 punti della nostra call.
Qui è possibile comunque trovare la lista completa degli aderenti.
Trasparenza già in campagna elettorale? Non bene
Il quarto punto della nostra call chiedeva esplicitamente ai candidati di informare i propri elettori di eventuali finanziamenti superiori ai 500 euro da persone fisiche o giuridiche già dalla campagna elettorale. Molti candidati hanno dichiarato di aver autofinanziato la propria campagna (soprattutto i candidati ai Municipi), ma la maggior parte non ha dichiarato nulla, probabilmente a causa degli impegni elettorali. Pochissimi sono quelli che hanno una sezione trasparenza sul proprio sito, sul modello di quella di Beppe Sala (va detto che molti non hanno nemmeno un sito web e si affidano a quello della lista).
Ad oggi la stragrande maggioranza degli aderenti non ha nemmeno ancora rivendicato la propria adesione, nonostante l’invio via mail anche di un kit grafico per facilitare la cosa.
In entrambi i casi probabilmente è dovuto al fatto che la campagna elettorale è stata compressa, di fatto, in appena un mese. Aspettiamo però la fine della campagna elettorale per elaborare statistiche più precise.
Conclusione? A Milano abbiamo molto da fare
A conclusione di questa prima analisi possiamo solo tornare da dove eravamo partiti, e cioè che a Milano abbiamo ancora molto da fare. Anzitutto noi ragazze e ragazzi del movimento antimafia, per sensibilizzare ulteriormente candidati e istituzioni a questi temi.
Ai candidati, per ora, ricordiamo le parole di Paolo Borsellino: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene“.
Perché “loro” si occupano di noi tutti i giorni, E’ ora di ricambiare l’attenzione.